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Autore: wolfsbane97    13/06/2014    2 recensioni
E' una specie di diario, e voi, cari lettori, probabilmente mi conoscerete meglio di chiunque altro.
Spero di non annoiarvi, e se avete critiche naturalmente mi farebbe piacere sentirle, anche se volete dirmi che fa schifo. Qualsiasi cosa, davvero.
Enjoy.
S.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Avevamo appena finito di cenare, e io ero  in camera a vedere il finale di stagione di The 100: la mia unica preoccupazione al momento era che Bellamy e Finn non fossero morti per davvero (spoiler, ops).
Mio padre entrò in camera, piangendo e con la testa fra le mani. “Mi ha alzato di nuovo le mani, aiutami, non ce la faccio più! Basta, basta!” mi alzai e di corsa raggiunsi mia madre in cucina, che stava sbraitando mentre mio fratello la tratteneva. “Vogliamo dire ai ragazzi quello che hai detto? Eh? Hai il coraggio? Verme! Torna qua e dillo ai ragazzi!” aveva le lacrime agli occhi, ma queste non erano abbastanza forti da mascherare l’ira che ne trapelava.
Non ricordo nemmeno cosa ho detto, ma ricordo che mio padre si spostò in salone, e iniziò a urlare che l’avrebbe uccisa. Mio fratello si intromise, urlando che non ce la faceva di più, aveva la voce strozzata dal pianto. Se ne andò da mia madre in cucina, piangendo. Mio padre si sedette sul bracciolo del divano, continuando a piangere e a sussurrare di volerla uccidere.
“Papà, non capisci? Non possiamo continuare così”
“Cosa ho fatto io?? Cosa?? È lei che mi ha alzato le mani!”
Come se non sapessi qual è la causa matrice di tutto ciò.
“Papà non possiamo vivere così. Non capisci?”
Stavo per dirlo.
“Papà.. perché sei ancora qui?”
Si mise le mani in faccia, annuendo. Tornò in cucina, e si arrabbiò di nuovo. Non ricordo bene, ma rivivo ogni istante il momento in cui aveva preso le cuffie di mia madre (che lei usa per ascoltare la televisione, dato che ha problemi di udito), e aveva cominciato a girarle furiosamente tra le mani, fino a distruggerle completamente e a scaraventarle via. Tornai in camera mia, non voleva parlare con nessuno. Continuavo a tirarmi i capelli a mantenermi la testa, a convincermi che fosse l’ennesimo incubo. Il problema è che ero sicura che non lo fosse.
Urlai. Urlai come urla qualcuno in un film horror. In effetti ero in un film horror, e non avevo idea di come il film sarebbe finito. O se sarebbe mai finito.
Mia madre, mio fratello e mio padre si precipitarono in camera mia, ma li cacciai tutti, non volevo nemmeno essere toccata. Tornarono in cucina quando gli chiusi la porta in faccia. Iniziarono di nuovo a urlare. Non ce la facevo più, tornai in cucina, e iniziai a ordinarli di smetterla. Mio padre iniziò ad arrabbiarsi con me, minacciava di uccidermi, anche a me, con il solito ringhio schifoso e i pugni stretti mi diceva che se non fossi stata zitta mi avrebbe uccisa. E mia madre mi ordinava di stare zitta, anche lei.
“Ok, dai, sfogatevi su di me, se vi fa stare meglio”. Mio padre sbraitava ancora di più. Mi ordinoò di stare immobile lì, e di non fiatare. E così feci: era quello che voleva? Va bene. Mi piantai lì, e non dissi una parola.
“S, stai tranquilla” disse ironicamente mio padre. In quel momendo mi odiava. “me ne sto andando.”
E scomparse in camera sua, mentre con la voce più dolce del mondo chiamava mio fratello per farsi aiutare a prendere tutte le cose. È logico, sfrutta mio fratello, sfrutta il cuore più debole. Mentre sbatteva furiosamente le cose nella valigia, io ero ancora lì, immobile, e mia madre seduta alla poltrona dietro di me, e piangeva silenziosamente.
Alla televisione passavano un film con Hilary Duff, con una famiglia composta da madre e due figlie. Stavano ballando in una stanza, ridevano e scherzavano. Quell’immagine mi spezzò il cuore, perché noi non siamo mai stati così, felici, spensierati. E probabilmente mai lo saremo. Cercavo di combattere con le lacrime che volevano a tutti i costi uscire, strozzavo ogni minimo lamento, ma sapevo benissimo che era una battaglia persa. Mi coprì gli occhi con la mano, mentre tentavo di non farmi vedere. Piangevo, sai che novità. Non appena mio padre chiuse la porta mia madre mi abbracciò, e mi accompagnò fuori al balcone della cucina, per prendere un po’ d’aria, che in effetti mi serviva, dato il respiro estremamente corto. Ci avranno sentiti tutti nel vicinato, del resto avevamo urlato forte, e non era nemmeno la prima volta. Chissà cosa penserà la gente dei palazzi accanto o degli altri piani quando mi vede. Quandi CI vede. Ma poco mi importava: stavamo cercando di mettere fine a una tortura, non importa a quale prezzo.
Mia madre mi disse poi cosa le aveva detto mio padre, ma non me la sento di scriverlo. Vi serve solo sapere che è un verme. Perché colpire mia madre è troppo facile per lui: lui vuole colpire persone innocenti a lei care, per vederla soffrire nel modo peggiore.
Questo è mio padre. A volte mi vergogno al solo pensieri di essergli imparentata.
Devo ammettere di essere brava a recitare: nessuno si accorge mai di quando accadono queste cose. Eppure, penso che nei miei occhi sia così evidente il dolore che provo. O dovrei ricevere un Oscar, o semplicemente gli altri non riescono a notarlo. E questo mi ferisce.
Non parlo molto di tutto ciò che accade a casa, perché so che a mia madre non piacerebbe. Ma ho un tale bisogno di sfogarmi che.. non so, penso prima o poi avrò un seria crisi.
Tutto quello che sta succedendo mi sta marcendo dentro. E non solo ciò che accade a casa, no: anche amici, scuola (che anche se è finita mi reca preoccupazioni in vista dei quadri di sabato), il mio corpo orribile.
Sì, ancora il mio corpo. La dieta è durata poco quanto niente, e io sto aspettando che gli altri finiscano questo maledetto corso della Croce Rossa per poter ritornare a correre. Sono ritornata come prima, quei pochi chili che avevo perso non sono ricomparsi sulla bilancia, ma fisicamente sono ancora tutti lì, tra pancia e coscie. E la cosa che mi fa più rabbia è sapere che io non mi sto nemmeno sforzando! Quasi come se il corpo perfetto mi arrivi grazie a una specie di miracolo. Mi odio così tanto.
Ho solo una buona notizia: mia madre qualche giorno fa ha chiamato il chirurgo che l’ha operata tante volte alle orecchie, a cui ha chiesto un parere per la mia operazione, quella per il naso. Dice che se trovano una deviazione del setto nasale si risparmieranno molti soldi, l’operazione sarà disponibile a distanza di circa una settimana dalla visita di controllo. Se non troveranno deviazione, dovrò aspettare intorno ai 20 giorni, e dovrò pagare l’intero intervento, in quanto puramente estetico. Eppure io mi ricordo, non so come, che qualcuno mi ha detto in passato che ho il setto nasale deviato. È la prima volta che lo dice qualcuno, ma spero di avere un qualche problema al naso. Prendetemi a parole, ditemi che è presto per la chirurgia, tutto quello che volete, ma non lo faccio per diventare bellissima. Forse, in parte. Ma per il 99,9% lo faccio per stare bene con me stessa, per quanto posso. Voglio almeno potermi vedere allo specchio e farmi piacere ciò che vedo: non voglio evitare gli specchi, gli sguardi altrui. Non voglio scappare da me stessa. Direte “che discorso poetico per giustificare un intervento di chirurgia estetica”. Probabilmente avete ragione. Ma per me è così, e non mi importa di cosa la gente dirà.
Testarda, eh?
Mio padre continua a scrivere a mia madre che ce la possono fare.
Sono io che non ce la faccio.
È mio fratello che non ce la fa.
Questo matrimonio è finito molto tempo fa, ed è irrecuperabile. Sta facendo soffrire tutti, e anche quando non litigano il clima è orribile e invivibile. Non può rimanere qui.
Capisco che è anche casa sua, ma se ama come dice DOPO che se n’è andato di casa (un bel po di volte ultimamente), lo farà. Per il nostro bene. Per il bene di tutti.
Non ho idea di come finirà questa storia.
Voglio solo che finisca.
S.

 



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