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Autore: _Riddle    13/06/2014    8 recensioni
{ ispirata vagamente a "Mad father" e a "Coraline"| Horror| probabilmete Splatter| AU | Contenuti forti | long }
§
Una famiglia trasferita_
Una bambola inquietante_
Una scoperta terribile_
§
“Quella è solo una bambola, un pezzo di
stoffa cucito male”
“Non è solamente una bambola, guarda i
suoi occhi: sono reali”
§
Creepy doll: la bambola dell'altro mondo
§
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bryce Whitingale/Suzuno Fuusuke, Claude Beacons/Nagumo Haruya
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il trasloco
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Un rumore squillante riempì improvvisamente la camera da letto, svegliando il ragazzo che, fino ad un attimo prima, dormiva pacificamente.
 
Sobbalzò sul letto a causa dello spavento e volse il suo sguardo verso l’origine di tutto quel chaos: una stupida sveglia elettronica. Numeri verdi brillanti in pixel risaltavano sullo sfondo nero pece.
 
Erano solo le cinque di mattina, diamine! Chissà perché l’aveva puntata così presto!
Allungò il braccio per spegnere quell’affare, poi affondò nuovamente il volto pallido nel cuscino fresco, tentando di riprender sonno, ma ogni tentativo risultò vano.
 
“Proprio oggi che è domenica mi tocca alzarmi presto” borbottò arrabbiato il rosso.
Proprio non riusciva a capire il senso di quell’ora.
Eppure, in un attimo, questo balenò per una frazione di secondo nella sua mente: era giunto il giorno del trasloco.
 
No, non poteva, o meglio, non doveva esser vero…lui aveva passato una vita intera in quella casa, in compagnia di quella strega di sua madre e della marmocchia.
Adesso gliel’avevano tolta, in un modo talmente facile da poter esser paragonato al furto d’un lecca-lecca appartenente ad un moccioso.
 
Per lui ogni luogo in quella casa imprigionava con sé tanti momenti, ogni singolo elemento racchiudeva gelosamente un episodio, felice o triste.
 
Sospirò malinconico, credendo di perder in quell’abitazione un pezzo di cuore.
Per non parlare della città e dei suoi amici, avrebbe lasciato tutto quello a cui teneva di più, una vita, in pratica.
Tutto per colpa di quella megera che doveva sposarsi a breve con un medico di fama nazionale.
“Le avrà trapiantato sicuramente il cervello” ipotizzava ironicamente.
 
La signora Haruya era ritenuta dalle persone in paese una “  donna macchina” ossia quel tipo di persona “perfettina” e “calcolata” da far venire la nausea ad un libro di galateo.
Come poteva andarsene a causa di quell’uomo frequentato appena tre mesi?
“Forse per i soldi” sbuffò annoiato Nagumo, sfilandosi il morbido pigiama in cotone.
Conoscendola bene e rispecchiandone il carattere, il rosso pensava che nemmeno tre secoli di appuntamenti sarebbero riusciti a far breccia in quell’animo freddo e insicuro.
Poi ricominciare un’altra storia dopo un anno dalla morte del marito veniva considerata un scelta coraggiosa e diretta un po’ da tutti, ed altamente improbabile per lei.
 
“Il prossimo weekend gli asini voleranno in cielo per sputare arcobaleni dorati” sospirò sconsolato, allacciandosi la scarpa sinistra ed abbottonando la camicia bianca.
Si ravviò la chioma indomabile e scese le scale lentamente, tentando di trascorrere del tempo “extra” in quella dimora.
 
Al tavolo della colazione lo attendevano la madre e la sorellina Miko.
La prima sedeva composta, la schiena dritta e le mani appoggiate delicatamente sulle gambe, la seconda giocava, sdraiata sul pavimento, con Teddy, un orsacchiotto di peluche dal pelo color corteccia.
 
- Finalmente ti sei svegliato - disse con tono piatto la madre, mentre sistemava con le dita le pieghe del suo vestito elegante.
- Mmm - grugnì Nagumo, irritato dal comportamento indifferente della mamma.
 
Arrivato accanto alla tavola, tirò un calcio preciso al pupazzo della piccola, che finì per colpire la tv a schermo piatto.
- Nagumo Haruya! Ti sembra questo il modo per rivolgerti a tua sorella?- lo rimproverò la bionda, posando lo sguardo sulla bambina in lacrime.
- Diamine, ha sei anni e ancora gioca coi peluche, che cresca - ringhiò sedendosi.
- Signorino, tu allora cosa facevi alla sua età? -
- Di certo non truccavo Ken o porcate simili - .
- Non usare questo linguaggio scurrile dinanzi a me, meglio che tu faccia colazione, così partiamo il prima possibile - sibilò, incenerendo con gli occhi celesti il figlio.
 
Burn si sedette e mise una manciata di cornflakes in una tazza di ceramica, poi la riempì di latte fumante.
- Lo sai che lo faccio anche per il tuo bene e per il bene di tua sorella - disse Mizuki senza guardarlo.
Nagumo non parlò. Girò a lungo il cucchiaio nel latte, mentre i cereali diventavano sempre più molli.
- I tuoi cornflakes si son trasformati in una zuppa, vuoi cambiarli? - domandò premurosamente, mutando il tono di voce.
- No, mangio lo stesso - sentenziò duramente.
 
Finita la colazione si diressero tutti e tre nell’autovettura, carica di valige pesantissime che contenevano oggetti utili - e inutili - di vario genere : dagli utensili ai videogiochi, dai vestititi ai peluche e dai cosmetici ai libri.
 
Il rosso, prima di aprire lo sportello, si girò di scatto e ammirò per l’ultima volta quella casa, teatro degli avvenimenti più importanti fra tutti: grande, ma non troppo, dall’intonaco arancione sfavillante, tendente al rosa carico, circondata da un praticello rigoglioso, costellato da aiuole profumate e racchiuso in una staccionata.
“Mi mancherai” sospirò malinconicamente.
 
Salito nel mezzo, iniziò a contemplare il paesaggio, col naso incollato al finestrino.
Ricordava benissimo le belle avventure con Sejimuri, suo grande amico,* trascorse in quella casetta sull’albero, decadente e malandata; oppure l’indigestione di bignè ripieni di crema nella pasticceria “Madame Gateaux”, anzichè della lotta con le spade spugnose contro il suo insegnante di aritmetica - che dal quel giorno smise di compiere quel mestiere -.
 
Tutto gli risultava particolarmente familiare e commovente, dannatamente commovente.
Le gote rosse gli pizzicavano mentre gocce cariche di frustrazioni scendevano per gli zigomi scarlatti.
Non credeva che quell’avvenimento gli avrebbe scosso così tanto l’anima.
I luoghi sfrecciavano repentinamente, uno dopo l’altro, creando un susseguirsi di immagini differenti.
 
Dopo circa quaranta minuti i motori dell’auto si spensero mentre questa parcheggiò a lato d’un viale ghiaioso.
-Siamo arrivati? Siamo arrivati? Siamo arrivati? Siamo arrivati?- ripeté per una decina di volte Mako, eccitata all’idea di una nuova casa in cui vivere.
-Se lo dici un’altra volta ti scaravento in quel lago- abbaiò Nagumo, indicando una pozza d’acqua non molto distante.
Non che odiasse o detestasse sua sorella, anzi, le voleva un gran bene, solo che in “certe” occasioni diventava veramente stressante per chiunque essere vivente dotato dell’udito.
 
La bimba si rabbuiò, stringendo a sé l’orsetto di pezza e borbottando qualcosa di incomprensibile.
La madre li guidò lungo il viale grigio, ricco ai lati di cipressi altissimi che protendevano la loro cima verso l’alto, quasi a voler toccare il cielo terso.
Alla fine della via si ergevano delle mura di mattoni rossi scintillanti che brillavano grazie alla luce solare, coperti parzialmente da muschio, in stile britannico.
Finalmente entrati, si poteva ammirare una delle regge più maestose che Burn avesse mai visto: enorme, si innalzava nel mezzo d’un parco e limitrofo ad un bosco.
Possedeva la struttura di un reggia settecentesca tranne per certi elementi , come la porta finestra e la piscina laterale, seppur “inseriti” egregiamente nel contesto.
 
La mascella di Nagumo toccava terra mentre gli occhi sgranati fissavano il lusso circostante.
- Te lo avevo detto che lo facevo esclusivamente per il tuo bene - sogghignò Mizuki, compiaciuta da quell’espressione.
 
Ad un tratto un uomo aprì la porta d’ingresso, esibendo un sorriso a trentadue - se non trentatré – denti.
Si avvicinò felicemente, allargando sempre di più le braccia in un abbraccio caloroso.
Visto da vicino, i capelli che sembravano castani risultavano ora brizzolati e nel suo volto si marcavano ancora di più delle rughe - non troppo profonde -.
Tutto sommato non era un brutto uomo, semplicemente non si trattava di suo padre genetico.
 
- Mizuko! - urlò a squarciagola, stritolando la donna.
- A-amore!- sospirò la bionda stizzita ma entusiasta.
- Ci saremmo anche noi, a dir la verità - sbuffò il tulipano, alludendo a sé e a Mako.
-Oh, ma che maleducato che sono! Mi presento: mi chiamo Rob Nejiguari e lavoro come medico chirurgo presso l’ospedale “St.Rowan” di New York - sentenziò soddisfatto.
- Che tipo di medico saresti? - chiese il rosso, senza alcun interesse.
- Chirurgo plastico - disse pieno di sé.
 
Burn rigirò una ciocca ramata dei suoi capelli, indeciso se rispondere in modo maleducato con una “battuta” stupida per metterlo a disagio.
Avrebbe fatto di tutto pur di infrangere quel sorrisone da ebete.
Raccolse il coraggio e rise - Ci avrei scommesso visto che il decollete di mia mamma è aumentato di due taglie -.
 
La donna divenne paonazza per la vergogna e fece segno al figlio di “filare” in casa.
Questo non obbedì: troppa era l’energia e la curiosità di esplorare quel giardino così immenso.
Quindi incominciò a scorrazzare per il tappeto erboso, correndo e godendosi l’aria pulita della campagna.
Da un lato il parco era tappezzato da aiuole contenenti splendide rose di vari colori: bianche, rosa, rosse e blu.*
 
Dall’altro più a ovest spiccava una limpida fontana in marmo bianco, con scolpiti all’interno due cupidi innamorati che emettevano dalla bocca un getto d’acqua cristallina.
Vicino alla fontana frusciava imponente un glicine che spargeva da tutte le parti i suoi fiori profumatissimi.
Infatti l’erba sottostante non si poteva vedere, immersa in quell’onda floreale.
 
Burn si avvicinò lentamente a quella composizione, notando così un “elemento” fuori posto: tra le fronde dell’albero leggeva, seduto e con la schiena appoggiata al tronco, un ragazzo.
Cautamente il rosso si nascose dietro alla fontana per esaminarlo meglio: i capelli - per altro simili ai suoi - svolazzavano nella brezza primaverile, color metallo chiaro.
Gli occhi attenti, al contrario, erano intenti a continuare a leggere quelle parole nere onice che risaltavano nelle sfondo bianco.
 
Chi era, ma soprattutto, cosa ci faceva lì?

 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
Corner Giuggioloso(?)
 
We poupolo bellosh!(?)
Primo, non so perché questo nome, comunque le giuggiole mi ispirano assai^^
Wlegiuggioleverdi.
Secondo…eccomi ritornata con il primissimo capitolo di questa mini-long!
Quattro pagine di word piene piene(?) ilmiorecordpersonale yay, solo per voi ^^anche se so che nessuno se le cuccherà(?) lalalalallalala.
Ho deciso di mettere Burn come protagonista poiché ci stava bene nel ruolo da interpretare, come carattere, intiendo(?).
Mmm, per la madre mi son ispirata a mia zia, cuc perfettinacurataeprofuamatforevaH
E invece per la sorellina alla mia sorellina coccolosa ideale^^ tipo Gretel dei fratelli Grimm ^^”
Spero la fic sia di vostro gradimento, cofcof.
Poi ringrazio tutte le meravigliose persone che hanno recensito, messo la storia nei seguiti/preferiti/ricordati, e anche i lettori silenziosi.
Adesso vado, au revoir_
 
a i k a
  
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