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Autore: controcorrente    17/06/2014    1 recensioni
Metà del 1800. Soledad Blanca Escobar ha solo 8 anni eppure sa già quanto sia veritiero il significato del proprio nome e, forte dell'esperienza della sua famiglia, arriva a pensare che amore e matrimonio non siano compatibili. Soledad rinnega l'amore ed ogni forma di sentimento, ritenendolo causa di ogni sua sciagura...eppure sarà proprio un matrimonio combinato a farle capire quanto sia importante...sia pure a caro prezzo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Violenza
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SCIVOLANDO NEL BUIO
 
 
 
Superammo Cordoba durante la notte, approfittando del calare delle tenebre. Don Escobar si era travestito da donna e si era messo al mio fianco. Quella vista mi disorientò. Rispetto alle persone che avevo visto fino a quel momento, mio padre era un uomo molto particolare.
Contrariamente a tutti i gentiluomini spagnoli che avevo visto in visita nella nostra dimora, Don Ignatio possedeva un viso liscio ed i lineamenti decisi. Malgrado fosse ormai sulla cinquantina, aveva il volto di un fanciullo e tutto questo fu assai utile per muoversi sotto mentite vesti. Conversava allegramente, nei limiti della sua indole, con Alejandro, il quale ricambiava, con tono affabile. Sembravano molto amici, benché io non avessi mai visto quel tale nella mia casa. Come Don Ignatio lo conoscesse, era un vero e proprio mistero. Per tutto il viaggio non smise di tenermi tra le braccia, come se fosse una nonna insieme alla propria nipote.
Quel contatto mi angosciò.
Quelle erano le mani che avevano accompagnato mia madre verso il sentiero delle ombre...e fu impossibile per me non ricordare le immagini di quel giorno nefasto. Si palesavano davanti ai miei occhi con crudele ferocia, togliendomi il respiro: rivedevo mia madre e mio padre urlarsi contro, la fuga di lei, l'inseguimento di lui e poi...il precipizio.
I ricordi presero a rincorrersi, percuotendomi dentro come in una cassa di risonanza.
Mi ucciderà! Mi ammazzerà come la mamma! cominciai a pensare ed il panico mi spinse a divincolarmi, a muovermi come una forsennata.
Non volevo rimanere in quell'abbraccio, tra quelle mani assassine...e questa angoscia non mi lasciava un momento, nemmeno in quel viaggio senza fine che, dietro il tono allegro del moro, stava prendendo le vesti di una scampagnata.
Don Escobar però rafforzò la presa e, dopo avermi intimato di rimanere buona, con un solo cenno della testa, prese a fissare la strada di fronte a sé.
Quel contatto mi sembrava ingiusto e bugiardo...ma avevo solo quello ormai e, nelle condizioni in cui mi trovavo, non sarei mai potuta scappare. Così me ne rimasi immobile, in attesa della sua prossima mossa. Non so come fosse possibile, ma arrivai a pensare che quell'uomo avrebbe potuto fare di me tutto quello che voleva...ed io, nel mio fragile corpo di bambina, avrei assistito impotente ai suoi voleri.
 
 
 
Il paesaggio era ampio e immenso. Non fu difficile per noi superare il confine con il Portogallo. La copertura dei gitani era stata una base incredibilmente solida, tanto che nessuno ci fermò per controllare.
Una delle ragioni di questo riserbo era dovuta al fatto che Don Escobar, fin dal suo arrivo, aveva badato bene di nascondere le sue origini, tanto che erano davvero pochi a sapere che era figlio di una zingara. I De Rossignol ne erano a conoscenza...ma era un vantaggio apparente, dal momento che la carovana da cui proveniva la mia nonna paterna era rimasta sconosciuta persino a loro. Il capofamiglia tzigano, infatti, aveva venduto la verginità di quest'ultima ad un bordello, per poter sanare i conti della famiglia e ripartire. Quando mia nonna tornò, tuttavia, il suo ventre era ormai gonfio di mio padre e ciò aveva determinato l'immediato ripudio...anche se, forse, una delle ragioni più profonde era dovuta al fatto che si trattava di viaggi duri e impervi, tanto da mettere in pericolo la vita delle persone più fragili. Voglio quindi credere, appellandomi allo scoglio della mia ignoranza, che il mio trisavolo non volesse davvero abbandonare la sua nipote ma che sperasse che quest'ultima sarebbe stata accolta dalla mano pietosa della Chiesa fino al parto e poi sarebbe tornata. Non poteva certo prevedere che mia nonna morisse nel dare alla luce mio padre...e nemmeno che sua sorella, la zia del mio genitore, decidesse di rimanere accanto a lui, rifiutandosi di tornare alla carovana.
All'epoca dei fatti, tuttavia, io non conoscevo questa vicenda.
Sapevo solo che mio padre aveva acquisito un passato nel momento in cui era divenuto erede degli Escobar...e quei fatti, uniti al suo omicidio, erano più che sufficienti per me.
Oltre a ciò, la famiglia di mia madre non ci inseguì, malgrado la fuga del mio genitore...e non perché non volessero. L'instabilità in cui era caduto il mio Paese aveva reso difficile ricostruire il nostro tragitto, complice anche il fatto che i percorsi delle carovane zingare erano ignoti a chi era estraneo alla loro schiatta.
-Siamo quasi arrivati, dono- disse il moro, rompendo il silenzio. Dopo un po'ci eravamo separati dalla carovana, preferendo proseguire in solitaria, proseguendo per strade strette e curve.
Don Escobar staccò lo sguardo dall'orizzonte. -Molto bene- fece- ora possiamo procedere da soli. Alejandro, dobbiamo separarci qui.-
Il moro si avvicinò. -Dono, è stato un vero onore poterla incontrare.-rispose, con tono ossequioso.
-Sei stato un bravo servo. Ho fatto bene a comprarti al mercato anni or sono.-disse Don Escobar, mettendo una mano dentro il mantello- E'per questo motivo che ti dò questi fogli.-
Alejandro sgranò gli occhi. -Ma questo...senor, questo è troppo per uno come me!-esclamò sgomentò.
L'altro non si lasciò incantare. -Non è un dono ma io ho bisogno tutt'ora della vostra collaborazione. I Rossignol si sono presi tutte le mie sostanze, con un cavillo legale...ma non hanno preso quello che ho all'Estero.- disse- Quello è l'atto che il precedente Don Escobar aveva firmato per affrancarvi e che poi si era giocato con le carte. Sono riuscito a recuperarle ed ora non c'è più nessuno che può risalire a voi...voi, che siete il mio solo amico.-
Il moro s'irrigidì.
-Ho preso una piccola tenuta in Corsica che vi ordino di raggiungere celermente. Da questo momento in poi è vostra.-continuò Don Escobar- Ne sarete il proprietario e potrete viverci come meglio credete.-
Vidi l'altro spalancare gli occhi. -Senor...vi prego, non potete fare questo. Io...io non merito una ricompensa del genere.- disse.
Don Ignatio stirò le labbra...e tirò fuori la pistola.  -Potrei sempre uccidervi, se quella tenuta non va a genio al tuo rozzo gusto di schiavo...oppure preferite 30 pezzi d'argento?- continuò, fissandolo con indifferenza.
L'altro si gettò a terra.
-NO! No...mio signore...no!-esclamò-Vi supplico di risparmiarmi!-
Io mi feci di pietra.
Mio padre stava puntando un'arma contro un altro uomo...istintivamente chiusi gli occhi. Ha ammazzato la mamma...ucciderà anche questa persona...mi dissi, tremando alla prospettiva di vedere una scena del genere. Non volevo assistere di nuovo ad una cosa simile. La morte di Honor aleggiava nella mia mente, tremenda e insostenibile. Nella mente, rivedevo il viso di Donna Escobar irrigidirsi con lo scorrere del tempo, pietrificarsi mentre mi scrutava in volto.
Lo sparo che ne seguì squarciò il caos confuso nella mia mente. Tentennai un po'prima di riaprire gli occhi. Non volevo che succedesse una cosa del genere a quello sconosciuto.
-Dannato negro- disse Don Escobar -farmi perdere delle pallottole in questo modo.-
Mi venne spontaneo abbassare lo sguardo.
-Mai affezionarsi a qualcuno. Potrebbe costarti molto caro.-continuò.
Io non dissi niente.
Tutto quello che riuscii a pensare si focalizzava sulla macchia di sangue che imbrattava il suolo...e sul nero che mi aveva sottratto dalla carrozza dei Rossignol.
-L'amore non porta a niente. Ti riempie la testa d'illusioni e bugie...non dimenticarlo mai.-disse, rinfoderando la pistola.
Me ne rimasi imbambolata.
Non seppi dire a chi fossero rivolte quelle parole. Sapevo solo che, mentre Don Escobar parlava, il mio sguardo era fisso sull'uomo che mi aveva sottratto al volere della famiglia dei Rossignol e che ora, rantolava di fronte a me.
-E un'altra cosa, Alejandro- continuò il mio sciagurato genitore- questa è la punizione per aver spifferato alla famiglia di mia moglie le mie origini. Per colpa tua, ho rischiato la forca...ma non succederà più.-
Alejandro mosse le labbra una, due, tre volte...poi si spense, come la fiamma sotto il soffio del vento freddo.
 
 
 
 
Il corpo del moro giaceva freddo da circa un'ora. Accovacciata a terra, fissavo le sue membra, come instupidita. Mio padre aveva sparato ad un uomo a sangue freddo, come se fosse un animale.  Mentre premeva il grilletto, il suo viso non aveva mostrato alcuna espressione. Era come se stesse facendo una cosa perfettamente naturale, come respirare.
Quella naturalezza mi spaventò.
Per otto anni, avevo visto mio padre come un essere strano e solitario...ma mai, come in quel momento, aveva dato prova di una simile assenza di emozioni. Per quanto distaccato fosse, aveva mostrato una profonda umanità...cosa che non riuscivo a scorgere in quell'istante.
Don Escobar non era più l'uomo che conoscevo e, preda della paura che mi balenava dentro, non riuscivo più a capire se ciò che mi aveva mostrato fosse vero, oppure una menzogna. Per otto anni, aveva celato questo suo lato crudele...ed istintivamente, ricordando le parole di odio della nonna, mi ritrovai a condividere il suo pensiero.
Era colpa di Don Escobar se la mamma era morta.
Era colpa dei suoi crimini se ora dovevo vivere in fuga come una criminale, colpevole solo di avere il sangue di quell'uomo immondo nelle vene. Io non centravo nulla con le sue malefatte...e trovai ingiusto dovermi piegare ad un simile supplizio.
In pochi giorni, la mia apatica tranquillità era stata completamente distrutta dal capriccio di un individuo che non riconoscevo più.
Per la prima volta, nella mia giovane vita, provai lo sgomento del precipizio, quella sensazione che ti lascia inebetita e priva di forze, anche solo per odiare. Per questo non reagii, limitandomi a fissare come instupidita quel cadavere che giaceva scomposto lungo la strada.
 
Capitolo altrettanto breve ma spero interessante. Scriverlo non è stato semplice. Questo è l'ultimo episodio che succede in Spagna, per ora. Ne succederanno comunque delle belle. Soledad ha ormai solo il padre e tutto questo non sarà facile per lei. Fino all'ultimo, ho pensato di lasciare in vita Alejandro...ma non mi sembrava adatta come scelta.
Intanto però, vorrei ringraziare tutti voi per avermi letto sino a questo momento. Nel prossimo capitolo, vedremo meglio altre cose. Chiedo scusa per il ritardo dell'aggiornamenti. Intanto, vorrei ringraziare Diana924 per aver trovato il tempo di recensirmi, a 1 - andry15 [Contatta]
2 - sarasaretta56 [Contatta] che mi hanno messo tra le preferite, a 1 - biankolina [Contatta] che mi ha messo tra le ricordate e ovviamente a tutti coloro che leggono silenziosamente.
Come saprete, io non verrò mai a chiedervi di lasciarmi una recensione perché trovo che sia un'abitudine irritante ma mi fa piacere leggere le impressioni che avete sulla storia, voglio che sia chiaro. Per il resto, grazie a tutti.
 
   
 
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