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Autore: lightblue96    18/06/2014    0 recensioni
Cinque mesi. Erano passati cinque mesi da quando tutto accadde. Cinque mesi a cercare di rintracciare quel ragazzo che era stato importante per me. Quella città sarebbe stata l’ultima tappa.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È proprio vero che il primo incontro non si scorda mai (oppure era il primo amore?), soprattutto se quell’incontro è stato con la persona che ora ami. Che strano che è il destino. Prima incrocia le strade e poi le separa bruscamente.
 
Ero arrivata. Finalmente ero atterrata a Holmes Chapel. Mi restava solo da prendere la valigia, andare in albergo e trovare la casa Styles oppure la panetteria dove lavorava. Quella era la mia ultima mossa. Sarei restata due giorni, poi sarei ritornata in Italia. E lì avrei ricominciato da capo. Senza rimpianti, senza dolore.
Arrivai presto in albergo ed ebbi il tempo di mettere qualcosa sotto i denti e di cambiarmi. Alla reception chiesi anche una cartina, che gentilmente la responsabile mi aveva dato, e, una volta sistemata in camera, la aprii sul letto. Trovai subito la casa dove viveva ancora la madre, non mi restava che andare lì.  Dopo essermi cambiata e aver fatto un riposino mi incamminai. Ci misi circa un’oretta a trovare la strada, ma per la casa non ci misi molto. Di fronte ad essa c’erano dei gruppetti di ragazzine con cartelloni, foto e lettere. Tante, troppe. Non mi avvicinai. Era inutile, dopotutto.  Anche se avessi messo la lettera assieme a quelle delle altre,  non avrebbe risolto niente. Avevo bisogno che lui la leggesse, che soffrisse come avevo sofferto io, che capisse. E se avessi messo la mia lettera assieme a quelle delle altre non avrei risolto niente. Non mi restava che cercare la panetteria dove lavorava, ma prima mi fermai ad un parco lì vicino. Dovevo riposarmi un po’, altrimenti la bambina ne avrebbe risentito. Cercai una panchina libera e mi sedetti. A quell’ora c’erano molti bambini con i loro genitori. Ogni volta era uno spettacolo bellissimo vederli. Erano così spensierati, liberi dai pregiudizi e sinceri. I bambini avevano un mondo tutto loro ed era così stupendo entrarci, anche per poco. Per loro le cose impossibili erano possibili, per loro la falsità non esisteva.. Mi accarezzai la pancia e sospirai. Mi riscossi dai miei pensieri e presi la cartina. La panetteria era lontana da dove mi trovavo, quindi, sospirando, mi alzai, uscii dal parco e mi incamminai verso la fermata dell’autobus. Ci misi mezz’ora per arrivare a destinazione. Era tardo pomeriggio e le strade erano illuminate dai lampioni. La giornata era stata faticosa e ne risentivo parecchio. Ero stanca e abbattuta. Non una combinazione proprio perfetta. La panetteria si trovava di fronte alla fermata, quindi non ci misi molto a trovarla. Quando entrai sentii un buon odore di pane e paste.
“Buona sera” mi accolse una signora. Era anziana, ma i suoi occhi erano come quelli dei bambini: luminosi, forti e dolci.
“Salv/” mi bloccai e mi piegai in due. Il dolore era fortissimo, perciò mi aggrappai al bancone. La signora mi soccorse subito facendomi sedere e mi diede un bicchiere d’acqua.
“Mi dispiace” dissi io. Avevo le lacrime agli occhi. Presi un sorso di acqua e cercai di calmarmi.
“Oh bambina mia, non preoccuparti. Come ti senti?”
“Meglio grazie” mentii io.  Altre fitte, meno dolorose, mi colpirono il ventre. “Mi sono solo affaticata troppo” dissi io. Lei annuii sovrappensiero. Dopo qualche minuto, in cui aspiravo ed espiravo, mi alzai dalla sedia. Le feci un sorriso timido e la ringraziai.
“Le va una tazza di thè?” mi chiese.
“Volentieri” le risposi sorridendo. Ci mettemmo sedute su un tavolino e intanto aspettavamo che l’acqua bollisse.
“Come ti chiami, cara?”
“Federica” risposi io. “Non sono di qui” dissi guardando altrove.
“Io sono Lucy” si presentò lei.
 In poco tempo cominciammo a chiacchierare del più e del meno, come se ci conoscessimo da tempo. Gli raccontai anche la storia con Harry, senza però rivelare il suo nome. Era una donna così gentile e premurosa. Mi ricordava la mia dolcissima nonna, che mi aspettava in Italia. Avrei vissuto con lei infatti. Era la mia famiglia.
“Il padre?” mi chiese facendo un cenno alla mia pancia. Sospirai.
“Non lo sa ancora” dissi io. “Il fatto è che non riesco a rintracciarlo” abbassai lo sguardo. Restammo un paio di minuti in silenzio, poi Lucy
“Perché sei venuta qui?”
“Io…” sospirai “.. volevo sapere se è questa la panetteria dove lavorava Harry Styles”
“Ho capito” sussurrò pensierosa. “Comunque si. Sei una sua fan?” aveva uno strano tono di voce, ma non riuscii a identificarlo. Un misto tra gioia e rabbia? Delusione? Non lo sapevo. Ma sapevo che era una donna intelligente e, sicuramente, aveva capito tutto.
“Si” le risposi, sperando di essere stata  abbastanza convincente. “Volevo che ricevesse questa lettera” dissi porgendogliela. Lei la prese e annuì.
“Perché non sei andata a casa sua?”
“C’erano troppe ragazze. Ed io ho bisogno che lui la legga. È importante” dissi. Avevo gli occhi lucidi e prossimi a sgorgare.
“E se vorrà contattarti? Qui non c’è scritto nulla” fece lei con fare gentile.
“Si fidi se le dico che a lui non importa niente di me. Sono solo una delle tante ‘fan’” dissi io con un sorriso triste. 
  
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