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Autore: Prinzesschen    16/06/2014    3 recensioni
Niente è mai come sembra ed Hannah Kane lo avrebbe imparato a sue spese. Tutto comincia con un curioso incontro sotto la pioggia, un cagnolone dal pelo nero ed arruffato sconvolgerà la vita della giovane avvocatessa colmando la solitudine di una casa sempre vuota e riscaldandole il cuore con un pizzico di inaspettata magia.
Un latitante, un evaso in cerca di redenzione per una colpa che non ha mai commesso e che gli brucia l'anima graffiando il suo cuore dall'interno e procurandogli ferite che solo una giovane ed insolita donna in carriera saprà curare.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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furry love 5

Furry Love

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5-Oh girls just want to have fun.
That's all they really want..
Some fun!
When the working day is done
Girls? They want to have fun!
Oh girls just want to have fun!

La convivenza con Sirius si era rivelata meno tragica di quanto avessi temuto e le sue abilità magiche mi erano più volte tornate utili.
-Non sono il tuo personale Bob l’Aggiustatutto, Hannah.- aveva borbottato, contrariato, davanti all’ennesima tazzina che gli porgevo affinché usasse uno dei suoi abracadabra per ripararla.
-Se tu non avessi rotto quel vaso, la scorsa settimana, non avrei scoperto che potevi farlo e avresti potuto continuare ad oziare tutto il giorno!-
Non molto tempo prima, infatti, la sua versione canina, sfrecciando avanti e indietro per l’intera casa per sfuggire alle mie grinfie e al bagno che intendevo fargli, aveva urtato e distrutto un bellissimo e antico vaso che i miei mi avevano regalato quando avevo preso casa a Londra.
Di tanto in tanto il mago scompariva per poi tornare e giustificare le sue assenze prolungate spiegandomi che stava disperatamente cercando di trovare un modo per entrare nella scuola che il suo figlioccio frequentava e cacciare un topo.
-Un topo?-
-Non è veramente un topo, come io non sono davvero un cane.-
-Continuo a pensare che sarebbe stato molto meglio se fosse stato così, invece.- brontolai quella sera in risposta alla sua affermazione, decisa a non indagare oltre.
Stavamo seduti sul divano del salotto sgranocchiando pop-corn caldi davanti ad un film di Tim Burton, Edward mani di forbice.
-Voi babbani mi avete sempre incuriosito. Questo, ad esempio! E’ una specie di magia, in fondo.-
Ci avevo messo un po’ a capire cosa stesse cercando di dire con la bocca piena di pop-corn e il dito puntato verso il televisore.
-Ti.. incuriosiamo?-
Gli rivolsi un’occhiata scettica per poi strappargli di mano la ciotola che stava per finire tutto da solo, per niente preoccupato di condividerne il contenuto con la sottoscritta.
-Parecchio! Mia madre era disperata, avevo tappezzato la mia stanza di immagini di motociclette e pin up e avevo lanciato un incantesimo di Adesione Permanente su ognuno impedendo al nostro elfo domestico di staccarle.- si lasciò sfuggire una risata, lo sguardo ancora fisso sullo schermo.-Non scorderò mai quella voltai che trovai Kreacher appeso alla copertina di Playboy cercando di strapparla dal muro.
-Playboy?! Quelle non sono mica pin up!- lo informai, indignata, mentre approfittando del mio momento di distrazione si riappropriava dei pop-corn e mi rivolgeva un’occhiata maliziosa.
-Lo so, biondina, il mio era un arredamento eclettico. E poi le streghe solitamente hanno un’idea abbastanza minimalista del vestire mentre voi babbane siete molto più fantasiose. Tipo certi tuoi completini, quello viola è adorabile e somiglia tanto a quello di..
Non poté finire la frase perché senza pensarci gli avevo scagliato contro una manciata di pop-corn, indecisa se infuriarmi o ridere della sua totale mancanza di pudore.
-Che c’è?! Era un complimento!
-Non farmi più nessun complimento, per l’amor del cielo. E fammi seguire il film.
-Hai detto di averlo visto cento volte.
-Non rovinarmi la centounesima volta, allora.

La mia vita professionale scorreva liscia come l’olio, Jason sembrava aver seppellito davvero l’ascia di guerra e avevamo ripreso a battibeccare come sempre mentre suo padre non si era più fatto vedere allo studio.
Sembrava che le acque, in famiglia, fossero un po’ agitate. Avevo sentito più di una volta Jason urlare dalla sua stanza contro la cornetta del telefono per poi scoprire che il destinatario di quei toni tanto animati era proprio Russell senior.
-Non ho più visto il tuo cliente, quello bello!- esordì Joanne mentre sedeva insieme a me e Jason alla caffetteria all’angolo, durante la pausa pranzo.
-Con colleghi come me a cosa servono i clienti affascinanti?- ribatté l’uomo affondando la forchetta nell’insalata.
-Deve essersi fatto intimorire dall’avvenenza dell’avvocato Russell, Jo.
Lei rise, ben consapevole che il mio humor avrebbe dato vita ad uno dei soliti scambi di cattiverie e che lei, neutrale come la Svizzera, avrebbe ottenuto almeno dieci minuto di Cabaret gratuito; purtroppo quel promettente scontro a fuoco fu bloccato sul nascere da una alta e sorridente ragazza bionda che si avvicinò al nostro tavolo.
-Pensavo fossi scappata in Alaska, Han!
-Gea!
Mi alzai, altrettanto allegra e sorridente e dopo esserle andata incontro la abbracciai, contenta di rivederla. Georgie Summers era una delle mie più care amiche, ci eravamo conosciute ad un concerto, ormai cinque anni prima, ed aveva subito fatto breccia nel mio cuore di granito, come l’avrebbe definito Jason.
Non ero esattamente una tipa facile e le uniche amiche che frequentavo più o meno assiduamente erano proprio Georgie e Veronica, mia amica storica e compagna di classe al liceo.
-Quand’è che degnerai me e Veronica della tua compagnia? Sei sempre così impegnata.
-Hai ragione, sono un disastro.- mi scusai, consapevole che le volte in cui avevo rifiutato di unirmi a loro per le nostre, un tempo abituali, cene del venerdì, superavano di gran lunga il livello medio di tollerabilità.-Potremmo cenare da me, stasera.
Si illuminò, felice per poi sporgersi e lanciare un’occhiata curiosa alle mie spalle.
-Quello è Jason Russell?
Aveva una specie di cotta per lui, anni prima, e si ritrovava spesso a passare per pura coincidenza da casa mia ogni volta che Jason era lì per studiare insieme, o meglio per screditare i miei metodi di studio.
-Si, in tutta la sua malefica persona.
-Ti ronza ancora intorno?
-Ti racconterò stasera.- tagliai corto con una smorfia.-Senti tu Veronica? Io torno in ufficio, farò in modo di sbrigarmi prima possibile.
Quel pomeriggio lasciai lo studio alle cinque in punto e dopo aver fatto una capatina al supermarket tornai a casa decisa a mettermi ai fornelli e preparare una cenetta con i fiocchi alle mie amiche.
-E’ la prima volta che ti vedo armeggiare con i fornelli per qualcosa che non siano surgelati o roba precotta. C’è da preoccuparsi?
Sirius Black stava stravaccato sul divano, intento a fare zapping, e di tanto in tanto mi lanciava occhiate dubbiose mentre correvo avanti e indietro dal frigo al ripiano della cucina.
-No, ho ospiti a cena! Credi di poter trovare un’occupazione alternativa per la serata?- chiesi speranzosa dando una mescolata agli spinaci che si scongelavano nella padella.
-Sai che abbandonare i propri animali domestici è un’azione riprovevole? – ribatté fingendosi indignato e raggiungendomi con passo strascicato e l’aria annoiata e lievemente curiosa.
-Lo è molto di più ingannare una giovane donna dal cuore tenero fingendosi un cucciolone nero.
-Saresti tu la giovane donna dal cuore tenero? -
-Piantala e dammi una mano.- gli porsi un mescolo e lui lo guardò, interdetto, come se fosse un oggetto sconosciuto e potenzialmente pericolo.-Mescola in quel pentolino o si brucerà la besciamella. -
Eseguì il mio ordine e cucinare, contrariamente a quanto si potesse presumere dall’impatto iniziale, sembrò piacergli.
-Chi hai a cena stasera? Non dirmi che è quell’idiota.-
-No, Sirius, sono due mie amiche.-
Sembrò illuminarsi e il suo sguardo si fece improvvisamente ammiccante.
-Quanto ci sei stato in quella maledetta prigione? Sembra che tu non veda una donna da..-
-Tredici anni. -
La sua voce si era fatta improvvisamente cupa ed il suo viso aveva perso ogni traccia di ilarità. I suoi tratti sembrarono tornati duri e gli occhi ombrosi come nella foto che avevo visto tra le mani di Fudge e non potei che pentirmi della mia infelice battuta.
-Scusami.
Chinai il capo a mia volta, senza guardarlo più e mi concentrai sulla sfoglia che stavo stendendo, gli occhi fissi sul mattarello e avrei persino contato i granelli di farina pur di non dover di nuovo incontrare il suo sguardo distrutto.
Continuammo a cucinare in silenzio ed aprivo bocca solo per affibbiargli qualche altro compito, di tanto in tanto, mentre lui sembrava gradualmente rasserenarsi, tutto preso e compreso da padelle e utensili da cucina.
-Puoi rilassarti, ora.- mi disse tutt’ad un tratto asciugandosi le mani con uno strofinaccio ed affiancandosi a me, la testa inclinata in modo tale da portare i suoi occhi nella direzione dei miei, schivi.
Sospirai e finalmente mi decisi a guardarlo, colpevole.
-Non avrei dovuto dirlo.. è che è tutto così strano. Non so come sia il vostro mondo, come siano le vostre prigioni e nella mia testa il tutto si prospetta come una sorta di mondo di fiaba, di quello che leggi nei libri o vedi nei film.-
Pronunciai quelle parole infilando la teglia nel forno e spegnendo il fuoco sotto la padella in cui soffriggevano le verdure.
-Neanche io so come siano le vostre, di prigioni, ma posso assicurarti che non c’è niente di fiabesco in Azkaban.-
Si sedette su una delle sedie ed io lo imitai.
-Le guardie sono delle creature spaventose, si chiamano Dissennatori perché, come suggerisce il nome stesso, ti portano alla follia. Risucchiano via la felicità, portano a galla qualsiasi brutto pensiero o ricordo che si trovi nella tua mente e te la svuotano per riempirla di urla e paura.
Lo vidi rabbrividire e allungai una mano verso la sua, abbandonata sul tavolo.
-Eppure tu sei qui. Ce l’hai fatta, a resistere.
-Sapevo si essere innocente, sapevo che da qualche parte fuori da quel luogo di sofferenza e tormento c’era il figlio di Lily e James e che era mio dovere sopravvivere per proteggerlo e prendermi cura di lui. Non potevo impazzire, non potevo permettermelo.
Sorrisi e lui ricambiò, inaspettatamente, il mio sorriso e lo vidi lottare contro tutta quella tristezza, cercando di riacquistare il suo piglio impertinente.
-Allora non me le presenti proprio le tue amiche?

Quando quella sera Gea e Veronica arrivarono Sirius si era già, e non senza una lunga serie di polemiche, trasformato in Rain e aveva scodinzolato allegro mentre le due ragazze lo coccolavano ed io cercavo di non pensare a quanto avrei voluto appenderlo al balcone per la coda.
-Non c’è una legge che vieta alle amiche di scomparire come hai fatto tu?- chiese Veronica, sarcastica come sempre, trangugiando un cucchiaio colmo di couscous.
Era totalmente diversa da me, Veronica, gli occhi erano scuri e i capelli, in origine, lo erano altrettanto come sottolineava la quasi impercettibile ricrescita alla radice della sua chioma ramata.
Portava degli occhiali molto grandi che avrebbero appesantito i tratti di chiunque tranne che i suoi, calzandole a pennello e dandole invece, complici gli occhioni scuri e le ciglia lunghe, un’aria da intrigante intellettuale.
Era una psicologa e mi fissava sempre come se stesse cercando di individuare i tratti patologici della mia personalità per affibbiarmi un disturbo di qualche tipo che, prevedibilmente, cambiava ogni volta che ci vedevamo proporzionalmente a quanto fantasiosa si sentisse.
-Puoi sempre fare una petizione per proporla, V. Che mi sono persa, nelle ultime settimane?
-Settimane? Quanto sei ottimista!- mi rimbeccò Gea per niente preoccupata di parlare con la bocca piena, agitando il cucchiaio. –Comunque la mia specialistica procede alla grande ed ho un nuovo responsabile di reparto, un giovane ricercatore affascinante come pochi!
Gea studiava medicina, era sempre stato il suo sogno che aveva coltivato parallelamente a quello per il teatro che, tuttavia, ormai era stato declassato a semplice ed occasionale hobby.
-Che ne è dell’attore con la erre moscia?
-L’ha scaricato un paio di settimane fa.- mi informò annoiata Veronica allungandosi verso il tortino agli spinaci per tagliarne una fetta.
-Raccontagli del tuo amante schizzoide, piuttosto!-
Veronica la liquidò con un gesto della mano. –Sembrava uno a posto.
-Non avrebbe avuto bisogno di te, se lo fosse stato.- commentai, ovvia, ghignando e dandole un pizzicotto.
-Tu che fai tanto la furba, piuttosto! Gea ha detto che oggi eri impegnata con Jason Quantomelatiro Russell. Cosa hai da dire a tua discolpa?
-Già! Ti ricordo che ho la precedenza storica.- mi minacciò Gea brandendo la forchetta con gli occhi ridotti a due fessure.
-Eravamo in pausa e c’era anche Joanne. Anche se..
-Ecco, lo sapevo.
Veronica spinse via il piatto e si accomodò meglio sulla sedia, incrociando le braccia al petto nella sua tipica posizione da ascolto. –Scaglia la bomba, ragazza.
-Stavamo per finire a letto insieme.
-Cosa cosa cosa?- Gea si portò una mano all’orecchio con fare teatrale, non per niente era un’attrice, e si avvicinò di più a me, facendo stridere i piedi della sedia sul pavimento.
-Ero un po’ brilla, dopo una cena di lavoro e l’ho invitato ad entrare. Stavamo per.. beh ma alla fine ho capito che stavamo per fare un enorme sbaglio.
-Sai come si chiama questa?
-No, Veronica, ma so già che me lo dirai.
-Schizofrenia. Almeno è bravo?
Gea mi fissava, avida di particolari, senza riuscire a trattenere un sorriso ammirato.
-Ci sa fare.
-E allora che ti è preso?
-Oh, quanto siete pedanti!- scattai cominciando ad impilare i piatti per portarli in cucina ma loro mi seguirono, con la scusa di aiutarmi. –E’ che ho avuto paura, lo sapete..
-Neanche stessi pomiciando con Bloody Mary.- sbuffò Veronica appoggiando la schiena al frigo e rivolgendomi uno sguardo compassionevole.
-Questa mi manca.- commentò l’altra afferrando uno strofinaccio per asciugare i piatti che nel frattempo io stavo sciacquando.
-Non lo sai? Quando eravamo al liceo la qui presente bionda ha perso una scommessa con la sottoscritta, ben conscia di quanto fosse fifona. L’ho costretta a fare il rituale di Bloody Mary e per poco non c’è rimasta secca. Ha evitato gli specchi per un mese. A proposito, come hai fatto a lavare i denti?
Gea rise, sinceramente divertita beccandosi un’occhiata torva da parte mia che subito dopo minacciai di lanciare il piatto in fronte alla rossa. –Di che rituale si trattava?
-Dovevi girare davanti ad uno specchio per tre volte ripetendo il nome del fantasma e quello sarebbe apparso alle tue spalle.-spiegai, secca, con lo sguardo fisso sulla schiuma del detersivo.
Non ero una che si spaventava facilmente ma l’occulto mi aveva sempre dato una impressione tremenda, non amavo i film horror e se non fosse stato per quella ricattatrice della mia migliore amica non avrei neanche mai preso parte ad alcun rituale.
Se avessi raccontato loro della mia disavventura con i Mangiamorte di certo non l’avrebbero trovata divertente ma con ogni probabilità non mi avrebbero creduto. In quell’occasione avevo avuto davvero paura. Nessuna leggenda, nessun rituale. Solo la morte troppo vicina sottoforma di una stupida metro in corsa.
Sospirai, lavando l’ultimo piatto.
-Bene. Tequila?

A fine serata le accompagnai alla porta, barcollante, senza riuscire a smettere di ridere. Avevamo alzato un po’ il gomito, con loro non avevo bisogno di controllarmi e misurare l’euforia. Potevo essere me stessa e divertirmi davvero.
Avevo persino dimenticato che Rain in realtà era Sirius e aveva quindi ascoltato tutto, compresi i discorsi sulle nostre rispettive abitudini o preferenze sessuali e cercai di fare mente locale sperando di non essermi sbilanciata troppo.
-Che ne hai fatto di Hannah?- chiese infatti il mio mago da compagnia, comodamente seduto sul divano del salotto poco dopo che le mie amiche se ne furono andate.
Ero appena uscita dal bagno dopo essermi sciacquata la faccia e mi sentivo un po’ meno brilla quando mi gettai pesantemente accanto a lui, stremata.
-Ogni tanto la mando a farsi un giro e mi diverto un po’. E’ un male?- chiesi, innocentemente, voltandomi verso di lui.
-Assolutamente no. Ma la prossima volta che mi darai del pervertito per le mie copertine di Playboy avrò un sacco di buoni argomenti da opporti, avvocato.
Ghignava, astuto, gettando la testa indietro con aria rilassata.
Il suo viso non sembrava più così provato e risultava addirittura ringiovanito rispetto alla prima immagine che avevo di lui.
I capelli, sempre lunghi e scompigliati, ricadevano puliti e profumati sulle spalle e la camicia blu, in parte sbottonata, lasciava intravedere la peluria scura del petto, virile e non eccessiva.
Era bello, Sirius Black, doveva esserlo sempre stato. Mi aveva raccontato di essere uno dei ragazzi più popolari della scuola che frequentava, quasi vent’anni prima, la stessa nella quale cercava di fare irruzione per raggiungere e proteggere il figlioccio.
Se fino a qualche giorno prima quella sua dichiarazione mi era sembrata presuntuosa, non potevo che cominciare a pensare che invece fosse semplicemente la verità.
-Avevi davvero paura di Bloody Mary?- mi prese in giro beccandosi un pugno sulla spalla.-Smettila di picchiarmi! Ad Hogwarts era pieno di fantasmi, il Barone Sanguinario, Nick Quasi-senza-testa..
-Quasi-senza-testa?
-Si, la sua decapitazione non era andata esattamente come avrebbe dovuto.
Storsi le labbra in un’espressione disgustata.
-E adesso? Avresti ancora paura?
-Sono un’adulta adesso. Non ci credo più a queste cose.
Si tirò un po’ su, sollevando la schiena dalla spalliera e guardandomi con aria di sfida. –Provalo!
-Che cosa? Devi essere davvero pazzo come tutti pensano..
-Fifona.
Boccheggiai, alla ricerca di una risposta acuta e tagliente da affibbiargli ma nessuna di quelle presenti nel mio repertorio sembrava adeguata, non ero preparata a sentirmi dare della fifona ormai da anni.
-Ho affrontato dei Mangiamorte!
-Veramente ti hanno semplicemente e facilmente gettata sotto le ruote della metro. Il termine “affrontato” mi sembra un tantinello azzardato.
Ringhiai, piano, guardandolo in cagnesco per poi alzarmi e procedere a grandi passi verso lo specchio.
Tirai un profondo respiro e mi voltai trovando affacciato al divano, sornione e curioso come un bambino.
-Bloody Mary.
Girai una volta su me stessa. La mia immagine riflessa ricambiava il mio sguardo, rassegnata.
-Bloody Mary.
Il ricordo della paura che avevo provato l’ultima volta che mi ero trovata costretta a compiere quello stupido rituale mi costrinse a serrare gli occhi e a maledire il mio stupido orgoglio per avermi indotta a cogliere quella sfida infame.
-Bloody Mary.
Prima che potessi aprire gli occhi sentii due mani afferrarmi per i fianchi e istintivamente strillai mentre il cuore mi faceva una capriola nel petto.
-Che cuor di leone, tesoro!- Sirius Black se la rideva ma grazie al cielo non mollò la presa, altrimenti le gambe mi avrebbero ceduto, tremanti e malferme com’erano. La lingua sembrava bloccata e non riuscivo a proferir parola, né per insultarlo né per gridare ancora.
-Hey..
Dovevo essere davvero pallida perché il suo sguardo si fece improvvisamente preoccupato e mi condusse fino al divano, facendomi sdraiare.
Tutta la paura di quella notte in metro e la tensione che mi aveva accompagnata per giorni ogni volta che mettevo piede fuori di casa si riversarono su di me come una secchiata di acqua gelida e strinsi convulsamente il suo braccio, cercando di riprendere il controllo sul mio corpo.
Si sdraiò accanto a me e mi strinse finché non sentì il mio cuore rallentare e il mio respiro tornare regolare.
Inspiravo il profumo del mio bagnoschiuma dalla pelle del suo braccio che mi cingeva e i capelli scuri mi solleticavano la nuca.
-Non volevo farti davvero paura.
-Non sei stato tu.. è solo la tensione degli ultimi giorni. Essere nel mirino di una specie di setta di maghi e aver rischiato di essere fatta a pezzi da un treno non è di certo piacevole. Soprattutto se hai vissuto per ventisei anni credendo che niente di tutto questo esistesse.
Avevo ripreso la mia solita lingua lunga e mi ero voltata in modo tale da fronteggiarlo. Non mi sembrava affatto di stare stretta tra le braccia di uno sconosciuto.
Aveva una presa tremendamente familiare, un tocco gentile e delicato che non mi fece sentire a disagio neanche per un istante. Dopotutto, come non faceva che ricordarmi, non c’era niente che non avesse visto o fatto quando pensavo che fosse solo un tenero cagnolone in cerca di affetto. Avevo dormito nello stesso letto con la sua versione pelosa più di una volta.
-Sei un imbecille, ad ogni modo.
-Sei tornata in te.- ridacchiò scostandomi una ciocca di capelli dal viso.-Mi stavo chiedendo..
-Qualcosa mi dice che qualsiasi cosa fosse non mi piacerà.
-Magari se non avessi intimidito il tuo spasimante ti avrebbe stretta proprio così, su questo stesso divano.-aveva solo finto un tono tenero decisamente poco credibile per via dello sguardo malizioso che non era riuscito ad evitare.
-E’ possibile.- risposa decisa a non permettergli di mettermi in imbarazzo come una ragazzina.
-“Ci sa fare”, eh? A me sembra solo un cretino con la puzza sotto il naso.
Alzai le sopracciglia, interdetta, scostandomi un po’.
-Ero io quella che stava per farci sesso, non tu. Non mi sembra che sia nella posizione di giudicare la sua potenziale performance.
-Non è in quel modo che si tocca una donna.- mormorò accarezzandomi lieve una guancia e tingendo quelle parole di una sensualità quasi casuale cui non riuscii a ribattere.
Improvvisamente allontanò il suo corpo dal mio, mettendosi a sedere e lasciandomi lì a fissarlo come una scema.
-Che ti prende?
-Non posso starti così vicino solo qualche ora dopo aver ascoltato l’ottanta per cento delle tue fantasie erotiche. Non è affatto sano.- rispose, malandrino, alzandosi e rivolgendomi un saluto militare.
-Mi sarei alzata io, comunque!- gli urlai dietro sollevandomi a mia volta, imbronciata.

Song: Girls just want to have fun - Cyndi Lauper

  
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