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Autore: Aine Walsh    11/06/2014    5 recensioni
Ci sono Los Angeles e Nashville, la distanza e il fuso orario, un iPhone 5 nero e un Galaxy S III bianco, i giorni sprecati e le notti insonni, i biscotti con le gocce di cioccolato e le tazze di the fumante, ci sono le foto, le telefonate a mezza voce, i dubbi, la quotidianità e due persone che messe insieme non potrebbero essere più strane di così.
[Trailer by Kath Redford: https://www.youtube.com/watch?v=4NnNcRkQAe0&feature=youtu.be]
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. «Non è un compromesso… è più una cosa alla Jack&Rose, “salti tu, salto io”»
12 Novembre 2013
Los Angeles, California

Quando dissi a Kat di essere stata contattata da Shannon Leto, lei prese a ridere istericamente e mi tirò un cuscino in faccia, additandomi come matta. Poi le mostrai il video inviatomi dallo stesso batterista e il cuscino mi servì ad evitare che la sua testa si fracassasse al suolo mentre sveniva. 
Quando le dissi di essere stata invitata ad uscire dallo stesso, iniziò a sfogliare varie riviste sostenendo che il pesca la ingrassava e che, di conseguenza, l’abito che avrebbe indossato alle mie nozze sarebbe stato verde lime. Mi scongiurava anche di sceglierla come damigella d’onore e non dubitai che avrebbe certamente fatto un ottimo lavoro.
Quando venne a sapere del nostro breve secondo appuntamento, Katherine abbandonò le riviste nuziali per dedicarsi a tempo pieno al suo nuovo lavoro di baby-sitter dei miei tremila figli immaginari.
Ma se i primi giorni tendevo a vederla come più psicopatica del solito e un po’ ridevo di questo suo atteggiamento perennemente euforico e sovreccitato, ora e allo stato attuale delle cose, dopo un certo numero di messaggi scambiati quasi giornalmente, non posso affermare di essere totalmente indifferente alla situazione. Non posso nascondere che messaggiare con Shannon mi faccia piacere e mi diverta anche, così come non riesco a togliermi di dosso quella quasi gradevole sensazione di essere in qualche modo privilegiata; ma, essendo io la lunatica delle lunatiche, impiego un battito di ciglia a passare da questo mood allegro ed esuberante ad uno stato di angosce e dubbi da esasperare anche il più pessimista dei filosofi.
Ed oggi è proprio una giornata nera, complice anche quella mia cara e vecchia affezionata che risponde al nome di SPM, Sindrome Pre-Mestruale: quelli del ciclo sono i giorni più bui della mia vita, quelli in cui dovrei andare in giro con un cartello appeso al collo con su scritto “Attenzione, mordo”, quelli in cui, se mi gira male, sarei benissimo in grado di compiere qualche strage e non provarne il benché minimo rimorso. Non sto scherzando.   
Chissà per quale strana ragione, sono anche i giorni in cui rendo meglio al lavoro e forse è proprio per questo che metto via il cellulare mentre controllo al computer che via sia disponibilità di camere per un fine settimana il mese prossimo. 
«Heyheyhey! – bercia Katherine, tirando fuori dal cassetto il mio Samsung – Che pensi di fare?».
La guardo accigliata. «Lavorare, mi pare ovvio. Mi distrae avere quell’affare intorno, non mi torna utile in alcun modo».
Kat mi rivolge un’occhiata truce prima di cullare amorevolmente il telefonino, con un modo di fare che ha del pazzoide. «E se Lui ti contatta?».
Ah sì, è vietato fare il nome di Shannon perché i nervi della mia coinquilina non sono in grado di reggerlo: adesso, il più delle volte, è noto come il Lui dalla L maiuscola.
«Aspetterà, sa che sono molto impegnata qui». Cerco di apparire abbastanza sicura mentre parlo, ma in effetti mi dispiacerebbe farlo attendere per una mia risposta. Odio aspettare e farmi aspettare, non importa chi tu sia: la puntualità è un importantissimo valore aggiunto, nonno George lo ripeteva così tante (troppe) volte da convincere anche me. « E non è che poi mi sembri uno che trascorre il suo tempo a grattarsi la pancia» aggiungo.
«Tu sei matta. Matta e diffidente. Mi spieghi perché ti comporti così?».
«Perché non dovrei dubitare di lui? Perché è famoso?». 
«Non sto dicendo questo».
«A me pare di sì, invece, riduci sempre tutto a questo. Voglio ricordarti che non lo conosci, non importa quanto ti sia documentata sul suo conto».
«È vero, non lo conosco» conviene.
Incrocio le braccia al petto, soddisfatta di averla fatta crollare tanto velocemente. «Appunto».
«Ma non significa niente, non puoi mica sbattergli una porta in faccia senza motivo».
«Non gli sto sbattendo la porta in faccia, abbiamo decido di vederci due volte e non mi sembra affatto di essere stata scontrosa».
«Perché hai accettato di uscire con lui se proprio non ti fidi?»
«Perché questo terzo grado? Ho per caso detto di non fidarmi di lui?» domando retoricamente. Kat alza un sopracciglio. Sbuffo. «Non è che non mi fido… o forse sì, ma insomma, è lecito: è fondamentalmente un estraneo. E poi chi ti dice che non abbia già usato questo trucchetto con qualche altra ragazza?».
«E perché non glielo domandi chiaro e tondo, allora? Perché non gli chiedi di cancellare il tuo numero dal cellulare?».
Eccola lì, servitami davanti come un invitante tacchino con contorno di arsenico: la domanda a cui ho cercato invano di dare risposta negli ultimi due giorni. 
Mi prendo il tempo di controllare un’ultima cosa al computer, poi metto da parte mouse e tastiera e mi stringo nelle spalle tenendo lo sguardo basso. «Non lo so, perché… perché mi incuriosisce» e perché non avevo un appuntamento dall’Alba dei Tempi, probabilmente.
Kat si appoggia con la schiena contro il muro, resta in silenzio mentre so che sta tramando qualcosa. «Ti ha dato fastidio in qualche modo?» esordisce dopo qualche minuto.
«No».
«Si è comportato male?».
«No, certo che no». 
«Ti ha messo le mani addosso?».
«Avrebbe dovuto provarci, l’avrei spedito a casa sua a calci in culo». 
Katherine fa schioccare la lingua al palato e prende a gesticolare freneticamente col braccio sospeso a mezz’aria. «Bene, perciò smettila di fare quella dura e antipatica che dà zero confidenza a tutti. Ti parlo da amica, non da Echelon, e sono seria. Nessuno ti obbliga a sposare Shannon… anche se spero che tutti i miei giochetti di psicologia inversa funzionino, ma a questo pensiamo un’altra volta… Al momento non sai nemmeno se questa cosa dei messaggi  funzionerà e se vi rivedrete ancora o no. Ma che sia lui o qualcun altro, ti prego, sbloccati. Esci e fatti sbattere come si deve, ultimamente sei più acida di uno yogurt bianco andato a male. E, tanto per finire la mia filippica, ho visto la faccia da cogliona felice che hai avuto stampata nei giorni successivi ai vostri due appuntamenti, quindi incontrarlo non è stato così terrificante come vuoi darmi a bere».
Colpita, atterrata, affondata, distrutta, vengo assalita da una vampata di calore e non ci vuole molto a realizzare che sto prendendo fuoco. Okay, non posso negare che il mio cuore di pietra si sia un po' scalfito dopo quelle due uscite e i vari scambi di battutine telematiche, ma non è niente di così eccezionale come sostiene Katherine. 
Traffico un po' con delle scartoffie relegate dentro ad un cassetto e decido che sia meglio provare a chiudere il discorso. «Una volta ho mangiato uno yogurt bianco scaduto e non mi è sembrato così male come dici». 
Arrampicata sugli specchi, livello: esperto.
Ricevo in risposta un sibilo tagliente come quei coltelli delle televendite che vedo spesso mentre faccio zapping in tv, quelli capace di affettare anche il cemento. «Non ti rendi conto della fortuna che hai».
«Sì che me ne rendo conto».
«Non del tutto, allora».
«Ma se sto sempre lì a controllare che ci siano nuovi messaggi!» sbotto con un accenno di esaperazione.
«Se la cosa ti stufa, posso farlo io al posto tuo. E magari potrei rispondere anche…».
Kat prende a sghignazzare, al che le punto un dito dritto in mezzo al visino tondo. «Non ti azzardare nemmeno. So di cosa sei capace. So cosa faresti. Distruggeresti il mondo intero in meno di settantadue ore».
«Chi è che distruggerebbe il mondo intero in meno di settantadue ore?». Una nuova voce sopraggiunge alle mie spalle intromettendosi nel discorso e, teoricamente, non avrei bisogno di voltarmi per capire a chi appartenga, ma mi giro ugualmente in quella direzione.
Lucas, il mio capo nonché sottospecie di buon amico, entra reggendo tra le mani uno scatolone che poggia per terra accanto al bancone. Sospira e si passa una mano sulla fronte, sembra stanco morto. I capelli color cenere sono tutti spettinati, indossa il solito vecchio paio di jeans stinti e una polo grigia tirata su fino ai gomiti; veste spesso di grigio da quando gli abbiamo fatto notare che gli dona particolarmente. Se non lo conoscessi così bene da sapere dettagli di cui avrei di gran lunga preferito restare all’oscuro e se lui non fosse felicemente accasato e in procinto di diventare padre, beh, probabilmente lo terrei in considerazione per un matrimonio veloce a Las Vegas. Giusto per non ritrovarmi a cinquant’anni come zia Imogene, sola, gattara e con delle setole bianco sporco al posto dei capelli. 
In ogni caso penso che Lucas abbia un qualcosa di carino, non so, forse la faccia pulita e l’aria da bravo ragazzo evidenziata dai quei cardigan perfettamente abbottonati e dalle camicie a quadri che porta sotto. È delicato nell’insieme, diciamo che non ha propriamente l’aria vissuta e apri-virgolette selvaggia chiudi-virgolette che ha Shannon, per esempio, quella figaggine che trasuda mascolinità da tutti i pori e che fa venir voglia di…
Shannon. Figaggine che trasuda mascolinità e fa venir voglie che è decisamente meglio non spiegare.
Cazzo. No, dai. Lo sto descrivendo esattamente come facevano le sue fan il giorno del concerto, ma non è questo il punto. Non posso cadere nel baratro, non devo, è troppo… presto. E scontato oltre ogni misura, soprattutto.
Mi abbasso e fingo di controllare che l’attacco della stampante sia ben collegato, nascondendomi bene per evitare di mostrare le mie guance scarlatte.
Katherine sbuffa sopra la mia testa. «Non darle retta, esagera sempre quando parla di me».
«Esagero parlando di te quando dico agli altri che sei alta un metro e sessantacinque».
«Tu non sei alta un metro e sessantacinque!» scoppia subito a ridere Lucas, beccandosi un’occhiata omicida da parte della biondina in mezzo a noi. «…o forse sì?» aggiunge, titubante.
«Che male c’è? È una bugia bianca, lo faccio per salvare la mia dignità».
«Quella che hai perso ai tempi del liceo?» bisbiglio tra me e me.
«Come?».
Mi rialzo e scrollo le spalle, come a non avere idea di cosa stia dicendo. Indico lo scatolone per terra e mi rivolgo al mio capo. «Dove porto quello?».
«In cucina, lasciali pure sul tavolo: ci penserà Marylou a sistemare il buffet per la colazione di domani. A proposito, Jimmy è bloccato a letto con la gastroenterite».
Non mi faccio problemi a rispondere con un mezzo alterato «Di nuovo?!». Sarà la quinta volta in tre mesi che quel ragazzo si ammala di gastroenterite e le ipotesi sono due: o non sa di essere intollerante a qualcosa oppure gli piace vincere facile.
«A quanto pare… Lo sostituisci tu?».
«No».
«Te lo chiedo per favore» Luke insiste con tono piatto, sa benissimo che alla fine farò a modo mio.
«Senti, sono qui sei giorni e mezzo su sette e sbatto più di tutti gli altri: non chiedermi pure di mettermi a sostituire gli assenteisti cronici».
«Ti aumento lo stipendio, non puoi rifiutare».
Scuoto il capo, sono irremovibile su questo punto. «Non puoi corrompermi, lo sai. Eravamo d’accordo quando ho deciso di aiutarti qui e non copro i turni di nessuno, nemmeno se mi paghi l’extra».
Il mio nuovo orecchio mutante evidentemente non sente solo gli squilli del mio cellulare, perché percepisce una risata soffocata all’altezza della mia spalla destra. «A maggior ragione adesso che le serve più tempo libero per pensare a come conquistare il cuore del suo amato».
Promemoria per me: telefonare a Thor e chiedergli in prestito il Mjolnir per darlo in testa a Katherine. Poi supplicarlo di presentarmi Loki.
«Lucas, perché non chiedi a Kat di prendere il posto di Jimmy? Puoi darle il compenso che spetterebbe a me» propongo, stirandomi un larghissimo sorriso sulle labbra.
La diretta interessata incrocia le braccia al petto e assume un’aria imbronciata. «Non se ne parla nemmeno. Lui è il capo, lui sostituisce i suoi dipendenti. Io sono solo di passaggio, oggi».
«E qual buon vento ti ha portata quaggiù, allora?» domanda Luke, interessato.
So già qual è la risposta e lotto con tutta me stessa per non urlare e gettarmi fuori dalla finestra. O gettare lei, il mio istinto di autoconservazione è talmente alto da impedirmi ad ogni costo di farmi del male. Non voglio essere fraintesa, voglio un bene dell’anima alla mia migliore amica, ma ciò non toglie che a volte sia veramente veramente veramente veramente veramente pesante. Cerco di ignorarla mentre spiega di avermi seguita per essere sicura di non perdersi neppure un solo minuto della love story del secolo, affrettandomi con lo scatolone in mano verso la cucina. Lo poggio sul tavolo e mi sposto nella saletta adibita alla colazione, mi armo di panno e spruzzino e inizio a rassettare accompagnata dal chiacchiericcio dei Cip e Ciop biondi dietro di me. Non presto molto caso alla conversazione e rido sotto i baffi a tutti i «Mmm» e alle alzate di spalle tipiche di Lucas, ma ad un certo punto una frase sembra risuonare più forte delle altre e mi fa voltare di scatto.
«Cristo, ci farei sesso con quella voce» sento. Kat si tiene in equilibrio contro il distributore delle bevande e si fa aria con un tovagliolo.
La guardo sconvolta, domandomi anche come sia possibile inserire Cristo e il sesso nella stessa frase. Mi volto a guardare Lucas per avere conferma del mio sdegno, ma lui si massaggia il mento con una sorta di atteggiamento scientifico, lo stesso che assume ogni volta che è concentrato a calcolare le spese mensili della baracca che gestisce.
«Beh, non puoi fare sesso con una voce» obbietta, sistemandosi gli occhiali scivolati sulla punta del naso.
«Mai sentito parlare di autoerotismo? Eppure ero certa sapessi cosa significasse».
«Sì, è ovvio che io sappia cosa sia, ma non otterresti lo stesso effetto di un lungo e soddisfacente amplesso».
Kat sembra appena scoraggiata. «Purtroppo no, è vero». 
Solo per un attimo mi chiedo cosa li porti a pensare che Shannon sia un soggetto da lunghi e soddisfacenti amplessi, ma è proprio un istante, perché mi rendo conto velocemente di poter benissimo condividere le loro impressioni. Il soprannome di Shanimal non può avere a che fare solamente col suo modo di suonare la batteria, in qualche modo mi ha dato prova di saperlo anche lui.
«Jared dice che nessuno possa sapere cosa sia il sesso fintanto che non l’abbia fatto con suo fratello».
Sputo la domanda prima che di potermene rendere conto. «Dice davvero questo?!».
La biondina annuisce con una strana espressione soddisfatta in volto, ma Lucas non sembra convinto. «E Jared come fa a sostenerlo? L’ha visto in azione? O…?» scrolla le spalle, spero non intenda quello che mi sembra voglia intendere.
Almeno non sono l’unica ad essere disgustata.
«Macché, scherzi?! – esclama Katherine, quasi su tutte le furie – L’incesto non c’entra completamente un cazzo. Shannon è troppo etero e Jared è troppo innamorato di se stesso. Quanto prima la qui presente Wright ci darà conferma dell’eterosessualità del maggiore dei fratelli Leto, fidati»
Mi copro le orecchie nel vano tentativo di non ascoltare oltre. «Volete piantarla adesso, per favore?» piagnucolo, improvvisamente a disagio. Non mi reputo una persona eccessivamente pudica, ma esigo che certi dettagli della mia vita non vengano divulgati a terze e quarte persone. Kat è molto più spartana di me sotto questo punto di vista, lei sarebbe capace di informare anche il New York Times dall’altra parte dello Stato.
«Smettila di fare tanto la virtuosa, tu, non stiamo dicendo niente di assurdo: questa è Natura con la N maiuscola. – mi rimbecca Bionda numero Uno – Ricordi? Lo diceva sempre la signorina Porridge, la nostra insegnante di…».
«Sì, lo ricordo» e ricordo anche l’orrendo neo peloso che aveva sul mento. Era fonte di distrazione per tutti gli studenti, quel coso.
Ritorno in cucina per cercare di evitare l’argomento, ma la piattola dalla chioma dorata mi sta ancora alle calcagna.
«L’hai già sentito, oggi?» chiede.
«Più o meno. Cioè, gli ho mandato velocemente un messaggio ieri notte dopo aver letto del premio che hanno vinto lì ad Amburgo per MTV e quando mi sono svegliata stamattina ho trovato un ringraziamento al volo.  – spiego – Non so, ho avuto l'impressione di averlo disturbato e non mi va di ripetere la cosa». I novelli Bonnie e Clyde accanto a me si scambiano una rapida occhiata d'intesa che mi porta ad aggiungere: «Non mi sto facendo paranoie di alcun tipo, voglio essere chiara».
«Okay, ma ricordati di fargli gli auguri».
Non capisco. «Gli auguri? E per cosa?».
«Oggi è il dodici Novembre».
«Sì, lo so. – replico, ma non riesco a cogliere nessun collegamento e alla fine butto lì una motivazione a caso – È il suo onomastico?»
«No» mi risponde secca. 
Getto un’occhiata a Luke sperando che lui abbia idea della risposta, ma quello che vedo è la mia stessa espressione disorientata dipinta sul suo viso pallido.
Se non è l’onomastico di Shannon e non è neppure il suo compleanno (sono quasi del tutto certa che sia nato agli inizi di Marzo) allora per cosa dovrei fargli auguri? Il lancio di un nuovo singolo? Un festival importante? Gli hanno conferito un premio come batterista dell’anno o, peggio, è appena diventato padre di millemila gemelli sparsi per l’intero globo? Sbatto ripetutamente le palpebre, in stato confusionale. Non sono mai stata una campionessa di logica, non ricordo neppure di aver partecipato mai ad una delle gare promosse dal mio liceo.
Conosco Katherine e so che si sta spazientendo, ma il suo tono non risulta particolarmente aspro quando parla. «Jena, ascolta: – m’invita, poggiando le mani sulle mie spalle – oggi è il dodici Novembre. Un mese fa era il dodici Ottobre. Il dodici Ottobre siamo andate ad un concerto dei Thirty Seconds to Mars, hai qualche reminiscenza a riguardo? Ecco, bene, questo vuol dire che tu e…».
«Non gli farò gli auguri di buon mesiversario o roba del genere, scordatelo! – esclamo a gran voce – Nemmeno stiamo insieme!».
«Non ancora».
Sto per ribattere, ma mi fermo: non è stata Kat a pronunciare l’ultima frase. «Dio, Lucas, e tu da che parte stai?». 
«Dalla parte del vero Amore, mi pare ovvio».
Sta scherzando e riesce a stento a trattenersi dallo sghignazzare, ma lo guardo ugualmente in cagnesco. «Devi davvero smetterla di guardare tutti quei film d’amore ispirati ai romanzi di Nicholas Sparks insieme a tua moglie, ti danno alla testa» ordino.
Katherine ritorna al centro della scena, inginocchiandosi ai miei piedi e unendo le mani in un gesto di scongiura che mi sembra davvero davvero davvero troppo. «Avanti, ho bisogno di queste cose! Mi dimostrano che c’è ancora amore nel mondo! Dopo i Brangelina, tu e Shannon Leto siete la mia OTP preferita! Vi shippo! Vi amo!».
Il fatto che lei si rivolga a me negli stessi termini che le sento squittire durante ogni benedetto episodio di Pretty Little Liars mi inquieta e non poco. Per un attimo immagino la mia vita ridotta ad una gigantesca serie tv per adolescenti e rabbrividisco. 
«Tu… stai fangirlando? Su di me?» trovo la forza di chiedere.
«Con te, mia cara, con te. Ma ancora non lo sai. Dopo quello che ti è successo, la tua vita sentimentale ha bisogno di…».
«Lascia perdere quello che mi è successo, okay? Anzi, lasciate perdere entrambi. Fanculo, voi due mi manderete al manicomio». Lo sapevo, sono riusciti a farmi incazzare. Bravi, un applauso.
«Io e Lucas o io e Shannon? Oh… okay, scusa. Non parlo più».
«Sarà meglio per te, se vuoi che risparmi le tue amate natiche». 
Nemmeno a dirlo, ottengo l’effetto sperato e restiamo tutti in silenzio per qualche minuto. Lucas si allontana a controllare che Maverick e Travis, quei due strampalati addetti alle pulizie, stiano facendo il loro lavoro e, quando torna, si appoggia allo stipite della porta. 
«Non voglio darti ancora più sui nervi, Jena, però… quindi tu e Shannon vi sentite tutti i giorni?».
Sospiro e conto fino a dieci prima di fare o rispondere qualunque cosa. 
In effetti non posso giudicarli (o non posso giudicare Katherine, più che altro) per la loro curiosità: volente o nolente, in un certo senso, sono io la novità del momento. Anche se apprezzo immensamente il fatto che Lucas sia sempre così pacato e riflessivo e non mi parli col tono di una tipa isterica o simili. 
«Grosso modo sì, ma niente di serio. È solo qualcuno con cui parlare» rispondo con semplicità. 
«All’inizio anche mia moglie mi vedeva solo come qualcuno con cui parlare e, sì, guardaci adesso. Sposati e con una bambina in braccio prima della fine di gennaio».
«Siete riusciti a mettervi d’accordo sul nome o litigate ancora?».
«Ci siamo quasi, spero. Karen continua a bocciare la maggior parte dei nomi che propongo».
«Che nomi proponi?».
Dalla reception tintinna il campanello poggiato sul bancone e Luke ci lascia per andare ad accogliere gli ospiti, abbandonandoci nel dubbio fino a quando non ritorna, circa un quarto d’ora dopo, e si mette ad aiutarmi a svuotare la lavastoviglie.
«Secondo me non sono nomi così brutti» prosegue pensieroso.
«Potresti farci il favore di dire a quali ti riferisci, magari» lo esorto. Gli passo qualche piatto da riporre nella credenza.
«Beh, nomi semplici: Judith, Patricia, Lorraine, Ernestine…»
«Ernestine?! Vuoi che tua figlia sia marchiata a vita? – Kat sembra sconvolta – Santo Cielo, non voglio sentire altro. La mia trisavola si chiamava Ernestine, figurati un po’!».
Ho bisogno di appoggiarmi al frigorifero per non cadere a terra e continuo a ridere tenendomi la pancia: non so se mi diverta di più l’improvvisa delusione di Lucas o la reazione esagerata di Katherine, che continua imperterrita la sua invettiva.
«Ci sono tanti bei nomi al mondo, Lucas! – dice – Tanti bei nomi moderni. Perché non li prendi in considerazione? Posso stilarti una lista, sono brava in queste cose. Ti piace Ryana? O Gwen? Ethel? Zora? Savannah? Terri? Valerie! Se nasce coi capelli rossi come Karen dovete assolutamente chiamarla Valerie! Come la canzone degli Zutons! La conosci? La conoscete? Eh? EH? Oppure Christine! Sì, Christine! Jena, secondo te Shannon apprezzerebbe il gesto?».
Signore Dio Onnipotente, tu che vedi tutto e soccorri tutti, ti prego, aiutami ad arrivare a fine giornata senza farmi sbroccare troppo.
O fammi ricevere un sms da un batterista internazionale a caso, magari. 
D'accordo, forse sarebbe meglio andare a dormire coi neuroni tutti interi e al loro posto; posso sopravvivere al fatto di non ricevere un messaggio sul cellulare, non sono mica a questi livelli.
Anche perché adesso è pomeriggio inoltrato, ho ormai finito il turno e sono rincasata da un pezzo, ma il mio telefono è rimasto silente praticamente per tutto il tempo. Poco importa, al momento mi preoccuperebbe di più un'invasione aliena o un nuovo virus che trasforma in zombie tutti coloro che lo contraggono. Certo però che se il caro signor Leto ha intenzione di mollarmi in questo modo, da un giorno all'altro e senza spiegazioni di sorta, è proprio un gran maleducato. Andrei a cercarlo in capo al mondo per dirgliene quattro, se fosse così. Nessuno mi prenderà più in giro, non ho intenzione di farmi umiliare ancora da un altro chicchessia. 
Continuo a fare zapping per ingannare il tempo, senza avere in realtà granché voglia di seguire alcun programma in televisione. Ho centinaia e centinaia di canali a disposizione e nessun interesse a sintonizzarmi su uno in particolare: beh, capita quando hai quasi trent'anni, una voglia di applicarti in qualcosa pari a zero e gli ormoni instabili che continuano a prendersi gioco di te mentre le ovaie implorano pietà e ti obbligano a restare distesa sul divano.
Chiudo gli occhi e vi passo sopra una mano. Odio essere in quei giorni, mi trasformo nella mia personale versione del signor Hyde senza alcun bisogno di assumere intrugli particolari.
Per fortuna non devo aspettare ancora molto prima che la mia coinquilina si chiuda alle spalle la porta del bagno e venga a farmi compagnia, salvandomi da questo stato di apatia e catalessi. Mi sposto accoccolandomi contro un bracciolo e Katherine mi butta davanti agli occhi un'immensa chioma di ricci dorati.
«Allora? Che te ne pare?» chiede.
La osservo scuotere il capo di qua e di là per qualche secondo, poi rispondo: «Questi cavatappi non sono tuoi».
«Esaustiva come sempre, Jena, grazie. Hai già preso gli antidepressivi?».
«Non ce n'è bisogno, lo sai come sono fatta: dammi cinque minuti e cambierò sicuramente umore».
Parole al vento. In realtà Kat non si è nemmeno seduta, non ha ascoltato la mia risposta ed è andata a trafficare con qualcosa in cucina. Sta cacciando, e chissà che non trovi qualche avanzo di gelato dell'estate scorsa.
«Questi serviranno senz'altro a velocizzare il processo» comunica con un che di ufficioso, gettandomi in grembo una confezione ancora intera di marshmellows. Sono andata io a fare la spesa l'ultima volta e non ricordo proprio di averli comprati, quindi le rivolgo un'occhiata interrogativa.
«Il PastaParty di sabato ha alleggerito di brutto le nostre dispense, perciò ieri mattina sono andata al supermercato a comprare lo stretto indispensabile» spiega.
Le passo il pacchetto e lei lo apre immediatamente come fosse un tessssssoro. «Da quando le caramelle gommose sono lo stretto indispensabile?».
 «Da quando lo sono anche i Twix, i Bounty, i Togo e i Mars».
Non rispondo, provo più a decidere se per Mars intenda velatamente anche i Thirty Seconds to Mars o se questa sia una proiezione della mia mentalità distorta. Potrebbero essere vere entrambe le mie considerazioni.
«Vuoi?».
Scuoto il capo. «No, stavolta passo».
«Bah, come preferisci. – Katherine fa spallucce e si infila un marshmellow in bocca – Novità?».
«Ho sentito che un bambino ha sventato una rapina a San Francisco, ma non ho ascoltato troppo e non so dirti altro».
Ricevo un’occhiata carica di disappunto. «Sai a quale novità mi riferisco».
Sì che lo so, ma speravo di poter dare una piega diversa a questa chiacchierata. «Tutto tace al fronte».
«Nessuno lo obbliga a scriverti tutti i giorni».
«Infatti».
«Ma sarebbe carino se lo facesse».
Guardo brevemente la tv e noto che stanno trasmettendo Ellen, per fortuna. «Ho come la vaga sensazione che le tue aspettative siano di gran lunga migliori delle mie» affermo.
Kat soffoca una risatina con un’altra caramella: ho già perso il conto di quante ne abbia mandate giù, ne trangugia una dopo l’altra ad una velocità che ha dell’incredibile.
La osservo sconcertata mentre spazzola via metà pacchetto, prima di provare a intervenire: «Potresti smetterla di ingozzarti così, per favore? Mi dai il voltastomaco».
Per tutta risposta, ricevo in cambio uno sghembo sorriso appiccicaticcio e color arcobaleno. Eppure mi fa ridere.
Allungo una mano verso il tavolino accanto a me e le passo un fazzoletto (ne teniamo sempre un scorta nei dintorni, non si sa mai di trovare un film particolarmente strappalacrime). «Dio, quanto sei cretina» mormoro mentre lei si ripulisce.
«Sarà, ma sono pur sempre la cosa migliore che ti sia mai capitata».
«Questo perché mi accontento veramente di poco. Sono la persona più accondiscendente dell’intero pianeta».
La conversazione sembra momentaneamente essere giunta al termine, quindi mi concentro sul programma della DeGeneres quasi fino alla fine, ovvero fino a quando la biondina al mio fianco non se ne viene fuori con una di quelle sue tipiche frasi enigmatiche.
«Io davvero non capisco» esordisce.
«Cosa ti affligge, sentiamo».
«Tu. Cioè, come hai fatto a fare colpo? Avevi la stessa espressività di Kristen Stewart e non so proprio spiegarmelo. – dice con atteggiamento pensieroso – A Shannon non piacciono i pesci lessi, lui esce con la strafighe».
Rewind: la mia migliore amica mi ha appena dato del pesce lesso.
«Grazie Kat, ti voglio bene anch’io» rispondo sarcasticamente.
«Non fare la suscettibile, hai capito cosa intendo».
«Certo che sì, mi stai dicendo che sono un cesso a pedali e che Shannon si sia preso un bell’abbaglio, quindi è normale avermi abbandonata di punto in bianco perché ha realizzato che non sono proprio il suo tipo».
Katherine alza le mani come a volersi togliere di dosso una qualche responsabilità. «Queste sono parole tue, non mie. – chiarisce – Quello che voglio dire io è che, caspita, nel bene o nel male sarà una bella cosa da raccontare ai tuoi figli. Con chiunque tu li avrai».
«E sempre ammesso che li avrò, di questo passo» aggiungo. La trasmissione è appena finita, perciò riafferro nuovamente il mio fido telecomando e ricomincio lo zapping estremo. Pubblicità, notiziario, pubblicità, repliche di Beautiful. Massì, rivediamo le ultime gesta di Brooke Logan. 
«Jordan sa qualcosa?».
Porto le ginocchia al petto e vi poggio sopra il mento. «No, non le ho ancora detto niente. La mia famiglia non sa niente perché fondamentalmente non c’è niente da dire».
«Oh, certo. Hai passato gli ultimi trenta giorni della tua vita a messaggiare senza sosta con un fighissimo musicista dallo sguardo ingravidante, cosa mai potrebbe esserci da far sapere?». 
Sono convinta che sia arrivato il momento adatto di farle la domanda che mi porto dietro da qualche giorno. «Mi spieghi cosa ci ricaveresti tu da tutta questa faccenda?».
«Vedere un’amica sentimentalmente felice e sessualmente appagata mi sembra un’ottima ricompensa, non trovi?».
«Balle. – rido, lanciandole contro il cuscino – Balle balle balle. Cosa frulla in quella tua testolina utile solo per sfamare i figli del parrucchiere?».
Kat tira un lungo sospiro e lascia andare quel riccetto che continuava a torturare ormai da interminabili minuti. «Va bene, d’accordo. Mi accontenterei di una cena a quattro con Jared, va bene?».
Trattengo a stento un’altra risata: in effetti questo suo scopo non era tanto difficile da intuire. «Ah, ti accontenteresti?».
«Ovviamente la cena sta in secondo piano rispetto al saperti finalmente accasata con un uomo da sogno. E che sogno…».
«Finalmente accasata. – ripeto, soppesando bene le parole – Sembri mia madre. Perché non ti occupi un po’ della tua vita sentimentale, invece? Negli ultimi tempi non hai fatto altro che startene qui sdraiata a sgranocchiare M&M’s spulciando la filmografia di Ryan Gosling. Non credere che non mi sia accorta di te che guardi Le pagine della nostra vita due volte lo stesso giorno». 
«Che c’è di male? Abitiamo ad un tiro di schioppo da lui, voglio solo essere preparata per quando l’Universo o il Divino Superman decideranno di farci incontrare: i film sono un ottimo modo per abituarmi al suo viso, tutto qui» ribatte sulla difensiva.
Allungo una mano e le faccio segno di passarmi il sacchetto coi marshmellows, lei mi rivolge un’occhiata mesta ed obbedisce senza fiatare. «Troppi zuccheri ti danno alla testa. Non credi sia arrivato il momento di reagire?».
«Reagire a cosa?» le parole le escono insieme ad un lungo e rumoroso sbadiglio mentre si raggomitola su un fianco. Alzare un sopracciglio a volte è più eloquente di mille parole, specie se a farlo sono io. «È questo il mio modo di reagire» spiega semplicemente.
«Oh beh, allora complimenti. Aspetta di diventare una balena arenata sul divano prima di accorgerti di aver sprecato del tempo che non tornerà più indietro».
Troppo dura? Forse. Un po’ me ne pento, ma in certe occasioni con Katherine va usato il pugno di ferro o non concluderà mai niente. Non mi prendo il merito di niente, ma ogni tanto penso che, se non ci fossi io, lei si accontenterebbe di passare inosservata tra la gente o di lasciare un segno appena percettibile. A vederla non si direbbe, ma è così. E poi devo ammetterlo, mi sento terribilmente in colpa per averla spronata ad uscire con Bradley. Pensavo potesse solo farle del bene, e invece… invece no, sappiamo com'è andata a finire.
Saranno passati cinque minuti e Katherine non ha detto nulla. Ha la faccia schiacciata contro il cuscino e non riesco a vederla bene, ma credo si sia addormentata, così faccio per alzarmi e lasciarle più spazio.
«Bradley ha sconvolto parecchie cose» la sento mormorare. Si tira su a sedere e si passa una mano tra i capelli scompigliati. «Anzi, ha proprio sconvolto tutto. Sai che adesso sta con Jessica? Ha aggiornato la sua situazione sentimentale su Facebook, l’ho visto ieri mattina e mi sono quasi strozzata coi cereali».
Aggrotto la fronte e la guardo contrariata. «Non ti avevo detto di rimuoverlo dalle tue amicizie?».
Kat si fa piccola piccola, quasi a volersi nascondere dietro il cuscino. «Sì... e l'ho fatto... ma lui ha il profilo aperto...».
«E tu pensi bene di controllarlo ancora, eh?».
Ricordo di aver letto un articolo, tempo fa, in qualche sala d'aspetto che ho però dimenticato, in cui venivano elencate le tappe del post-abbandono da parte del fidanzato e, cosa incredibile per una rivista del genere, erano tutte veritiere. Non mancava niente: c'erano il maschicidio, il barattolone di gelato a notte fonda, quel senso di nausea per le coppiette incrociate casualmente in strada... Tutto. C'era tutto. 
Quindi, adesso che ci penso, e se la mente non mi inganna, Katherine dovrebbe trovarsi da qualche parte sperduta nella sesta fase: lo stalking.
Seguono alcol, festini e amici.
Okay, soprassediamo (momentaneamente).
«Comunque sia, questa Jessica è… è quella Jessica? Jessica la…?», il soprannome è così osceno che mi schifo anche a dirlo a voce bassa.
Kat fa cenno di sì con la testa, i ricci tornano a caderle davanti al viso. «Ah-ah, quella Jessica. La cosa non mi sorprende».
«Già, neppure a me» affermo con ribrezzo. Persone come lei e Bradley Hudson andrebbero cancellate dalla faccia della Terra. «A questo punto la cena con Jared ci sta tutta, giusto per riempire le loro bacheche virtuali di foto e farli schiattare entrambi di invidia».
«Un bellissimo schiaffo morale» conviene.
«A prescindere da quello che potrebbe o non potrebbe – sottolineo ben bene – accadere con Shannon, questa è una cosa che mi impegnerò ad organizzare: dimostriamo al mondo intero che Katherine Olivia Simmons non è una’allocca qualunque!».
La mia amica si alza in ginocchio e prende a battere freneticamente le mani, imitando una folla in ovazione che si mescola alla più rumorosa e disordinata tifoseria dei Lakers.
«Basta, basta, così mi farai arrossire» mi pavoneggio, atteggiandomi come una bionda e svampita ereditiera a caso.
«Impossibile, non riuscirò mai a farti arrossire come fa Lui!».
Ecco, già sento le orecchie surriscaldarsi. «Che intendi dire?» chiedo sforzandomi di apparire naturale.
«Hai mai visto la tua faccia quando il cellulare squilla e ricevi un suo sms? Diventi più rossa della tavola da surf di Pedro. Sei fiammante! Fosforescente! Un semaforo! Sembri quasi…».
«Okay, hai reso il concetto. Adesso torna a riflettere sui vari modi di rendere accettabile la tua esistenza».
Si stiracchia con le braccia ben tese verso l’alto. «Riprenderò in mano la mia vita se tu farai lo stesso con la tua, siamo d’accordo? Sai cosa intendo».
«Da quando in qua tu scendi a compromessi?».
«Non è un compromesso… è più una cosa alla Jack&Rose, “salti tu, salto io”» osserva.
Per un velocissimo attimo la visione celestiale del viso angelico di Leonardo DiCaprio nei panni di Jack Dawson (primo tra i miei amori cinematografici) mi fa sorridere come un’imbecille. «Quante volte hai visto Titanic di recente?» domando divertita.
Ridacchia. «Oh, è meglio che non ti dica il numero esatto o potresti subito farmi rinchiudere in un ospedale psichiatrico».
«Avrei dovuto farlo la prima volta che ti ho incontrata, ad essere sincere». Guardo l’ora all’orologio appeso sopra la televisione e mi costringo ad alzarmi: sono le otto e un quarto, il mio stomaco brontola già da un po’ reclamando cibo come un forsennato e stasera toccherebbe a me preparare la cena, ma non ne ho assolutamente voglia. «Ti va se ordiniamo indiano? – propongo – O pizza? Cosa preferisci?».
«Il mio organismo è in astinenza da pizza. Margherita, maxi, con olive e peperoni grigliati».
«Ottimo, telefono subito. Tu inizia a cercare qualche dvd, ho voglia di farmi quattro risate stasera. Meglio se con Adam Sandler». Ho già composto il numero, quando mi accorgo dell’occhiata seria e pensierosa che mi rivolge Kat.
«A ventotto anni non è ancora troppo tardi per ricominciare» dichiara.
Annuisco, profondamente convinta dalle sue parole. «No, direi proprio di no».

 
Take me to Heaven!

Ho ancora i postumi del musical di ieri sera, a quanto pare...

MACCIAO! *Si sbraccia* Vi ricordate ancora di me? Sono quella brutta persona che non ha aggiornato per un mese intero e che torna alla carica con una cacchina di capitolo!
No, sul serio, mi spiace. Non avrei voluto/dovuto lasciarvi senza niente per tutto questo tempo, ma pare sia già tanto se riesco a trovare il tempo per dormire la notte. Ho una quantità di cose da fare che, se ve le elencassi tutte, nemmeno mi credereste.
Il capitolo è una palla al piede (è il numero 6, io ho da sempre un tragico e inspiegabile problema coi capitoli numero 6 (?)) e non succede niente, ma più che altro spero di aver reso come ragiona (o non ragiona) Jena, visto che questo è solo il suo secondo pov e che i capitoli, mmm, "messaggiosi" mancano praticamente di introspezione.
Mi auguro anche di poter aggiornare quanto prima, magari entro la fine del mese, perchè non mi va di lasciare soli questi due. Chissà che combinerebbero.
In ogni caso, vi ringrazio tantissimo per la pazienza avuta (spero ne abbiate tante, potrebbe servirvi lol) e vi pregherei di farmi sapere cosa vi sia passato per la testa durante la lettura. Accetto anche i famosi "Datti all'ippica" (cosa che forse dovrei fare davvero).
Vagonate di Marshugs a tutti,

A.
  
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