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Autore: piperina    18/06/2014    1 recensioni
«Amici miei, di certo vi starete chiedendo il motivo di questo invito» disse Klaus, apparentemente felice come non mai di avere ospiti a cena e non per cena.
«Spara la proposta.»
Klaus continuò a sogghignare, forse divertito da ciò che stava per dire.
«Un legame.»
Stefan corrugò la fronte.
«Un legame magico, intendo. Certo, se lei avesse un fidanzato umano opterei per la procreazione adolescenziale, ma purtroppo non ho fortuna neanche con questa strada, quindi creerò un legame magico tra me ed Elena.»

Klaus/Katherine; Damon/Elena; Caroline/Tyler - Stefan, Bonnie, Matt, Elijah, Rebekah.
Genere: Angst, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Katherine Pierce, Klaus, Originari, Un po' tutti | Coppie: Caroline/Tyler, Damon/Elena
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Vampire Stories'
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Nota:
In questo e nel prossimo ho ripreso una parte del telefilm e siccome gli eventi cambiano di pochissimo ho deciso di descrivere i fatti in modo abbastanza generale, concentrandomi sulle parti di maggiore interesse per la storia. Non è una scelta dettata dall’indolenza ma dal desiderio di non farvi leggere passo dopo passo quello che è già stato visto nelle puntate.

 

 

*Act IX*

Fear Of Love

 

 

 

 

Elijah Mikaelson era una persona ragionevole. Cercava di esserlo sempre, di mantenere la lucidità anche quando sembrava impossibile.

Il potere del controllo mentale era una delle sue tattiche preferite, nonché la più utile in determinate situazioni, perché gli permetteva di scoprire cose interessanti e poteva riprende il controllo degli eventi.

Grazie ad esso e facendo le giuste domande aveva saputo della morte di Finn. Questo lo aveva gettato in un profondo sconforto: per la seconda volta in mille anni, Elijah aveva sentito il cuore spezzarsi per la perdita di un fratello.

Non era ipocrita, riconosceva da sé di non essere mai stato in ottimi rapporti con Finn, ma era pur sempre suo fratello. Era la sua famiglia.

Si chiese come fosse stato possibile non stringere un vero legame con un fratello avendo a disposizione mille anni di tempo.

Il giorno dopo aver ricevuto tale notizia, Elijah scoprì una notizia interessante: Sage era morta poche ore dopo Finn.

Questo cambiava tutto.

«Fratello.»

Klaus si era appena sbarazzato del suo pranzo ed era di ottimo umore. Lo accolse nel salone con un gran sorriso, felice di rivederlo dopo tutto quel tempo. «Elijah! Dove sei stato? »

«A cercare informazioni» lo raggiunse vicino al camino spento. «Finn è morto.»

Diede la notizia in quel modo freddo e sbrigativo perché sapeva che a Niklaus non avrebbe fatto alcun effetto. Con grande sorpresa, invece, Elijah vide qualcosa negli occhi del fratello: una piccola luce, un cambio di espressione quasi invisibile.

Era come se stesse cercando di capire quanto accaduto e decidere in che modo reagire.

«Tutta la sua progenie è morta con lui» aggiunse poco dopo.

Klaus parve confuso. «Sei sicuro?»

«Lo sono» rispose, annuendo con solennità. «Niklaus, ti rendi conto di cosa significa questo?»

Oh, le fossette e lo sguardo da brigante. Ecco di nuovo il solito Klaus, maligno e calcolatore.

«Significa che siamo più fighi di quanto pensassimo, fratello.»

Elijah sorvolò sulla felicità che quella notizia aveva provocato e osservò l'ibrido passeggiare per il salone.

«Cosa intendi fare?» gli chiese, ben sapendo che avrebbe presto ricevuto degli ordini.

Klaus si fermò a un metro da lui e sorrise in modo inquietante. «Avverti Kol e Rebekah e stai attento ai nostri amici, di sicuro stanno cercando la discendenza dei Salvatore» disse, tutto impettito e con le mani dietro la schiena. «È il minimo che tu possa fare per avermi tradito liberando i nostri fratelli.»

Senza aggiungere altro né dar tempo a Elijah di rispondere, Klaus sparì.

Non aveva tempo da perdere: sapeva che nessuno avrebbe lasciato morire Tyler solo per liberarsi di lui e questo era un vantaggio, soprattutto se fosse riuscito a tenere nascosta la genealogia vampiresca dei Salvatore - e della sua dolce Katerina.

Con il sorriso da brigante ancora sulle labbra, Klaus fece qualche telefonata e organizzò subito una spedizione in una zona dove sapeva di poter trovare un branco di licantropi.

Il sangue donatogli da Elena era indispensabile per creare nuovi ibridi e avere così a disposizione un corposo esercito. Oh, pensò Klaus osservando la sacca rossa nel freezer, Elena gli aveva fatto davvero un bel dono.

 

 

 ***

 

 

Quel giorno Elena Gilbert si alzò di pessimo umore. Aveva dormito poco e male a causa della discussione della sera precedente. Sapeva che a Caroline sarebbe passata in fretta, ma in realtà era lei ad essere arrabbiata.

Per quanto ancora Caroline sarebbe andata avanti a disprezzare Damon?

Lui non era un santo, certo, ma non lo negava. Era sincero nel suo essere drastico e crudele. Non nascondeva il piacere che provava nella caccia, non cercava di tenere nell’ombra i suoi istinti di predatore.

Semmai era il contrario: celava a tutti il buono che c’era in lui, perché era più facile non creare aspettative che deludere le persone.

Mentre si preparava per una nuova riunione pre-scuola organizzata come sempre a casa Salvatore, Elena si chiese perché solo lei comprendesse così bene l’animo contorto di Damon: era sotto gli occhi di tutti, perché nessuno riusciva a vederlo?

Stefan stesso aveva speso brutte parole per lui, anche se in realtà non importava poi molto: era suo fratello, conosceva fin troppo bene il suo caratteraccio e gli voleva bene.

Stefan. Già.

Stare di nuovo insieme era strano, ora che sapeva della sua natura di squartatore e quanto pericoloso fosse realmente. Stefan non conosceva limiti e faceva cose raccapriccianti quando era inebriato dal sangue

Elena si guardò allo specchio: si sentiva davvero sicura al suo fianco?

Scosse subito la testa, vergognandosi per aver pensato una cosa tanto terribile. Stefan l’amava e l’aveva sempre protetta. Sapere che il sangue umano lo trasformava in un folle omicida non cambiava certo il passato.

Lui era una brava persona e lei lo amava. Così era e così doveva essere. Tutti ne erano felici.

Infilò le scarpe e uscì dalla sua camera con la borsa in spalla. Posò gli occhi sulla porta chiusa con il nome di Jeremy scritto sopra e sospirò. Suo fratello era tutto ciò che le restava della sua famiglia e aveva dovuto allontanarlo per proteggerlo.

Quel pensiero le fece tornare alla mente Damon e ciò che aveva fatto per lei quella sera: se fosse davvero egoista non farebbe queste cose.

Realizzò con stupore di essersi incantata di nuovo a pensare al Salvatore sbagliato. «Sto impazzendo.»

 

 

Elena fu poco attenta durante la riunione. Aveva capito solo che si doveva andare a Denver a cercare le tracce di una certe Scary Mary: questa vampira aveva trasformato Rose, che aveva trasformato Katherine e da lei erano stati generati Stefan e Damon e da Damon Caroline.

A Denver c’era Jeremy, era un’occasione per vederlo e stare qualche giorno con lui.

Stefan la fermò prima che uscisse di casa: erano rimasti soli e sentiva di dover parlare in quel momento, perché temeva che non ne avrebbe avuto più il coraggio.

«Dimmi.»

Lo sguardo di Elena era limpido. Avrebbe potuto ucciderlo con le sue stesse mani e lui l’avrebbe perdonata senza pensarci due volte.

«Credo…» si umettò le labbra, improvvisamente secche per l’agitazione. «Credo che dovresti andare a Denver con Damon. Senza di me.» Ecco, l’aveva detto. Non si sentiva affatto meglio.

Elena lo fissò senza capire. «Perché?»

Stefan si ritrasse quando la vide allungare una mano verso di lui: se le avesse permesso di sfiorarlo anche solo per un istante, tutta la sua determinazione sarebbe svanita, come se non ci fosse mai stata.

«Perché non possiamo andare avanti così» ignorò il dolore sul suo viso. «Io non posso andare avanti così.»

«Mi stai… mi stai lasciando?» la voce le uscì in un sussurro, gli occhi già pizzicavano.

Stefan abbassò il capo. Forse si sarebbero davvero lasciati entro breve. In quel momento non si sentiva molto ottimista.

Rialzò la testa e trasse un profondo respiro. «Cosa provi per Damon?»

Il gelo calò su di loro. L’aria si fece pesante. L’unico suono udibile era il respiro di Elena, che non disse niente. Cosa poteva rispondere a una domanda come quella?

«Io…» balbettò «Io non… non lo so.»

Lui si passò una mano sul viso e a lei venne da piangere. Non aveva fatto niente eppure si sentiva colpevole. Sporca. Traditrice.

«Sono successe tante cose e Damon… i suoi sentimenti per me…»

«Conosco i sentimenti di mio fratello» la interruppe bruscamente il vampiro. «Voglio conoscere i tuoi.»

Elena si guardò le scarpe s i toccò nervosamente i capelli, portandoli più volte dietro l’orecchio nonostante fossero già in perfetto ordine.

«So che ti piace» continuò lui. «Posso sopportarlo. Il problema è… quanto ti piace?»

Stefan era disposto a restare con lei anche se provava dei sentimenti indefiniti per suo fratello. Elena si sentì ancora più sporca e pensò di non meritare una persona tanto buona come lui.

Perché non riusciva più ad amarlo come un tempo? Era la consapevolezza che dentro di lui dormiva un mostro o il ricordo di quanto si fosse sentita bene in compagnia di Damon quando lui non c’era?

Era il senso di colpa per aver trovato conforto in un altro uomo? Erano quei piccoli momenti che aveva vissuto con l’altro Salvatore?

Cielo, stava diventando proprio come Katherine. Doveva averlo nel sangue.

«Non so dirti quanto mi piace» confessò, gli occhi sempre puntati a terra. «Cerco di non pensarci, anche se è difficile. Damon non è cattivo come vuole far credere e io… io vedo il buono che c’è in lui. Lo comprendo, ma mi spaventa, per questo non voglio mai soffermarmi su questi pensieri.»

Per Stefan quella era già una risposta ai suoi dubbi e una conferma alle sue paure, ma sapeva che lei non se ne era resa conto.

Eppure, nonostante tutto… l’amava. L’amava e voleva che restasse sempre con lui.

«Ascolta… Elena, io ti amo.» Lei alzò lo sguardo su di lui. «Questo non cambierà, ma abbiamo bisogno di stare insieme nel modo giusto. Vai a Denver con Damon» posò le mani sulle sue spalle per rassicurarla, in realtà era lui ad aver bisogno di essere rassicurato. «Rifletti e cerca di definire i tuoi sentimenti.»

Ora niente impedì a Elena di piangere apertamente. Era come se Stefan l’avesse già lasciata, come se avesse rinunciato in partenza.

«Qualunque sia la risposta, io sarò qui. Ok?»

Lei non disse nulla, si limitò ad annuire, con il cuore in pezzi e la mente ancora più confusa.

Due giorni dopo Stefan guardò la sua ragazza e suo fratello andare via insieme ed ebbe una visione di quello che sarebbe stato il suo futuro – non mancò di notare l’occhiata ancora confusa di Damon prima di salire in macchina.

«Sei sicuro che sia la cosa giusta da fare?»

Mostrò a Caroline un sorriso colmo di tristezza e rassegnazione.

«Stefan…»

«Doveva succedere prima o poi» sussurrò lui. «Uno di noi doveva affrontare l’argomento e sapevo che lei non ci sarebbe riuscita.»

Caroline non disse nulla. Guardò la strada dove era sparita l’auto e cercò di farsi venire in mente mille cose da fare per tirare su di morale Stefan fino al ritorno di Elena.

 

 

 ***

 

 

Damon Salvatore aveva un brutto presentimento. In condizioni normali l’avrebbe associato alla missione che lo attendeva a Denver, ma questa volta era diverso: Elena.

Il fatto che lei fosse la sua unica compagna di viaggio l’aveva insospettito. Stefan non aveva aperto bocca a riguardo: seconda cosa strana. Elena non sembrava per nulla a proprio agio: terza stranezza.

C’era qualcosa di cui era stato tenuto all’oscuro e voleva scoprire di cosa si trattasse. Allo stesso tempo voleva portare a termine con successo quella missione e, se possibile, godersi in pace il tempo con Elena.

Serrò più forte le dita sul volante all’ennesimo sbuffo nervoso della ragazza. Era tentato di far guidare lei, magari concentrarsi sulla strada l’avrebbe distratta da qualunque cosa avesse per la testa. O forse no.

Damon decise di non sfidare la sorte. Aveva la sensazione che a Denver lo attendessero più risposte del previsto.

Risposte. Era ciò che anche Elena Gilbert sperava di trovare: doveva chiarire una volta per tutte la sua posizione con i fratelli Salvatore. Uno come amico, uno come fidanzato. Non poteva averli entrambi – nonostante il consiglio di Katherine.

Ma cosa avrebbe fatto se avesse capito di amarli allo stesso modo? Di non poter fare a meno di nessuno dei due? Scosse appena la testa ed emise un lungo sospiro.

Katherine li aveva voluti senza farsi troppi problemi ed era finita in tragedia. Teoricamente erano morti tutte e tre.

Lei non era Katherine. Corrugò la fronte concentrandosi su quel pensiero: la sua antenata era stata egoista, aveva volontariamente giocato con i loro sentimenti, seducendoli per pura vanità.

Lei non era così, si disse di nuovo la ragazza. Lei era diversa.

Eppure… come avrebbe potuto sceglierne uno solo? Alla fine si era ritrovata comunque al centro di un triangolo con due fratelli – che ci erano già passati, per inciso, e con una donna di cui lei era l’esatta copia.

Ecco, il punto della situazione – e della sua sincerità – non era volerli entrambi, ma non poter rinunciare a uno dei due. Per troppo affetto, chiaramente.

Quella scusa durò meno di due minuti nella sua mente e la ragazza sbuffò di nuovo. In quel momento giurò di aver sentito Damon ringhiare di frustrazione.

 

 

Era l’ora di pranzo quando arrivarono a destinazione. Elena provò un tuffo al cuore quando scorse la figura di Jeremy in mezzo ai suoi nuovi amici. Pochi secondi dopo, quasi avesse sentito la sua presenza, Jeremy si voltò e incontrò gli occhi di Elena.

Non c’era legame di sangue in grado di oscurare l’affetto che nutrivano l’un l’altro.

Elena abbracciò Jeremy con più slancio del dovuto e Damon non mancò di notare il modo quasi disperato con cui si aggrappava al ragazzo.

«Andiamo, Jeremy» disse lei guardandosi intorno. «Ti spiegheremo i dettagli strada facendo.»

Mentre raggiungevano il motel dove avrebbero dormito quella notte, il giovane Gilbert venne aggiornato sulla situazione.

Immaginavano che i Mikaelson non fossero a conoscenza della fortunata scoperta, ma era meglio non esporsi troppo, per questo stavano andando in un motel lontano da dove abitava ora Jeremy.

 



***
 

 

Quella sera Elena era ancora più agitata. Sembrava che il letto fosse invaso da tarantole.

Damon voleva capire cosa – o chi – la rendesse tanto inqueta. Era la situazione pericolosa? La lontananza da Stefan? O forse… no, si disse il vampiro, non poteva essere lui. Più che altro non osava sperarlo.

La camicia sbottonata era un trucco debole. Finse di non notare gli occhi della ragazza su tutto il suo corpo. Voleva guardare? Nessun problema. Ma lui voleva capire cosa ci fosse nella sua testa – e nel suo cuore.

Si voltò e lei chiuse gli occhi. La raggiunse sul letto e avvertì ogni suo muscolo tendersi. Il cuore batteva troppo veloce.

Ed ecco che lei parlava e si stupiva ancora del fatto che lui non fosse un mostro spietato – quello che aveva fatto per Rose era lodevole, sì, ma privato.

Tu vedi la mia anima pensò Damon, e la sua mano si mosse da sola. Gli bastava quello, un semplice tocco, le dita che cercavano le sue. Desiderava quella ragazza più di ogni altra cosa al mondo, ma aveva deciso di rispettarla senza imporsi.

Quando Elena scappò, lui decise che avrebbe almeno ottenuto delle spiegazioni riguardo il suo strano comportamento.

Si aspettava un fiume di parole, di scuse, magari una ramanzina.

Non era pronto a vedere Elena corrergli incontro, non era pronto ala morbidezza della sue labbra né alle braccia che lo stringevano come se lui fosse l’essenza stessa della vita.

E allora al diavolo il rispetto, al diavolo le ramanzine e gli sforzi per trattenersi. Al diavolo tutto.

Esistevano solo loro due ed Elena aveva scelto di baciarlo. Non sarebbe certo stato lui a rompere quella magia. Le parole in un secondo momento.

Strinse la ragazza a sé, accarezzò il suo corpo, la baciò con tutto l’amore di cui era capace. E lei ricambiò con altrettanto trasposto.

Damon sentì il desiderio che Elena aveva di lui. La sentì tremare contro il suo petto, le labbra mai sazie di baci.

E lo sentì anche lei.

Il suo mondo aveva gli occhi di Damon.

Se in quel momento le avessero chiesto il suo nome lei non avrebbe saputo rispondere. Era pronta a fare l’amore con lui e a non pentirsene.

Nel momento in cui Jeremy li interruppe, il terrore l’assalì.

Cosa aveva appena pensato?

 

 

 

 ***

 

 

 

Katherine Pierce aveva sempre vissuto sul filo del rasoio. Un po’ per necessità, un po’ per gusto personale. Le piaceva giocare e sfidare i suoi avversari. Anche lui.

Klaus si diresse senza indugio nella stanza dei quadri. La vide in piedi davanti a una delle sue ultime creazioni, con le mani che sfioravano il carrello dove aveva riposto le ciotole dei colori.

Non si mosse quando lui arrivò.

«Ti diverti a farmi arrabbiare?» chiese, senza essere davvero arrabbiato, anzi.

Continuando a fissare la tela, Katherine rispose «Volevo solo guardarli.»

Vedendola molto meno combattiva del solito, Klaus tentò un nuovo approccio, ma con l’intenzione di non insistere – sebbene quei micro pantaloncini e la maglietta super aderente rendessero la vampira pericolosamente sensuale.

Si avvicinò a lei a passi lenti per farle capire che non stava cercando di attaccarla. La raggiunse alle spalle, solo un filo d’aria lo separava dalla sua cascata di boccoli scuri.

Con cautela, quasi avesse paura di vederla scappare, Klaus posò le mani sui suoi fianchi. Non le mosse, non tentò di toccarla altrove – nonostante la grande tentazione di farlo. Si sentì come in attesa del suo permesso.

Lei sussultò appena, ma non lo respinse. Poteva forse osare di più? Tentare la sorte? Si fece spazio in lui il timore di esagerare e rovinare tutto… ma tutto cosa? Loro due erano ancora dietro la linea di partenza.

Fece una lieve pressione con le dita sul fianco della vampira, che si voltò verso di lui. Nel movimento i lunghi capelli gli toccarono il braccio e il seno strusciò contro il suo petto.

Katherine tenne lo sguardo basso per qualche istante, conscia di avere gli occhi di Klaus addosso.

Sembrava tesa e lui non era da meno: nella mente continuava a chiedersi se fosse il caso di andare avanti o fermarsi, ma Katerina era così docile e il corpo esile così piacevole contro il suo… le tenne una mano sul fianco e l’altra si mosse istintivamente verso il suo viso.

Le sfiorò la guancia e lei alzò lo sguardo. Uno sguardo che quasi non riconosceva più – non lo vedeva da così tanto tempo.

Klaus chinò il capo fissando le sue labbra. Quando le toccò con le proprie, qualcosa gli esplose dentro.

Il primo bacio dopo cinque secoli.

Era lento, cauto, inaspettatamente dolce.

L’ibrido aveva tentato più volte di avvicinarsi a lei, provocandola e cercando di farla alterare, ma era riuscito solo ad ottenere un rifiuto dopo l’altro. In quel momento, invece, Katerina si stava lasciando andare. Appoggiò i fianchi al carrello dei colori dietro di sé, aggrappandosi alle sue spalle.

Lui cercò di rispettare lo spazio personale della vampira, ma poi lei schiuse le labbra e disegnò il contorno della sua bocca con la punta della lingua. La realtà di ciò che stava succedendo colpì Klaus come un pugno nello stomaco.

Non perse l’occasione per approfondire il bacio e, con un gesto fulmineo, spinse la vampira contro la parete, schiacciandola con il suo copro. Era come se volesse fondersi con lei.

Katherine rispose con altrettanto impeto, ora mordicchiando le sue labbra, ora giocando con la sua lingua. I baci di Klaus erano esattamente come li ricordava: intensi, passionali, totalizzanti. Più la baciava, più sembrava volerla mangiare.

L’istinto le fece inarcare la schiena per cercare un maggiore contatto con lui e questo gli fece quasi perdere la ragione.

In condizioni normali, con una donna qualsiasi, Klaus avrebbe preso subito le redini del gioco, sollevandola da terra e facendole allacciare le gambe intorno ai suoi fianchi. Ma quella non era un donna qualsiasi ed era così volubile che un momento avrebbe potuto donargli il mondo e il momento dopo schiaffeggiarlo oltraggiata.

Così si limitò a scaldare ulteriormente la situazione infilando una gamba tra le sue e stringendosela addosso ancora di più, affondando una mano tra i suoi capelli e assaporandola con l’altra, accarezzandole il viso, il collo, sfondando quasi la sua cassa toracica nello sforzo di non toccarle sfacciatamente il seno.

Katerina non oppose resistenza e non sembrava in alcun modo costretta. Partecipava più che volentieri, lo sentiva dal modo in cui le dita giocavano con i suoi capelli corti e l’altra mano stringeva così tanto la stoffa della maglietta che quasi l’avrebbe strappata.

Con sua grande sorpresa, la vampira spostò la gamba intrappolata tra le sue, portandola all’esterno e tirandola su, contro il suo fianco. La mano che prima le accarezzava la schiena corse ad attirare quel corpo peccaminoso ancora di più contro il suo, se possibile.

Probabilmente le faceva male schiacciandola così tanto al muro, ma non gli importava. Quel diavolo di Katerina Petrova gli infiammava le vene come mai nessuna donna era stata in grado di fare.

Quando l’eccitazione fu fin troppo evidente e lo portò a muovere inequivocabilmente il bacino contro il suo, però, Katherine in un certo senso rinsavì. Tirò giù la gamba e smise di giocare con i capelli e la maglietta di Klaus, portando le mani aperte sul suo petto.

Lui colse subito il messaggio e non tentò di farle cambiare idea. Lasciò andare la sua bocca dopo qualche altro bacio meno focoso dei precedenti e aprì gli occhi per guardarla in viso.

Oh, era così… indescrivibilmente bella. Come aveva potuto resistere tutto quel tempo senza baciarla ogni giorno? Si chiese se fosse stato lui a tirarle fuori quell’espressione di innocente imbarazzo o se fosse una delle tante armi che lei usava con gli uomini.

Rimasero così, uno contro l’altro, ancora abbracciati, con il fiato corto e senza poter smettere di fissarsi.

Katherine era effettivamente in imbarazzo. Concedere un bacio era una cosa, pomiciare come adolescenti in quel modo un’altra.

Klaus posò la fronte alla sua e parlò in un sussurro. «Sto per partire.»

Lei annuì piano, si sistemò la maglietta guardando per terra e respirò a pieni polmoni quando lui fece mezzo passo indietro per permetterle di muoversi.

«Buon viaggio.»

Quelle furono le uniche parole che Klaus riuscì a ottenere, ma non sperava in niente di più, non dopo quello che era successo.

Vedendola andare via e pensando a come si era lasciata andare tra le sue braccia, avvertì di nuovo quel fastidioso pizzicore in un angolo della sua mente, comunemente detta coscienza.

Strano ma vero, quella piccola vipera riusciva a farlo sentire in colpa: per quello che le stava facendo, per averla sequestrata, per averla resa di nuovo vulnerabile… per averle nascoso il ballo durante il quale aveva pesantemente flirtato con Caroline Forbes – che, per inciso, Katherine detestava.

Scosse la testa per liberarsi di quella scomoda sensazione e si concentrò sui dettagli del suo imminente viaggio.

 

 

 

 

 

   
 
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