“Isabel?” soffiò sconvolto Raphael davanti all'apparizione dell'inatteso ospite.
Era
lì, davanti a lui, incorniciata dall'enorme porta del
rifugio, in
attesa delle loro reazioni, ma non riusciva ancora a crederci. Non
poteva. Era andata via, anche se l'aveva pregata di restare, con
tutte le sue forze.
Per quale motivo sarebbe tornata indietro? Per
lui? Per vivere con lui nelle fogne per l'eternità?
Ridicolo.
Eppure, anche nell'incredulità, nell'agitazione, nel
tremore delle mille domande che gli affollavano l'anima, non riusciva
a staccare gli occhi da lei.
E Isabel non era mai stata più
bella. Col sorriso più splendido mai visto, che le
illuminava il
viso di felicità nel vederli.
“Isabel!”
strillarono sorpresi i suoi tre fratelli, correndo incontro alla
donna, che spalancò gli occhi dalla sorpresa.
Si trovò stretta
in un mega abbraccio, così appassionato che quasi
faticò a
respirare, mentre le voci si sovrapponevano l'una sull'altra, tra
domande ed esclamazioni euforiche.
“Ragazzi... ragazzi, mi state
soffocando!” strillò suo malgrado, seppure tra le
risate. I ninja
la lasciarono andare, ma ancora sorridevano.
Raph
era l'unico che si era tenuto in disparte.
Lei era lì, a qualche
passo di distanza. Era lì, in carne e ossa, non una fantasia
della
sua mente, non un misero sogno ad occhi aperti dei tanti che aveva
avuto in quegli otto mesi da che si erano salutati.
Otto mesi. In
cui la sua mancanza l'aveva quasi mandato alla pazzia, ma in cui non
aveva fatto altro che ripetersi che lei se n'era andata per sempre,
che non sarebbe mai più tornata.
E invece era davvero lì. Bella,
radiosa, coi capelli lunghi raccolti in una coda, la figura snella
eppure tonica, in forma e in salute, come se nell'ultimo tempo si
fosse dedicata solo alla cura di sé stessa. E avrebbe voluto
correre
come un pazzo, abbracciarla e non lasciarla andare mai più,
sussurrandole quanto gli fosse mancata, quanto fosse felice di
vederla.
E tuttavia sollevò solo una mano in segno di saluto.
Perché i suoi sentimenti si erano come bloccati tra il petto
e la
bocca, incastrati nella foga di volerli esprimere tutti assieme:
erano troppi, erano troppo complessi ed enormi per riuscire
facilmente a districarli.
Isabel gli sorrise, timidamente,
abbassando lo sguardo mentre arrossiva. Come diamine poteva essere
così bella?
“Quando
sei tornata? Perché sei tornata? Ti fermi qui?
Cos'è successo? Sei
diventata regina? Oh, cielo: sei una regina!?”
continuò a
strillare Mikey a pochi passi da lei, sempre più
emozionato.
“Lasciala respirare! Se la asfissi di domande non
saprà nemmeno da che parte è girata” lo
rimproverò Don, tappando
la bocca al fratello.
“Grazie mille, Donnie. Ho mille cose da
raccontarvi! Ma prima... è un piacere rivederla,
maestro.”
Isabel
si inchinò davanti al saggio ratto, chinando la testa
più che poté
in segno di rispetto; Splinter allungò una mano e la
afferrò sotto
il mento, sollevandole il viso perché potesse guardarla,
poi,
inaspettatamente, l'abbracciò.
“Bentornata” le sussurrò
sentito, mentre Isabel si commuoveva, per l'impensato slancio
d'affetto.
“Devi essere stanca. Vieni a sederti e raccontaci
come è andata e cosa ti ha ricondotta da noi”
propose saggiamente
il maestro, facendole strada verso l'angolo relax.
Isabel
sorrise con gratitudine e si lasciò guidare, osservando con
nostalgia e dolcezza il rifugio, fin nei suoi più piccoli
angoli;
era stata lei a rimetterlo a nuovo, con l'aiuto delle pietre della
luna di cristallo degli Y'Lyntian, ma ritrovandosi nuovamente
lì per
la prima volta dopo così tanto tempo, era come se lo vedesse
per la
prima volta. E non era solo perché nel frattempo che lei se
n'era
andata, loro avevano arredato con mobili nuovi, con una complessa
postazione multimediale e uno spazio tv decisamente esagerato. Era
perché si era dimenticata quanto fosse grande e spazioso, e
luminoso; come l'aria fosse pulita e senza odori, nonostante fossero
nelle fogne, come tutto sapesse di casa.
Forse perché era lì con
loro. E loro erano casa, per lei.
Il suo sguardo scivolò ancora una volta su Raphael, fugacemente, ma si scostò in un istante quando lui voltò gli occhi verso di lei, forse perché si era accorto di essere osservato. Sentiva che c'era qualcosa che non andava, ma sperò che fosse solo una sua impressione dovuta alla stanchezza del viaggio o all'emozione per averlo rivisto dopo tutti quei mesi.
Si
sedette sul divano, con Mikey alla sua destra e Don alla sinistra, e
il maestro le portò una tazza di tè, con
cortesia. Attesero che
bevesse, in rispettoso silenzio, senza pressarla con le domande che
volevano farle. Isabel sorrise, dolcemente.
“Sono andata nel
regno dei maghi. Non è stato facile trovarlo, ma dopo un
paio di
settimane e un'indagine nella mente di Gregor ho scoperto
l'ingresso”
iniziò a raccontare davanti ai loro visi curiosi.
“Non hanno creduto subito alla mia storia. Una mezza strega, che aveva vissuto per tutta la vita fuori da regno, seguita e torturata dal reggente? Mi hanno riso in faccia, la prima volta che ho parlato davanti al concilio. Ma non ho vacillato. Ho presentato le mie memorie come prova. Tutte. Da quelle coi miei genitori, per provare la mia ascendenza, a quella battaglia a Central park. È stato veramente lungo ed estenuante, con interrogatori giornalieri, dibattiti e contro prove. La voce si è diffusa presto tra il popolo e la loro curiosità mi ha impedito di mettere piede fuori dal castello. È durato cinque mesi. Cinque mesi per dimostrare che razza di infido e vigliacco Gregor fosse, per dipanare tutte le sue trame, i suoi omicidi. Ma sono stata aiutata: Michelle, Jervis e tutti coloro che lo avevano servito minacciati dal suo potere si sono fatti avanti, comprovando la mia testimonianza. E così li ho convinti. Il concilio ha riconosciuto Gregor colpevole di tradimento, omicidio, Regicidio e persecuzioni e torture nei miei confronti, ed è stato condannato.”
La sua voce suonava così leggera, così felice, come se tutti i fantasmi del passato fossero scomparsi nel momento in cui quel fantomatico concilio dei maghi aveva dichiarato il suo aguzzino colpevole. Non potevano sapere delle lacrime silenziose che la notte aveva lasciato cadere, sentendosi sperduta e sola, lontano da loro.
“Allora
è morto?” domandò con voce bassa Mikey,
come se fosse timoroso di
svegliare qualcosa se lo avesse chiesto con un tono più alto.
“No.
I maghi non hanno la pena di morte. Non è una punizione
morire,
perché le tue pene terminano e non puoi evolvere.
È stato
trasformato.”
“Trasformato?” ripeterono più voci, con
lo
stesso tono sorpreso.
“Sì. In un lombrico di terra. In questo
modo potrà essere utile all'ecosistema e nello stesso tempo
rimuginare sui suoi errori, fino alla fine della sua vita. Sperando
che possa così migliorare.”
Le facce sconvolte dei suoi amici erano davvero ilari. Si era aspettata che non capissero appieno la cultura dei maghi; perfino lei si era trovata stranita, la prima volta in cui si era imbattuta in quella o quell'altra tradizione o forma di pensiero, così diverse da quelle degli umani. I maghi erano così eterei, più spirituali che fisici e materiali e non sempre aveva capito immediatamente i loro comportamenti o le loro parole o le loro dottrine. Ma poi, con pazienza, le aveva accettate come proprie, perché erano una parte del suo essere, tanto quanto la cultura umana.
“Trovo
che sia un'ottima dottrina di vita” mormorò
colpito Splinter,
sorridendole incoraggiante.
“Sì, ma poi? Cos'è successo
dopo?”
domandarono Mikey e Don assieme, che si erano appassionati al
racconto.
“Dopo hanno iniziato a studiare i miei poteri,
perché
sono un po' differenti dai loro. Forse a causa della mia natura
doppia. E mi hanno pazientemente insegnato ad usarli a mio piacere,
senza farli più scoppiare fuori in caso di pericolo. E
quando ho
capito come padroneggiarli appieno, mi hanno chiesto di aprire la
camera del tesoro, se ne fossi stata capace.”
Si
interruppe in una pausa ad effetto, che non fece altro che accrescere
la curiosità nei suoi interlocutori, che si struggevano per
sapere.
“Allora? L'hai aperta?”
La voce di Michelangelo era
appena un sussurro.
Lei bevve un altro sorso di tè, prima di
rispondere.
“Sì, la camera si è aperta”
rivelò con un
sorriso enigmatico. I più trattennero il fiato, colpiti.
“Sei
diventata la regina” continuò Donnie, con un
sospiro.
Isabel
annuì, poggiando la tazza di tè sul tavolino.
Raphael seguì
ogni sua mossa, con una pressante angoscia acquattata sullo stomaco,
che gli inacidiva l'animo e ogni cellula. Era davvero diventata la
regina del regno dei maghi. Riusciva ad immaginarla benissimo,
fasciata in sontuosi abiti e con una corona a cingerle la fronte,
bella e potente, al comando di un regno. Allora cosa diamine era
tornata a fare? A sbattere loro in faccia la sua felicità?
“Allora
non sei tornata per restare” esalò un po' affranto
Mikey, che ci
aveva sperato davvero.
“In realtà... sono la regina, ma solo di
nome. Non governo io il regno” rivelò Isabel, con
un sorriso che
prometteva grandi rivelazioni.
“Cosa?” chiese Mikey,
basito.
“Tu non sei... cosa?” seguì a ruota Don,
confuso.
“Sono stata nominata regina, ma ho rifiutato di
rimanere a governare. È il mio reggente ad occuparsi delle
parti
burocratiche, nonno Jervis.”
“Eh?”
Ad
ogni secondo passato, e ad ogni parola che pronunciava, non faceva
altro che creare caos e confusione nelle loro menti, che ormai non
erano altro che un turbine di domande.
“Non è davvero mio
nonno, è il nonno di Michelle. Ed era uno dei consiglieri di
mio
padre. Gli ho parlato e gli ho espresso i miei dubbi. E lui ha
acconsentito alla mia richiesta di governare al posto mio.”
“Ma...
perché?” domandò Leo.
“Perché non ho mai desiderato
essere una regina. Mio padre sarà anche stato il loro re, ma
per me
era solo mio padre. E non mi ha cresciuta come una principessa, ma
come una bambina normale, con sogni normali. E adesso ho sogni solo
miei e non mi importa di avere tutto il potere o il denaro che
possono offrirmi, se devo rinunciarci.”
Si era infervorata ad
ogni parola, perché di sicuro quell'argomento le era caro e
le era
stato chiesto anche laggiù, in quel fantomatico regno
nascosto, al
momento in cui aveva scelto di non rimanere a regnare.
“E
come l'hanno presa?”
“All'inizio male. Hanno cercato di
convincermi con tutte le argomentazioni possibili e immaginabili. Ma
alla fine si sono dovuti arrendere. E la mia presenza non è
davvero
necessaria, devo solo tornare una volta l'anno per un rito di potere;
nonno Jervis continuerà a mantenere il regno prospero e in
ordine al
posto mio, con l'aiuto del concilio, con la clausola che mi permette
di rientrare in caso di abuso di potere o di necessità. Ma
so che
entrambi i casi sono fuori questione.”
“Ma
allora... sei tornata per restare?”
“Sono tornata per
accettare l'offerta che mi fece il maestro e diventare una sua
discepola, se lo vuole ancora.”
Splinter le rivolse uno sguardo
affettuoso.
“Certo che lo voglio. Ti ho giurato che ti avrei
insegnato e ti avrei amato come una figlia, se mai avessi accettato.
Perciò puoi anche iniziare a darmi del tu, Isabel.”
“Oh sì!
Avrò una sorellina tutta mia? Ho sempre sognato di avere una
sorellina!” strillò fuori di sé Mikey,
sporgendosi per
abbracciare Isabel con uno slancio caloroso.
“Una sorellina da
abbracciare, con cui giocare, da proteggere, con cui
parlare...”
“È
questo che vuoi essere? È questo il tuo sogno? Essere una
kunoichi?”
domandò interessato Don, interrompendo i vaneggiamenti di
Mikey.
Lei
sollevò un angolo della bocca, in un mezzo sorriso di
soddisfazione,
ancora stretta nell'abbraccio di Michelangelo. Sembrava trovare
divertente la loro sorpresa.
“Quello è solo una parte. Voglio
studiare medicina e diventare la prima dottoressa specializzata nel
curare mutanti” rivelò nel silenzio attonito che
la sua
affermazione suscitò.
La
faccia di Leo era sorpresa. Quella di Don piacevolmente attonita.
Quella di Mikey, che ancora la teneva stretta, era scioccata. Quella
di Raph completamente sconvolta. Il maestro invece continuò
ad
osservarla con i suoi occhi saggi e penetranti.
Lei voltò gli
occhi da uno all'altro, aspettandosi che qualcuno dicesse qualcosa e
che spezzasse l'innaturale silenzio, che la stava mangiando viva per
l'agitazione.
“Non volevi aprire un negozio di fiori?”
riuscì
a dire Mikey, lasciandola finalmente andare per guardarla in
viso.
Isabel aggrottò la fronte, spiazzata, poi cercò
lo sguardo
di Raphael, con rimprovero per aver rivelato quel suo segreto. Non
sapeva che lo avevano visto nel viaggio tra i suoi ricordi, quando
l'avevano aiutata a tornare in sé.
“Quello era solo un sogno di
una bambina. Di tanti anni fa. La Isabel di adesso vuole
altro”
attestò convinta, muovendo come sempre le mani attorno a
sé per
l'agitazione.
“Perché proprio una dottoressa per
mutanti?” le
chiese Splinter, con semplice curiosità.
“Perché so guarire. E
nessuno più di me sa cosa voglia dire essere ferito e non
avere
nessuno che possa curarti. Posso imparare a curare coi metodi
tradizionali e unirli alla mia magia, offrendovi finalmente
ciò che
non avete mai avuto e che meritereste: la sicurezza di ricevere le
cure adeguate, soprattutto dato il genere di vita pericolosa che
vivete.”
“Ma... non possiamo chiedertelo. Vorrebbe dire
sacrificare tutta la tua vita dietro a noi. Non vuoi vivere
normalmente, ora che puoi?” esclamò Leo, lusingato
dall'idea di
Isabel, ma anche preoccupato per la sua scelta.
“No. Questa è
la normalità, per me.”
Il
discorso era chiuso. Si poté capire dal tono asciutto e
secco che
Isabel aveva usato. E se non fossero stati così scioccati da
tutte
quelle rivelazioni si sarebbero accorti certamente che Raph non era
mai intervenuto, nemmeno una volta. Che si era tenuto in disparte,
mentre i più disparati e conflittuali pensieri gli
invadevano la
testa e il cuore.
Avrebbero dovuto accorgersi dell'aura spessa e
densa che emanava. Avrebbero dovuto accorgersi che c'era qualcosa di
strano, dell'oscuro e torbido sguardo che aveva in quel momento. Ma
non lo fecero. Troppo assorti nell'interessarsi a lei non si erano
accorti della mancanza di reazioni in lui, che non faceva presagire
nulla di buono.
L'alba
era ormai sorta da ore, anche se lì sotto non potevano
vederla. Il
maestro suggerì a tutti loro di riposare, per ritemprare le
membra e
la mente: i suoi figli erano spossati dal giro di ronda e Isabel per
il lungo viaggio. E tutti per l'emozione.
Fu Mikey ad
accompagnarla fin al piano di sopra e a mostrarle la camera, tra la
sua e quella di Leo, e non Raphael, come si era immaginata. Finita la
discussione lui si era voltato ed era sparito nella sua stanza, senza
un cenno o una parola, ghiacciandole il sangue nelle vene per la
freddezza e il suo atteggiamento distante.
“Ecco
qui” le disse Mikey con allegria, aprendo la porta e
mostrandole
l'interno della camera: era molto più spaziosa e luminosa di
quanto
pensasse ed era già arredata con un mobilio essenziale e
spartano.
C'era perfino una finestra magica che rifletteva il tempo della
superficie.
Stava osservando assorta il letto ad una piazza,
quando Mikey le passò un cambio di lenzuola per poterlo
rifare.
“Se
hai qualche cosa da chiedere, io ci sono. Benvenuta in
famiglia” le
mormorò con un grosso sorrisone entusiasta, prima di
stringerla in
un nuovo e frettoloso abbraccio affettuoso.
Rimase attonita, anche
quando lui se ne fu andato e a lei non rimase che guardare la porta,
con un misto di gioia e imbarazzo.
Ecco, quella era una reazione
che le faceva piacere. L'affetto e la premura di Michelangelo la
sconvolgevano, era vero, ma erano mille volte meglio della totale
freddezza di Raffaello.
Non si era certo aspettata che la baciasse
davanti a tutti, urlandole quanto l'amasse e gli fosse mancata, ma
nemmeno l'assenza di emozioni che aveva mostrato. Sembrava quasi che
lui non la volesse lì, che il suo ritorno non fosse gradito.
Strinse
nella mano la pietra viola della collana, sospirando.
Possibile
che Raffaello avesse smesso di amarla? Nonostante lei non avesse
fatto altro che pensare a lui, ogni istante? Anche se aveva sentito
la sua mancanza come una pressione costante sul cuore per tutto quel
tempo ed era quasi morta di felicità nel rivederlo?
A ben
pensarci Raffaello non aveva mai detto di amarla. Lei lo aveva
presunto, dedotto, dal suo comportamento nei suoi confronti, da
quella notte assieme, ma lui non le aveva mai detto un “ti
amo”.
Però, quando stava per lasciarlo, lui l'aveva stretta con
forza,
supplicandole di non andare, chiedendole di restare con lui per
sempre.
Allora cos'era cambiato in quegli otto mesi?
Forse
aveva fatto male a tornare. Forse avrebbe dovuto informarlo dei suoi
progetti, chiedere il suo parere.
Si affrettò a rifare il letto
con le lenzuola fresche di bucato e poi si lasciò cadere
sopra,
appallottolandosi su sé stessa, confusa e molto meno felice
di come
si era aspettata.
Non sapeva che non era l'unica a pensare al suo
ritorno e che non era l'unica a non esserne felice.
La notte era scesa presto, inghiottendo domande, pensieri ed emozioni. I quattro ninja erano scivolati via dal rifugio presto, per varie e diverse ragioni, e non avevano visto Isabel che per pochi istanti.
“Hey!”
esclamò Mikey raggiungendo i fratelli sul tetto del palazzo
su cui
avevano appuntamento.
“Eccoti qui! Era ora, ritardatario” lo
sgridò Don, scuotendo la testa con disapprovazione.
Il
fratello gli rilanciò un sorriso di scuse.
“È che Carl è così
carino! Non puoi smettere di giocarci solo perché hai altro
da
fare!”
“Che
dice Casey?” si informò Leo.
“Dice che si informerà da
alcuni suoi vecchi amici che sono stati nel giro dei Purple Dragon.
Ha detto che non crede nemmeno lui alla sparizione di Hun e che vuole
essere informato se scopriamo qualcosa” riportò
Mikey, con
insperata velocità e senza fronzoli.
Leo acquisì le nuove
informazioni con un sospiro, meditabondo.
“Oh,
ehy, Casey mi ha detto di dirti che il ragazzino ha ottenuto il
lavoro e che si comporta bene, per ora” continuò
Mikey rivolto
verso Raphael, che si limitò ad alzare leggermente le spalle
per
fargli capire che lo aveva sentito.
Se il piccolo di casa si fosse
accorto o no del suo essere strano non era certo. E non gli
importava.
“Sarà meglio che continuiamo a
pattugliare” ordinò
Leo, iniziando a correre verso il cornicione.
Non
credevano che sarebbe successo niente di così strano come la
sera
prima, ma era evidente che si sbagliavano. Quando mai avevano ragione
su questioni del genere?
Fu vicino a Chinatown che si imbatterono
nella prima stranezza della nottata. Un convoglio di uomini che uscivano
dal retro di un take away, con facce circospette e un sacco nelle
mani ognuno, che tenevano stretto al petto come se fosse il loro
figlio primogenito.
“Ok. Diamo un'occhiata?” propose Don con
in mano uno Shuriken a quattro punte.
Lo lanciò nella notte con
un sibilo morbido.
Il sacco del primo uomo si ruppe con uno
strappo secco, che si sentì fin lassù,
seguito
dall'imprecazione del possessore.
Mikey
rise, esattamente come la sera prima.
“Che c'è? Altre Pucci?”
chiese svogliatamente Raph, piuttosto contrariato.
“Sapete,
credo che ci sia una connessione tra la stranezza di ieri e quella di
oggi. Ma che io sia dannato se ho capito quale sia”
esclamò
incredulo Don, continuando ad occhieggiare di sotto.
“Questa
volta sono dei gioielli 'Toffani'”
ridacchiò Mikey, che trovava
la cosa esilarante.
“Oh, andiamo! Non mi batterò contro un
altro gruppo di idioti!” ringhiò Raph
allontanandosi da lì.
Il
rumore di una mitragliata gli arrivò alle orecchie,
facendolo
voltare: Mikey, Don e Leo si erano allontanati dal bordo giusto in
tempo per evitare le pallottole.
“Mh, forse posso farlo,
invece.”
Si
gettò in una corsa, pronto a gettarsi di sotto.
“Aspetta,
Raph!” strillò Leo, anche se troppo tardi ormai.
Il fratello era
già in discesa, bersagliato da continui colpi che per fortuna
riusciva
ad evitare.
“Sì, come se potessi fermarlo! Deve scaricare
l'emozione di riavere la sua ragazza a casa!”
esclamò Mikey con
una risata, affrettandosi a seguire il fratello.
Leo osservò lui e Don che saltavano nel vuoto, con un sospiro e un ghigno obliquo. Ma era davvero l'unico ad essersi accorto che c'era qualcosa che non andava?
Note:
Salve!
Scusate il ritardo nell'aggiornare, il mio pc mi sta abbandonando. Non so quanto continuerà a resistere e ne sono spaventata. Non mi abbandonare, pc!
Comunque, voglio ringraziarvi. Tutti quei commenti e i preferiti, in un solo capitolo! Wow, che fiducia! Non vi deluderò, lo prometto.
Allora, c'è un perché per tutte queste contraffazioni e questi gruppi di idioti? Sì, c'è. Più avanti si scoprirà perché spuntano fuori come funghi.
Scommetto che vi aspettavate che Raphael stringesse Isabel in un abbraccio e le declamasse il suo imperituro amore, ma purtroppo non fa mai quello che ci sia aspetta da lui, perciò...
Vi mando un mega abbraccio!