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Autore: Tomoko_chan    16/06/2014    15 recensioni
Il post guerra è forse più doloroso della guerra stessa, perché la salita è più ripida di quanto non fosse prima. Il ritrovamento casuale di una tecnica antichissima del Clan Uzumaki riporterà indietro nel tempo una preoccupatissima Hinata e un Naruto ultra bisognoso dell'affetto dei genitori. Un viaggio che è effettivamente la ricerca di quel qualcosa che manca: perché una guerra sconvolge e lascia tante ferite, tante cicatrici, ma ti lascia senza amore. Un viaggio che metterà a dura prova i sentimenti di Naruto, che cercherà ancora una volta l'aiuto della nostra moretta. Come finirà?
***
[NaruHina doc.] [Accenni MinaKushi]
Vincitrice del contest "Il linguaggio dei fiori" indetto da Naruhinafra sul forum di EFP e dei premi "Miglior affinità di coppia", "Miglior IC", "Premio Grammatica" e "Premio fiore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kushina Uzumaki, Minato Namikaze, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto, Minato/Kushina
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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In cerca di... (te)​
 
♦ Qualcosa d'inaspettato.


 
Salì le scale con ancora nella mente quel grosso libro, nel quale aveva riposto l’oggetto ritrovato. Non aveva avuto il tempo di leggerne le pagine, soltanto un minuto per osservare con attenzione la collana; poi era arrivata Sakura, lo aveva capito dal rumore della porta d’entrata che si chiudeva e dalla voce squillante di lei, così salì al piano terra.
Dopo la guerra, il quartiere degli Hyuga era stato quasi completamente distrutto e della sua stessa casa rimaneva ben poco: una parte della biblioteca, le cucine, il salotto, un bagno e un paio di stanze dei suoi sottoposti. Dei suoi appartamenti e di quelli della sorella non era rimasto più nulla, né, d’altro canto, delle camere del padre. Adesso dormivano tutti insieme nel salotto, in futon mal ridotti, scambiando a malapena qualche parola, stanchi come fossero in un'eterna missione. Quella “convivenza” forzata, però, aveva portato un vento di vita nuova; la vicinanza aveva favorito i legami e stretto le parentele, nonostante le apparenze. Tutto ciò, comunque, non era abbastanza per dimenticare il sacrificio di Neji, dopo poco più di un mese dalla sua morte. Quel ricordo era ancora vivido nelle menti degli Hyuga, e Hinata non poteva fare a meno di pensare che fosse principalmente colpa sua: se lei non avesse rischiato la propria vita, se lei fosse stata in grado di difendersi maggiormente, se solo lei non fosse nata in quella casata maledetta, Neji non si sarebbe frapposto fra lei e il pericolo, sacrificandosi per salvarla, ancora un volta. Hinata veniva sempre salvata da tutti, ne era consapevole e non faceva altro che rimproverarsi: voleva diventare più forte e degna di fiducia, in modo tale che nessuno pensasse minimamente di difenderla, per l’ennesima volta, in modo che nessun'altra vita fosse messa a repentaglio per colpa sua. Tutti questi pensieri, nell’ultimo mese, non facevano altro che ammorbarle la mente: era diventata una malattia, era sciupata e sempre più taciturna, all’improvviso si ritrovava a pensare ai ricordi atroci della guerra e non ricordava cosa l’avesse portata a quelle conclusioni. Era spesso assente, Hinata, così si sentiva obbligata a non restare mai ferma, a migliorare, ad assumersi diverse responsabilità e ad avvicendarsi nelle più diverse attività.
L’unico momento in cui si fermava era quando Sakura veniva a controllare le sue ferite di guerra, esattamente come in quel momento.
Quando entrò in salotto non fece caso al caos che regnava nella stanza, con mille persone che andavano e venivano, piuttosto osservò la sorella, seduta su un lato del divano come un’indiana, in attesa che anche lei si mettesse comoda come da routine, e la figura alta e sottile di Sakura, fradicia a causa della pioggia, che mentre la salutava si liberava dello spesso cappotto.
Hinata si sedette accanto alla sorella scompigliandole in segno di saluto i capelli, poi osservò l’amica, che estraeva dalla sua valigetta tutto l’occorrente.
Come ogni giorno, la mora alzò la maglia fin sotto il seno prosperoso e Sakura si mise subito al lavoro: levò le bende che ricoprivano il fianco, pulì la ferita con tanto di mercurio cromo e per poco Hinata non si lasciò sfuggire un mugolio.
<< Oggi ti sei sforzata troppo. Di già. >> affermò la dottoressa, cominciando a curare la profonda ferita al fianco con il suo chakra << Quante volte te lo devo dire, Hinata? Sei grave. Se non fosse per la tua caparbietà e per il fatto che ormai non c’è più neanche un ospedale, ti avrei già ricoverata. >>
<< Lo so, lo so. >> sbuffò la mora, evitando di guardarla negli occhi per paura che lei potesse leggerle nel pensiero << Ma non posso permettermi di restare ferma. >>
<< Devi, invece. >> ordinò la rosa, per poi alzare lo sguardo su di lei << Ti fa male? >>
<< Fa più male la ferita al cuore. >> mormorò lei, alludendo alla cicatrice più profonda che le aveva lasciato la guerra.
<< Hinata, guardami. >> ordinò ancora Sakura, con tono che non ammetteva repliche.
Voltò il viso verso la donna ed incontrò il suo sguardo duro e ferreo; gli occhi smeraldo di lei la trapassarono da parte a parte, indagando nella sua anima, specchiandosi in quelle iridi vitree.
<< Hai gli occhi arrossati. >> affermò la rosa << Ti sei sforzata troppo. >>
Sakura sapeva bene che in parte quegli occhi arrossati erano  dovuti alle lacrime, ma evitò di dirlo ad alta voce. Hinata aveva sovraccaricato il suo potere durante la guerra, così, esattamente come Sasuke, adesso si portava dietro le conseguenze. Anche Hinata, come il suo Sasuke, aveva rischiato di diventare cieca.
Le pose due dita sulle tempie, che si illuminarono grazie al chakra verde, e prese ad alleviarle il dolore.
La mora chiuse gli occhi, ed Hanabi colse l’attimo per lanciare un’occhiata preoccupata a Sakura, che contraccambiò. Se Hinata avesse usato ancora l’arte oculare degli Hyuga, avrebbe rischiato molto.
 
Si era fatta sera, ormai, ed Hinata era stata impegnata tutto il giorno nelle faccende più disparate: quando c’era un villaggio da ricostruire, le persone da aiutare non finivano mai.
Finalmente libera di fare ciò che desiderava, tornò in biblioteca per dedicarsi a quel libro sconosciuto. Ripercorse gli stessi passi che l’avevano portata a quegli scaffali ed alzò il viso alla ricerca del tomo, che le saltò subito all’occhio, nonostante fosse in mezzo a tanti altri libri simili.
Lo prese, e subito ritrovò la collana che vi era all’interno: la scrutò, ancora una volta, osservando la piccola clessidra, piena a metà di sabbia fine, e il simbolo degli Uzumaki che la circondava.
La ripose con cura, accingendosi a leggere il tomo, che aprì sulla prima pagina. La signora Uzumaki faceva una breve prefazione sulle origini del suo Clan, a lei ormai ben note, per poi passare ad un elenco dettagliato dei maggiori sigilli creati da loro. Sfogliò velocemente il libro alla ricerca di una figura simile a quella della collana, e la ritrovò passata la metà del libro: un intero capitolo vi era dedicato.
Cominciò a leggerlo con attenzione: man mano che concludeva un paragrafo rimaneva sempre più stupita, spalancava la bocca e sgranava gli occhi. Quell’oggetto era capace di fare qualcosa che si era sempre creduto impossibile. Parola dopo parola, cresceva in lei una consapevolezza a cui avrebbe dovuto adempire subito, ne era certa, non poteva aspettare: dovevo dirlo all’ultimo Uzumaki rimasto.
Chiuse il libro di colpo e ragionò su cosa fare. Nessuno doveva vedere quel libro, così decise di riporlo dove fino a poco prima era nascosto e di correre in camera sua, o almeno dove aveva riposto tutto ciò che si era salvato dall’attacco nemico, per prendere al volo una borsa abbastanza capiente. Salì le scale lentamente, facendo finta di nulla, salutando con il solito sorriso di circostanza tutti coloro le mostrassero rispetto al suo passaggio, cercando di non destare sospetti. Si sentiva agitata, fremeva per l’emozione, ma non poteva darlo a vedere. Quel libro e quel ciondolo erano troppo potenti per lasciarli cadere in mani sbagliate, così da diffidare della sua stessa “famiglia”. Tornò in soggiorno, trovò la sacca dove erano messe da parte tutte le sue cose e cominciò a cercare; trovò lo zaino da missione, l’unico che potesse andare bene, e l’afferrò saldamente.
<< Parti? >> la voce di Hanabi la ridestò dalla sua folle ricerca. Sentì chiaramente di perdere colore: probabilmente adesso era bianca cadaverica.
<< No. >> rispose Hinata, tentando di trovare una scusa adatta << Devo prestarlo a Kiba… ecco, ha perso il suo. >>
<< Ah. >> sbuffò la più piccola, infastidita << E’ sempre il solito. >>
<< Già… >> la sua stupida scusa stava funzionando << Devo andare a darglielo subito, parte domani. Forse faccio tardi, rimaniamo a bere qualcosa. >>
Hanabi annuì, poi si defilò, convinta. Hinata fece un respiro di sollievo stringendo al proprio petto lo zaino; ma la sua missione non era finita, così ridiscese le scale, l’animo in subbuglio esattamente come pochi minuti prima. Arrivò in biblioteca, si guardò intorno per assicurarsi di essere sola, poi afferrò il libro, si assicurò che ci fosse il pendaglio, infine avvolse il tutto in una sua vecchia maglia, per evitare che si rovinasse. Infilò tutto nello zaino, che indossò prontamente, e fu pronta per uscire.
Tornò al piano terra, cercando di non dare nell’occhio. Prese le chiavi di casa ed uscì: solo allora si rese conto che ormai era notte inoltrata. Ma non poteva aspettare, no, doveva assolutamente liberarsi il prima possibile di quel fardello o era sicura che non se lo sarebbe mai perdonato. Si inoltrò nelle strade buie di Konoha, per poi cominciare a saltare di tetto in tetto, silenziosamente, come neanche un ANBU era in grado di fare. Mentre correva, cercava di immaginare come avrebbe reagito Naruto a quella notizia. Forse l’avrebbe presa per pazza, forse sarebbe stato entusiasta di fare un viaggio nel tempo, non poteva saperlo. Certo era che gli avrebbe impedito di viaggiare. Già, lo avrebbe fatto, non solo per il suo bene, ma anche per quello di tutta la realtà che la circondava: viaggiare nel tempo era rischiosissimo, avrebbe addirittura potuto cancellare il presente: così era scritto, quindi non lo avrebbe permesso.
Non si rese neanche conto di essere arrivata a destinazione finché, riemersa all’improvviso dai suoi pensieri, si ritrovò davanti alla porta di casa Uzumaki. Tentennò, non le era mai capitato di trovarsi lì, a bussare, anche se spesso lo aveva sognato. Le luci erano spente e si accorse che forse non era stata una buona idea fiondarsi lì, nel bel mezzo della notte; Naruto probabilmente stava ronfando beato e, conoscendolo, non sarebbe stato in grado di sentirla, né di svegliarsi. Probabilmente aveva fatto solo un viaggio a vuoto, perché sarebbe rimasta lì ad aspettare che un’anima pia gli aprisse la porta mentre non sarebbe accaduto un bel niente. In ogni caso, se non si fosse alzato non c’era un vero problema, perché Naruto non avrebbe mai saputo che lei, Hinata Hyuga, quella notte si era trovata lì, incapace di aspettare la mattina per parlargli. Decise così di bussare, tentando di farsi forza stringendo maggiormente a sé lo zaino, e quindi il libro, che si era sfilata appena arrivata. Bussò e attese.
Incredibilmente, sentì un rumore di passi in avvicinamento, proprio verso di lei, e la voce squillante del biondo che annunciava di star arrivando. Tremò, mentre inconsapevolmente smetteva di respirare.
La porta si aprì quasi senza produrre rumore, come se si fosse fermato il tempo, il mondo, per ascoltarli, per assistere a quel momento. Una zazzera bionda sbucò sulla soglia e si ritrovò due grandi occhi azzurri a fissarla. Sembrava stupito di vederla lì, di notte, ma il suo sguardo, quella sera, sembrava più scuro, più triste, quasi ci fosse un ombra in quegli zaffiri. Evidentemente c’era un motivo grave se a quell’ora della notte era ancora sveglio.
<< Hinata! >> la salutò, incuriosito << Che ci fai qui, a quest’ora? >>
<< Io… >> per un attimo, il suo cervello andò in pappa. Scosse la testa, doveva essere decisa. << Devo parlarti, Naruto-kun. E’ importante. >>
<< Certo, va.. va bene. >> rispose lui, per un attimo titubante, scostandosi per farla passare << Prego, entra. >>
Entrò in casa sua e Naruto, dopo aver chiuso la porta, premette l’interruttore della luce, che si accese facendo rumore.
<< Scusa il disordine, non aspettavo visite. >> disse lui, infilando una mano fra i capelli come soleva fare quando era un po’ in ansia << Vuoi del thè? >>
<< Sì, grazie. >> rispose lei, sperando che il thè servisse a calmarla, guardandosi intorno.
Naruto si mise a riempire la teiera e lei poté osservare casa sua. Non era poi così disordinata, giusto qualche stoviglia sul tavolo e un paio di vestiti qui e lì, niente fuori dal normale. Notò che era strano, perché qualsiasi persona conoscendo Naruto avrebbe immaginato casa sua totalmente nel caos, impolverata e puzzolente, mentre lo stesso veniva ad aprire la porta in boxer. Ma non era così, anzi, era molto meglio di quanto si aspettasse. Capì che Naruto non era più un disastro come un tempo, che era molto più maturo e che aveva imparato a vivere da solo decentemente. Una brutta cosa, vivere da soli, pensò Hinata, che subito tentò di distogliere la sua attenzione da quei pensieri tristi. Naruto, invece, le apparve quasi elegante. Lo osservò, alla luce della lampada, con lunghi pantaloni blu scuro e maglietta grigia, osservò la sua schiena muscolosa e i suoi capelli arruffati… arrossì.
Lo vide voltarsi e appoggiare i reni al lavabo, in attesa che l’acqua si scaldasse. Incrociò le braccia e la guardò preoccupato.
<< Tutto bene, Hina-chan? >> chiese, inarcando un sopracciglio << Non mi hai ancora detto perché sei venuta qui. Devo preoccuparmi? >>
<< Io… >> perché diavolo titubava? Aveva affrontato una guerra, cavolo! << Mi dispiace davvero disturbarti, a quest’ora… >>
<< Tu non disturbi mai, Hinata. >> l’interruppe lui, inizialmente serio, per poi sorriderle << Sei la benvenuta, a qualunque ora! >>
Ebbe la netta sensazione che il biondo si divertisse a metterla in difficoltà. Ma no, non poteva essere…
<< Beh… >> non restava che dirglielo, allora. Da dove cominciare? << Sono venuta qui perché ho scoperto una cosa molto importante e… >>
<< Oh, aspetta Hina-chan. >> l’interruppe nuovamente il biondo, voltandosi al fischio della teiera << Ti servo il thè, così ne parliamo con più calma. >>
Versò il thè, incredibilmente rosso, in due alti bicchieri in bambù, per poi porli sul tavolo, insieme a una ciotola di biscottini al cioccolato, che Naruto assaggiò subito mentre si sedeva. Hinata assaggiò il suo thè, bollente: sapeva di mirtillo e rabarbaro. Il biondo le lanciò uno sguardo eloquente, continuando a mangiare, invitandola a proseguire il suo racconto.
<< Vedi, mio padre mi ha affidato la cura della biblioteca, una delle poche cose rimaste a villa Hyuga. >> spiegò Hinata, guardandolo negli occhi cerulei, ora pieni di curiosità << Lì ho trovato un libro che appartiene al tuo Clan. Non conosco le circostanze con le quali sia arrivato a noi, ma sento che dietro c’è qualcosa di losco e me ne dispiaccio molto. Penso che tu debba averlo. >>
Hinata si sporse dalla sedia per afferrare lo zainetto, dal quale estrasse il grosso tomo, che pose sul tavolo.
Naruto lo osservò, incuriosito, passando due dita sul nome della sua antenata.
<< Ti ringrazio molto, Hinata. Non che mi interessino molto i libri, certo, ma si tratta sempre di qualcosa appartenuto agli Uzumaki, un pezzo del mio passato… >> sembrava pensieroso, quasi malinconico << Ma, insomma, sei venuta qui, con tutta questa urgenza, per un libro? >>
La ragazza alzò lo sguardo su di lui, che la guardava interdetto, seppur curioso, e non poté fare a meno che arrossire fino alla radice dei capelli.
<< Ecco… no, non solo. >> ammise, cominciando a sfogliare il libro nello spazio che li divideva, pur di non incontrare di nuovo quegli occhi disarmanti << Scusa se la sto facendo così lunga, ma è davvero importante. >> sospirò, giungendo al capitolo dove aveva conservato la collana << Mi sono permessa di sfogliare il tuo libro, oddio, in verità è accaduto tutto per caso, e mi sono ritrovata davanti una tecnica potentissima, di cui volevo metterti al corrente. >>
<< Dai, Hinata, sto morendo dalla curiosità, ‘ttebayò! >>
<< Vedi, Naruto… >> con due dita afferrò la collanina e l’alzò a mezz’aria. I loro occhi si incontrarono a metà strada, scrutando il ciondolo con la piccola clessidra e il simbolo degli Uzumaki << … si dice che gli Uzumaki, grazie a questo pendaglio, potessero viaggiare nel tempo. >>
Naruto sgranò gli occhi e Hinata, a vedere quell’espressione sbalordita, ammutolì. Ebbe paura.
<< … Cosa? >> mormorò dopo poco il biondo, con voce stentorea << Ma ti rendi conto di quanto questo significhi per me? >>
Hinata capì subito cosa stava per succedere, ma non poté fare niente per evitare che la situazione degenerasse: accadde tutto in un attimo. Entrambi si alzarono in piedi di colpo, Naruto per afferrare la collana, Hinata per toglierla dalla sua traiettoria.
<< No, aspetta, Naru…! >> ma fu tutto inutile, perché Naruto, che era stato fulmineo, afferrò il pendaglio con un guizzo, felice. La ragazza ebbe appena il tempo di vedere la clessidra cominciare a vorticare su se stessa prima che una grande luce bianca si espandesse nella stanza, abbagliandola.
Ohi ohi, pensò Hinata, mentre una forza sconosciuta attraeva lei e Naruto verso la luce, dalla parvenza di un uragano, mi sa che ho fatto proprio male a venire qui!




 


Angolo di Tomoko-chan.
Ed ecco che Naruto si mette nei guai, coinvolgendo Hinata!
Capitolo più lungo, con molti dettagli nascosti che dovrete 
trovare: fate questo gioco! Fatemi sapere cosa ne pensate, eh n.n
Ringrazio tutte le persone che hanno commentato/letto/seguito/preferito
lo scorso capitolo, siete dolcissimi, grazie!
 
 
   
 
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