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Autore: Prinzesschen    13/06/2014    2 recensioni
Niente è mai come sembra ed Hannah Kane lo avrebbe imparato a sue spese. Tutto comincia con un curioso incontro sotto la pioggia, un cagnolone dal pelo nero ed arruffato sconvolgerà la vita della giovane avvocatessa colmando la solitudine di una casa sempre vuota e riscaldandole il cuore con un pizzico di inaspettata magia.
Un latitante, un evaso in cerca di redenzione per una colpa che non ha mai commesso e che gli brucia l'anima graffiando il suo cuore dall'interno e procurandogli ferite che solo una giovane ed insolita donna in carriera saprà curare.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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furry love 4 corretto

Furry Love

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4- Oh, oh, oh
It's magic, you know!
Never believe it's not so.
It's magic, you know!
Never believe, it's not so.

Ripresi coscienza sentendo in lontananza uno strano e timido rumore metallico che mano a mano che i miei neuroni si risvegliavano riconobbi essere il suono di un cucchiaino su un bicchiere.
Aprii piano gli occhi e mi ritrovai sul mio letto, con addosso una delle mie magliette troppo larghe e le gambe coperte da un lenzuolo.
Mi puntellai sui gomiti per tirarmi su, ancora troppo intontita per pensare alcunché di razionale quando un dolore lancinante alla caviglia mi fece sussultare. –Ahia, caz..-
-Stai giù, credo sia rotta.-
Quasi mi prese un colpo quando un uomo varcò la soglia della mia camera con un bicchiere in mano, avanzando nella mia direzione.
-Chi diavolo sei? Io.. cosa..-
Mi guardai intorno e nonostante il dolore mi sollevai mettendomi a sedere pur sapendo che con la caviglia in quelle condizioni non sarei riuscita a scappare neanche volendo.
Doveva essere tutto vero, quindi, ed inspiegabilmente ogni pezzo del mio corpo era ancora al suo posto. O quasi.
Tornai a guardare l’uomo che nel frattempo aveva poggiato il bicchiere sul comodino accanto al mio letto: i capelli cadevano lunghi e scuri attorno al viso scavato e la barba incolta gli dava un’aria particolarmente trasandata. Gli occhi, incredibilmente grigi, mi fissavano con insistenza in attesa di una mia reazione e quando incrociò le braccia al petto mi accorsi che indossava una camicia chiara e fin troppo familiare.
-Hai..frugato nei miei cassetti.-
Indossava una delle camicie che mio padre aveva lasciato a casa mia durante una delle sue permanenze a Londra su dei jeans che, realizzai, avevano la stessa provenienza.
-Uno sconosciuto passeggia indisturbato per casa tua e la tua preoccupazione riguarda i vestiti che indossa?- mi chiese incredulo e saccente rivolgendomi un’occhiata dubbiosa.
Il mio cervello doveva essersi totalmente destato perché in pochi istanti ricollegai tutti i tasselli. Era l’uomo che avevo incrociato per strada, qualche giorno prima, e anche l’uomo che Fudge ci aveva mostrato dichiarando essere un pericoloso latitante.
Il panico prese possesso del mio corpo e aprii un paio di volte la bocca per ribattere senza che da essa uscisse alcun suono.
Lanciai istintivamente un’occhiata al cassetto del comò dentro il quale tenevo una pistola ed un caricatore. Gli anni in cui avevo frequentato il poligono di tiro e la fatica per ottenere il porto d’armi, evidentemente, potevano tornarmi utili.
-Io so chi sei. E so che là fuori ti stanno dando la caccia. Come diavolo hai fatto ad entrare in casa mia?- mentre pronunciavo quelle parole mi ero trascinata fuori dal letto e cercai di raggiungere il comò puntellandomi con le mani sul muro per sorreggermi e cercando di non badare al dolore lancinante alla caviglia.
-Mi ci hai fatto entrare tu, Hannah. E’.. complicato.-
Approfittando del momento di distrazione dell’uomo che si era portato una mano alla nuca, pensieroso, alla ricerca delle giuste parole da dire, aprii velocemente il cassetto ed impugnai la pistola inserendo il caricatore e puntandola contro di lui, saldamente stretta nella mano libera mentre con l’altra mi reggevo per non cadere.
-Ti ho salvato la vita, stanotte. Voi babbani non sapete mostrare neanche un minimo di ricon..-
-Babbani? Tu.. sei uno di loro!-
Lo avevo urlato ed evidentemente il timore di una pallottola incastonata in fronte doveva averlo convinto a difendersi perché in un istante estrasse uno strano oggetto ligneo e la pistola mi scivolò di mano, rovinando sul pavimento.
-Adesso calmati ed ascoltami. Ti posso spiegare.-
Istintivamente indietreggiai, spaventata e finii per crollare anch’io sul pavimento troppo lontano dalla mia pistola per poterla riagguantare; gemetti forte mentre il piede, dopo quell’ulteriore colpo, sembrava lì lì per staccarsi dalla gamba.
Si avvicinò e si chinò vicino a me che sferrai un pugno che però riuscì ad evitare per poi afferrarmi saldamente il braccio, bloccandolo.
-Non ti farò del male, Hannah. Devi ascoltarmi, sei in pericolo.-
Rassegnata ed impotente lasciai che i miei occhi, intimoriti, incontrassero i suoi e inaspettatamente mi sembrarono limpidi, sinceri. Avevo sempre vantato una cerca capacità di capire le persone, di classificarle e definirle e se non avessi saputo che quello che avevo di fronte era un pericoloso criminale avrei di certo ceduto più facilmente all’istinto di fidarmi.
Mi porse la mano, cauto.
-Ti aiuto a rimetterti a letto. Quella sul comodino è acqua con dello zucchero, ti rimetterà in forze così, quando avrò finito di spiegarti come stanno le cose, potrai prendermi a pugni quanto ti pare.-
-Come faccio a fidarmi di te?-
-Se non puoi fidarti di me, forse, potrai fidarti di lui.-
Non avrei saputo spiegare come né quanto velocemente ma nell’esatto punto in cui fino a pochi istanti prima si trovava quell’uomo apparve Rain rivolgendomi lo stesso identico sguardo turbato.
-Sono..tutta orecchie.-

Il racconto che seguì fu il più assurdo che le mie orecchie fossero mai state costrette ad ascoltare ma, incredibilmente, ogni cosa assunse un significato, anche le parole di quel Malfoy e del padre di Jason.
Disse che erano dei maghi e che lui era riuscito a scappare da una prigione magica nella quale era stato rinchiuso per un crimine che non aveva commesso. Era venuto a Little Winghing per proteggere il suo figlioccio che viveva con gli zii nella casa accanto e che dedussi essere proprio il giovane Potter.
Aveva il potere di trasformarsi in cane ogni volta che voleva ed aveva girovagato per il quartiere per un paio di settimane prima di essere accolto in casa mia.
-Cosa volevano quegli uomini da me?-
-Questo non saprei dirtelo. Sono i seguaci di un mago malvagio, il più temibile di tutti i tempi. Spietato, folle. Non capisco cosa tu possa aver fatto per inimicarteli.-
-C’entra con il fatto che ospito un criminale, forse?- chiesi senza riuscire ad evitare un tono piuttosto sarcastico.
-Non sono un criminale e no, non credo proprio. Nessuno sa che sono qui. La mia natura di animagus non è dichiarata.-
-Aniche?-
-Cane.-
-Ah.-
Stava seduto ai piedi del letto e si passava continuamente le mani tra i capelli in un rituale nervoso ed inquieto.
-Credo di aver sentito parlare di questo.. mago? Ieri Lucius Malfoy era allo Stud..-
-Lucius Malfoy?!-
Scattò come una molla, inarcando le sopracciglia.
-Si, il braccio destro di Fudge.-
-Come conosci Fudge?-
Confuso mi fissava con gli occhi sgranati in attesa di una risposta sensata che mi ci volle più tempo del previsto a formulare.
-E’ un ministro, non so di cosa, essenzialmente, ma mi è capitato spesso di incontrarlo durante degli eventi cui ho partecipato per conto dello studio per cui lavoro.-
-E’ il Ministro della Magia.- mi spiegò con semplicità.- E Malfoy è un Mangiamorte, uno dei seguaci di Voldemort.-
Dedussi che quello doveva essere il nome del nemico numero uno di cui mi aveva parlato fino a qualche minuto prima e mi affrettai a raccontargli il resto.
-Ho ascoltato una conversazione tra Malfoy e l’avvocato Russell. Dicevano che qualcuno stava tornando, qualcuno di molto vendicativo e in cerca di seguaci.
-Non conosco questo Russell ma evidentemente è anche lui uno dei suoi, o comunque è disposto ad aiutarli. Ora è tutto chiaro, avevi sentito troppo e dovevano eliminarti.-
-Strano modo di uccidere, per dei maghi.-
-Se ti avessero fatto un incantesimo avrebbero destato sospetti ed è l’ultima cosa che vogliono. Voldemort sta risorgendo e non è ancora tempo per mosse azzardate.-
Era tutto così assurdo che mi era venuto il mal di testa ma quello che avevo di fronte era indubbiamente l’unica persona che avrei dovuto ringraziare se ero ancora viva e non potevo far altro che fidarmi.
Portai le gambe al petto e mi ricordai di essere ancora in mutande con solo una enorme maglietta a coprire lo stretto necessario.
-Hey! Mi hai.. spogliata!-
-E’ da quando sono arrivato qui che ti vedo girare per casa in lingerie, credi che la cosa possa avermi turbato? I tuoi vestiti erano sporchi, dopo esserti rotolata per mezza metropolitana, e non era affatto igienico metterti a letto in quelle condizioni.-
Mi zittii all’istante realizzando con estremo imbarazzo che quello che avevo considerato fino a quel momento come il mio fedele amico a quattro zampe in realtà non lo era affatto.
-Posso farti una domanda io, adesso?- mi chiese facendosi improvvisamente pensieroso.
-Cosa?-
-Che diamine di nome è Rain?-

L’acqua e zucchero che mi aveva così premurosamente preparato si era rivelata un vero toccasana e completò l’opera curandomi la caviglia con quella che appresi essere una bacchetta magica, di quelle che le streghette con il naso aquilino agitavano nei film e con la quale mi aveva elegantemente disarmata neanche mezzora prima.
-Bene, adesso che sai tutto e non hai neanche dato eccessivamente di matto, a parte puntarmi contro una pistola, credo che..-
Fu interrotto dal trillare del mio telefono che si illuminava nella tasca del jeans che indossavo la notte precedente e che inspiegabilmente non si era frantumato a causa della caduta rovinosa sulle rotaie, caduta che, per inciso, non ero ancora riuscita a metabolizzare del tutto.
-Scusami.-
Mi alzai e istintivamente cercai di allungare la maglietta abbastanza da coprire il sedere lanciandogli uno sguardo torvo, non avevo ancora dimenticato la sua battutina sulla mia lingerie.
-Pronto?-
-Hannah.. stai bene?- era Jason e sembrava anche preoccupato. Guardai l’orologio appeso al muro accanto alla porta e notai che effettivamente ne aveva tutte le ragioni, era passato mezzogiorno e non mi ero presentata allo Studio.
-Si, sto bene è solo che ieri ho fatto tardi e stamattina non mi sono svegliata. Scusami.-
Qualche istante di silenzio e a seguire un sospiro.
-Pensavo fossi stata rapita dagli alieni, sei sempre così fastidiosamente ligia al dovere che..-
-Hai ricominciato con le cattiverie, Russell? Perché se è così sappi che non è aria.-
-No, non era mia intenzione. E visto che ci troviamo a conversare in toni civili io.. vorrei vederti, dovremmo parlare.-
Aggrottai la fronte interdetta davanti a quell’atteggiamento così inusuale e remissivo.
-Va bene, domani mattina allo studio ci..-
-Intendevo fuori dallo studio. Non voglio che quella pettegola della McDay si metta in testa chissà quale strana idea.-
Dal tono con cui aveva pronunciato quella frase realizzai che era tornato in sé e che il momento di umiltà si era ufficialmente concluso.
-Posso passare da te per un caffè?-
-Non te lo correggo mica, sai?-
Rise piano, all’altro capo del telefono. –A dopo, Kane.-
Chiusi la conversazione e lanciai il telefono sul materasso mancando di poco il mio mago da compagnia nuovo di zecca, per così dire.
-Era il tizio con le mani lunghe?-
Lo guardai, incredula, posando le mani sui fianchi senza spostarmi di un millimetro.
-Si, Mister Bacchetta Magica, proprio lui.-
-Gli ho rovinato una serata promettente, l’ultima volta.- ghignò storcendo le labbra e fissandomi con la stessa impertinenza che caratterizzava la sua versione pelosa.
-Sta’ zitto!- sventolai una mano votandogli le spalle e andando verso il bagno per fare una doccia prima che Jason arrivasse.
-Dato che là fuori vogliono farti la pelle più di quanto non vogliano farla a me, ti permetto di restare.- lo informai, poggiata contro lo stipite della porta del bagno.-ma credo proprio che tu debba riappropriarti di pelo e pulci perché, come avrai intuito, aspetto visite.-
Mi pentii di avergli accordato un simile permesso quando il campanello suonò e prese a seguirmi, incollato come un francobollo, per assicurarsi che Jason non avesse le stesse intenzioni del padre e non fosse lì per uccidermi.
Nonostante gli avessi assicurato che Jason non poteva essere uno di loro, le mie argomentazioni non lo avevano convinto minimamente e così, quando aprii la porta, abbaiò forte.
-Mi odia proprio, il tuo cane.- borbottò una volta entrato in casa sotto lo sguardo vigile dell’animale.
-Come dargli torto. Vieni, accomodati.-
-Sempre adorabile. Se posso permettermi, ti consiglierei di mettere un cucchiaino di zucchero in più nel tuo caffè. Ne hai decisamente bisogno.-
Scossi la testa e insieme ci recammo in cucina dove lui si accomodò al tavolo, spostando rumorosamente una sedia ed io presi a trafficare con la macchina del caffè espresso.
Restammo in silenzio per tutto il tempo in cui mi occupai dei caffè ed infine gli porsi la sua tazzina, indecisa se prendere la parola o lasciare a lui quell’incombenza.
-Grazie.-
Sorseggiai il mio caffè, poggiata con la schiena al ripiano della cucina, finché lui non parlò.
-Io non credo che stessimo facendo un errore, l’altra sera.-
Aveva pronunciato quelle parole con incredibile naturalezza e senza la minima malizia e questo mi lasciò davvero spiazzata.
-Io invece credo di si, non funzionerebbe tra di noi e non posso permettermi di venire a letto con te e fare finta di niente al mattino dopo. Lavoriamo insieme, Jason.-
Posò la tazzina, quieto, e mi guardò negli occhi.
-Non avrei fatto finta di niente, la mattina dopo. Non è questo che voglio.-
Nonostante i continui e taglienti botta e risposta che adoravamo inscenare non ci eravamo mai davvero trovati a parlare del nostro rapporto. Per lo più le conversazioni di quel tipo ondeggiavano tra una sua allusione oppure un suo invito a cena ed un mio fantasioso rifiuto.
Risi, alzando gli occhi al cielo e strofinandomi un braccio come spesso facevo nei momenti di tensione.
-Era questo che dicevi alla clienti che mi accollavi dopo essertele portate a letto?-
Lo vidi contrarre la mascella ed alzarsi.
-Smettila. Lo sai che non è la stessa cosa.-
-Non lo è?-
Era così vicino che potevo sentire il suo respiro sulla fronte e le sue mani stringevano il bordo del lavello ai lati del mio corpo.
-No. Ma qualsiasi approccio con te è sempre sbagliato. Se mi comporto correttamente non mi prendi sul serio ma in fondo non lo fai neanche quando sono come tu ti aspetti che io sia.-
Non mi aveva mai parlato con quell’intensità e nei suoi occhi leggevo una frustrazione che non avevo mai pensato potesse appartenergli mentre non accennava ad interrompere il contatto visivo come invece feci io qualche istante dopo, svincolandomi dalla sua presa.
-E’ meglio lasciare le cose come stanno, Jason. Lo sai anche tu. Mi conosci, non so far funziona certe cose.-
-Ti conosco e so che tu hai solo paura. Mentre il realtà, con me accanto, non dovresti più averne per nessuna ragione.-
Se non avessi scoperto tutte quelle stramberie riguardo suo padre, Malfoy, Fudge e il resto di quella assurda comunità magica, probabilmente quella sua frase non avrebbe scalfito la superficie delle mie certezze come fece e la mia testa si riempì di interrogativi.
-Permettimi di farti cambiare idea.-
Intenerita mi riavvicinai a lui e gli posai una mano sul viso, accennando un sorriso.
-Nonostante tu sia un maledetto fighetto stronzo io ci tengo a te, Jason. Non voglio illuderti.-
Era il mio modo per alleggerire quella surreale conversazione e lui parve capirlo perché si sforzò di sorridere a sua volta, rassegnato.
-Prima o poi cederai anche tu al mio fascino, Kane. E non mi rassegnerò finché questo non accadrà.-
Parlammo un po’ di lavoro, serenamente, mentre Sirius, o meglio Rain, non accennava a volerci lasciare soli, fissando il mio ospite con palese ostilità finché quest’ultimo non si fu congedato.
-Non demorde, il damerino.-
-Sai, Sirius Black, ti preferisco pulcioso e zitto.-

Song: Magic - Pilot

Artwork: HilaryC

  
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