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Autore: mrdancedance    11/06/2014    0 recensioni
Seguito de 'La trilogia del peccato'.
Quando l'ossessione raggiunge il culmine; quando non si può più tornare indietro…
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Respirando

 

"Per amor mio" gli dissi respirando un po' più affannosamente.
"Per amor…" I suoi occhi azzurri tremavano. Raggi di luna li investivano facendoli brillare come schegge di stelle.
Rimasi in silenzio, in attesa.
Portai la mela all'altezza della bocca e la baciai. Con le labbra riuscii a percepire quella superficie terribilmente liscia, paurosamente rossa. Mi chiamava con forza sovrumana e i miei denti volevano a tutti i costi poter saggiarne la polpa candida, leggermente farinosa.
La allungai ad Adamo. Un colpo di vento mi scosse violentemente i capelli.
"È… è… davvero molto…"
"Bella! Sì, lo penso anch'io." Gli sorrisi. Stava iniziando a capire cos'avevo provato io nel vederla appesa al ramo di quell'albero.
"Già, bella."
La sua mano arrivò ad accarezzare la pelle lucida del frutto e, per qualche secondo, riuscii a percepire il suo cuore battere più velocemente. Le pupille gli si allargarono e un'espressione quasi inebetita si posò sul suo volto.

 

***


Capii che si trattava di lei dal rumore secco che i suoi tacchi producevano sbattendo contro gli scalini di legno che conducono al mio appartamento. Indossava le scarpe rosse, indubbiamente; le indossava spesso da un po' di tempo, quasi troppo spesso.
La porta scricchiolò nell'aprirsi. Una mano bianca emerse dall'ombra per trasformarsi pian piano nella donna più bella che avessi mai incontrato.
Indossava una camicia nera, luttuosa, un po' troppo chiusa sul davanti. Una gonna rossa come le scarpe illuminava l'aria della stanza in cui stavamo. Aveva il respiro un po' pesante.
"Ciao tesoro!" Mi drizzai sulla poltrona e tirai una lunga boccata dalla sigaretta "Cosa mi hai portato di bello, oggi?"
Corinne si bloccò di colpo e, ergendosi in tutta la sua splendida altezza, scoccò uno sguardo atroce, che mi mandò in pezzi il cuore. Si portò le mani sui fianchi e con un colpo di tacco sbatté la porta.
"Cosa ti ho portato? Niente, Valentin, niente…" Mi si avvicinò, ma sempre tenendosi ad una distanza di sicurezza.
"E perché? Amore mio? Vieni. Vieni qui, sulle mie ginocchia, a spiegarmi…" e con le mani mi lisciai i pantaloni.
In risposta, scosse la testa ed andò a prendersi un bicchiere d'acqua nell'angolo cucina.
"Non ti ho portato nulla perché tanto non avresti mangiato nulla!" esclamò, senza degnarmi di uno sguardo.
Bevve, si passò una mano tra i capelli, bevve un altro sorso, posò il bicchiere sul ripiano porta stoviglie, ma lo posò con eccessiva energia e lo ruppe.
"Merda!" si accucciò a raccogliere i frammenti che splendevano sul pavimento lurido. Si tagliò un dito e se lo leccò. Buttò tutto nell'immondizia, poi tornò verso di me.
"Senti…" Respirava ancora troppo velocemente, come se non si fosse più ripresa dalla salita delle scale. Il petto le si abbassava e le si alzava freneticamente. I due seni sembravano riempirsi e prosciugarsi di una sostanza sconosciuta, ma che io desideravo ardentemente assaggiare.
"Sì?"
"Io…" Guardò verso il letto; si soffermò sulle sue foto, come faceva sempre. Credo le abbia sempre amate molto, o meglio, che abbia sempre amato essere così al centro delle mie attenzioni.
"Sì?" ripetei ancora. Continuava a torturarsi le mani con una crudeltà furiosa. Il taglietto lasciava ancora fuoriuscire qualche goccia scarlatta, ma lei sembrava non accorgersene.
"Io…"
Mi alzai e andai ad avvolgerla con le mie braccia. Un profumo di rosa mi penetrò fino al cervello. La sua soffice consistenza pareva così delicata, così effimera.
Le sollevai il mento e la baciai, la baciai con una delicatezza che da anni non mi riusciva più. La baciai con passione, passione pura e semplice, passione eterna.
Una lacrima salata scivolò dal suo occhio sinistro e andò a colpire le mie labbra secche; l'assaggiai nel bacio e mi ritrovai a fremere di piacere.

 

***


L'addentai con forza. A stento riuscii a superare la buccia, ma una volta dentro mi sentii immersa in un bagno di piacere. Del succo delicato fuggì dalle mie labbra e mi accarezzò la pelle fino al mento, per poi cadere sul mio petto latteo.
Una dolcezza superba mi sconvolse la bocca e lungo la spina dorsale corse un fremito gelido.
I miei occhi dovettero tradire ciò che provavo, perché Adamo allungò, affamato, la mano e mi strappò via il frutto.
Lo vidi mordere con ingordigia. Lo vidi mordere una, due, tre volte. Si fermò per un momento e guardò il cielo; respirava a fatica. Poi attaccò di nuovo e affondò ripetutamente nella mela. Quando riemerse, residui di polpa decoravano metà del suo viso.
Sembrava in estasi, un'estasi amorosa. Respirava a fatica.

  
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