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Autore: anevon    13/06/2014    6 recensioni
'S-scusa' balbetto.
Finalmente mi decido a guardare in faccia il mio interlocutore e oltre al fatto che sembra più grande di me, probabilmente al primo anno di università, è incredibilmente bello.
Noto immediatamente i suoi ricci morbidi castani, che gli incorniciano il viso tondo, ora umidi a causa della pioggia.
È alto, molto alto, e nonostante la sua espressione momentaneamente corrucciata, rimango estasiata dai suoi occhi color smeraldo che mi fissano incazzati.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harry Styles, Liam Payne, Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CIAAAAAO A TUTTEEE FINALMENTE È FINITA LA SCUOLAAA! Sono tornata più carica di prima per continuare con questa storia! se volete passare dall'altro mio progetto si chiama 'Genesis' sui 5sos..fatemi sapere cosa pensate di entrambe le storie! Spero di non aver perso lettori! Un abbraccio, thenine è tornata ;

< Sara..Sara..SARA! > 
Mi alzo di scatto dal letto.
Rivoli di sudore percorrono la mia fronte, il mio petto si muove in modo convulso e intorno a me, sento solo il muto silenzio, il vuoto, il nulla, come se al mondo esistessi solo io.
La mia mente ripercorre l'incubo appena fatto e un'immagine sfocata si palesa davanti a me: Harry mi chiama, ma io sono come immobile, mi scuote, ma qualcosa mi paralizza, chiama più volte il mio nome..ma niente.
È una sensazione orribile, e oramai è abitudine questo sogno, che da una settimana mi tormenta.
Domani mi vedrò con Harry. 
Questo pensiero mi rende felice, ma nonostante tutto, mi pervade uno stato di angoscia e una strana sensazione di disagio. Sento che domani qualcosa accadrà, che mi cambierà profondamente.

< Sentiamo, cosa proponi di fare mr. Fantasia? >
Siamo in un bar del centro e davanti a me ho uno dei più bei ragazzi che abbia mai visto. Mi osserva arricciando il naso con un espressione divertita, sta meditando su cosa rispondere alla mia simpatica domanda. Oh Harry. Non posso credere di essere qui, per uno pseudo appuntamento, sola, con te tutto per me, un sogno.
< l'idea cel'ho, non beffarti di me. È una sorpresa. Andiamo. >
< Ma.. >
Non faccio in tempo a rispondere che vengo trascinata di peso per un braccio e caricata (letteralmente) sul sedile della sua range rover nera.
Dove mi starà portando? E soprattutto, devo trovare il modo i parlare seriamente una volta per tutte con lui, fare un po' luce sul suo lato oscuro, capire qualcosa in più della sua vita.
Percorriamo l'autostrada in silenzio, intorno a me comincio a scorgere la campagna, vedo sempre meno asfalto, e sempre più verde.
Ormai è mezz'ora che procediamo così.
< Si può sapere dove mi stai portando? Sono le sei di sera ormai e comincio a temere per la tua salute mentale! >
Harry mantiene i suoi occhi verdi sulla strada e fa un sorriso sghembo.
Lo amo. Lo odio.
< Siamo quasi arrivati, prova a fidarti di me. >
E mentre lo dice, si volta per un secondo e mi regala uno sguardo talmente intenso, che mi ammutolisco e guardo fuori dal finestrino.
Dannato Styles. Sono un po' preoccupata perché ho perso completamente il senso dell'orientamento. In più non so che intenzioni ha.
Devi provare a fidarmi, dice? Una gran bella sfida, dato che lui di me, non si è mai fidato.
Non so niente della sua vita, non so il suo colore preferito, i cibi che ama di più, se ama la pioggia o se preferisce l'estate all'inverno.
L'unica cosa che so, è che abbiamo gli stessi gusti musicali. 
Parcheggia finalmente la macchina, ci troviamo in un paesino, saremo ad un'ora da Milano.
Mi apre la portiera e aspetta paziente che mi slacci la cintura e scenda.
Arrossisco improvvisamente perché mi prende per mano e mi trascina con sé senza dire una parola.
È sempre così misterioso.
Mi conduce davanti ad una casetta di legno, legno di quercia mi pare, dal colore scuro  che intravedo nella fioca luce del tramonto, è un po' trasandata, e piena di polvere, ma le dimensioni non sono piccole, sembra che al suo interno ci possano stare benissimo almeno tre persone.
< Aspetta qui. >
Mi dice improvvisamente.
Lascia, con mio grande dispiacere, la mia mano, e apre con forza la porticina di legno della casetta.
Poi si volta e mi tende di nuovo la sua grande mano.
< Vieni, ti mostro una cosa. > e mi sorride, e io non posso fare a meno di sorridergli a mia volta, accogliere il suo invito, e intrecciare le mie dire tra le sue.
Sorrido come un'ebete.
L'ambiente che mi si presenta è abbastanza spazioso, c'è un piccolo tavolino, tutto impolverato, al centro della struttura, una finestrella piccolina, ma sufficiente per scorgere l'esterno, due sedioline sempre in legno circondano il tavolo, dove Harry mi fa accomodare.
La luce filtra, ma non è abbastanza, così Harry accende una vecchia lampada per permettere almeno di riuscire a scorgere i lineamenti del viso.
Non mi sono resa conto che sono rimasta in silenzio così a lungo, forse per non disturbarlo. 
Mi decido a parlare.
< Cosa.. >
< Questa casetta la costruì mio padre insieme ad un suo amico quando ero piccolo. >
Mi blocca improvvisamente.
< Ci venivo sempre sai, mia sorella era costretta a guardarci giocare tutto il tempo. A lei non piaceva per niente però, si annoiava. >
Si blocca. Sulle ultime parole mi è sembrato di sentire del tremore nella voce. Forse mi sbaglio.
Abbassa la testa, sospira.
Mi viene spontaneo appoggiare una mano sulla sua testa, e accarezzare i suoi riccioli ribelli. Così morbidi al contatto. 
Allunga un braccio, mi alzo, mi fa sedere sulle sue gambe. 
Sono probabilmente paonazza, ma non mi interessa, il momento della verità è arrivato. Lo sento, questo è un momento importante, per lui, per me, per noi.
Potrebbe cambiare tutto.
< Parla Harry, avanti..apriti a me..ti prego. >
Continuo ad accarezzarlo.
Voglio trasmettergli rassicurazione, deve capire quanto lo amo.
Solleva un poco la testa e fissa i suoi occhi nei miei. Smeraldo e cioccolato. Prendo coraggio, anche se la voce trema.
< Harry..sono qua. Ora. Dimmi cosa ti tormenta, lo so, che c'è qualcosa, qualcosa che ti tieni dentro da troppo. Dillo a me. Prova a fidarti di me. >
Sferro l'attacco finale, ripetendo le parole da lui pronunciate precedentemente.
I suoi occhi si spalancano per un secondo.
Poi sorride.
< Te ne andrai. Poi, te ne andrai. > ora sono io a spalancare gli occhi, ma cerco di non farlo a vedere.
< Provaci, non puoi saperlo. E non hai niente da perdere dopo tutto. >
< Invece si, eccome, ho da perdere tutto, se perdo te. > 
Sento qualcosa, mi pizzicano gli occhi, non devo piangere. Non posso rovinare tutto ora.
< Ti prego Harry, se..se dobbiamo iniziare qualcosa, voglio che si basi sull'onestà e la fiducia. Che sia anche solo amicizia. Ti prego, se non vuoi perdermi, allora devi dirmi tutto. >
Sospira. 
Silenzio.
Sento solo il rumore dei nostri cuori che battono impetuosi, entrambi pronti al cambiamento.
Sospira, ancora. Che tortura.
Sono sulle sue gambe e il suo braccio mi tiene avvinghiata a lui, la mia mano tra i suoi capelli. 
< Venivo qui, più o meno ogni pomeriggio, si, abitavo in questo paesino, con la mia famiglia e questo posto era il mio luogo preferito dove trascorrere i pomeriggi, anche dopo i compiti. Mia sorella, Gemma, non voleva mai venire, lei è più grande di me, e quando ebbi undici anni, lei preferì rimanere con il suo ragazzo, avendone già diciassette. Una volta, non venne con me. Mi fece promettere di non dire niente a papà. Mi fece promettere che avrei fatto finta di niente, lei sarebbe tornata a prendermi. > 
Si blocca. Respira e riprende.
Io ascolto molto attentamente e rimango immobile, non voglio disturbarlo o distoglierlo dal suo racconto per nessun motivo al mondo.
< Io gli credetti. Ma quella sera no tornò. Pensai che si fosse dimenticata di me, così uscì dalla casetta e ritornai a casa da solo.
Trovai mia madre che piangeva in cucina. Non capì inizialmente. Poi vidi papà, venne verso di me e mi prese per i capelli. Sentì un dolore intenso, mio padre mi schiaffeggiò forte, così forte da farmi fischiare l'orecchio. Mi girava la testa. Poi arrivò la polizia. Portarono mia sorella in braccio in camera sua. >
Si ferma ancora. Vedo una lacrima solcare il suo viso. 
Lo stringo a me.
< L'avevano violentata, Sara. Non potevo credere che quel bastardo.. >
Stringe i pugni.
< Le avesse fatto una cosa del genere. Papà non mi parlò per giorni, il dolore era troppo forte. Mia sorella rimase in camera sua per settimane, dimagrì moltissimo, io non la vidi praticamente mai in quel periodo. Mio padre litigava praticamente sempre con mia madre, fino a che un giorno, non se ne andò, e non lo vedemmo mai più. >
Ora sta piangendo.
< Ho pensato per anni che fosse colpa mia, Sara. E lo penso tutt'ora. Se solo l'avessi costretta a rimanere! Se solo avessi insistito un po'. Ho dato un grande dolore a mia madre, perché per verso i sedici anni cominciai ad..avere problemi.. >
Mi guarda implorante.
< Problemi di rabbia. Problemi di droga. >
Pensavo che la droga risolvesse tutto. Mi faceva stare bene, dimenticavo in fretta e mi trasportavo in un altro mondo. Un giorno mi portarono all'ospedale per rischio di infarto. La faccia di mia madre..non posso dimenticarmela. Da quel giorno non mi drogai mai più. Ma i problemi di rabbia rimasero. Ero sempre nervoso. Finivo sempre in mezzo a qualche rissa, e mia madre mi vedeva tornare a casa sempre in pessime condizioni. E il dolore aumentava. >
Si asciuga il viso.
< con mia sorella interruppi ogni rapporto, lei non usciva quasi mai dalla sua camera, cadde in depressione, e le poche volte che scendeva in cucina, non riuscivo a guardarla in faccia. Un giorno, a diciotto anni, decisi di andarmene. E venni qui. Trovai Louis che mi aiutò e recuperai un po' dignità. Le cose vanno meglio, ma la rabbia, quella rimane sempre. Mi sento sempre al limite. Come se dovessi perdere il controllo da un momento all'altro. >
Solleva il viso.
Mi osserva, sembra intimorito. Da me?
Mi ha appena confessato di avere problemi di autocontrollo e dovrei essere io quella spaventata. Ma sorprendentemente, non lo sono.
Riesco anche a trovare la forza per parlare. 
< Con tua madre..? >
< Non l'ho più sentita. Ne' lei, ne' nessuno della mia famiglia. > 
< Oh. >
Riesco solo a dire.
< Ti prego non andartene, con te sto meglio, quando ci sei tu la rabbia sparisce, e il buco nero in cui mi sento risucchiato prende colore. Ogni tanto ho bisogno di rimanere da solo, ma io sono fatto così. Mi dispiace se a Londra ti ho spaventata, sai quella volta sul terrazzo..ma mi sentivo..VIOLATO. >
Trasalisco leggermente.
Quella volta mi ricordo di aver avuto davvero paura di lui. Paura che mi potesse fare del male..
< Ti prego, dimmi qualcosa Sara! >
Il suo tono è implorante.
Sento del dolore nelle mani. Non mi sono resa conto di aver contorto le dita tutto il tempo.
Lui le osserva, le prende e al contatto trasalisco di nuovo. Comincia a distenderle e a baciarle, delicatamente. Continua così senza smettere di guardarmi. 
Comincio a piangere, dio solo sa perché, ma singhiozzo, esplodo come un fiume in piena.
Questo povero ragazzo, provo così tenerezza, e tanta pena per la sua povera madre. Per sua sorella, per suo padre. Quanto dolore ha dovuto portare? Nessuno ha mai capito nulla di lui. E nemmeno io fino a ieri. 
Ero la solita stronza pronta a giudicare. Ora si spiega tutto.
Lo amo più di prima.
< Io ti amo. Non mi interessa il tuo passato. Ti voglio nel mio presente e nel mio futuro. Non vado da nessuna parte. >
Lo dico a fatica tra le lacrime ma sento tutto nel profondo del cuore.
I suoi occhi sembrano contenere a fatica le lacrime.
< non è facile stare con me. E ora sai perché. >
Me lo dice sussurrando.
< ora ci sono io con te, e se mi vorrai, ne usciremo insieme. L'amore vince tutto. >
Ci stringiamo e ormai sono le otto di sera. Fuori è il crepuscolo e io penso solo a noi due. Due cuori soli e un mondo estraneo. 

 


 
  
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