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Autore: Anna Wanderer Love    17/06/2014    9 recensioni
Seguito di "Shadows"
Nel Castello di Hogwarts vengono ritrovate due ragazze: Celeste e Rachel Elizabeth Dare.
Nessuno ha idea da dove siano spuntate; e loro non sanno come sono finite in quel luogo tanto diverso dal Campo Mezzosangue.
Nico, al Campo, impazzisce di dolore per la scomparsa della sua ragazza; ma un dio lo aiuterà a ritrovarla... forse.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rachel Elizabeth Dare
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shadows Cycle'
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AVVISO:
In questo capitolo e nel prossimo saranno presenti scene dove ci sarà sangue. Se non volete leggere saltatele, ma dubito che poi capirete qualcosa.
Se offendo qualuno non è mia intenzione, davvero, ma penso che tutti possano leggere senza rimanere turbati.
Non metterò quest'avviso, non più, perché in questa storia c'è una ragazza con problemi di "autolesionismo" però non ci saranno scene esplicite.


 

I Need You:

Pioggia
 



 

Hogwarts, 18 marzo.
 

Severus era seduto davanti al camino, il volto pallido illuminato dal bagliore mutevole delle fiamme. Accanto a lui, sul tavolo in mogano del suo studio, c’era una bottiglia di whisky incendiario e un bicchiere mezzo pieno. Era da tempo che se ne stava lì, a fissare il fuoco, e i suoi occhi scuri cominciavano a risentire dell’effetto della luce troppo intensa.
In quei due giorni il suo umore era precipitato da normalmente cupo a disperatamente terrorizzante. Se avesse continuato così per tutta la settimana probabilmente avrebbe raggiunto il numero di punti sottratti alle case dell’anno prima. Per non parlare delle punizioni.
Severus si era vendicato sulla Clarkson, ma assegnarle compiti aggiuntivi o punizioni per qualsiasi e forse inesistente pretesto non l’aveva fatto sentire minimamente meglio. Da quando se n’era andata sbattendo la porta... be’, aveva sentito tutta la rabbia che aveva represso per anni tornare a galla. Solo per un semplice sguardo. Però quegli occhi grigi l’avevano ferito intimamente, anche se Severus non l’avrebbe mai ammesso.
All’improvviso un bagliore che non c’entrava nulla con quello delle fiamme lo accecò. Scattò in piedi, mentre istintivamente sfoderava la bacchetta, ma quando sbatté le palpebre vide solo il patronus argenteo di Minerva a poca distanza da lui.
Il gatto dondolava lentamente la coda nell’aria, fissandolo con quei suoi grandi occhi d’argento. Per un momento si fissarono in silenzio, poi l’animale aprì la bocca e la voce di Minerva raggiunse le orecchie del professore.
“Severus, nel dormitorio di Corvonero, presto! Nella stanza di Selene, Celeste e Rachel, ho bisogno di te ORA!”
Severus non aspettò nemmeno che la gatta finisse di parlare. Con un’imprecazione, senza nemmeno curarsi di afferrare il mantello, fece un giro su sé stesso e con un sonoro crack! sparì dalla stanza.
 

Quando apparve illeso nella stanza del dormitorio i suoi occhi registrarono un’immagine scioccante a dir poco, ma Severus aveva i nervi temprati dagli anni passati a fare il doppio gioco con Voldemort. Si concesse solo un secondo di sbigottimento, poi scattò verso il letto più vicino. Si ritrovò a fissare il volto esangue della Clarkson.
Con un ringhio afferrò le coperte e le lanciò ai piedi del letto. Non si curò del fatto che la studentessa indossasse soltanto una maglia che le arrivava alle ginocchia, ma i suoi occhi corsero alle sue braccia. Stavolta non era solo il sinistro: entrambi erano solcati da tagli rossi, profondi, da cui sgorgavano rivoletti di sangue che avevano già macchiato le lenzuola candide. Senza particolare pudore, imprecò pesantemente, anche se sentiva gli occhi chiari della ragazza su di lui. Un moto di rabbia gli stringeva lo stomaco, in un miscuglio di delusione, stupore e amarezza.
Reagendo quasi d’istinto afferrò le coperte che aveva gettato più in là e ne strappò un pezzo, premendolo poi sulle ferite con forza. Non si curò di essere delicato: la Clarkson meritava quel dolore. Aveva promesso che non si sarebbe più tagliata, ora invece era in un letto letteralmente bagnato di sangue.
-Professore...- la voce flebile e roca di Selene gli fece alzare gli occhi.
Quelli della Clarkson erano pieni di lacrime, le iridi grigie lo stavano pregando. Di cosa, non ne aveva idea. Abbassò lo sguardo e tolse le coperte dalla pelle della ragazza. Mormorò un incantesimo di guarigione, passando la punta della bacchetta sul braccio e seguendo il profilo dritto dei tagli. Non aveva avuto dubbi, a quanto pareva.
La pelle e la carne si ricucivano velocemente, ma intanto la Corvonero perdeva sangue anche dall’altro braccio. Non appena ebbe richiuso l’ultima ferita Severus afferrò il polso sinistro della studentessa. Ebbe un tuffo al cuore sentendo il battito debole nell’intrico di vene azzurrognole sotto alla pelle, ma non si distrasse. Ricordandosi di avere la bacchetta in mano fece sparire tutto il sangue, che ormai cominciava a seccarsi, dal braccio pallido di Selene, poi ripeté lo stesso procedimento di poco prima.
In poche manciate di secondi aveva finito.
-Professore- tornò a guardare Selene.
Stavolta piangeva davvero, ma la sua voce era ferma, seppur debole. Fissava le mani dell’insegnante con orrore.
Severus abbassò lo sguardo e le vide macchiati di quel liquido color rosso scuro. Anche le maniche della camicia bianca che indossava erano sporche, e impassibile le arrotolò fino ai gomiti.
Gettò un’ultima occhiata alla Corvonero, che lo fissava seduta sul letto. Era tremendamente pallida, e si stringeva le mani attorno alle cosce nude. Severus distolse immediatamente lo sguardo, rendendosi conto di star guardando una studentessa mezza nuda.
Con un gesto della bacchetta fece apparire dei jeans a mezz’aria, poi si voltò. Sentiva lo sguardo della studentessa sulla sua schiena, ma si sforzò di non farselo pesare.
I suoi occhi scuri individuarono Minerva. Era accanto al letto di Rachel... e accanto a lei c’era Celeste. Stavano discutendo, mentre la ragazza si parava davanti all’amica, sdraiata.
-SE NE VADA!- Severus si chiese come diamine aveva fatto a non sentire le grida di Celeste fino a quel momento.
Minerva guardava la ragazza irata, con uno scintillio pericoloso negli occhi e le labbra serrate.
-Sono la Preside...
-PER FAVORE, ANDATE VIA! USCITE TUTTI QUANTI!- Severus vide Celeste afferrare Minerva per un braccio, e per un attimo scorse la disperazione nei suoi occhi verdi.
-Per fav...- nessuno fece in tempo a dire o fare nient’altro.
Severus si rese conto che Selene gli si era affiancata, ma all’improvviso i suoi occhi e il suo cervello registrarono soltanto che Rachel si era sollevata in aria.
Celeste si voltò, cadendo in ginocchio e stringendosi le mani alla testa.
I ricci color fuoco della ragazza galleggiavano come se fossero immersi nell’acqua. Poi aprì le palpebre, e Severus afferrò Selene per il fianco, mettendole un braccio davanti e alzando la bacchetta.
Gli occhi della ragazza erano verdi, ma non del solito verde smeraldo.
Le iridi brillavano nella semioscurità, così come una luce spettrale fuoriusciva dalla bocca socchiusa. Quando parlò, era come se ci fossero tre o più Rachel che parlavano. I presenti sentirono la sua voce rimbombare nella loro mente, oltre che nell’aria.
“Ascoltate l’Oracolo di Delfi, portavoce di Febo Apollo:
Non avete scelta, combattere sarà il destino.
L’angelo nero morte e dolore patirà,
la figlia dei sogni far nulla potrà.
Se il mare e il fuoco si ribelleranno
il dio e il sole periranno.
Sofferenza eterna sarà
per chi, inerme, guardare dovrà.
Il lupo e l’aquila salvezza troveranno,
gli spettri del Re morte spargeranno.
Se il castello cadrà, rovina e massacro si compirà,

se sangue e magia si uniranno, tutti, forse, sopravvivranno.
Severus si sentì ghiacciare dentro. Ma Rachel... o quella cosa che aveva preso il suo corpo, non aveva finito. Spostò il volto, reso inquietante dalla luce spettrale che contrastava con i lineamenti dolci della ragazza. Severus capì che stava guardando Selene, e serrò i denti.
“Il tuo cammino non sarà facile, figlia della luce. Ma se ti fiderai potrai donare vita e calore, amore e dolcezza. Se odierai, condannerai te stessa e chi ti sarà vicino. Non sprecare l’occasione che le Parche ti hanno concesso. Non sei morta per la loro misericordia, ma non accadrà ancora. La tua vita è preziosa, ricordatene.”
Un silenzio assoluto calò nella stanza. Poi Rachel -il suo corpo- si accasciò sul letto, di nuovo.
Né Selene, né Severus e né Minerva si mossero. I loro occhi fissavano la ragazza dai capelli rossi, increduli, sbigottiti, confusi ma, soprattutto, impauriti.
Celeste invece era ben sveglia. Scattò in avanti, afferrando la ragazza per le spalle e scuotendola.
-Rachel! Oh dei, Rachel svegliati!
Minerva fu la prima a riprendersi dallo shock. Si avvicinò e con un’espressione più seria che mai scostò Celeste dal corpo svenuto dell’amica. Puntò la bacchetta sul suo petto e mormorò un incantesimo che Severus non sentì.
Subito dopo Rachel aprì gli occhi e urlò. Severus sussultò, mentre Celeste si impossessava prepotentemente del posto più vicino alla ragazza e la stringeva al petto mentre lei iniziava a piangere.
A quel punto, anche Severus si riprese abbastanza da notare che Selene non era più al suo fianco. Si voltò e la vide pochi passi più indietro che fissava il proprio letto macchiato di sangue, per poi abbassare lo sguardo sulle braccia.
-Non sono stata io- solo Severus sentì il suo sussurro. Aggrottò le sopracciglia, mentre la studentessa si girava verso di lui e lo guardava trattenendo a stento le lacrime.
-Non sono stata io- ripeté.
 

🔼  🔺  🔼
 

Selene era seduta sulla poltrona che solo qualche ora prima era occupata da Severus. Stava tremando violentemente, stringendosi le braccia al corpo. Il fuoco acceso e ardente nel caminetto non bastava per farle scivolare di dosso lo shock di quello che era successo poco prima.
Era da un’ora che stava aspettando che Piton tornasse nel suo studio, dove l’aveva confinata... non prima di aver fatto sparire tutti gli oggetti affilati presenti con un colpo di bacchetta e averle requisito la sua. A quel gesto Selene aveva sentito una voragine scavarsi nel petto.
Non era stata lei a tagliarsi. Aveva giurato che non l’avrebbe fatto mai più, e così era stato. Sapeva solo che si era svegliata con Piton chino su di lei, la familiare sensazione del sangue che sgorgava dai tagli, che bruciavano terribilmente.
Ma non era stato il sangue a terrorizzarla. Era stato Piton. Quando l’aveva visto così vicino... aveva sentito un brusco terrore farsi strada dentro di lei. Poi però lui aveva preso a guarirla. Forse non si era nemmeno accorto che era sveglia finché non aveva parlato.
Selene inspirò profondamente, stringendo le gambe al petto e appoggiando il mento sulle ginocchia. Non capiva. Anche quello che era successo a Rachel continuava a ritornarle in mente, a turbarla ogni volta che risentiva quella voce rimbombante e rivedeva gli occhi illuminati di verde.
Deglutendo si ripeté per la centesima volta di non ripensarci e concentrarsi sul calore del fuoco.
La maglia era decisamente troppo leggera, e man mano che i secondi passavano la Corvonero sentiva le proprie dita diventare ancora più fredde. Le strinse contro l’addome, chiudendo gli occhi e posando la fronte sulle ginocchia. Tra i vari sentimenti che le turbinavano nel petto c’era anche il senso di colpa. Si era rifiutata di parlare con chiunque, anche Vitious. Il mago l’aveva raggiunta presto saltellando come suo solito, ma guardando quegli occhi così gentili Selene aveva rischiato di scoppiare a piangere. Non sarebbe mai riuscita a raccontare di nuovo una parte della sua storia, dell’autolesionismo. Preferiva gli occhi d’ossidiana di Piton. Neri. Duri. Inflessibili. Astiosi.
Preferiva il disprezzo alla compassione. Non meritava altro.
Un singulto soffocato le fece tremare il petto mentre ricordava.
Dopo i baci era venuta la lama. Gliel’aveva messa in mano.
“Fallo” le aveva detto. L’aveva fatto.
Non aveva vomitato quella volta mentre lui la baciava, immergeva le dita nella piccola striscia di sangue.

Selene trasalì violentemente quando sentì qualcosa di morbido posarsi sulle sue spalle. Si tirò indietro di scatto, premendo la schiena contro lo schienale del divano. La paura le attanagliava il petto. Solo dopo qualche secondo si rese conto che erano gli occhi neri di Piton che la stavano fissando, non quelli chiari di Jason.
Abbassò lo sguardo e notò che Piton stringeva in mano il suo mantello nero. La manica della sua camicia candida era ancora macchiata di rosso. Senza parlare, il professore tese più lentamente la mano verso di lei, che afferrò esitante il mantello. Era nero e morbido. Se lo mise sulle spalle, avvolgendosi dentro alla stoffa. Profumava di muschio.
Piton si sedette accanto a lei, a debita distanza, senza fissarla. Selene gliene fu grata, dato che poté asciugarsi le lacrime che aveva pianto inconsapevolemente. Una volta finito strinse forte nei pugni il mantello, rannicchiandosi. Stava già cominciando a scaldarsi, e il profumo di muschio aveva un effetto rilassante.
-Spiegami.
Quell’unica parola le arrivò dritta al petto come un pugnale di ghiaccio. Sentì un dolore sordo risuonare in tutte le vene.
Deglutì.
-Non sono stata io a tagliarmi.
Avrebbe voluto parlare con più forza, ma i suoi polmoni non sembravano contenere abbastanza aria. Era solo poco più di un sussurro, ma sentì comunque Piton irrigidirsi.
-E chi sarebbe stato?
Selene scosse la testa, stringendo più forte il mantello.
-Non lo so- ebbe la disgraziata idea di guardarlo. Lui la stava già fissando.
-Io... io so solo che mi sono svegliata con lei sopra di me- distolse lo sguardo, guardando da tutt’altra parte, mentre arrossiva. -Mi stava curando le... i tagli, però... non so come... non sono stata io!- Sbottò alla fine.
Piton restava in silenzio. Forse era stata una pessima idea rifiutarsi di parlare con Vitious.
Dopo qualche secondo il professore si alzò e si diresse verso la scrivania. Selene lo guardò ansiosa, mentre con gesti lenti apriva un cassetto e ne tirava fuori un contenitore strano. Era come un vaso di pietra, ornato di rune.
Piton lo posò sulla scrivania, per poi voltarsi verso di lei e guardarla intensamente con i suoi occhi neri.
Si avvicinò lentamente, la bacchetta in mano. Selene cercò di non puntare lo sguardo sulle macchie di sangue che orlavano la sua camicia.
-Se ciò che mi stai dicendo è la verità- disse, perfettamente calmo -devi dimostrarmelo.
Lei alzò lo sguardo sul suo viso pallido, esaminando i tratti affilati ed eleganti del suo volto.
-Come?
L’insegnante alzò la bacchetta e istintivamente la Corvonero si ritrasse. Se Severus lo notò non sembrò darvi peso.
-Devi farmi vedere i tuoi ricordi.
Selene lo fissò per qualche secondo. Era imperturbabile, come al solito. Lei invece era sicura di essere piuttosto pallida. Se non le credeva... forse quella poteva essere la volta buona.
Annuì, alla fine, e si alzò in piedi. Piton si avvicinò finché non furono a pochi centimetri di distanza. Con delicatezza le posò la punta della bacchetta sulla tempia, rassicurandola senza parlare, con i suoi occhi scuri.
Dopo qualche istante ritirò la bacchetta... solo che un filamento argenteo, né solido né vaporoso, la seguì. In silenzio si voltò e lo immerse nel bacile.
Si voltò a fissare la studentessa.
-Vieni qui.
Obbedì e si affiancò a lui. Le afferrò la mano stretta ancora al mantello e la sollevò insieme alla propria. Una scossa percorse il braccio di Selene, mentre una sensazione pungente le stringeva lo stomaco. Senza dire nulla Piton immerse le loro mani unite nella sostanza all’interno del bacile, argentea. Pochi secondi dopo sentirono un violento strattone all’ombelico e vennero risucchiati dentro.
Selene cadde in piedi su una superficie ben conosciuta. Piton atterrò al suo fianco pochi istanti dopo.
-Ma che...- la ragazza si voltò verso Piton, ma lui si portò un indice alle labbra facendole cenno di tacere. Lei si morse la lingua per non insultarlo e si voltò nuovamente. Era nella sua camera.
Il letto era di fianco a lei... con lei dentro?
E’ una riproduzione, capì all’improvviso.
Più tranquilla incrociò le braccia sullo sterno e rimase a guardare. Cercò di non arrossire quando si rese conto che la lei che dormiva nel letto non era coperta dalle lenzuola e le si vedevano le gambe.
Piton è il tuo insegnante, stupida. Smettila di imbarazzarti. Sa perfettamente come comportarsi.
La Selene della riproduzione dormiva sul fianco, un braccio che cadeva oltre al bordo del letto. Passarono svariati secondi nei quali la sosia rimase immobile. Poi Selene intravide uno scintillio nell’aria sopra di lei, e all’improvviso il volto della ragazza finta si congelò. Smise perfino di respirare.
-Cosa...- cominciò a chiedere Selene, ma si interruppe mentre la punta di un coltello affondava nel braccio della sosia. Indietreggiò di scatto, tenendo premuta una mano sulla bocca, e andò a sbattere contro un petto. Sentì Piton che l’afferrava e le stringeva saldamente la spalla.
Si rifiutò di guardare ancora. Qualcuno le aveva fatto uno scherzo e con un incantesimo di disillusione le aveva tagliato le braccia. Le lacrime cominciarono a colare dagli occhi, ma all’improvviso un gemito proveniente da destra la distrasse.
Rachel -quella finta- aveva preso a tremare violentemente e a gemere.
Pochi secondi dopo Selene sentì la voce di Celeste imprecare violentemente. Si stupi. Non l’avrebbe mai detto. La Celeste dei ricordi saltò fuori dal letto, una maglia nera e i pantaloni della tuta come pigiama, e corse verso il letto di Rachel.
-Porca puttana- sibilò. Si guardò disperatamente attorno. -L’ambrosia, mi serve l’ambros...
Poi il suo volto si congelò, e pochi secondi dopo un grido allarmato le sfuggì dalle labbra.
-Selene!
La vera Corvonero fece in tempo a vedere che Celeste correva verso la lei che dormiva prima che l’immagine si dissolvesse.
Ma un’altra prese rapidamente forma, e si sentì morire.
Quello era il bagno di casa sua, e lei era sdraiata sul pavimento, in mano una lametta di ricambio per il rasoio che suo padre usava per farsi la barba. La Selene dell’immagine piangeva china su sé stessa, i polsi scarlatti.
Quella vera sentì la mano di Piton serrarsi sulla spalla e si voltò di scatto, lo stomaco in subbuglio. Non voleva vedere né sentire, ma i singhiozzi disperati le arrivavano alle orecchie anche se se le tappava.
-Basta!- Gridò la Selene vera. Afferrò con forza l’avambraccio dell’insegnante di Pozioni, stringendo le dita sulla pelle pallida. Piton allungò una mano, ma Selene era in panico.
-Basta! Per favore BASTA!- Urlava. Piton l’afferrò per entrambe le spalle, ma prima che potesse dire qualcosa la porta della stanza si spalancò e la madre di Selene entrò di corsa nel bagno.
-Sel... PER MERLINO! TRAVIS! TRAVIS, SELENE!- Strillò precipitandosi accanto alla figlia svenuta.
-Non voglio vedere!- Gridò la vera Selene.
Piton le afferrò l’avambraccio e un secondo dopo si ritrovarono nello studio del professore.
La Corvonero cadde in ginocchio, stringendosi le braccia alla pancia e rannicchiandosi a terra.
Piton si inginocchiò accanto a lei, temendo che stesse male. Le posò una mano sulla schiena, la bacchetta in pugno.
-Clarkson.
Lei tremava violentemente, scossa nel profondo. I richiami del professore erano lontani, deboli. Sentiva solo il dolore, il bruciore ai polsi.
-Calmati, Clarkson!- Tuonò Piton.
Con un singhiozzo soffocato lei si lanciò verso di lui. Piton pensava che l’avrebbe preso a pugni per la rabbia... ed era anche pronto a bloccarla. Dopo che si fosse sfogata.Ma non era pronto a sentire la testa della ragazza premuta sul torace, le sue mani aggrappate disperatamente alla camicia, il suo profumo di vaniglia che gli riempiva i polmoni.
Anni e anni di insegnamento lo avevano temprato a scenate varie e situazioni particolari come quella, però la consapevolezza che era Selene che piangeva aggrappandosi a lui come se fosse la sua unica ancora di salvezza lo destabilizzò.
Lentamente, mordendosi a sangue le labbra, posò incerto una mano sulla schiena della studentessa, mentre con l’altra le accarezzava fugacemente i capelli.
Abbassò lo sguardo su di lei e qualcosa gli si strinse dentro nel vederla così fragile. Lei, che non aveva mai tremato nel guardarlo negli occhi. Lei, che era sempre stata calma e obbediente.
Con una strana e nascente emozione strinse la braccia attorno a lei, cullandola piano.
Non l’avrebbe lasciata andare. Non se aveva bisogno di aiuto per risalire dal baratro in cui era sprofondata.
 

Selene si risvegliò con una terribile sensazione di caldo appiccicoso. Ancora prima di aprire gli occhi cercò l’orlo delle lenzuola che la coprivano per togliersele di dosso, ma la prima cosa che incontrò fu una mano. Una mano grande, con dita lunghe e affusolate.
Una mano che al contatto con le sue dita si ritrasse appena.
Aprì gli occhi e voltò la testa.
La prima cosa che notò fu che non erano coperte, quelle che la coprivano. Era un mantello nero.
La seconda era che era nello studio di Piton, sdraiata supina sul divanetto.
La terza, era che lui la stava fissando. La mano che aveva toccato -e che continuava a toccare- era la sua.
La quarta cosa di cui si rese conto, con terrore, era che lui non era solo.
Sua madre la guardava seduta su una sedia accanto al divano, le gambe accavallate, i ricci color carminio sciolti sulle spalle e gli occhi castani puntati sul suo volto.
Selene guardò Piton, che la fissava impassibile.
Merda.

🔼  🔺  🔼
 

-Tu mi stai dicendo che ti hanno tagliata nel sonno e mi dici di stare calma?!- Strillò la signora Clarkson, lo sguardo in fiamme puntato sulla figlia.
-Mamma, smettila! Sto bene!- Protestò Selene, seduta sul diavanetto.
La signora Clarkson si mise le mani sui fianchi, i lineamenti dolci del volto tesi in una smorfia di rabbia e preoccupazione.
-Ah, certo, stai bene. Quindi non dovrei preoccuparmi dopo tutto quello che è successo? E se tornassi a tagliarti di nuovo, Selene? Se ti ritrovassi di nuovo svenuta sul pavimento in un lago di sangue? Non voglio rischiare di nuovo! Sono quasi morta di preoccupazione la prima volta, non voglio che succeda mai più!- I toni di madre e figlia stavano raggiungendo un livello decisamente alto per le orecchie di Severus, ma si sforzò di rimanere impassibile di fronte a quello scontro titanico.
Da una parte c’era la signora Clarkson, preoccupata e isterica come ogni madre che viene a sapere che sua figlia è stata aggredita nel sonno e che potrebbe avere una ricaduta possibilmente mortale.
Dall’altra Selene, la figlia, altrettanto determinata a spuntarla e a venire lasciata in pace, con una ferrea convinzione di stare bene senza l’aiuto di nessuno.
-Ossignore, mamma! Te l’ho già spiegato, non ero in me! Non voglio morire, e non voglio uccidermi con le mie stesse mani!- Gridò la piccola Clarkson, saltando in piedi e guardando la madre con una bufera al posto delle iridi grigie.
-Ma non puoi essere sicura di riuscire a non ricascarci più! Selene...
-No, mamma, basta! Mi stanno controllando tutti quanti, ogni professore di questa maledettissima scuola mi segue per ogni corridoio per controllare che non stia andando a farla finita, sono stufa! Ho finito con l’autolesionismo, perché diamine non volete capirlo?- Strillò Selene.
La madre alzò le braccia al cielo, esasperata, e Severus si sforzò di trattenere la propria mano dal prendere la bacchetta e schiantarle tutte e due. Forse in quel modo avrebbe avuto un po’ di silenzio.
-Perché non voglio vederti in una bara, ecco perché! Questo è un periodo difficile, Selene- disse con improvvisa calma la signora Clarkson -ora, dimmi sinceramente se non hai mai, e dico mai, pensato di farlo di nuovo.
Selene abbassò lo sguardo a terra, mentre le sue guance prendevano lentamente fuoco. La madre incrociò le braccia, fissandola stancamente.
-Vedi, tesoro? Io mi fido di te, però ho troppa paura per lasciarti andare così. Vorrei che tu venissi a casa per... per un paio di settimane. Solo per rimettere a posto le cose.
Selene non rispose per vari minuti. Severus continuava ad alternare lo sguardo da lei alla madre, senza sapere cosa fare e rassegnandosi infine a rimanere in silenzio, seduto sulla sedia addossata alla parete.
-Io... mamma, no. Non posso lasciare Celeste e Rachel da sole. Sono l’unica con cui hanno fatto amicizia... ma- si affrettò ad aggiungere, vedendo l’espressione contrariata di Diane Clarkson -posso... potete controllare la stanza. Prendete tutto quello con cui potrei ferirmi. Se... se necessario mi farò controllare da un insegnante tutti i giorni per assicurarvi che non mi sono tagliata.
Diane rimase in silenzio per un po’, mentre la figlia la fissava supplichevole.
-D’accordo- sospirò infine, e allargò le braccia. Selene vi si rifugiò subito, stringendosi al petto della madre, molto più alta di lei. Diane le accarezzò i capelli, serrando la presa su di lei, e per la prima volta Severus vide nell’espressione calma del suo viso una crepa che mostrava tutta la stanchezza che la donna stava provando.
-Ma voglio che sia il professor Piton a controllarti- disse all’improvviso Diane.
Sia Severus che Selene si irrigidirono come due blocchi di marmo.
-Ma mamma...- cominciò a obiettare Selene, ma la signora Clarkson la bloccò alzando una mano. -O così o niente- disse calma.
Selene serrò le labbra contrariata, ma si arrese. Poi Diane si voltò verso l’insegnante.
-Professore...
Fu lui a interromperla.
-Per me va bene.
Selene sgranò gli occhi, sorpresa, mentre la sua bocca si schiudeva lievemente.
-Ma per il bene di sua figlia... vi avviso entrambe: se tu, signorina Clarkson, ci proverai- disse freddo Severus -l’incantesimo che scaglierò su di te mi avviserà tempestivamente, in modo che possa intervenire prima che sia troppo tardi. E, signora Clarkson, se sua figlia si taglierà di nuovo sarà espulsa.
Dopo una manciata di secondi entrambe annuirono.
Poi Diane ringraziò Severus e diede un bacio alla figlia.
-Devo andare a parlare con la Preside- mormorò, scostando una ciocca di capelli della figlia e spostandola dietro al suo orecchio -tu va’ a dormire.
-Sì mamma.
Diane afferrò la borsa e uscì dopo aver salutato cortesemente il professore.
Anche Selene stava per seguirla quando lui la fermò.
-Voltati, Clarkson- disse impassibile, osservando l’occhiata torva che lei gli lanciò.
Alzò la bacchetta e mormorò un incantesimo lungo e complesso. Man mano che le parole in latino fluivano nell’aria vibrando con la voce profonda di Severus, Selene sentì il proprio corpo ribollire in preda ad uno strano calore. Cercando di restare indifferente si spostò i capelli dietro alle spalle.
Dopo qualche minuto in cui la sua temperatura corporea era salita bruscamente ed era ridiscesa a quella normale altrettanto velocemente, la Corvonero ottenne il permesso di andare.
Aprì la porta e si infilò nello spiraglio aperto. Prima che la penombra del corridoio la inghiottisse, però, si voltò. Piton era girato di spalle e a giudicare dai movimenti delle braccia si stava sbottonando la camicia. Per un secondo Selene provò l’irrazionale impulso di rimanere a guardare, poi si diede una scossa mentale.
-Signore.
Severus si irrigidì, voltandosi. Perché diamine era ancora lì? Ma gli occhi color diamante della ragazza gli impedirono di parlare. La voce gli si bloccò in gola. In quelle iridi non c’era il rancore che aveva visto negli ultimi giorni, ma solo dolcezza... una dolcezza sconfinata.
-Grazie.
Dopo qualche istante fece un cenno con la testa, capendo che lei aspettava una risposta.
La Corvonero sorrise piano e gli scoccò un’ultima occhiata curiosa, che diventò perplessa e infine inorridita quando il suo sguardo scese più in basso. Seguendo il suo esempio Severus si rese conto che le cicatrici sul suo petto erano ben visibili alla luce del fuoco.
Con la gola improvvisamente secca alzò di nuovo lo sguardo, ma la soglia era vuota. Lei era sparita.
Come sempre.

🔼  🔺  🔼
 

ANGOLO DELLE CIAMBELLE CARNIVORE BLU:
Okay, ora però basta, neh.
Mi sono rotta. Io posso continuare a scrivere per me stessa, se non recensite o non vi piace o non ne avete voglia non è affar mio, ma mi sono scervellata per settimane per quel capitolo e per i prossimi che ho già pronti, perciò... bah.
Se non vi interessa ditelo che cancello immediatamente la storia. ^^ E' inutile che scriva.
Bene, ora, passiamo alla parte più leggera :D
Ehm, come avete visto ci sono un po' di complicazioni... che vorrà dire la profezia? E i prof? Come reagiranno?
Come avrete visto il rapporto tra Sel e Piton comincia a diventare più stretto, un po' perché lei comincia a fidarsi e un po' anche lui.
Ora devo andare a far da mangiare... ditelo a mio fratello! :/
Baciiiiiiiiiiiii!
Anna

   
 
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