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Autore: Calenzano    13/06/2014    1 recensioni
Keana, intellettuale del distretto 5, introversa e inquieta. Con tanta passione per i grandi ideali quanta sfiducia in sé stessa. E con il tacito desiderio di una sorella minore. Non certo il tributo ideale per i Giochi. Ma quando Capitol City va a colpire nel profondo, non può più permettersi di restare a guardare.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Notte in cui tutti si erano perduti, avevano vissuto, avevano amato,

avevano lottato, si erano feriti, si erano adagiati nel sonno.

Avevano gridato. E avevano taciuto.

(S. Germain, “Il libro delle notti”)

 

 

Mentre camminiamo la mente continua a lavorare a ritmo febbrile. La spossatezza per gli eventi della giornata pesa addosso come piombo, e ora siamo costrette a razionare la poca acqua rimastaci. Quanti maledetti gradi ci saranno? Anche Codrina è più silenziosa del solito e trascina il passo. Le mie supposizioni trovano conferma quando irrompe l'inno nazionale, e nel cielo appaiono i volti di Absinth, e del tributo del 4. Non ci hanno pensato due volte, i suoi alleati, a mollarlo nel momento del pericolo. Non posso certo dispiacermene, dopo quello che ha fatto alla sua compagna di distretto. Le immagini scompaiono, e l'arena ripiomba nel silenzio. E va bene, cerchiamo di fare di necessità virtù. Respiro a fondo, e mi volto verso Codrina. “Codri, in questo momento i nostri quattro saranno ancora disorientati per la perdita delle scorte. Forse qualcuno è pure ferito. Lo so, siamo entrambe stanche e assetate, ma te la sentiresti di stringere i denti e tornare all'attacco ora, prima che si riorganizzino?”

Per un attimo ho l'impressione che stia per dire di no. Non potrei darle torto. Anzi, sotto sotto lo spererei, così potremmo riposarci un po'. Ma poi lei annuisce, ferma.

“Qual è il piano?”

“Te lo spiego subito.” Dico, facendo cenno di seguirmi.




Quando passiamo accanto al parco, il sole che si avvia al tramonto proietta lunghe le ombre degli alberi, tentazione seducente di fronte alle vampate roventi che salgono dall'asfalto. Anche Codrina le guarda con desiderio, ma il ricordo della pantegana gigante è ancora troppo vivido, e faccio finta di nulla. Anzi, passo dal lato opposto della strada.

D' un tratto noto qualcosa. A poca distanza dai resti dello scivolo su cui ho cercato invano riparo, c'è una massa per terra con una lunga coda glabra. Trasalisco, l'Ibrido è ancora là. Poi però mi accorgo che è in posizione riversa, e non accenna a muoversi. Solo il suo pelo si agita quasi formicolando. Faccio cenno a Codrina di non muoversi, e con la massima cautela mi avvicino, pronta alla fuga al primo segno di vita. Ma non ce n'è bisogno. La bestia è indubbiamente morta, gli occhietti infossati nella peluria sono fissi e opachi. Ciò che si muove, noto con repulsione, è un gran numero di mosche che le brulicano addosso ronzando. Ci sono tracce ematiche a terra, anche quelle coperte di insetti, e dal collo dell'ibrido spunta, in un grumo di sangue coagulato, la coda piumata di una freccia. A quanto pare i Favoriti l'hanno incontrato dopo la mia fuga, ma sono riusciti ad averne ragione. Bene, un pericolo in meno. Sto per andarmene, quando mi viene un'idea. Faccio cenno a Codrina, che mi raggiunga.

 

 

Preparare l'occorrente ci ha portato via un sacco di tempo. Ma tanto per ciò che ho in mente l'oscurità è l'ideale. Cerco di sgranchirmi le gambe irrigidite dalla posizione accovacciata, allungandole alternativamente senza alzarmi. Faccio una smorfia, il fianco ha ricominciato a dolere. Da dietro il muro mi arrivano le voci dei Favoriti. Sono a leccarsi le ferite tra le macerie del perimetro di uno dei palazzoni ai limiti della piazza. Nemmeno loro devono sentirsi più tanto al sicuro all'aperto. Tra poco poi, vedranno. Non mi illudo di riuscire a provocare loro grossi danni, ma intendo sfruttare fino in fondo il senso di vulnerabilità che deve avere infuso in loro l'attentato dinamitardo e la conseguente perdita delle scorte, e se possibile ingigantirlo fino all'esasperazione. Forse dopo questo non saremo più solo noi a sussultare a ogni pié sospinto.

Mentre la luce va scemando poco a poco alzo lo sguardo verso la postazione di Codrina, lassù nello scheletro del fabbricato cadente. Il crollo di metà dell'edificio che i Favoriti hanno eletto a loro riparo crea una sorta di finestra al piano superiore, esattamente sopra ai Nostri. E' da là che lei sgancerà la “bomba”. In realtà quel poco di soluzione di formaldeide e sostanze varie che ho potuto ricavare cercando in giro non è nemmeno lontanamente sufficiente per un vero ordigno chimico, ma l'effetto è garantito. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, penso mentre attendo il buio, che cala penosamente lento. La sete, ormai familiare, sta già tornando a farsi sentire nella bocca fastidiosamente secca. Prima di separarci io e Codrina ci siamo divise l'ultima acqua, calda, rimasta nel nostro sacchetto, aprendolo per suggere fino all'ultima goccia.

Il sole finalmente scompare, mi ritrovo a fissare il cielo scuro e opaco, privo di stelle. Forse per questo, forse per la sensazione di oppressione che provoca, mi torna in mente quel vecchio canto dell'antica rivolta:

E le costellazioni fanno il loro giro lentamente

Cosa nuova per me.

La nostra casa in fiamme,

E la città laggiù che crolla

Sotto un'altra guerra.... E io qui.

Mi coglie un'estemporanea voglia di intonarlo ad alta voce, di sentirlo riempire il silenzio con tutta la sua dolente malinconia.

Un bagliore caldo e tremolante attira la mia attenzione, facendomi tornare al presente. Hanno acceso un fuoco con questa temperatura infernale? Gongolo, quando ne intuisco il motivo: non vogliono rinunciare a vederci bene, ma senza consumare le batterie delle torce. Com'è, Favoriti, non avere più la vostra scorta illimitata di rifornimenti?

Faccio segno verso l'alto agitando un braccio. Intravedo appena una sagoma scura rispondermi, prima di sparire dalla vista. Incrocio le dita, sperando che funzioni. Dalle finestre del palazzo fuoriesce il chiarore scoppiettante. Per questo riesco a vedere un oggetto che dall'alto precipita giù, prima di scomparire all'interno e schiantarsi proprio sul falò con un rumore secco. Immagino le gocce di acido schizzare tutto intorno, liberando nell'aria una vampata di miasmi tossici.

Mi arriva un'esclamazione allarmata di non so chi, e vedo la luce oscurarsi per un attimo quando balzano su. Tra imprecazioni e colpi di tosse i quattro escono a precipizio dall'abitazione, e proprio come speravo si disperdono in direzioni diverse. Il junior dell'1, in particolare, va diritto verso il vicolo dove con Codrina ho piazzato la nostra sorpresa. Far rotolare la carcassa della pantegana fin qui è stata un'impresa quasi proibitiva, e abbiamo dovuto fermarci a riposare parecchie volte. Ho avuto cura di sistemarla in una posizione che sembrasse d'attacco, puntellandola con detriti raccolti qua e là, e vincendo il disgusto le ho scoperto i denti acuminati. Il junior scompare nel buio, e immagino l'effetto del faccia a faccia con l'Ibrido redivivo. Che infatti non si fa attendere. Un urlo strozzato, e il ragazzotto ricompare correndo alla velocità della luce in direzione opposta. Faccio appena in tempo a ferirlo superficialmente, quando mi passa davanti. Pensando di avere il mostro addosso si sbraccia e inciampa, rovinando per terra. Annaspa e gattona frenetico, prima di riuscire a rialzarsi e a sfrecciare via.
Lo lascio andare, altri passi stanno venendo dalla parte opposta. Una testa riccia appare alla luce della luna. Hebi. Rallenta la sua corsa, fino a fermarsi a poca distanza da me, mimetizzata tra le macerie, e si ferma a tossire. Mi dà le spalle, e ha addirittura lasciato scivolare la balestra. Perfetto, non potrei avere occasione migliore. Aggredirlo così, alle spalle, mentre è piegato in due per cercare aria, e accoltellarlo... Potrei farlo davvero? Mi dico che non è il momento dei dubbi, i suoi compari verranno presto a cercarlo. Non ho scelta. Se voglio uscire di qua con Codrina devo farlo. Lui lo farebbe, e senza troppi scrupoli. E allora forza. Trattengo il respiro. Il piccolo coltello mi trema nella mano. Poi però nel vicolo vicino risuonano i passi e le voci degli altri tre. Hebi, sollevato, raccoglie l'arma e va loro incontro. Dovrei essere seccata, ma provo solo sollievo. Allento la presa sul manico, anche se so che lo scontro è soltanto rimandato.

“Era là, è vivo.... Mi ha morso!” Sento dire al junior dell'1, concitato.

“Non dire idiozie, l'abbiamo ammazzato due giorni fa.” Questa è Retia.

“Forse ce n'è un altro.” Wolwerine.

“Va bene, ma muoviamoci.” Di nuovo lei. Ha fretta di venirci a cercare. Spariscono in direzione dell'Ibrido, e io mi affretto a tirarmi su. Non ci metteranno molto a scoprire la messinscena.

Prima di tornare da Codrina, però, mi resta il secondo obiettivo del nostro blitz. Il più velocemente possibile mi dirigo verso il riparo dei Favoriti, e vi penetro scavalcando un muretto. Tirandomi lo scollo della maglietta sul viso per proteggermi dalle particelle tossiche che ancora aleggiano nell'aria, mi avvicino ai loro oggetti superstiti, rovesciati per terra nella fuga e illuminati dal fuoco che va languendo. Mi accoscio e do un'occhiata. Ci sono un paio di barrette energetiche, che intasco. Poi vedo qualcosa di interessante. Sono le tozze frecce della balestra, raccolte in un piccolo fascio. Le prendo subito. Ora che sono rimasti a mani vuote, il junior del 2 senza munizioni sarà fregato. E non ci sarà bisogno di spargere sangue, almeno non nell'immediato.

Soddisfatta, mi risollevo, ed esco dal lato opposto. Mi affretto a fare il giro dell'edificio, per tornare dove io e Codrina ci siamo lasciate, ma quando giro l'angolo mi si gela il sangue. Wolwerine è salito al piano dove si trova lei. Di certo hanno scoperto il trucco, e stanno cercandoci. Si trova di fronte un sottile pannello in cartongesso, possibile nascondiglio, e lo ispeziona trafiggendolo con gli artigli della mano destra, e squartandolo come carta velina. E' a torso nudo, la luce della luna mostra brutte ustioni sulla schiena muscolosa, fasciate alla meglio con brandelli di stoffa forse ricavati dalla sua maglietta, non deve essere riuscito a sfuggire del tutto all'esplosione. Per un secondo mi fa balenare in mente la bellezza armonica di certe statue policletee, di cui ho visto le immagini sui libri d'arte classica.

Codrina non si vede, immagino sia nascosta in qualche anfratto, ma lui ci metterà ben poco a scovarla. Senza esitare corro verso la casa gridando, per attirare la sua attenzione. Lo vedo precipitarsi al bordo del pavimento crollato e affacciarsi, ma con mio grande orrore dalle macerie del piano terreno emergono gli altri, e pure nel buio sembrano localizzarmi in un attimo. Urlo alla mia amica di scappare dall'altra parte. Avverto dei rumori sordi, e la individuo mentre corre lungo l'aggetto, un paio di metri sopra la mia testa. C'è un fabbricato più basso in prossimità dell'edificio, abbastanza sotto perché lei possa calarcisi tramite il tubo della gronda, e poi saltare giù. Punto da quella parte e corro, le frecce ancora strette in mano. Un tonfo leggero e me la ritrovo accanto. Non ho la minima idea di dove andare, ora siamo in una serie di cortili interni in mezzo alle case dietro la piazza. Faccio per dirigermi verso la strada, ma Codrina piega bruscamente a sinistra, e sono costretta a tornare indietro per seguirla. “La buca!” Mi grida.

Sul momento non comprendo, quale buca? Poi afferro: sta dicendo di attirarli nell'ultima trappola che abbiamo preparato giorni fa, e a cui non pensavo neppure più. Fortuna che è rimasta dentro l'area delimitata dalla barriera elettrica. I passi dei nostri inseguitori rimbombano come mazzate su un tamburo, possiamo solo sperare che anche loro siano provati dalla scarsità di acqua. Dietro di noi il primo è il junior dell'1, deve bruciargli particolarmente la beffa della pantegana. Siamo al punto. Codrina salta, e io arrivata alla stessa altezza la imito, sperando di aver preso bene le misure. Pochi secondi dopo, alle nostre spalle si sente un forte rumore frusciante, in cui si confonde un urlo di sorpresa. Ci voltiamo giusto in tempo per vedere scomparire nel terreno il junior, che precipita nella buca coperta da un telo e mimetizzata con la polvere, cercando inutilmente un appiglio. L'urlo si spezza in tanti più acuti, e ripenso con una smorfia ai pali appuntiti che ho piantato sul fondo di quel pozzetto dopo aver sollevato insieme a Codrina il pesante tombino che lo copriva. “Non ti fermare!” Ansimo, vedendo che lei si è girata a guardare, e solo quando ha svoltato mi soffermo voltandomi indietro.

Gli altri tre sono fermi intorno alla fossa, mentre dal fondo salgono dei versi strozzati. Deve essersi ferito piuttosto seriamente, e, prima che possa impedirmelo, avverto una feroce soddisfazione. Hebi si fa avanti, imbracciando la balestra. Evidentemente non sono riuscita a prendergli tutte le frecce, doveva averne una scorta con sé. Senza una parola si affaccia sul pozzetto, e, prima che il senior dell'1 possa impediglielo, scocca. Un sibilo, che riesco a sentire anche a questa distanza, e i lamenti sul fondo si interrompono. Wolwerine resta interdetto per un attimo, e gli è fatale. Privata del suo potenziale alleato, Retia non ha più ragione di continuare la collaborazione con lui, senior e suo diretto concorrente. Un gesto fulmineo, e Wolwerine si ritrova a guardare il pugnale conficcato fino all'elsa nel suo addome. Cionondimeno tenta una reazione, serrando le labbra allo spasimo nel tentativo, inutile, di trattenere un mugolìo gutturale. Alza scompostamente una mano, ma le lame non escono. Retia torce l'arma, e la estrae con violenza. Il sangue, bluastro nella luce lunare, semina di gocce il terreno. Lentamente, il ragazzo dagli artigli di lupo si accascia, stringendosi lo stomaco dilaniato. Cade in un segmento di terreno illuminato, e vedo bene il suo volto. Ho visto abbastanza, e mi volto per raggiungere Codrina, negli occhi ancora il suo sguardo, privato per la prima e ultima volta della sua freddezza. Due al prezzo di uno.

 

 

Codrina sembra parlare fra sé, lo sguardo fisso sui muri scrostati. “Siamo rimaste solo noi, e loro del due....”

Annuisco distrattamente. Questo seminterrato sotto un edificio cadente è stato una vera benedizione. Non sarà del tutto sicuro, ma almeno qua sotto la temperatura è leggermente più clemente, e nel buio possiamo quasi illuderci di stare al fresco. Mi sforzo di mandare giù qualcosa da mangiare, a secco, la bocca impastata, prima di crollare accanto a lei.

“Secondo te ce la possiamo fare davvero?” Il suo è poco più di un mormorio, ma ha lo sguardo animato da una luce nuova, pur attraverso il velo di stanchezza.

“Sai? Forse sì.” Rispondo. Pazzesco. Ma chissà che non sia vero.



 

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E.N.P.
Ovvìa. Mica sarà così semplice, però. Per il prossimo giro, si consiglia (caldamente...) di prendere da bere.

 
  
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