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Autore: sarahrose    16/06/2014    1 recensioni
William Bruce Bailey, 17 anni.
Intelligente, sensibile e dotato.
Cresciuto a torte di mele, Sacre Scritture e cinghiate nei denti.
Figlio di Stephen L. Bailey, Pastore Pentecostale, Ministro del Culto della Lafayette Holy Roller Country Church, e di Sharon Bailey, casalinga frustrata e dedita agli antidepressivi.
Vittima di abusi dal padre-padrone e dell'indifferenza della madre.
Un unico amico su cui contare: Jeff Isbell.
E la Musica. Quella del Diavolo.
Il rock. Quello vero. Brutto, sporco e cattivo. E terribilmente proibito.
Questa è la storia di un mito. Di una leggenda.
William Bruce Bailey. Da Lafayette, Indiana, a Los Angeles in autostop.
Per diventare W. Axl Rose.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axl Rose
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 29
 
 
 
WILLIAM BRUCE BAILEY (BILL)
In the name of the Father
 
No!!!”
Vorrei gridare, ma non ho più voce.
Ti prego... ti supplico... ”
 
La mia gola secca emette un tenue pigolio da infante.
L'Uomo Nero non sente o, comunque, fa finta. Le mie suppliche silenti lo attraversano come se fosse un fantasma, ma Lui non è un fantasma. Anzi! I suoi pugni sono anche troppo concreti e reali. Ma lo sa, Lui, che male mi fa, ogni volta che mi tocca?
Lui lo sa... voglio dire... ha una cazzo di idea di quanto lo amavo?
Avrei dato la vita per lui...
La mia stupida vita, cazzo!
Per quello che vale...
 
Sotto una pioggia di colpi, crollo sul letto di mia sorella Amy e mi accartoccio per pararmi la faccia, ma come al solito, è tutto inutile. Io sono un bambino. Lui, un uomo adulto grande e grosso con due bicipiti come quelli di Braccio di Ferro. Insomma, non c'è guerra.
 
Mi tappo le orecchie.
Non voglio sentire, non voglio... magari, chissà... sentirò meno dolore... senza quel... quel cazzo di rumore...
 
“Sei un figlio del Demonio, e come tale vai trattato!”
 
Col cuore che mi scoppia, vedo le sue mani grosse e nodose come due cazzo di sequoie armeggiare con la cinta... e la lingua di cuoio nero che scivola a terra. Il clang assordante della fibbia mi squarcia i timpani. Il cuore mi martella fino a darmi la nausea...
Colpita dalla luce, la fibbia cromata mi abbaglia e mi acceca.
Mi scappa la pipì per il terrore, ma so che mi devo trattenere, cazzo. Devo stringere le cosce o sono cazzi da cagare.
Terrorizzato, cerco scampo contro il muro dipinto di rosa antico della cameretta di mia sorella.
Provo a farlo ragionare.
Per quel che serve...
 
“Cos'ho fatto di male, stavolta? Me lo dici?”
 
SLACK!!!
 
 Un oceano di dolore mi travolge. Come chi affoga, io mi sento il corpo di piombo. Ed ecco che m'inabisso. Fluttuo. Vorrei tanto gridare, ma non posso...
“Pietà, ti prego... pietà...”
SLACK!!!
 
La vescica mi scoppia.
Ad ogni frustata, rischio di perdere il controllo e di farmela sotto, con conseguenze letali.
 
“Basta! Ti prego! Bastaaaaaa!”
 
Grido e piango. Mi divincolo e tremo. Il battito del mio cuore mi strazia le orecchie.
 
Mi sta venendo un infarto, penso. Ma purtroppo so che non è così. Almeno, se ci restassi secco, penso ingoiando lacrime che bruciano come le fiamme dell'Inferno, mi lascerebbe stare...
Tento la carta della confessione.
(Ma che cos'è che ho fatto, poi? Si può sapere?)
“Perdonami, ti prego... io... ho sbagliato...”
 
Lo ammetto, ho sbagliato. E' tutta sempre e solo colpa mia. E di cosa? Boh?! E chi lo sa? Non riesco a pensare. Fluttuo senza peso in un limbo purpureo di dolore da quando quella cinghia di merda è scivolata fuori dai passanti dei suoi pantaloni.
Poi ho come un flash.
Siamo in chiesa. Nel chiarore soffuso dei ceri votivi, intravedo la navata ornata di gigli bianchi. Le candele. I canti gospel. I cori dei fedeli. L'Uomo Nero sul pulpito e, da ultima, aperta sul leggio di legno di quercia, la sua Bibbia.
Le Scritture.
I Salmi.
 Assurdo...
Tutto è così fottutamente assurdo...
 
Nella speranza che non mi ammazzi di botte, mi gioco il mio cazzo di asso nella manica.
 
“ Il Signore è il mio Pastore...” sussurro, la voce rotta dal dolore lacerante della mia carne viva esposta. La pelle si tende e si lacera. Il mio sangue gocciola sul copriletto. “Non manco di nulla...”
 
Mi affido ai Profeti e alle Scritture battendomi il petto, nella speranza di ridurre la mia pena. Inutile dire che non ci ho capito un cazzo. Le sue sono tutte scuse per picchiarmi. Quello ci gode, cazzo, a pisciarmi addosso come un maschio alfa per lasciarmi il suo marchio... il suo schifosissimo odore, cazzo! Perché lo sa che io non ho paura di Lui e del suo Dio. E sa anche che, un giorno, diventerò grande e sarò molto ma molto più forte e potente di Lui...
 
Sul momento, però, se non voglio che mi ammazzi di botte, devo genuflettermi alla sua autorità.
 
“ Per mia colpa... mia colpa... mia grandissima colpa”
 
Cosa possa aver scatenato le sue ire, questa volta, per me resta un mistero della Fede. Vale a dire un cazzo di dogma. E io, che insegno catechismo alla scuola domenicale, canto e suono il piano durante la funzione e faccio tutto, ma dico tutto quello che lui mi comanda, sono il suo cazzo di capro espiatorio. Il suo punirne uno per educarne cento. Sono io quell'uno sfigato e malcagato da reprimere a suon di botte. E va bene, come vuoi, confesso... confesso tutto quel cazzo che vuoi, bastardo, con la bocca piena di sangue e gli occhi pieni di lacrime... tutto, pur di arrestare l'incalzare sordo di quei colpi, la furia cieca di quella rabbia che mi strazia le carni. E pensare che io ti ho amato, papà... io... tu... non sai quanto... quanto un tempo ho ammirato il tuo carisma e la tua schiettezza... io... non c'è niente che non avrei fatto... per...
 
SSSSSSLAAAACKKK!!!
 
Io grido, urlo e singhiozzo in silenzio. Senza far motto. E' il mio cuore che piange, non le mie labbra.
Io... ho paura...
 
Sì, lo so. Intendiamoci... non è la prima volta che mi picchia, e non sarà nemmeno l'ultima, purtroppo. E' la sua pedagogia del cazzo. Tanto che, fino all'anno scorso, nemmeno la portavo, la cintura. Mi sentivo male solo al vederne una. Giuro, cazzo. Morivo, piuttosto che metterne una. Così, a volte mi cascavano i calzoni e tutti a scuola mi prendevano per il culo e ci piantavo delle cazzo di figure di merda da seppellirmi sotto terra. Ero diventato lo zimbello della scuola, cazzo. Ci ho fatto il callo, io, ai lividi e alle botte. Denti scheggiati, costole rotte. Culo inservibile. Sempre la solita storia. Tutti i santi fottutissimi giorni di questa mia schifosissima vita di merda. Eppure... non lo so, forse... stavolta io... io non ce la faccio più, capito? Qualcuno mi aiuti... se non me ne vado subito da qui... sento che muoio.
“Papà, ti prego, ascoltami...”
“Vade retro...”
 
SOCK!!!
“...Satana!”
 
Un rivolo di sangue mi schizza dalla bocca e finisce sul copriletto di Biancaneve di Amy. Chi ha avuto la peggio è la Strega. Ben gli sta, a quella troia... la sua tunica nera è uguale sputata a quella di Lui...
 
Ma... cazzo ho? Sto impazzendo? Io... non lo so, non lo so cosa mi sta succedendo... non riesco più a staccare gli occhi dal mio sangue...
 
“ Chiedi perdono al Signore Dio tuo! Bastardo!”
 
SLACK!
 
“Basta! Basta! Pietà! Io... non lo faccio più, giuro...”
“ Non giurare! Non giurare, bastardo!...”
SLACK!
 
“Poiché non sei neppure capace di far diventare nero uno solo dei tuoi schifosissimi capelli carota!”
 
“Padre, pietà...”
 
SLACK!
 
Cristo, pietà...”
 
SLACK!
 
“ Signore... pietà...
SLACK!
 
“Nessuna pietà!”
SLACK!
 
“Peccatore...”
 
(non devo piangere-non devo piangere-non devo piangere-non devo piangere-non devo piangere-non devo piangere-non devo piangere-non devo piangere...)
 
Poi, l'indicibile, accade.
 
Una vasta chiazza di urina m'inonda il pigiama e si allarga sul povero copriletto di Biancaneve.
Sotto di me, la Strega ghignante sul picco, tra fulmini e saette, con la mela avvelenata tra le grinfie, sembra un inno al trionfo del Male.
Inutile dire che, nella mia vergogna, lo vedo come un presagio. Attorno al cappuccio nero e appuntito, adesso, per causa mia e della mia povera prostata ancora in boccio, ha un'aureola giallognola da santa.
Lui... Lei...
basta, io... non ci capisco più niente, cazzo...
 
“Brutto porco schifoso che non sei altro!” sbraita la Strega di Biancaneve, inferocita, mangiandomi la faccia. “Guarda cos'hai fatto! Bastardo!”
 SLACK!
SLACK!
SLACK!
 
La Vecchia si china su di me e mi costringe a dare un morso alla mela avvelenata e la stanza si mette a girare all'impazzata. Poi tutto diventa buio.
 
Dio... se solo sapesse... ma Lui non lo sa e non lo saprà mai.
Io, però, lo so e ci sto male. Male da morire.
Papà... perché non lo capisci?
Io...
 
SLACK!
 
... volevo soltanto...
 
SLACK!
 
... il bacio della buonanotte...
 
 
All'improvviso, un getto caldo su una coscia mi strappa alle tenebre disperdendo gli ultimi filacci evanescenti del mio incubo.
“Ma vaffanculo...”
Un randagio dall'aspetto alquanto vissuto e sinistro deve avermi preso per il suo cazzo di pisciatoio.
Ma dico io, e che cazzo...
 
“Ma... quanto ho dormito?”
Il mio cervello ancora annebbiato dal sonno fa un rapido riassunto delle puntate precedenti.
Rivedo il Campione. Il suo sorriso aperto e sincero. Il mio arrivo a St. Louis, stremato, alle prime luci dell'alba. La scuola intitolata a Florence Nightingale e alle sue cazzo di Suffragette. Il Rifugio Segreto sotto il terrazzo. Il sacco a pelo del tossico. Il suo cazzo di plaid lacero e devastato. Il mio zaino pieno di viveri.
 
Cazzo, mi ricordo che ho pensato, esaminando quella coperta, se il sonno tarda a venire, posso sempre contare tutti i fili dell'ordito al posto delle pecore.
Poi vedo noi due – io e il tossico - che contrattiamo. Lui vuole un sacchetto di patatine, io il suo cazzo di plaid. Così, a dispetto del suo discutibile benvenuto, patteggiamo a reciproco vantaggio.
 
You Know where you are?
You're in the jungle, baby...
you're gonna dieeee
 
Bella lì, amico! Quella frase è una bomba, cazzo.
Ci viene fuori un riff coi controcazzi, bello! Solo per questo, meriti il mio rispetto. Lo sai? Io, un giorno o l'altro ci tiro fuori una canzone che spaccherà il mondo!
 
Ad ogni modo, anche lui, qui, il tossico, in fin dei conti, è un cagnone che abbaia ma non morde e, nonostante i modi discutibili, mi ha lasciato dormire sul cartone che fa da tappeto sotto al suo sacco a pelo. E durante il sonno, riecco quell'incubo, cazzo... Meglio non pensarci, cazzo, se no' finisce che sto male. Comunque mi sono agitato... l'ho sicuramente disturbato, e chissà, forse questo tizio marcio qui, invece di riempirmi di botte come avrebbero fatto altri, mi ha persino coperto. Ho ancora il plaid sulle spalle... me l'ha venduto in cambio di un sacchetto di nachos aromatizzate in salsa ranchera.
Poveraccio anche lui... chissà da quanto non mette qualcosa di decente sotto i denti... e mentre io me ne sto lì come un idiota, gli occhi ancora incrostati di sonno e la bocca impastata, quello che fa?
“Io...” mi dice, legandosi il braccio con una bandana bisunta, “spero che tu sia uno fico...”
Io, spiazzato, deglutisco rumorosamente.
Faccio due conti. Sono nel suo covo. Indosso la sua coperta. Lui è un balordo scafato e io soltanto un pivello. E infine, lui è molto più adulto e più grosso di me. Quindi, non c'è guerra. Mi tocca. E, da bravo, annuisco con la testa e gli confermo che sono fico e che so il fatto mio. Poi gli lancio un'occhiata da faina che dice
 
I might be a little young
but honey I ain't naive
 
(Sarò anche troppo giovane/ma non sono un pivello)
 
Il tizio schizza in aria un getto di veleno colore del tè con un ghigno sdentato e si ficca l'ago in vena senza tante cerimonie e chi s'è visto s'è visto.
Io lo fisso con gli occhi fuori della testa.
E' il primo tossico che vedo farsi, dopotutto!
E poi l'ho pagato caro, io, il diritto di guardare!
Due dollari! Due fottutissimi cazzo di dollari!!!
E quello si fa in vena tutto beato davanti a un moccioso come me. Ma roba da matti, cazzo! E dopo, quando la droga gli è entrata in circolo, estrae la siringa e... ommadonnaaaaa!!!
E adesso... che cazzo fa?
No, giuro... non ci credo...
Preme lo stantuffo, mi schiaccia l'occhio sano – ho dimenticato di dire che è guercio, cazzo – e... schizza il sangue rimasto nella siringa dappertutto.
E mentre, seduto sul cartone, sorseggio il mio Cappuccino Istantaneo Smuffy, uno schizzo vagabondo finisce sul mio plaid che io, adesso... sinceramente, cazzo, ragazzi...non sono più tanto sicuro di volere.
Dopo la parentesi del tossico, comincio a sentirmi male. Le mie ferite si riaprono e si mettono a sanguinare.
“Era solo un sogno” mi ripeto, scostandomi dalla fronte sudata una lunga ciocca appiccicosa color carota. “Un incubo. Un dannatissimo cazzo di incubo”.
 
Ma so che ormai è troppo tardi. Il sogno, anzi, l'incubo, ha spalancato una porta che doveva rimanere chiusa. Avete presente lo Stanzino Segreto di Barbablu? Ecco... ci siamo capiti.
 
Sto male. Malissimo. Male da impazzire, cazzo. E so che il mio male, come quello di questo tizio sfasciato, qui, che adesso plana tutto beato nel suo personalissimo Paradiso Oppiaceo, ha un'unica cura:
il sangue.
Come in quel verso di Jim Morrison.
 
Blood on the rise
it's following me
 
(Sangue che sale/che mi segue)
 
so che non c'è altro modo per stare bene di nuovo.
E non fate quelle facce scandalizzate, amici... prendete il fattone, qui. A ognuno la sua medicina. Giusto? A lui L'eroina. A me... le Scritture.
Sì, sì... avete capito.
E non sfottete, cazzo, se no' vi spacco i denti davanti, chiaro?
 
Cioè... non vorrei, ma devo. Non ho scelta, cazzo.
Devo farlo. Volente o dolente.
I demoni che l'incubo ha risvegliato hanno sete di sangue. Del mio sangue.
 
Con le dita che mi tremano, stacco la lametta da barba che porto appesa all'orecchio sinistro a mo' di pendente in omaggio a Johnny Rotten dei Sex Pistols.
 
Sollevo la felpa dei Motorheads e metto a nudo la mia pelle raggrinzita dal freddo. Il vento pungente della sera mi sferza il petto nudo.
 
La lametta evoca dai remoti recessi di un passato che ritorna lettere incerte. Lettere aguzze che grondano sangue. Lettere come pistole. Parole cruente che colpiscono e condannano, estratte dal guscio vuoto della mia cazzo di carne a brandelli.
Brucia come il fuoco, la lama del perdono, ma scongiura la cancrena dei ricordi. Il supplizio della carne, sana le piaghe dell'anima.
Sono io la Bibbia Vivente. Io. Il Verbo fatto carne.
 
ONORA IL PADRE
 
cita la mia pancia, tra i solchi delle costole e i piccoli tagli superficiali lasciati dai tentativi andati a vuoto.
 
NON AVRAI ALTRO DIO
ALL'INFUORI DI ME
   
 
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