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Autore: Fiamma Erin Gaunt    11/06/2014    0 recensioni
Peter viene ritenuto da tutti un completo psicopatico: niente empatia, nessun rimorso e assolutamente megalomane.
In questa vita però tutti sono destinati a incontrare, prima o poi, qualcuno in grado di capire ciò che ci si tiene dentro … qualcuno di complementare con cui ci si senta a casa.
Dal testo:
- La legge del branco? E chi sarebbero? –
- Sono quelli che vengono mandati a punire i membri del branco che attirano troppo l’attenzione o non rispettano le regole. –
*
- Credi che quei gemelli o Kali siano dei veri duri, Scott? Avresti dovuto conoscere il clan dei Rivas, loro sì che sapevano prenderti a calci in culo come si deve e lo facevano anche con un certo stile. –
[Peter/OC; Sterek; Scott/Allison; Cora/OC; Lydia/Aiden; Ethan/OC]
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Hale, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
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Cap 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scavalcò la ringhiera con un balzo, atterrando con precisione sul selciato davanti al loft. Alzò lo sguardo al cielo, sfruttando la direzione del vento per trovare una scia che fosse più marcata. Era a quindici, forse venti minuti a piedi. Vicina, così tremendamente vicina. S’incamminò verso Nord, incurante del fatto che fosse notte fonda e che quello era decisamente il momento meno indicato per andare alla ricerca di qualcuno che aveva un profumo familiare. Se fosse stato in Deucalion, o in quella sottospecie di feticista dei piedi che si portava sempre dietro, avrebbe scelto proprio quel momento per attaccare. Fortuna che a quanto pareva Deucalion avesse un codice d’onore più sviluppato del suo. Il che era tutto dire.

Continuò ad avanzare al buio, cercando di stare il meno possibile sotto i lampioni che illuminavano la strada principale. Era bravo a muoversi furtivamente nell’ombra e una volta tanto questo talento naturale si rivelava davvero utile. La traccia svanì all’ingresso di un locale, una qualche specie di discoteca dalla quale proveniva musica ritmata e sensuale nonché una disgustosa scia di feromoni emanata dagli adolescenti dagli ormoni impazziti che si dimenavano lì dentro. Storse il naso, disgustato, ma si diresse comunque verso l’ingresso. Se la scia l’aveva portato lì doveva significare per forza qualcosa e se Rikki era lì dentro lui l’avrebbe trovata.

All’interno il locale era meno peggio di quanto si fosse aspettato, con le luci stroboscopiche, i led luminosi, una console d’eccezione e un bel bancone tirato a lucido. In pista ballavano, strizzati l’uno agli altri, decine di ragazzi e ragazze dai sedici ai trent’anni. Prese posto al bancone, inspirando in profondità e chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio.

La scia era lì, confusa tra tutti quegli odori, ma c’era.

- Ciao, che ti porto? –

La barista, una ragazza poco meno che trentenne dai capelli biondi e gli occhi da cerbiatta, si chinò verso di lui con un sorriso smagliante. In condizioni normali le avrebbe probabilmente retto il gioco, flirtando e perché no rimediando anche qualcosa per la nottata, ma al momento non gli interessava nessuna bionda appariscente.

- Bourbon, liscio. E poi sto cercando una ragazza, magari l’hai vista. –

La barista gli versò il liquore e rise, convinta che il suo fosse un divertente tentativo d’abbordaggio.

- Magari potrei essere proprio io quella che cerchi. –

Scosse la testa.

- Spiacente, tesoro, ma no. È una ragazza sui vent’anni, mora, con gli occhi scuri e di media altezza. –

- E tremendamente sexy? – domandò l’altro barman, sostituendo la bionda che si era allontanata con aria profondamente indignata.

- Probabilmente, sono parecchi anni che non la vedo. – replicò, circospetto, domandandosi come fosse cresciuta e che giovane donna potesse essere diventata.

- Allora cerchi sicuramente lei. – esclamò, indicandogli con un cenno del capo la ragazza che ballava al centro della pista, stretta tra due ragazzi che dovevano essere suoi coetanei e avevano l’aria da surfisti.

E lui li aveva sempre detestati i surfisti. Bambocci odiosi che non facevano mezzo grammo di cervello in due.

Assottigliò lo sguardo, scrutandola con attenzione. Le morbide onde cioccolato le incorniciavano il volto e gli occhi erano di un intenso castano scuro, tendente al mogano, che riprendeva i naturali riflessi rossicci dei capelli. Gli zigomi alti, l’espressione delle labbra che la faceva sembrare perennemente imbronciata e lo sguardo infuocato non lasciavano spazio a dubbi.

L’aveva trovata.

- Sì, è lei. – confermò.

Proprio in quel momento la vide voltarsi verso di lui e abbozzare una specie di sorriso sghembo, un’espressione che gli ricordò tremendamente la sua. Lasciò i ragazzi a ballare, sgusciando via dalla loro presa e puntando verso il bancone. L’andatura non era più incerta come una volta, ma era sensuale e il movimento dei fianchi era ipnotico; non era solo quello, irradiava un’aura di potere che le poteva venire solo dall’essere diventata Alpha.

- Peter. Peter Hale? – domandò, sgranando gli occhi e tornando ad essere per un attimo la sedicenne che aveva lasciato anni fa.

- Ciao, Rikki. –

Si scrutarono in silenzio per una manciata di secondi, finchè non fu Rikki a farsi avanti e ad accarezzare delicatamente il profilo della mascella scolpita.

- Credevo che fossi morto. – sussurrò.

- Anche io credevo che fossi morta. Direi che siamo pari, no? –

Abbozzò un sorriso, scuotendo la testa.

- Sei sempre il solito, non sei cambiato di una virgola, vero? –

Cambiato? Certo che era cambiato, aveva perso anche l’ultimo barlume d’umanità che gli era rimasto. Era stata lei che se l’era portato via quando era scomparsa senza lasciare traccia.

- Un po’ sono cambiato, ma temo di essere solo peggiorato. – ammise, ironico.

Poi aggiunse, accennando ai surfisti che li stavano raggiungendo, - Credo che i tuoi amici stiano venendo a reclamarti. –

- Non sono miei amici, sono il mio branco. – chiarì, con un accenno orgoglioso nella voce che gli ricordò in modo impressionante Ferocius.

- Stiamo andando via. – annunciò il più massiccio dei due, scrutando Peter con aria aggressiva.

Rikki scosse la testa, fulminandolo con un’occhiataccia.

- Sono io che decido quando torno, non voi. Perciò state a cuccia e tornatevene a casa, forse vi raggiungerò più tardi. – concluse.

Era sempre stata testarda e orgogliosa, ma nella sua voce non c’era mai stata quella predisposizione al comando che trapelava in quelle parole.

Per qualche strana ragione comportandosi in quel modo riusciva a fargli ribollire ancora di più il sangue nelle vene. Probabilmente il locale adesso era impregnato anche della  puzza dolciastra dei suoi feromoni, neanche avesse quattordici anni e si trovasse alle prese con la prima ragazza che vedeva in carne e ossa.

- Ma tuo fratello … – insistè, ma venne tacitato da un brusco gesto della mano.

- Mio fratello sa che non sono più una cucciola da tenere al guinzaglio. Ora sparite, adesso! –

Quando entrambi furono usciti dal locale, Rikki tornò a rivolgergli la sua attenzione, fissandolo con quegli occhi brucianti che sembravano sul punto di consumarlo.

- Quale fratello, Rico o Roland? –

- Tutti e due, ma è Rico il Capobranco. –

Già, il primogenito dei Rivas, l’unico che aveva tutte le carte in regola per diventare un grande Alpha. Era rimasto orfano prima di aver acquisito abbastanza esperienza, ma se era andato avanti per tutti quegli anni non poteva certo essere uno sprovveduto. Di sicuro stava facendo un lavoro molto migliore di Derek come Alpha.

- Ti va di uscire? – propose poi, alzandosi in piedi e tendendogli una mano.

La prese, stringendola con delicatezza e riscoprendo la familiare sensazione di piacere che provava quando la loro pelle entrava in contatto.

- È proprio come una volta. – sussurrò Rikki, evidentemente preda degli stessi ricordi.

Passeggiarono per le strade di Beacon Hills in silenzio, le mani ancora intrecciate l’una all’altra.

Era strano, lui che di solito se ne usciva con commenti salaci, in quel momento non aveva la minima idea di cosa dire.

- Come mai sei tornata? –

- Deucalion. – replicò.

Era incredibile come un semplice nome potesse essere pronunciato in modo così sprezzante, quasi fosse l’offesa peggiore che potesse esistere al mondo.

- Quindi sei in cerca di vendetta. –

Annuì.

- È un’idea pessima e decisamente poco salutare, lo sai, vero? –

Rikki si fermò all’improvviso, assottigliando lo sguardo e voltandosi a guardarlo.

- Ha ucciso mio padre, sterminato il mio clan e mi ha costretta a scappare dalla mia stessa casa. Avrò la sua vita, anche a costo di perdere la mia. –

- Per quanto questa dichiarazione sia toccante e melodrammatica, e ti assicuro che lo è, dimentichi un piccolo dettaglio: Deucalion e il suo branco fanno paura, davvero paura. -, le strinse il braccio come a voler sottolineare il concetto, - E tu non puoi affrontarli. –

- Non ho più sedici anni, Peter, nessuno mi dice più cosa posso o non posso fare da un bel pezzo. –

Si liberò dalla sua presa con un movimento fluido, mettendo un paio di metri tra di loro. Gli rivolse un ultimo sguardo, poi gli voltò le spalle e s’incamminò nel buio.

- Dove stai andando? –

- Torno a casa. Il vecchio Peter avrebbe capito perché ho preso questa decisione; quando lo avrai ritrovato, torna a cercarmi. –

Rimase fermo lì, in silenzio, osservandola allontanarsi sempre di più con l’unica compagnia del rumore dei suoi tacchi sull’asfalto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con il nuovo capitolo, spero che vi piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

 

 

 

 

 

 

 

  
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