Cap
1
Scavalcò
la ringhiera con un balzo, atterrando con precisione sul selciato
davanti al
loft. Alzò lo sguardo al cielo, sfruttando la direzione del
vento per trovare
una scia che fosse più marcata. Era a quindici, forse venti
minuti a piedi.
Vicina, così tremendamente vicina.
S’incamminò verso Nord, incurante del fatto
che fosse notte fonda e che quello era decisamente il momento meno
indicato per
andare alla ricerca di qualcuno che aveva un profumo familiare. Se
fosse stato
in Deucalion, o in quella sottospecie di feticista dei piedi che si
portava
sempre dietro, avrebbe scelto proprio quel momento per attaccare.
Fortuna che a
quanto pareva Deucalion avesse un codice d’onore
più sviluppato del suo. Il che
era tutto dire.
Continuò
ad avanzare al buio, cercando di stare il meno possibile sotto i
lampioni che
illuminavano la strada principale. Era bravo a muoversi furtivamente
nell’ombra
e una volta tanto questo talento naturale si rivelava davvero utile. La
traccia
svanì all’ingresso di un locale, una qualche
specie di discoteca dalla quale
proveniva musica ritmata e sensuale nonché una disgustosa
scia di feromoni
emanata dagli adolescenti dagli ormoni impazziti che si dimenavano
lì dentro. Storse
il naso, disgustato, ma si diresse comunque verso l’ingresso.
Se la scia
l’aveva portato lì doveva significare per forza
qualcosa e se Rikki era lì
dentro lui l’avrebbe trovata.
All’interno
il locale era meno peggio di quanto si fosse aspettato, con le luci
stroboscopiche, i led luminosi, una console d’eccezione e un
bel bancone tirato
a lucido. In pista ballavano, strizzati l’uno agli altri,
decine di ragazzi e
ragazze dai sedici ai trent’anni. Prese posto al bancone,
inspirando in
profondità e chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio.
La
scia era lì, confusa tra tutti quegli odori, ma
c’era.
-
Ciao, che ti porto? –
La
barista, una ragazza poco meno che trentenne dai capelli biondi e gli
occhi da
cerbiatta, si chinò verso di lui con un sorriso smagliante.
In condizioni
normali le avrebbe probabilmente retto il gioco, flirtando e
perché no
rimediando anche qualcosa per la nottata, ma al momento non gli
interessava
nessuna bionda appariscente.
-
Bourbon, liscio. E poi sto cercando una ragazza, magari l’hai
vista. –
La
barista gli versò il liquore e rise, convinta che il suo
fosse un divertente
tentativo d’abbordaggio.
-
Magari potrei essere proprio io quella che cerchi. –
Scosse
la testa.
-
Spiacente, tesoro, ma no. È una ragazza sui
vent’anni, mora, con gli occhi
scuri e di media altezza. –
-
E tremendamente sexy? – domandò l’altro
barman, sostituendo la bionda che si
era allontanata con aria profondamente indignata.
-
Probabilmente, sono parecchi anni che non la vedo. –
replicò, circospetto,
domandandosi come fosse cresciuta e che giovane donna potesse essere
diventata.
-
Allora cerchi sicuramente lei. – esclamò,
indicandogli con un cenno del capo la
ragazza che ballava al centro della pista, stretta tra due ragazzi che
dovevano
essere suoi coetanei e avevano l’aria da surfisti.
E
lui li aveva sempre detestati i surfisti. Bambocci odiosi che non
facevano
mezzo grammo di cervello in due.
Assottigliò
lo sguardo, scrutandola con attenzione. Le morbide onde cioccolato le
incorniciavano il volto e gli occhi erano di un intenso castano scuro,
tendente
al mogano, che riprendeva i naturali riflessi rossicci dei capelli. Gli
zigomi
alti, l’espressione delle labbra che la faceva sembrare
perennemente
imbronciata e lo sguardo infuocato non lasciavano spazio a dubbi.
L’aveva
trovata.
-
Sì, è lei. – confermò.
Proprio
in quel momento la vide voltarsi verso di lui e abbozzare una specie di
sorriso
sghembo, un’espressione che gli ricordò
tremendamente la sua. Lasciò i ragazzi
a ballare, sgusciando via dalla loro presa e puntando verso il bancone.
L’andatura non era più incerta come una volta, ma
era sensuale e il movimento
dei fianchi era ipnotico; non era solo quello, irradiava
un’aura di potere che
le poteva venire solo dall’essere diventata Alpha.
-
Peter. Peter Hale? – domandò, sgranando gli occhi
e tornando ad essere per un
attimo la sedicenne che aveva lasciato anni fa.
-
Ciao, Rikki. –
Si
scrutarono in silenzio per una manciata di secondi, finchè
non fu Rikki a farsi
avanti e ad accarezzare delicatamente il profilo della mascella
scolpita.
-
Credevo che fossi morto. – sussurrò.
-
Anche io credevo che fossi morta. Direi che siamo pari, no? –
Abbozzò
un sorriso, scuotendo la testa.
-
Sei sempre il solito, non sei cambiato di una virgola, vero? –
Cambiato?
Certo che era cambiato, aveva perso anche l’ultimo barlume
d’umanità che gli
era rimasto. Era stata lei che se l’era portato via quando
era scomparsa senza
lasciare traccia.
-
Un po’ sono cambiato, ma temo di essere solo peggiorato.
– ammise, ironico.
Poi
aggiunse, accennando ai surfisti che li stavano raggiungendo, - Credo
che i
tuoi amici stiano venendo a reclamarti. –
-
Non sono miei amici, sono il mio branco. – chiarì,
con un accenno orgoglioso
nella voce che gli ricordò in modo impressionante Ferocius.
-
Stiamo andando via. – annunciò il più
massiccio dei due, scrutando Peter con
aria aggressiva.
Rikki
scosse la testa, fulminandolo con un’occhiataccia.
-
Sono io che decido quando torno, non voi. Perciò state a
cuccia e tornatevene a
casa, forse vi raggiungerò più tardi. –
concluse.
Era
sempre stata testarda e orgogliosa, ma nella sua voce non
c’era mai stata
quella predisposizione al comando che trapelava in quelle parole.
Per
qualche strana ragione comportandosi in quel modo riusciva a fargli
ribollire
ancora di più il sangue nelle vene. Probabilmente il locale
adesso era
impregnato anche della puzza
dolciastra
dei suoi feromoni, neanche avesse quattordici anni e si trovasse alle
prese con
la prima ragazza che vedeva in carne e ossa.
-
Ma tuo fratello … – insistè, ma venne
tacitato da un brusco gesto della mano.
-
Mio fratello sa che non sono più una cucciola da tenere al
guinzaglio. Ora
sparite, adesso! –
Quando
entrambi furono usciti dal locale, Rikki tornò a rivolgergli
la sua attenzione,
fissandolo con quegli occhi brucianti che sembravano sul punto di
consumarlo.
-
Quale fratello, Rico o Roland? –
-
Tutti e due, ma è Rico il Capobranco. –
Già,
il primogenito dei Rivas, l’unico che aveva tutte le carte in
regola per
diventare un grande Alpha. Era rimasto orfano prima di aver acquisito
abbastanza esperienza, ma se era andato avanti per tutti quegli anni
non poteva
certo essere uno sprovveduto. Di sicuro stava facendo un lavoro molto
migliore
di Derek come Alpha.
-
Ti va di uscire? – propose poi, alzandosi in piedi e
tendendogli una mano.
La
prese, stringendola con delicatezza e riscoprendo la familiare
sensazione di
piacere che provava quando la loro pelle entrava in contatto.
-
È proprio come una volta. – sussurrò
Rikki, evidentemente preda degli stessi
ricordi.
Passeggiarono
per le strade di Beacon Hills in silenzio, le mani ancora intrecciate
l’una all’altra.
Era
strano, lui che di solito se ne usciva con commenti salaci, in quel
momento non
aveva la minima idea di cosa dire.
-
Come mai sei tornata? –
-
Deucalion. – replicò.
Era
incredibile come un semplice nome potesse essere pronunciato in modo
così
sprezzante, quasi fosse l’offesa peggiore che potesse
esistere al mondo.
-
Quindi sei in cerca di vendetta. –
Annuì.
-
È un’idea pessima e decisamente poco salutare, lo
sai, vero? –
Rikki
si fermò all’improvviso, assottigliando lo sguardo
e voltandosi a guardarlo.
-
Ha ucciso mio padre, sterminato il mio clan e mi ha costretta a
scappare dalla
mia stessa casa. Avrò la sua vita, anche a costo di perdere
la mia. –
-
Per quanto questa dichiarazione sia toccante e melodrammatica, e ti
assicuro
che lo è, dimentichi un piccolo dettaglio: Deucalion e il
suo branco fanno
paura, davvero paura. -, le
strinse
il braccio come a voler sottolineare il concetto, - E tu non puoi
affrontarli. –
-
Non ho più sedici anni, Peter, nessuno mi dice
più cosa posso o non posso fare
da un bel pezzo. –
Si
liberò dalla sua presa con un movimento fluido, mettendo un
paio di metri tra
di loro. Gli rivolse un ultimo sguardo, poi gli voltò le
spalle e s’incamminò
nel buio.
-
Dove stai andando? –
-
Torno a casa. Il vecchio Peter avrebbe capito perché ho
preso questa decisione;
quando lo avrai ritrovato, torna a cercarmi. –
Rimase
fermo lì, in silenzio, osservandola allontanarsi sempre di
più con l’unica
compagnia del rumore dei suoi tacchi sull’asfalto.
Spazio
autrice:
Eccoci
con il nuovo capitolo, spero che vi piaccia e che vogliate farmi sapere
che ne
pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt