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Autore: giascali    18/06/2014    4 recensioni
I cristiani credono che, dopo la morte, a seconda del nostro comportamento, andiamo o all' Inferno (che, quando diciamo "va all' inferno!", sia una specie di predizione?) o in Paradiso. Gli Indù, invece, pensano che ci reincarniamo. Gli antichi greci avevano una visione più complicata, ma anche molto più interessante (o quanto meno per me). Gli ebrei, invece, non credono nella vita dopo la morte. Ma tutte queste teorie si sono rivelate false ed Ellison Hyde, sedicenne ragazza inglese, grande amante dei libri e incapace di vivere nell' ordine, sta per scoprirlo. E così, tra amici che fanno sedute spiritiche, il fantasma del nonno della tua migliore amica e molto altro, Nellie troverà un mondo che sembra uscito dall' immaginazione di Tim Burton e scoprirà che, dopotutto, non è l'unica con una vita complicata, sopratutto se si parla di un estroverso ragazzo che non ricorda niente della sua vita...
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
Ricordi fastidiosi

 
Ci sono giorni in cui non mi alzerei dal mio letto neanche per tutto l’oro del mondo.
Quello dopo la nostra incursione al cimitero era un di quei giorni; peccato che la voce di mia madre fosse molto più convincente del mio amato materasso ad una piazza e mezzo e del mio comodissimo cuscino.
Ma d’altronde chiunque è più convincente di un letto comodo con una brocca d’acqua in mano e la minaccia di buttartela addosso, se non ti alzi.
Quando mia madre uscì dalla mia stanza, tirai un sospiro di sollievo. La doccia a letto era una delle cose che più odiavo. Era già successo che mia madre ne facesse uso. E in tutte cercavo di non andare a scuola per colpa di un spaventosa verifica di geometria, che mi avrebbe abbassato la media e sconvolta la psiche per almeno tre ore, senza far ricorso a della cioccolata, ovvio.
Alzai il busto, appoggiandomi con la mano destra a guardai ad occhi socchiusi la mia stanza.
C’erano alcune prove del fatto che fossi entrata più tardi delle altre volte: i vestiti erano buttati a terra, o quanto meno più disordinatamente del solito, e la borsa era finita sulla scrivania di legno scuro.
Decidendo che ormai ero abbastanza sveglia per alzarmi dal mio “nido”, mi allontanai dal letto e raccolsi i vestiti dal pavimento, per poi gettarli nell’armadio. Mi passai una mano tra i capelli e feci uno sbadiglio. Presi dalla borsa il cellulare e controllai se avessi ricevuto chiamate. Niente.
Lanciai l’aggeggio sul letto e mi diressi in bagno.
La mia stanza era sempre stata disordinata, fin dall’alba dei tempi, come mi piaceva dire, ma era più forte di me. Gli abiti, in un modo o nell’altro, finivano sulla sedia o nell’armadio a far parte di una montagna di abiti scuri. I libri, invece, siccome era da tempo che non avevo più spazi dove riporli, erano appoggiati dovunque: sopra altri libri, sotto o sul letto, nei cassetti, davanti la piccola finestra che dava sulla strada davanti alla mia casa. Il resto delle mie cose non aveva mai avuto un posto e per cui era normale che li trovassi nei posti più disparati.
Aprii la porta del bagno e con un gesto veloce mi tolsi la maglietta larga che mi faceva da pigiama.
Una volta era stata di mio padre e per cui su di me sembrava quasi un vestito.
Gettai l’indumento nella lavatrice e aprii la manopola dell’acqua calda. Aspettando che venisse, gettai un’occhiata allo specchio sopra il lavandino. Rifletteva l’immagine di una ragazza sui sedici anni, alta più o meno 1,60, magra, con gli occhi neri e capelli dello stesso colore, e la pelle pallida. Storsi il naso vedendo la mia carnagione quasi bianca. Mi ricordava troppo quella cosa che mi aveva afferrato la caviglia nel cimitero. Abbassai lo sguardo e notai che sul torace stavano comparendo dei lividi.
Erano sicuramente dovuti alla caduta di ieri sera.
Portai il polpastrello del medio sopra uno di questi e lo sfiorai.
-Ahio. – mormorai contrariata.
Era davvero possibile che quella cosa che mi aveva afferrato la caviglia fosse una mano?
Cioè, era impossibile, giusto? Le mani non possono sbucare dalla terra e stringerti per non farti andar via, no? In quel momento non ero più sicura di niente.
Spostai la mia attenzione dai miei lividi all’acqua, ora calda, della doccia e ci entrai, cercando di far finta che il fatto della notte prima non fosse mai esistito.
Mentre mi insaponavo i capelli, però, mi venne un ulteriore dubbio: come si spiegava la faccenda dell’anello, allora?
Quando finii di lavarmi, mi precipitai in camera, con un’ enorme incertezza. Mi fiondai sull’armadio e cercai i pantaloni che avevo indossato la sera prima. Dopo averne gettati molti altri sul pavimento, trovai il paio che volevo. Infilai la mano nella tasca.
Si, era ancora lì. L’anello di ieri sera. Lo tirai fuori da lì e lo osservai con curiosità.
Com’era possibile che fosse finito lì?
Me lo misi al dito e mi vestii.
Entrai in cucina, mentre ancora cercavo di ragionare sulla faccenda. Mi sedetti al tavolo della colazione mormorando un saluto a mia madre.
-‘Giorno. – la mia voce era assente, ero troppo occupata a tentar di capire cosa ci facesse un anello infilato in una radice. Ammesso che quella fosse una radice. No, lo era sicuramente. La mani non possono sbucare dal terreno. Di questo, ero certa.
-Buongiorno, tesoro. – trillò mia madre. – com’ è andata ieri? –
Alzai lo sguardo dal tavolo e lo posai su mia madre, Helen Blake in Hyde. Aveva quarantacinque anni ed era ancora bellissima. Lunghi e mossi capelli bruni le scendevano lungo la schiena, i suoi brillanti occhi verdi mi guardavano con affetto e un sorriso era comparso sul suo volto pallido cosparso di lentiggini.
Ogni volta che facevamo loro visita, i miei nonni non potevano fare a meno di dire che assomigliavo moltissimo a mia madre. Ma io credevo che la somiglianza non fosse poi così lampante, anche se loro affermavano sempre che, se non fosse stato per il colore degli occhi e dei capelli, sarei potuta essere benissimo la sua versione giovanile, eccetto forse anche per le efelidi che io non avevo.
A questo punto della conversazione, avevo sempre storto il naso, infastidita. Non mi piaceva l’idea che fossi considerata la versione più giovane di qualcuno. Io ero Ellison e basta.
- Bene. – borbottai, ancora presa dai miei pensieri. Non avevo avvisato mia madre della nostra innoqua gita al cimitero, solo che saremmo andati a casa di uno di noi e che avrei tardato.
- Tieni. – posò davanti a me un piatto con sopra uova strapazzate e un bicchiere di succo di frutta.
- Hai programmi per oggi? – mi chiese, mentre ero impegnata ad ingozzarmi della colazione.
Inghiottii il cibo e feci un segno di diniego, mentre alzavo lo sguardo. Sorrisi, vedendola dall’altro lato del tavolo della cucina. Stava mangiando e nel frattempo sfogliava un libro con interesse.
“Orgoglio e Pregiudizio”. Già letto.
-No, perché? – chiesi.
-Mi potresti dare una mano in libreria, oggi? – domandò soprapensiero, mentre cambiava pagina. La mia famiglia possedeva una piccola libreria, l’unica in città, specializzata in libri di narrativa. In effetti, vendevamo solo quelli. Da quando mio padre era morto, mia madre aveva continuato a gestirla egregiamente da sola ma ogni tanto mi chiedeva di aiutarla, spesso durante la fine della scuola, quando gli studenti compravano i libri di letteratura assegnati per le vacanze, o per fare l’inventario. Ogni volta che ero lì, per la maggior parte del mio tempo, finivamo sempre per fermarci e cominciare a leggere, per poi essere raggiunte dai miei amici ed iniziare a chiacchierare.
-Certo, quando devo venire? –
-Alle quattro. –
Mi alzai da tavola, per cominciare a pulire i piatti.
Quando ebbi quasi finito, guardai fuori dalla finestra. Fuori era una bella giornata, il Sole splendeva e non c’era quasi nessuna nuvola in cielo. Sorrisi, felice per il bel tempo. Ma, quando notai la figura che mi squadrava, nell’ombra proiettata dalla quercia della casa di fronte alla nostra, cambiai subito espressione. Il sangue mi si gelò nelle vene e impallidii all’istante, come se avessi appena visto un fantasma ed in effetti era vero. Perché, dalla finestra avevo appena visto Abrahm Williams
.


Note dell'autrice:
Okay, ieri ho finito il sesto capitolo, quindi posso continuare a pubblicare abbastanza velocemente senza farmi prendere dal panico.
Comunque, questo capitolo è molto di passaggio, ma serve per far capire un po' com'è la quotidanietà di Ellison. Povera ragazza, non c'è niente da fare: sono crudele coi miei personaggi :')
Che ne pensate della madre di Ellison? Sto pensando di farla apparire un po' di più... Boh, devo vedere cosa farle fare nei prossimi capitoli. A proposito, ci saranno vari riferimenti ad altre saghe di libri, serie tv ed altro in questa storia, per rendere il tutto più reale.
Ad esempio, in questo ho "citato" Orgoglio e Pregiudizio... caso vuole che ieri l'abbia visto alla tv... *^* povero il mio Darcy, me lo immaginavo più bello. Bingley sembrava un idiota ma okay. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, un grazie a i tre che hanno recensito e messo nelle loro liste!

 
   
 
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