Per quanto mi piacesse baciarla sapevo
che dovevo mantenere il totale controllo del mio corpo e non perdere la testa.
Avevo capito che non era pronta a
riportare la nostra relazione su un piano fisico e non avevo intenzione di
impazzire come era successo quella mattina.
La mia sopportazione aveva un limite e
non volevo ritrovarmi ancora una volta con la voglia che avevo di lei
inappagata.
L’unica soluzione possibile era quella
di fermarmi prima che gli ormoni capissero ciò che stava succedendo e mi
indirizzassero verso impulsi da animale.
Quindi, dopo pochissimi secondi, giusto
il tempo di sentirla sciogliersi tra le mie braccia e di percepire chiaramente
la consistenza del suo seno morbido contro il mio petto, la lasciai andare,
facendo un passo indietro.
Ciò che mi trattenne dal legarla
davvero al letto fu il ricordo di ciò che era successo quella mattina e di ciò
che era stata costretta a sopportare nell’ultima settimana.
Non potevo fare l’animale, dovevo
mantenere un certo contegno.
Mi avvicinai di nuovo, ma questa volta
le baciai solo la fronte, impedendomi con la forza di fare qualcosa di
sconsiderato.
Il profumo del mio bagnoschiuma sulla
sua pelle mi fece sorridere.
«Com’è stata la tua giornata?», le
chiesi, prima di abbracciarla in modo fin troppo amichevole, senza palparle né
il sedere né il seno come avrei voluto fare, ma accarezzandole in modo
rassicurante la schiena.
«Bene», sussurrò contro il mio collo,
mentre il suo respiro mi provocava la pelle d’oca.
Non la lasciai andare subito, ma
approfittai di quel momento di tregua il più a lungo possibile, prima di
sciogliere l’abbraccio.
Mi tolsi il mantello e la cravatta,
posando tutto sul cassettone accanto alla porta.
Le stavo dando le spalle per
permetterle di avere un po’ di privacy.
Sapevo che quella versione di me,
quella che non le saltava addosso alla prima occasione, era ancora nuova per
lei, quindi dovevo darle tempo di assimilare tutto, sperando che non fraintendesse
come suo solito le mie intenzioni.
«Hai preferenze particolari per la
cena? Se vuoi posso chiedere a Breedy di...», mi si spense la voce alla vista
dello sguardo stralunato di Hermione.
«Stai bene?», le chiesi, tornando verso
di lei, preoccupato.
«Sì, scusa, è solo che sembra tutto
troppo surreale»
«Surreale?»
«Si, insomma... io e te nella stessa
stanza, a parlare di cena... mi sembra quasi di essere finita in un mondo
parallelo», ammise, abbassando lo sguardo.
Sorrisi, capendo a cosa si stesse
riferendo: «Tra poco ci troveremo a litigare su chi dovrà andare per primo in
bagno la mattina e se sia il caso di girare per la camera nudi. Ti sembrerà
strano ma ho una certa esperienza nel condividere camere da letto, anche se di
solito i miei compagni di stanza sono ragazzi e non donne particolarmente
attraenti...»
Un timido sorriso comparve sulle sue
labbra e mi senti orgoglioso di esserne io la causa.
«“Donne particolarmente attraenti”?
Stai cercando di fare il ruffiano, Malfoy?»
«Sto cercando di evitare di dormire sul
divano», le spiegai con tono
cospiratorio, quasi volessi confidarle un segreto di stato.
Avevo sperato di vederla sorridere, ma
sul suo viso invece comparve una piccola smorfia.
Anche per lei il ricordo di ciò che era
successo quella mattina non era particolarmente piacevole?
In tal caso potevamo dire di essere in
pieno accordo su qualcosa...
«Sei ancora arrabbiato?», mi chiese,
sedendosi sul bordo del letto.
Avrei voluto correre da lei e lasciarmi
cadere al suo fianco, ma mi trattenni e rimasi accanto al cassettone, in modo
da mantenere una certa distanza.
Distanza che sapevo le serviva (allo
stesso modo in cui era utile a me) per mantenere la mente lucida.
«E tu? Lo sei?», le chiesi.
Vidi sorpresa nel suo sguardo e in
parte ne fui felice. Voleva forse dire che si era dimenticata il litigio a
proposito della mia bacchetta? In tal caso voleva dire che la strada per
tornare insieme come un tempo non era poi così lunga... forse.
«No...», rimase a pensare per qualche
minuto, gli occhi che si perdevano per la stanza, provando in tutti i modi ad
evitare i miei.
Poi il suo sguardo color nocciola si
fissò nel mio: «Mi chiedo solo come mai alla fine hai lasciato la tua bacchetta
a me. Da come ti comportavi sembrava che non volessi separartene»
Dovevo scoprirmi e lasciarle vedere
quanto in realtà fossi debole e cedevole se si trattava di lei e delle sue
richieste?
Il mio istinto di conservazione mi
gridava di non lasciarle vedere il mio lato debole, mentre il mio cuore mi
urlava l’esatto opposto.
Strinsi forte i denti e presi la mia
decisione: «Volevo farti capire che mi fido di te»
Non era proprio tutta tutta la verità,
ma era ciò che ci andava più vicino.
L’istinto di conservazione ed il cuore
per il momento erano sullo stesso livello in quanto controllo delle mie azioni.
La vidi annuire: «Quindi ora siamo
pari?»
Aggrottai le sopracciglia, pensando a
cosa avesse voluto dire, prima di cedere all’evidenza di non saperlo e di
chiederle spiegazioni.
«Nel senso che abbiamo appurato che io
mi fido di te e che tu ti fidi di me, no?», spiegò.
Sorrisi: «Sì, direi che siamo pari»
Rimanemmo per alcuni istanti a
guardarci negli occhi, persi entrambi nei nostri pensieri.
Continuavo a chiedermi se sarei davvero
riuscito a comportarmi bene con lei.
Il fatto che ci fidassimo l’uno
dell’altra non significava per forza che lei mie avesse perdonato tutti i miei
sbagli, ma era già qualcosa...
Avrei voluto parlarle della mia
giornata, dirle di aver trovato nei miei genitori degli alleati e che presto
avremmo organizzato un attacco dall’interno per sconfiggere il Signore Oscuro,
ma delle mille parole che volevo espellere dal mio corpo non ne uscì nemmeno
una.
Avevo paura di rovinare quel momento di
calma, parlando di nuovo di guerra e ricordandole tutto il dolore che la
prigionia le aveva causato.
Rimandai quindi la discussione, deciso
a regalarle una serata tranquilla e serena.
«Affamata?», le chiesi, avvicinandomi
distrattamente al mio armadio, dal quale tirai fuori una maglia più pesante che
le porsi, deciso a coprirla il più possibile: non volevo che si ammalasse.
«Un po’», ammise, arrossendo.
Accettò l’indumento e l’indossò senza
fare storie, ringraziandomi: «Tu? Hai fame?»
Per quanto mi fossi ripromesso di fare
il bravo mi ritrovai a pensare a tutto tranne che al cibo.
La mia mente da inguaribile pervertito
si figurò l’immagine di una vogliosa Hermione Granger, nuda e sdraiata nel mio
letto che mi chiedeva di mangiarla.
Chiusi per un istante gli occhi e presi
un profondo respiro per calmare i bollenti spiriti.
«Sì, abbastanza», dissi, non riuscendo
a pensare ad altro che al ricordo di quella prima ed unica notte passata
insieme a fare l’amore e al desiderio di averla di nuovo tutta per me allo
stesso modo.
Il silenzio tra noi due era una scomoda
verità che non vedevo l’ora di cancellare, ma che, per il momento, non sapevo
come gestire.
Mi sedetti sul letto al suo fianco e,
senza considerare seriamente i pro e i contro di ciò che stavo facendo, le
afferrai una mano, intrecciando le mie dita alle sue.
«Mi sono comportato da stupido questa
mattina», ammisi, mentre col pollice disegnavo figure immaginarie sulla pelle
morbida del suo palmo: «Hai ragione a volere una nuova bacchetta e questa
mattina ho anche pensato a chi potrei rivolgermi per procurartene una nuova...»
Non la guardai in viso, perso nella
contemplazione delle nostre mani intrecciate, ma sapevo con certezza che i suoi
occhi erano fissi sul mio volto; quasi volessero analizzare ogni mio
sentimento.
«Mio padre conosce molte persone e
questo permette a me di conoscerne altrettante e appena tutto questo sarà finito
andremo da un vecchio amico di mio padre che ho conosciuto un po’ di tempo fa,
il signor Gabriel Martinez, l’equivalente di Olivander, però in Spagna, e
compreremo una nuova bacchetta...»
Le labbra fresche di Hermione mi
sfiorarono la guancia in un bacio: «Grazie», sussurrò contro la mia pelle,
stringendo maggiormente la sua mano contro la mia.
Spostai lo sguardo sul suo viso e mi
ritrovai con le sue labbra talmente vicine che non riuscii a resistere e alle
fine le sfiorai appena e talmente piano che quello non si poteva davvero
considerare un bacio, ma un timido e casto incontro.
«Hermione... io credo di...»
Ma non riuscii a finire la frase,
interrotto dalle labbra della Grifondoro che tornarono sulle mie, soffocando la
dichiarazione che ero pronto a farle.
Perché mi aveva fermato? Non era forse
il sogno di ogni ragazza sapere di essere amata da qualcuno?
Forse non voleva che glielo dicessi
perché non era pronta? O forse perché lei non mi amava e non mi avrebbe mai
amato?
Provai a chiudere a chiave tutti quei
dubbi in un angolino nascosto del mio cuore e, anche se continuavano a fare
male e a richiedere la mia attenzione, li ignorai, dedicando tutta la mia
attenzione a quel dolce corpo femminile premuto contro il mio e alla sensazione
di beatitudine che il sentirmi così vicino a lei mi causava.
Mi prese il viso tra le mani,
accarezzando con i pollici le mie guance e gli zigomi, senza distogliere per
nemmeno un secondo lo sguardo dal mio: «Dimentichiamo tutto»
Aggrottai le sopracciglia alle sue
parole, temendo il peggio: intendeva forse dire che voleva cancellare tutto
quello che c’era stato tra di noi? Voleva che non la baciassi più?
«Non pensiamo più a quest’ultima
settimana, va bene? Facciamo come se fossimo tornati indietro nel tempo, mmh?
Come se...», rimase con la bocca socchiusa, pronta a dire qualcos’altro che
però, sembrava le fosse rimasto incastrato in gola.
«Come se fossimo una coppia?»,
sussurrai, sperando di non star accelerando troppo le cose.
Mi aspettavo che si allontanasse e
rialzasse tra noi il muro spesso e impenetrabile che la proteggeva dai
sentimenti, ma ciò non accadde e i suoi occhi si addolcirono ulteriormente,
mentre le labbra si aprivano in un sorriso che mi sciolse il cuore.
«Mi stai chiedendo di essere la tua
ragazza Malfoy?»
«Pensavo che già lo fossi, ma credo che
dovremmo darci una definizione, se no tu e la tua testolina razionale finirete
coll’impazzire nel tentativo di capire che tipo di rapporto ci lega», le dissi,
per scherzare, ma notai con orrore che lei non sembrava affatto divertita.
In un battito di ciglia distolse lo
sguardo e mise venti centimetri buoni tra noi due, lasciandomi un vuoto
fastidioso all’altezza del petto.
«Ti diverti a ridere di me, Malfoy?»
chiese, con un tono di voce nervoso e scontroso.
Sospirai, capendo perfettamente di
averla offesa, anche se non avevo capito in che modo.
«Granger, stavo scherzando. Sì, ti
voglio come mia ragazza, voglio baciarti, abbracciarti e te lo sto dicendo
perché so che tu hai bisogno di sentirtelo dire. Non era un’offesa la mia. Semplicemente
so come sei fatta e sapevo che tu, essendo una persona molto razionale, avevi
bisogno di “definire” il nostro rapporto in qualche modo», le spiegai, sperando
di non aver peggiorato ulteriormente la situazione.
Speranza vana.
«Cosa ti fa pensare che io voglia
essere la tua ragazza?», chiese, con il tono di voce basso e scontroso che solo
una donna ferita nei sentimenti poteva avere.
Sospirai, arrendendomi all’evidenza che
quella non era proprio la mia giornata per quanto riguardava questioni di
cuore.
Pensai per alcuni istanti di ignorarla
e chiamare semplicemente Breedy con la nostra cena, così da concludere la
serata il più in fretta possibile, ma alla fine decisi di reagire in modo
differente, sperando di non poter peggiorare ulteriormente la situazione già di
per sé tesa.
Le presi il viso tra le mani e mi
avvicinai nuovamente a lei, stanco di quel continuo tira e molla che mi rendeva
nervoso: «Granger, non capisco come io sia riuscito ad offenderti, quando in
realtà non ne avevo la minima intenzione, ma ti chiedo scusa. Pensavo che per
te la tua intelligenza e razionalità fosse motivo di vanto ed è per questo che
le ho nominate, non per farti arrabbiare. Per quanto riguarda l’essere la mia
ragazza te lo sto chiedendo, non te lo sto imponendo o ordinando, anche se
effettivamente la scommessa non è ancora finita e potrei benissimo farlo. È una
tua scelta: vuoi o no essere la mia ragazza?»
In qualche modo ero riuscita in parte a
calmarla, ma non del tutto, infatti la sua telegrafica risposta: «Ci devo
pensare», non preannunciava nulla di buono, ma nemmeno una catastrofe.
«Preferenze per la cena?», le chiesi,
nascondendo alla sua vista quanto male mi aveva fatto rimandando quella
conversazione.
«No, va bene qualsiasi cosa», disse,
distogliendo lo sguardo e prendendo in mano un libricino che non ricordavo di
aver posato sul mio comodino: «Oggi ho letto questo»
Mi porse il volumetto e sorrisi
immediatamente quando ne riconobbi la copertina: «Le Fiabe di Beda il Bardo»,
dissi: «Ti è piaciuto?»
«Non l’ho ancora finito», ammise: «Mi
chiedevo chi te l’avesse regalato»
Quelle parole mi fecero sorridere
ulteriormente perché, quanto avesse provato a controllare la voce e a non
lasciar trapelare nessun sentimento, capii che in realtà l’aver letto la dedica
all’inizio del libro l’aveva infastidita.
Avrei potuto inventarmi una storia per
vedere se s’ingelosiva, ma sapevo che con il suo caratterino avrei finito solo
col peggiorare ulteriormente la situazione già di per sé precaria, così optai
per dirle la verità.
«Me l’ha regalato Daphne, la conosci no
la Greengrass?», feci una piccola pausa, constatando con orgoglio crescente
come, sapendo che era stata una donna a regalarmelo, i lineamenti del suo viso
si fossero irrigiditi ulteriormente: «Da piccoli, avendo le tenute in campagna
che confinavano passavamo molto tempo insieme durante l’estate e la sua balia ci
leggeva sempre questo libro. Alla fine del primo anno qui ad Hogwarts me l’ha
regalato, il suo è stato un gesto davvero... generoso, soprattutto perché sapevo
quanto amasse questo libro da piccola...»
Hermione era sempre più gelosa e lo
potevo capire chiaramente da come muoveva la gamba su è giù, come se sotto la
pianta del piede ci fosse un enorme scarafaggio da uccidere.
«Io e Daphne siamo migliori amici da
anni, all’incirca da quando ha ammesso di essere follemente innamorata della
Patil e io e Blaise le abbiamo augurato buona fortuna e figli maschi. Sai, all’inizio
penso che Blaise si fosse preso una cotta per lei, ma per fortuna gli è passata...»
Il piede smise di battere contro il
pavimento e i suoi lineamenti si distesero all’istante: «Calì Patil?», sussurrò
con stupore, guardandomi dritto negli occhi, quasi volesse capire se le stessi
mentendo o meno.
«Padma Patil», precisai, facendo una
piccola smorfia: «Dice che le piacciono le persone con cervello, credo che tu
sia l’unica che non le va a genio... ma in fondo sappiamo tutti che l’odio tra
Grifondoro e Serpeverde non è qualcosa che si può cancellare da un giorno all’altro...
dalle tempo e anche lei finirà per adorarti, proprio come fa Blaise»
«Blaise non mi adora: mi sopporta, è
diverso», disse, anche se continuava a ad avere un’espressione smarrita; di
sicuro non si aspettava che Daphne, la bellissima Daphne, fosse lesbica.
«Mangiamo?», chiesi, sperando di non
parlare più delle preferenze sessuali delle mie amiche o dei miei amici, ma di
dedicare tutte le mie attenzioni a lei e a i suoi bisogni primari: nutrirsi e risposarsi.
«Va bene», disse, ma era ancora lì
quell’espressione di curiosità inappagata ed ero certo che presto sarebbe
tornata all’attacco con qualche nuova domanda riguardante Daphne e il suo orientamento
sessuale.
Con un semplice incantesimo chiamai
Breedy che, più veloce di quanto mi aspettassi mi comparve di fronte con in
mano due vassoi: «I signori sono pronti per la cena?», chiese l’elfo domestico,
con un profondo inchino, prima di apparecchiare per due e di porre in tavola le
vivande.
«La signorina sta bene?», chiese con
tono educato.
Hermione gli sorrise: «Sto bene,
grazie. Tu?»
L’elfo, preso in contro piede sorrise
in modo goffo: «Non mi lamento, signorina»
Presi la mano della Granger,
chiedendomi quanto ci volesse ancora prima che ammettesse di voler essere la mia
ragazza, ma non l’avrei forzata in nessun modo, forse...
Mi alzai, facendomi seguire da Hermione
e, dopo averle scostato la sedia per farla sedere, andai ad occupare il posto
di fronte a lei.
«Buon appetito, signori», disse Breedy,
facendo un ultimo inchino prima di sparire con un “pop”.
Mangiammo per alcuni minuti senza dire
nulla, sorridendoci quando i nostri occhi s’incontravano, ma senza parlare,
prima che la sua curiosità tornasse a galla.
«Ma quindi, tu e la Greengrass non siete
mai stati insieme?», mi chiese con sguardo indagatore, mentre masticava con
gusto la sua pasta al ragù.
«No», le risposi, sapendo però che l’interrogatorio
non era finito.
«Com’è possibile che la Greengrass si
sia presa una cotta per Padma? Insomma, pensavo che le piacessero gli uomini! Ogni
due settimane ne ha uno diverso appeso al braccio!»
«Vedi Granger, il fatto che Daphne si
faccia vedere con dei ragazzi non significa niente. Sono solo delle inutili
coperture», le spiegai, sentendomi vagamente in colpa nei confronti di Daphne,
ma non potevo non raccontare tutta la verità ad Hermione se no avrei rischiato
di rovinare il precario rapporto che ci legava.
«Ma allora, come...?»
«Granger? Ti dispiacerebbe smetterla? Non
mi sento a mio agio a raccontarti i fatti di Daphne», ammisi.
Le avevo raccontato la verità, ma ora
doveva smetterla di ficcare il naso, se no sarebbe giunta a conoscenza di
troppi particolari e, a qual punto, sarebbe stata Daphne a staccarmi la testa a
morsi.
«Hai ragione, scusa», sussurrò, mentre
sul viso le compariva un broncio dispiaciuto.
«Non fare così», sussurrai: «Quando tu
e Daphne sarete amiche per la pelle gliele potrai fare di persona tutte queste
domande», dissi, facendole l’occhiolino.
Sorrise: «Io e la Greengrass amiche per
la pelle? Sei impazzito forse?»
«Lo sai che sono pazzo di te, è inutile
che continui a chiedere» mormorai, vedendola arrossire appena.
Quando finimmo di mangiare le concessi
il primo turno in bagno, da bravo cavaliere purosangue quale ero, spingendola
ad andare con una piccola e nient’affatto galante pacca sul sedere che la fece sussultare.
Prima di chiudere la porta del bagno si
voltò verso di me: «Vuoi fare la doccia con me?», chiese, facendomi l’occhiolino
e lasciandomi letteralmente a bocca aperta.
Con la salivazione a zero e gli occhi
fuori dalle orbite per la sorpresa non dovevo essere un bello spettacolo,
mentre il mio cervello cercava di resistere e di non spedire l’impulso alle mie
gambe di correrle immediatamente dietro e alle mie mani di strapparle gli abiti
di dosso.
«Scherzavo», disse, prima di scomparire
oltre la porta e di chiudersela alle spalle, lasciandomi ulteriormente inebetito.
La sentivo ridere di gusto e non potei fare a meno di sorridere a mia volta: «Ride bene di ride ultimo, Granger, non te ne dimenticare», disse a bassa voce, prima di pensare ad una vendetta adatta alla situazione, per farle vedere quanto non le convenisse giocare col fuoco.
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Ciao a tutti :)
Ehm ehm.... *tossisce,
imbarazzata*
Che vergogna, tornare dopo
mesi con un nuovo capitolo...
Vorrei scrivervi
pagine e pagine di scuse, ma credo che preferiate pagine e pagine di questa
storia piuttosto, dico bene?
Potrei raccontarvi di
quanto siano stati faticosi gli ultimi due mesi di scuola e delle verifiche e
interrogazioni senza fine, oppure dell’ispirazione che era tranquillamente
svanita nel nulla, ma so che a voi non importa e che siete arrabbiate con me...
Però lo sapete che non
vi lascerei mai senza finale vero?
Anche se dovessi
scomparire per anni interi tornerei comunque a scrivere questa storia, quindi
non vi preoccupate ;) se per un po’ di tempo non sentite mie notizie abbiate
fede che tornerò all’attacco!
*prega silenziosamente
di esser stata almeno un po’ perdonata*
Parlando del capitolo: come vi sembra? Il nostro Draco vuole provare a conquistare Hermione in modo platonico, ma allo stesso tempo si ritrova a dover macchinare una vendetta per la proposta scherzosa di Hermione... che dite, riuscirà a non mettere nuovamente la relazione su un piano fisico? Io ho i miei dubbi... ;D
Per quanto riguarda Daphne invece, spero di non avervi sconvolte troppo xD
Sto rileggendo e
rispondendo a tutte le vostre stupende recensioni e poco a poco dovrei riuscire
a mettermi di nuovo alla pari...
Mi scuso ancora per
essere scomparsa, ma vedrò di non farlo più :)
Un gigantesco bacio a
tutti ;-*
LazySoul
P.S. se avete voglia
di lasciarmi una recensione mi fareste davvero contenta, anche se so di non meritarmele...