Dopo un lungo periodo di assenza (vi prego di perdonarmi!) sono finalmente tornata. La mia ispirazione era, infatti, andata a a farsi un giro, ma ora che è tornata sono riuscita a scrivere sia questo capitolo sia il prossimo, che sarà l'ultimo, e che pubblicherò a breve. Nel frattempo, vi ringrazio tutti per i bellissimi commenti che mi avete lasciato, e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, che non è un granchè e che è anche oscenamente corto.
Shikamaru guardò impassibile i corpi delle due
guardie che cadevano a terra con un tonfo sordo.
Temari,
accanto a lui, stringeva in mano un kunai insanguinato. Senza dire nulla,
entrarono lentamente nel Villaggio, nascosti dall’oscurità della
notte.
Sapevano che non potevano più fallire. Quella
sarebbe stata la loro ultima occasione. Se avessero fallito, Gaara avrebbe
pagato il loro errore con la vita. Sentivano la tensione crescere ad ogni passo,
ad ogni minuto che passava.
Non erano
sicuri che Kankuro sarebbe riuscito a tornare in tempo per aiutarli, e non
sapevano neppure se Konoha gli aveva effettivamente dato aiuto. La situazione
tra Konoha e Suna stava precipitando, e da qualche giorno a quella parte i ninja
di entrambe le fazioni si stavano dimostrando quanto mai spietati e privi di
scrupoli.
Temari si voltò verso il palazzo del Kazekage. Si
accigliò.
Nonostante fosse notte fonda, c’era una luce
accesa in una delle stanze dove, lei lo sapeva bene, il Kazekage riceveva il
capo delle guardie.
“Cry-baby” chiamò piano, e il ragazzo si voltò
verso di lei, avvicinandolesi “Andiamo lì. Potrebbe esserci il
Kazekage.”
Shikamaru la seguì. Non era certo che fosse una
buona idea; se il Kazekage si fosse accorto della loro presenza, forse non
sarebbero morti molto prima dell’esecuzione. Tuttavia, non protestò. Temari
sembrava estremamente decisa e quasi imprudente, ma Shikamaru sapeva che era
riuscita a ritrovare il senno e che non si sarebbe messa in pericolo
inutilmente.
Si appostarono sotto alla finestra aperta,
ringraziando il colpo di fortuna insperato. Forse, il Kazekage confidava
talmente tanto nelle sue guardie da non curarsi di proteggere il palazzo, che,
evidentemente, era ben custodito dall’interno.
“Kazekage-sama, tutto è pronto per domani mattina. Come dobbiamo
procedere?” la voce del Capo delle Guardie li raggiunse dopo qualche istante,
più limpida e chiara di quanto non avessero mai sperato.
“Fate in modo
che tutti lo vedano.” replicò il Kazekage con voce divertita. “Voglio che il
popolo sappia che anche lui è un essere umano. Picchiatelo, prima di impiccarlo.
Davanti a tutti, che vedano. Cosa penseranno quando si accorgeranno che il
grande Gaara non è nemmeno in grado di difendersi?”
“Non credete,
signore, che questo potrebbe scatenare una rivolta?” domandò preoccupata la
guardia, ma per risposta si udì una risata falsa e
malvagia.
“No. Uccidete tutti quelli che si mostrano
contrariati. Il popolo non deve intromettersi. Ma fate attenzione. Cercate fra
di loro, potremmo trovare i traditori.”
“Intendete...
I due fratelli del ragazzo?”
“Proprio
loro.” convenne il Kazekage. A quelle parole, Temari e Shikamaru si fecero più
attenti. “Se li vedete, catturateli.”
“Che cosa
dobbiamo farne?”
“La ragazza è molto carina.” commentò malevolo il
Kazekage. “Credo che alle guardie potrebbe piacere un bottino simile. Fatene ciò
che volete, ma quando avete finito ammazzatela.”
Shikamaru
guardò Temari e la vide impallidire paurosamente, eppure lei non si mosse, né
diede segno d’essere spaventata da ciò che aveva sentito.
Il Capo delle
Guardie schioccò la lingua, divertito.
“Certo,
Kazekage-sama. Siete molto generoso.” aggiunse, e Shikamaru sentì lo stomaco
contrarsi dolorosamente all’idea di ciò che avrebbe atteso Temari se si fossero
fatti catturare. “Ma se troviamo il fratello, invece, che cosa dobbiamo
fare?”
Seguirono alcuni istanti di
silenzio.
“Uccidetelo, ma prima raccontategli di come avete
torturato Gaara. Sono sicuro che gli farà molto piacere.” scoppiò a ridere. “So
che c’è anche un ninja della Foglia con loro.” aggiunse dopo un po’. “Se lo
vedete, uccidetelo senza esitazione. Siamo in guerra e sono certo che all’Hokage
non interesserà più di tanto perdere un ragazzino che si è schierato contro il
proprio Paese per aiutare tre fratelli di Suna.”
“Sì, signore,
certamente. L’esecuzione è fissata per domani mattina all’alba. Volete che vi
venga a chiamare, quando saremo pronti?”
Avvertirono
un rumore di sedie che si spostavano, poi dei passi pesanti sul
pavimento.
“No, chiamatemi prima. Voglio parlare con quel
ragazzino prima che venga portato davanti al popolo.”
Shikamaru,
sentendo che qualcuno si avvicinava alla finestra, afferrò Temari per un braccio
e la condusse lontano, giusto qualche secondo prima che il Kazekage si
affacciasse e guardasse fuori.
“Non dobbiamo
farci prendere, Mendekouze.” mormorò guardandola negli occhi. “Cerca di
ricordartelo. Salveremo Gaara, ma non dobbiamo farci prendere. Niente di
affrettato, dunque. Interverremo solo quando saremo sicuri che non ci saranno
rischi.”
“Se lo tortureranno, non puoi chiedermi di
rimanere a guardare.” replicò pianissimo lei. “Non puoi. Gaara non sopporterà
un’altra cosa simile, morirebbe. Se quelli si mettono a picchiare mio fratello,
io con che coraggio posso restare ferma ad aspettare che finiscano? Porterei via
un cadavere, e non è quello che voglio. Se devo dare la vita per salvarlo,
allora lo farò, cry-baby.”
Shikamaru
rimase in silenzio, contemplando lo sguardo deciso della ragazza. Lo capiva,
certo, ma lui non le avrebbe mai permesso di compiere un simile, folle, gesto.
Non avrebbe sopportato di saperla prigioniera tra uomini privi di morale che le
avrebbero recato ogni tipo di offesa, prima di
ucciderla.
“No, Mendekouze. Niente vittime, in questa
missione. Nemmeno Gaara. Lo salveremo, costi quel che costi, ma non ti
permetterò di sacrificarti così. Adesso ci conviene andare. La guardia che
parlava con il Kazekage uscirà da lì, suppongo” e indicò con la mano la porta
principale del palazzo del Kazekage “e sarebbe un bel guaio se ci trovasse
qui.”
Si allontanarono di corsa, facendo attenzione a
non fare rumore.
Arrivarono sino alla piazza del Villaggio, e lì,
seminascosta dall’oscurità, si trovava una struttura che non avevano mai visto
prima.
Distinguendola meglio, si accorsero che si
trattava del patibolo su cui Gaara sarebbe stato impiccato, all’alba del giorno
seguente.
Shikamaru osservò Temari. La giovane era
immobile, e fissava inorridita la corda che il giorno dopo avrebbe ucciso suo
fratello.
“Andiamo via.” mormorò d’un tratto, voltandosi
verso Shikamaru. “Cerchiamo un posto dove nasconderci. Ci conviene restare
all’interno del Villaggio, o potremmo non fare in tempo, domani, ad arrivare.
Dobbiamo sistemare il nostro piano, e riposare.”
Shikamaru
annuì.
“Sì, hai ragione.”
“Non credo che
la mia casa sia ancora sorvegliata. Ormai l’hanno distrutta, penseranno che non
ci torneremo più.” Senza attendere una risposta del ragazzo, imboccò una strada
laterale, la stessa che Shikamaru aveva percorso, giorni prima, cercando
l’entrata del carcere.
La casa, come
si aspettavano, era stata completamente distrutta. Metà del tetto era crollata,
e la porta, scardinata, era stata posta in malo modo davanti all’ingresso, che
era stato sbarrato, simbolicamente, con due travi di
legno.
Shikamaru e Temari riuscirono ad entrare senza
difficoltà.
La ragazza si guardò intorno per un po’, le mani
riverse poggiate sui fianchi.
“Ci sarà da
lavorare un bel po’, prima di riuscire a vivere qui dentro.” sussurrò, non del
tutto certa che al di fuori non li avrebbero sentiti.
“Vuoi tornare
in questo posto, Mendekouze?” chiese Shikamaru, stupefatto. Lanciò un’occhiata
sbieca alle pareti, su cui facevano bella mostra di sé delle scritte oscene e
dei disegni altrettanto immorali il pavimento era coperto di legno, sabbia e
pezzi di mattone e vetro; le finestre erano state murate e ogni mobile era stato
dato alle fiamme. Sui muri si vedevano ancora le macchie scure lasciate dal
fuoco, che evidentemente era stato appiccato volontariamente e controllato
meticolosamente, perché, in caso, contrario, Shikamaru dubitava che l’incendio
avrebbe risparmiato gli arredamenti più costosi e quel tappeto pregiato che,
arrotolato, era stato appoggiato al muro.
“Sì, ci
tornerò quando avremo salvato Gaara.” replicò la ragazza sedendosi per terra.
“Ma per il momento non è questa la mia preoccupazione, cry-baby. Dobbiamo
decidere che cosa fare domani, tenendo in considerazione che Kankuro potrebbe
non arrivare in tempo.” sospirò, afferrando il ragazzo, che era in piedi accanto
a lei, per un braccio e costringendolo a sedersi.
“Sì, Mendekouze.” mormorò,
convinto che se avesse osato dire una sola parola di più la ragazza l’avrebbe
ucciso.
La guardò di sottecchi. Anche se Temari era
tornata a comportarsi come sempre, con il suo carattere ostile e scontroso,
Shikamaru le leggeva negli occhi l’ansia e la preoccupazione di non riuscire a
fare nulla per Gaara.
Accigliandosi, pensò che in fondo le probabilità
di portare a termine quella folle missione che avevano intrapreso erano
infinitesimali.
Loro erano soltanto in due, e le guardie del
Kazekage, se non aveva sbagliato i conti, erano nove, più un intero esercito al
suo servizio. La guerra in corso rendeva tutto ancora più complicato. Se Konoha
avesse deciso di attaccare Suna proprio quel giorno, lui sarebbe stato fatto
passare per traditore, mentre Temari, probabilmente, sarebbe stata uccisa o
catturata.
Sapeva che i suoi amici non l’avrebbero
maltrattata, ma non era certo di ciò sarebbero stati in grado di fare gli altri
ninja, in particolare quelli che appartenevano alla squadra Anbu e che facevano
fatica a comprendere il significato della parola
‘pietà’.
“Cry-baby? Mi stai ascoltando?” la voce di Temari
lo riportò improvvisamente alla realtà.
La ragazza
sbuffò, lanciandogli un’occhiataccia seccata.
“Stavo
dicendo, cry-baby, che dovremmo aspettare che lo portino fuori. Se entrassimo
nel carcere combineremmo un disastro.”
“Sì.” approvò Shikamaru, che aggiunse:
“Dobbiamo uccidere il Kazekage, Temari. Dobbiamo ucciderlo per primo, e lo farò
io. In questo modo, le sue guardie mi attaccheranno e tu avrai tutto il tempo
che ti serve per salvare Gaara. Contro un tal numero di ninja, credo di non
poterti offrire più un minuto e mezzo, a meno che tuo fratello non si faccia
vivo insieme ai rinforzi. Ce la puoi fare, vero?”
“Non ho il mio
ventaglio.” soffiò la giovane, chinando il capo, e il seguente sguardo che lo
shinobi intercettò era di rassegnata ovvietà.
“No, non ce la
puoi fare.” disse lentamente il ragazzo, facendosi pensieroso. “Dobbiamo
ammazzarlo, però, e la mia forza non può aumentare da oggi a domani. Se ci
mettessimo troppo, farebbero in tempo a ucciderci prima che riusciamo a salvare
perlomeno lui.”
“Dobbiamo tentare, quindi?” lo interruppe lei,
fissandolo seria.
“Sì.” annuì Shikamaru, serio. “E avremo una sola
possibilità. Dobbiamo farcela, Temari, dobbiamo farcela al primo colpo, o siamo
tutti morti.”
“Manca un solo giorno, cry-baby. Ed ho come
l’impressione che non ce la faremo.”
***
“Kankuro! Kankuro, ti prego, rallenta!” Sakura
incespicò su una radice, ma si rialzò in fretta e cercò di raggiungere lo
shinobi di Suna, che correva quanto più veloce glielo consentissero le gambe e
la volontà. “Kankuro! Se corri così ti sfinirai prima ancora di arrivare al
Villaggio, e non sarai in grado di aiutare Gaara!”
“Non ti sta
ascoltando.” la interruppe Naruto, che l’aveva raggiunta. “Ha ragione! Non
possiamo lasciare Gaara da solo. Morirà, se quello che Kankuro ha detto è
vero.”
“Lo so.” si adirò la ragazza. “Ma non è questo il
modo di...”
“Non è questo il modo di salvare Gaara?!” Kankuro,
che si era fermato di botto, si portò davanti a lei, pallido di collera,
gridando. “Io non lo so qual’è il modo di salvare Gaara, ma so che devo
salvarlo. E se non ce la fai a correre, se ti vuoi fermare, allora fallo. Ma non
cercare di fermare me, perché non ci sto. Devo essere al Villaggio entro domani
mattina all’alba.”
“Manca ancora un giorno di viaggio...” mormorò
scoraggiata la ragazza, chinando il capo.
Il
combattimento a cui erano stati costretti il pomeriggio prima li aveva
rallentati non poco, e lei si rendeva perfettamente conto che, di quel passo,
sarebbero arrivati a esecuzione conclusa.
Tuttavia,
l’istinto le diceva che la rabbia e la disperazione di Kankuro li stavano
conducendo in una missione suicida, e nessuno sembrava essere in grado di farlo
tornare in sé.
“Devi cercare di calmarti, Kankuro!” sbottò,
consapevole del fatto che non era affatto semplice come voleva far credere. “In
questo modo ci farai ammazzare tutti.”
“Lo so che
dovrei calmarmi” ringhiò il ragazzo, puntandole il dito contro, minaccioso. “Ma
tu hai una vaga idea di come mi sento? Mio fratello in questo momento è
prigioniero, ed io non so dove l’hanno portato né cosa gli hanno fatto o cosa
gli hanno detto. E Temari? Tu sai dov’è Temari, o come sta? So che c’è
quell’idiota col codino con lei, ma non mi fido di lui, e per quanto ne sappiamo
potrebbero già essere morti tutti quanti, e noi, in questo caso, correremmo
soltanto per fare la loro stessa fine.
Quindi, mi
dispiace, ma non sono disposto a fermarmi. E non farmi più perdere
tempo!”
Ricominciò a correre, più veloce di prima, con la
rabbia che gli cresceva in corpo e la disperazione che aumentava ad ogni passo.
L’ultima traccia di speranza che aveva avuto sino a quel momento era scomparsa
nel nominare i fratelli.
E mai come in quel momento si era reso conto di
quanto potessero mancargli, di quanto li amasse in realtà. Se l’idea che Gaara
era prigioniero lo atterriva, il non sapere dove fosse né cosa stesse facendo
Temari lo faceva impazzire.
Sentì gli
occhi inumidirsi, un po’ per la corsa, un po’ per la rabbia e per la
disperazione, ma non aveva nemmeno il tempo di piangere; doveva arrivare al
Villaggio, e il più in fretta possibile. Avrebbe ucciso tutti quelli che si
fossero messi in mezzo, si fosse trattato anche di donne e di
bambini.
Nessuno avrebbe potuto fermarlo. Per la prima
volta nella sua vita, sentiva che la sua famiglia, o quello che restava di essa,
veniva prima di ogni cosa.
Sollevò
leggermente gli occhi al cielo, che stava già cominciando a schiarirsi. Accelerò
fino a che non sentì che non gli sarebbe stato possibile aumentare ancora
l’andatura, e proseguì tra le dune sabbiose che finalmente erano comparse
attorno a lui.
La stanchezza parve passare, e le forze parvero
tornargli.
Gaara, Temari, sto
arrivando.
Bene, ecco qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa sempre molto piacere ricevere i vostri pareri.
Baci,
rolly too