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Autore: rapunzel18    14/06/2014    0 recensioni
Sono passati quasi quattro anni. Anni carichi di silenzi, rancori e qualche piccolo, grande segreto.
Damon ed Elena, umani e con un ingombrante bagaglio di questioni irrisolte.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 2

Mystic Falls, 30 Maggio 2009

Chiudo gli occhi assaporando il tè caldo contenuto in uno di quegli enormi bicchieroni che distribuiscono in mensa, mentre stiracchio le gambe sotto il tavolo, relegata nella parte più silenziosa e deserta di questa biblioteca.

In realtà amo questo spazio, è l’ultima scelta per gli altri e non ne capisco il motivo considerato che, proprio da qui, si gode della vista migliore di tutto l’edificio grazie all’enorme ed imponente vetrata che affaccia proprio sul centro della città. Si riesce a vedere praticamente tutto, dal campanile della chiesa al mercatino delle pulci, allestito ogni Sabato nella piazza principale.

Ammetto sia una piacevole quanto continua distrazione poter alzare lo sguardo e immaginare la vita che scorre veloce, fuori da queste mura ma, quando si è costretti a passare la maggior parte del proprio Sabato pomeriggio, con la testa sui libri, si ha decisamente bisogno di un diversivo.

Alcune goccioline di pioggia scorrono sulla vetrata e sospiro, sentendo la mancanza di una primavera che proprio non vuole saperne di arrivare.

Riprendo a sottolineare con foga le fotocopie dei documenti che ho cercato per tutto il giorno, soffiando una ciocca di capelli che ribelle non sta al proprio posto.

Guerra di secessione. Posso aiutarti con questa, sai?

Sussulto riconoscendo immediatamente quel tono di voce.

Che cosa ci fa qui?

Mantenendo lo sguardo fisso sui fogli davanti a me fingo indifferenza.

Deve essere un incubo.

Sin da quell’incontro/scontro avvenuto nella strada deserta appena fuori il bosco, dove si teneva il falò per la notte della cometa, in qualche modo, ogni giorno, mi ritrovo vicino lui con quel sorrisetto sghembo e impertinente che ha un effetto letale sul pulsante immaginario di controllo delle mie buone maniere.

“Ce la faccio da sola, grazie”

Mormoro bofonchiando le ultime parole, guardandolo solo un attimo, il tempo che basta a chiedermi come sia possibile notare tante sfumature di blu in una sola iride.

“Mio fratello deve proprio annoiarti a morte se preferisci passare il tuo Sabato pomeriggio chiusa in biblioteca piuttosto che con lui”

“Non che siano affari tuoi ma a me serve impegnarmi per poter realizzare qualcosa in un prossimo futuro, non tutti siamo così fortunati da riuscire a vincere una prestigiosa borsa di studio ‘off limits’ per noi comuni mortali”

“Pensi sia stato in qualche modo agevolato?”, mi chiede sorpreso e annoto mentalmente un punto a mio favore.

“Parole tue, non mie…adesso se non ti dispiace.”

Mi concentro definitivamente sui miei fogli dedicando loro l’attenzione che meritano, sperando di averlo colpito nell’orgoglio tanto da convincerlo a girare i tacchi e tornarsene da dove è venuto.

Sto per esultare quando sento lo stridore della sedia sul pavimento ma è un attimo prima che la sua mano mi afferri per il polso spingendomi ad alzarmi.

“Sei impazzito!?”, cerco di mantenere la voce bassa mentre, guardandomi intorno, ricevo già occhiatacce poco amichevoli.

“Vieni con me”

“No che non vengo con te, devo studiare. Quest’esame vale tutta la mia carriera scolastica, non posso perdere tempo con un presuntuoso, saccente figlio di papà che…”

“Sta zitta e ascolta.”

Mi trascina velocemente giù per le scale e all’improvviso siamo fuori, nel cortile della scuola sotto la pioggia battente.

“Dovresti farti curare, sai?”

Non mi da ascolto e, tirando fuori dalla tasca della sua inseparabile giacca di pelle, dei gessetti colorati, inizia a tracciare delle lunghe linee in terra come se stesse creando uno schema.

“Li hai rubati in biblioteca, quelli?”

Alza lo sguardo solo un attimo sorridendomi sbilenco e non posso credere di essere qui ad assecondare questo folle nel bel bezzo del diluvio universale.

“Io torno dentro…”

“Quattro fazioni!”

Urla mentre sto per raggiungere la porta e mi volto di nuovo, curiosa di sapere cosa diavolo stia blaterando.

“La guerra di secessione americana ha coinvolto sia l'esercito  che la Marina e quattro sono stati i fronti su cui è stata combattuta la guerra:

Uno: Il Teatro Orientale, o più semplicemente Virginia, Maryland, Pennsylvania, il Distretto di Columbia e la costa della Carolina del Nord” dice tracciando il primo insieme in rosso.

“Due: Il Teatro Occidentale, l'area a est del fiume Mississippi, la catena degli Appalachi, e ciò che nel 1864 venne ridefinito, includendo poi la Georgia e la Carolina. Faresti bene a segnarlo perché questo di solito non lo ricorda mai nessuno e qualcosa mi dice sia informazione nuova anche per te”.

Lo guardo sinceramente confusa e stupita, incapace di comprendere ciò che stia facendo e con un gesto, che risulta quasi naturale, gli dico di non avere nulla qui con me su cui segnare ciò che neanche il professor Parker ha mai descritto così bene.

Gli scappa una risata e piega leggermente la testa indietro abbandonandosi ad essa ed è sinceramente un suono così piacevole, davvero difficile da associare a lui sempre così maledettamente sicuro e pieno di se.

Si riprende subito scuotendo la testa con un sorriso divertito.

“Beh, allora ti consiglio di prestare attenzione Miss Gilbert.”

Mi fa l’occhiolino recuperando il gessetto giallo per tracciare il terzo gruppo.

“Tre: Il Teatro Trans-Mississippi, che sarebbe Missouri, Arkansas, Texas, Territorio Indiano e parte della Louisiana…oh e anche qualche Territorio del Nuovo Messico a sud del 34º parallelo. Per finire…Quattro: Il Teatro della Costa Pacifica, costituito dal Nevada California e Oregon e dai Territori di Washington, Utah e Idaho.”

Finisce il suo improbabile disegno, un grande ammasso di nomi e Stati che però, incredibilmente, riesco bene a decifrare adesso.

Si rialza guardandomi in attesa senza mascherare il suo sorriso e, muovendomi lentamente, faccio l’unica cosa che mi viene in mente in questo momento.

“Sul serio? Non è stata fatica inutile, allora. Posso davvero sperare che in questo modo qualcosa rimanga impresso in quella zucca.”

Ripongo il cellulare nella tasca posteriore dei jeans dopo aver scattato foto a sufficienza e non posso fare a meno di sorridere davanti a tanta presunzione.

“Non dare troppo credito a te stesso, Salvatore. Il tuo disegnino sta sparendo.”

Faccio segno verso quella che ormai è solo una pozzanghera colorata e ridacchio, perché non posso fare a meno di pensare a quanto folle sia l’attuale situazione e a me, bagnata fradicia ma, quando alzo lo sguardo Damon è più vicino del previsto e i suoi occhi sembrano più scuri sotto la pioggia.

Maledizione, quando si è avvicinato tanto?

Allunga lentamente un dito sfiorandomi la guancia, quasi non toccandomi nemmeno e quel gesto, che non riesco a fermare perché troppo concentrata ad osservare ciò che sta accadendo, gli addolcisce impercettibilmente lo sguardo mentre sposta dal mio viso la solita ciocca ribelle, ormai completamente bagnata.

Soffoco un respiro in gola perché non cosa dire o come andare avanti da qui in poi ma il momento viene spezzato dallo squillo del mio cellulare che goffamente recupero dalla tasca dei jeans.

Il nome di Stefan lampeggia con insistenza sullo schermo.

Quando lo guardo di nuovo, Damon è distante di qualche passo, il sorriso sbieco a increspargli le labbra.

“In bocca al lupo per il tuo esame, Elena. I non privilegiati si affidano a te per il prosieguo della specie”

“Idiota!”

Dico un po’ più forte mentre si allontana, alzandomi sulle punte per scandire bene il concetto.

La sua risposta è un fastidioso occhiolino e la classica espressione saccente, mentre lo guardo allontanarsi completamente zuppo.

Solo in quel momento mi ricordo del fatto che il mio telefono sta ancora squillando.

 

“Ehi Stefan.”

 

Mystic Falls, 14 Febbraio 2014

"Ci siamo, l’aereo plana…prepariamoci allo scontro! Schiiiiuuuu…”

Sento Charlie ridere a crepapelle per poi vederla spuntare in cucina ad un metro e mezzo da terra, dondolando a destra e sinistra sostenuta dalle mani di Stefan.

“Atterraggio di emergenza, signori. Allacciate bene le cinture!!”

La deposita dolcemente sulla sua seggiola non prima di un’altra piroetta che la fa strillare di gioia mentre cerca di recuperare fiato.

Stefan intanto soffoca le ultime risate prima di rivolgersi a me, battendo leggermente la tazza sul bancone.

“Siamo affamati”

“Si mamma siamo affamati!”

Caroline dovrebbe già essere qui, non so se riuscirò a reggere la maschera del –va tutto bene- con Stefan, ho paura possa leggermi in faccia quanto sia maledettamente turbata dalla telefonata di ieri sera con la mia migliore amica, dal fatto che Damon sia in città e che, probabilmente, questa sarà una notizia per lui difficile da digerire, tanto quanto lo è per me.

“Elena!”

Sussulto visibilmente e la moka mi scivola dalle mani cadendo rumorosamente sul lavandino, mi volto con un sorriso di scuse verso Stefan che inarca un sopracciglio in modo curioso.

“Stai bene?”

“Si, si sto bene. Mi sono solo distratta un attimo.”

“Alex ti ha chiesto di uscire, stasera?”, mi chiede impertinente e con fare pettegolo.

“Cosa? No…è solo un collega Stefan, lo sai.”

Alza le mani in segno di resa e lo colpisco con lo strofinaccio da cucina.

“Sai com’è, pensavo approfittasse di San Valentino per farsi avanti. Ma la giornata è lunga, magari ti ha preparato una sorpresa.”

Mi mordo la lingua evitando di dirgli che la sorpresa è già stata fatta e Alex non ha niente a che fare con tutto ciò, né San Valentino per quello che mi riguarda.

E’ solo l’inizio di un incubo da cui vorrei svegliarmi già adesso.

“Mamma ho fame!”

La vocina spazientita di mia figlia mi riporta nuovamente alla realtà e mi muovo goffamente dietro il bancone per prepararle i suoi due pancake ricoperti di crema al cioccolato accompagnate dal frullato di banane.

“Ok signorine, devo scappare al lavoro. Piccola se muoio di fame sappi che è colpa della mamma”

“Oddio Stefan scusami, rimani altri cinque minuti ti preparo qualcosa al volo”

“Non posso bellezza, devo correre”.

Bacia Charlie in fronte e da un pizzico a me sul fianco prima di volare verso la porta.

“Dobbiamo ancora affrontare la questione del gelato, noi due”, gli urlo dietro ricordandomi dell’episodio di ieri e la piccola mi lancia un’occhiata assassina.

“Gelato? Non so di cosa tu stia parlan…oh hey Caroline.”

Li sento scambiarsi qualche saluto imbarazzato e poi la porta d’ingresso si chiude, la bionda arriva in cucina poco dopo sorridendo e con le guance arrossate.

“Qualunque cosa stia succedendo tra voi, dovreste portarla fuori casa mia”, le dico con una linguaccia e lei sgrana gli occhi, spalancando la bocca in modo quasi comico.

“Elena! Sto per sposarmi per l’amor del cielo, non insinuare mai più una cosa simile,” aggiunge indignata per poi rivolgere la sua completa attenzione a Charlie, “buongiorno cucciola!”

La riempie di baci e la piccola si attacca a lei come una ventosa, ridacchiando contenta quasi fosse a corto di coccole.

Le stacco a forza servendo Charlie, incitandola a finire la colazione e trascino la mia amica nell’altra stanza, affamata di dettagli che preferirei non conoscere.

“Buongiorno anche a te!”

“Quando…”

Lei sospira pesantemente, afferrando al volo ciò a cui mi riferisco.

Si gratta la testa e mi guarda colpevole.

“Mercoledì mattina. E’ arrivato qui mercoledì mattina”
“E rimarrà tre settimane?”

“Almeno fino all’uno Marzo. Ti ho detto che Klaus lo vuole al matrimonio.”
“Io proprio non lo capisco quell’idiota del tuo fidanzato. Non immagina la catastrofe che potrebbe abbattersi anche su di lui se Damon sapesse…”, abbasso la voce e sporgendomi do un’occhiata a Charlie che, in cucina, è intenta a finire la sua colazione.

“Cavolo, sta sbrodolando tutto”, mi passo una mano in viso e sospiro sconfitta.

“Elena andrà tutto bene”.

Caroline mi afferra per le spalle guardandomi dritta negli occhi e, per un solo istante, mi lascio confortare da quelle parole.

“Però devi dirlo a Stefan”

“Come faccio a dirlo a Stefan, Care? Come? O a mio padre per quello che conta. Dio è un tale casino, pensavo davvero Damon Salvatore avesse rinunciato a rovinarmi la vita anni fa”.

“Finito!”

Sobbalzo presa alla sprovvista quando mia figlia arriva dall’altra stanza con un salto, aggrappandosi ai miei jeans.

“Oh no, guardati. Sei una maschera di cioccolato.”

Caroline sorride guardando intenerita il suo viso pasticciato da cioccolata e briciole di pancakes. Sto per prenderla in braccio ma la mia amica mi precede afferrandola con decisione e stringendola al petto.

“Mi prendo io cura della piccola peste. Scendiamo pulite e sistemate tra dieci minuti, tu occupati della cucina e chiama Stefan. Invitalo a cena stasera, al resto penseremo insieme.”

Si volta mentre mia figlia si sporge nelle sue spalle pregandomi con le mamine giunte di trattare bene zio Stefan e perdonarlo per il barattolo di gelato.

Quando il mio sorriso scompare, entrambe sono già al piano di sopra.

Pulisco il pasticcio combinato da Charlie annotando mentalmente il fatto di non lasciarla più da sola durante la colazione e, poi invio un messaggio a Stefan con la scusa di farmi perdonare per stamattina, preparandogli la cena.

La sua risposta arriva immediata.

-Ok, ma solo se posso riporre scudo e armatura. La mia vita è molto più preziosa di un barattolo di gelato, Gilbert.-

Sorrido amara e getto senza cura il cellulare sul bancone della cucina.

 

Sei in città da tre giorni e devo già pensare a come proteggerci da te, Damon.

  
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