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Autore: missimissisipi    19/06/2014    3 recensioni
“Elena”
Il suono della sua voce mentre pronuncia quel nome che non sembra appartenermi del tutto non fa altro che testimoniare il voler allontanarsi da me. Eppure è qui, così vicino. E’ distante con le parole ma a qualche decina di centimetri con le promesse.
“M’importa.” Esclama non sbottonandosi troppo con i suoi pensieri.
“Lo hai già detto.”
Le sue nocche diventano quasi bianche. “Ma tu non sembri capirlo”

Elena, Damon, Katherine, Caroline: l'importanza di avere un qualcuno al proprio fianco anche mentre le certezze si frantumano in un crescendo di eventi capaci di far traballare ogni convinzione.
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline\Klaus, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Katherine Pierce, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Damon/Katherine, Elena/Stefan
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo ventunesimo

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So far from where we are

 

Elena

 

Damon cambia marcia con un gesto secco, inumidendosi il labbro inferiore e continuando a guardare di fronte a sè. E’ sera inoltrata ed il buio fa compagnia ad una città troppo viva e troppo grigia, riflettendo i miei stati d’animo, il miscuglio di sentimenti non identificati che mi bloccano il respiro se mi ci soffermo troppo.

Stringe il manubrio con una presa non salda, le nocche sono del loro solito colore e le mani sono quasi completamente distese. Smetto di guardare lui ed il suo profilo, i suoi movimenti e, per un secondo, mi ritrovo a pensare a quello che sento, per cui volto il capo di fronte a me e decido che devo distrarmi.

Parlare non pare essere un’opzione, sono troppo scossa per dire qualcosa a riguardo e indecisa se scusarmi; d’altra parte lui ha reagito non nel migliore dei modi, mostrandosi vulnerabile e non so dire se questo è un bene o un male. Mi sono sentita attaccata durante la nostra ultima discussione, e, inoltre, l’unico aggettivo con cui riesco a descriverlo è (di nuovo) vulnerabile. Vulnerabile forse perché tiene a me, all’altra me, a sé stesso o semplicemente alla sua sanità mentale.

“Elena… giusto?”

Sobbalzo al sentire la sua voce, per lungo tempo ho ascoltato solo i miei pensieri e poi, sentirlo così calmo e apparentemente pacato dopo quel discorso, sembra essere un’assurdità.

“Credo… credo di sì.”

“Dov’è Katherine?” tamburella le dita sul volante lasciando trasparire ansia da quel questo innocente.

“Suppongo a casa.”

“Avete parlato?” mi rifila l’ennesima domanda da interrogatorio, mettendomi a disagio più di quando credevo fosse possibile.

“Sì.”

“Perché siete identiche?”

“Lei dice di non saperlo.”

Stringe le labbra, lo noto con la coda dell’occhio. “Io l’ho chiesto a te… a meno che non possediate il dono della telepatia, oltre quello della magia che vi permette di essere due gocce d’acqua”

Tagliente, pronuncia queste parole. Sospiro.

“Credo che abbiano a che fare i nostri genitori. Non so dire se i suoi o i miei, ma mi sembra un’impossibile coincidenza che due persone senza alcun legame siano identiche.”

“Perspicace. Hai parlato con quelli di Elena, Elena?”

“No” ribatto secca.

“E perché, se posso chiedere?”

“Perché implicherebbe l’andare da dei perfetti sconosciuti. Ed io ho-”

Mi blocco, mi mancano le parole e Damon, accanto a me, si irrigidisce. Stringe la mascella e smette di  parlare, di porre domande lecite ma apparentemente inopportune e guida con il silenzio nell’abitacolo.

Ho paura. Ho troppa paura. Ecco cosa, inconsciamente, stavo per dire.

In un modo che suona terribilmente patetico, adesso, sento che non riuscirei più a parlare con lui come accadeva prima. In un qualsiasi momento, razionalmente o meno, gli avrei confidato ogni cosa, senza conoscere la reale motivazione del mio gesto. Ora invece no.

Ora, invece, mi sento inopportuna. Come le mie parole.

“Ti posso accompagnare io.”

“Ma non vuoi farlo” replico un attimo dopo, pentendomi di quelle parole.

“Non puoi dirlo.”

Prende un respiro profondo e continua a parlare. “Sei sola. Senza memoria, per giunta, Elena. Per quanto tu sia una sconosciuta per me, sono ancora un essere umano. So che è la cosa giusta da fare.”

“D’accordo” ribatto, rilassandomi sul sedile. “Portami da loro.”

“Adesso?”

“Prima lo farai, prima ti libererai di me.”

Elena

Il suono della sua voce mentre pronuncia quel nome che non sembra appartenermi del tutto non fa altro che testimoniare il voler allontanarsi da me. Eppure è qui, così vicino. E’ distante con le parole ma a qualche decina di centimetri con le promesse.

“M’importa.” Esclama non sbottonandosi troppo con i suoi pensieri.

“Lo hai già detto.”

Le sue nocche diventano quasi bianche. “Ma tu non sembri capirlo”

I miei occhi sfuggono innervositi dal suo controllo, dall’unione con i suoi e, improvvisamente, quest’abitacolo sembra stringersi sempre di più fino a far scomparire tutto l’ossigeno presente.

Deglutisco, buttando giù un groppo in gola di quelli davvero dolorosi.

Insistente e famelico il suo sguardo indugia sulla mia figura, poco dopo ritorna di fronte a sé, sulla strada, nel momento esatto in cui stringe le labbra ed una nuova consapevolezza prende possesso del mio animo.

Un dejà vu.

Una sensazione già vissuta precedentemente. Le luci delle macchine attorno a me. I rumori della strada e il pensiero quasi sfuggente che l’essere stata investita possa ritorcersi contro me.

Stringo gli occhi, riducendoli a due fessure, nella speranza che la destinazione non sia così lontana.

 

***

 

Non è difficile arrivare ad Hampstead Heath e scorgere l’unica e quasi fuoriposto galleria nelle vicinanze. A differenza di quanto lei ha detto, non c’è nessuno ad aspettarmi. In fin dei conti, sarebbe stato anche un po’ surreale cercare qualcuno semplicemente aspettando. O, per la peggiore delle ipotesi, nessuno si è accorto di questa mancanza.

Damon, al mio fianco, avanza di qualche passo e raggiunge la porta d’ingresso. Ovviamente è tutto buio, è notte e non è possibile sperare di trovare qualcuno a quest’ora. Ma lui è più furbo di me, è più lucido di me e, quasi paradossalmente, quei pochi passi di differenza fra me e lui sono più significativi di quanto credessi. E’ davvero lontano da me. E per quanto io corra per raggiungerlo, per quanto avanzi nella spasmodica voglia di essere al suo fianco, non ci riesco.

“Ci sono dei recapiti telefonici” insorge qualche attimo dopo, “Credi che risponderà qualcuno?”

Alzo le spalle, “Provare non costa nulla, no?”

Guarda la vetrata lucida e poi sposta lo sguardo sul suo cellulare, in un movimento che mette ancora più in risalto il suo profilo ed i suoi lineamenti da capogiro.

“Ehm, pronto?”

I miei occhi scattano nella sua direzione, sui suoi, che adesso mi osservano con insistenza.

“Sono con Kat- Elena” inspira. “Ad Hampstead Heath

Sbatte le lunghe ciglia e ascolta una voce che non riesco ad udire. “Non sono un maniaco né un serial killer” ribatte sarcastico.

“Arriviamo subito.”

 

Siamo seduti nel grande salotto di casa Wasilgilbert, non molto ampio ma con un arredamento elegante e raffinato (e costoso, aggiungerei, ma non tutto quel che luccica è oro… anche se, qui, non ne sarei tanto certa). C’è un caminetto in marmo bianco sul muro più grande dell’intera stanza, di fronte al quale sono disposti tre divani color latte attorno ad un tavolino basso pieno zeppo di vasi con fiori, le cui tonalità variano dal bianco al lilla.

I divani tre posti sono arricchiti con semplici cuscini quadrati con strisce più scure; l’ambiente è luminoso e le tende panna sono tutte chiuse, mettendo in particolare risalto un pianoforte nero disposto in un angolo dell’intera stanza.

Accanto a me ci sono solo persone sconosciute, due donne per l’esattezza, che mi lanciano qualche occhiata più spaventata che felice di rivedermi. Sul divano di fronte a me c’è Damon, che tamburella le dita sulla sua coscia e sorride a metà fra il sarcastico e lo scocciato. Accanto a lui due uomini, uno dei quali visibilmente giovane. Siamo qui, intenti a… far nulla? Scrutarci? Aspettare che torni la memoria?

“Quindi tu sei… Elena.”

Lo dice una bruna con la pelle ambrata, la quale spera che forse io sappia più di lei. Alzo le spalle, perché in fondo, cosa ne posso sapere io?

“Ma l’uomo al telefono ha detto che lo eri.” Ribatte poco dopo, assottigliando lo sguardo.

“La verità è che nessuno lo sa. Tranne Katherine... forse.” Subito volto la testa nella sua direzione, Damon che prende la parola; sono quasi catturata da quel nome, come se mi appartenesse ancora. Come se fosse mai stato mio.

“Katherine?” dice l’altra mora al mio fianco.

“La Katherine di Stefan?” continua un istante dopo.

Damon serra le labbra e indurisce la mascella. Io lo guardo. Sembra voglia ribattere. Sembra voglia specificare che Katherine non è di Stefan. Non lo è mai stata. Perché Katherine è sua.

Questi annuisce, con lo sguardo basso e perso nel vuoto di fronte a sé.

“Tu sei… Stefan.” Esclamo allora, e tutti mi osservano con gli occhi sgranati. “Lei ti ha nominato. E anche… il fratello.”

Damon rotea gli occhi al cielo, in un gesto che sa di esasperazione e stanchezza. E’ troppo per lui? E per me?

“Non è quell’Elena” parla Stefan, posando lo sguardo su di me, chiaro e colpevole, ferito e perso.

“L’ultima che abbiamo avuto qui.”

La prima mora scrolla le spalle. “Non puoi saperlo”

“Sì che posso.” Stefan mi indica. “Elena ha tagliato i capelli. I suoi sono lunghi.”

Divento, in poco tempo, il polo dell’ attenzione di tutti i presenti.

“Cosa sai di Katherine?”

Rido istericamente. “Pensavo di esserlo. Lo penso ancora, se non rifletto. Sono così abituata alla sua vita al punto che tutto questo non mi piace. Voglio tornare lì, a casa.”

“Ma sei a casa” ribatte il giovane che non ha aperto bocca.

Scuoto la testa, stanca. “Non ho idea di chi io sia, se Katherine, Elena o chissà chi altro. Non ho idea di quale sia il mio posto, ma lì sono stata bene. Mi hanno voluta bene.”

“Possiamo amarti allo stesso modo.”

“Non ci capisco più nulla!”

“Come possono essere identiche?”

Quanto mi manca Elena.”

La famiglia dell’altra me –ammesso che io sia Katherine – pronuncia queste frasi nel medesimo istante.

“Katherine ha ricordato. Non tutto, perlomeno.” Damon prende la parola, sfregando piano le mani. “Che voi sappiate, Elena è stata a Las Vegas ultimamente?”

Tutti si incupiscono, c’è chi abbassa lo sguardo e chi lo punta su Stefan.

“Stefan?” chiedo io, mormorando appena il suo nome. Lui sembra riprendersi – come se quella voce gli sia mancata, come se fosse un ricordo che prende vita, come se fossi la sua Elena.

“Sì, con me. Dopo che le ho chiesto di sposarmi.”

Damon deglutisce. “Bene, cosa è successo? Perché la mia Katherine ha avuto un incidente.”

Pronuncia duro queste parole, in modo quasi tagliente, ferendomi appena. Come se avessi appena avuto una fitta all’altezza del cuore. La mia Katherine. La donna che ama.

“Abbiamo discusso. Lei aveva… lei…”si copre la fronte con una mano, prima di proseguire. “Lei aveva bevuto. Ed io ero stanco, arrabbiato da come si stava comportando. Quando si è allontanata non ho provato a seguirla. E’ stato—“ adesso mi guarda negli occhi, mentre i suoi sono quasi lucidi. “E’ stato stupido da parte mia. Ma ero furioso. Hai… hai fatto un incidente. Ti ho trovata ore dopo, in un ospedale piuttosto lontano dall’Hotel. Perdonami, Elena.”

Damon ed il ragazzo al suo fianco mormorano un coglione sottovoce, quasi nello stesso momento.

Si guardando di sottecchi.

Katherine non ha ragione: la mia teoria sembra essere perfetta.

“Ricordo Las Vegas.” Inizio incerta. “La mattina in ospedale… prima di Caroline, c’era Las Vegas. Me lo ricordo. E’ l’unica cosa che abbia mai ricordato da quella mattina sino ad oggi.”

“L’Hotel con la torre eiffel?”

Damon ha un briciolo di speranza negli occhi azzurri. Lo sa, sa che Katherine era lì con Caroline quel giorno. Me l’ha detto la bionda una volta. Damon sa che, se io rispondessi di sì, sarei la sua Katherine.

Ma se la mia risposta fosse no, tutto ciò che abbiamo vissuto è stata una bugia. La mia vita è stata una bugia. E questa sarebbe, molto probabilmente, la mia famiglia.

Non sono pronta a mandarlo via, ad azzerarmi daccapo.

Però lo faccio – scuoto la testa, rassegnata, un po’ triste, mentre la speranza si allontana da entrambi.

“Dobbiamo parlare con Katherine.”

“Non la voglio qui” blocco Stefan facendo saettare il mio sguardo su di lui.

“Elena…”

“Non la voglio qui. Voglio solo chiarezza. E lei non può darmi ciò che voglio.”

La odio.

“Voglio che rispettiate le mie scelte. E la mia scelta è non parlare di Katherine, non nominarla, non pensarla, non averla qui. Ha già fatto troppi danni.”

Damon scoppia: “Questo ha fatto tanti danni, io li ho fatti, Katherine e te non potete averne fatti. Non nelle vesti dell’altra.”

“Non proteggerla solo perché sei innamorato di lei!” sbraito io.

Tutti si ammutoliscono.

Damon chiude gli occhi. Sospira.

“Domattina sarò di nuovo qui, in compagnia. Niente idiozie del cazzo, dovete esserci tutti.”

La sua voce è atona, vuota di ogni minimo sentimento che non riveli un’apparente rabbia e frustrazione.

Va via, prendendo la sua giacca e lasciandomi in balia di ciò che temo di più.

Non rispetta le mie scelte, non mi ama, mi odia e basta.

Mi sento incredibilmente vuota.

 

 

Katherine

 

Caro diario,

il mio psicanalista diceva che avrei fatto bene ad averne uno.

Quanto lo odio.

Solo adesso lo sto ascoltando. E non so nemmeno il perché. Okay, probabilmente lo so. E’ che non ho più nessuno, adesso. Nessuno.

 

Mi rendo conto dell’idiozia che ho appena scritto e strappo l’intera pagina.

 

Caro diario,

tutto bene.

Tutti mi parlano, non c’è nessun problema.

 

Accartoccio anche questa pagina.

 

Sto bene.

 

Aggiungo la data di oggi e ripongo il quaderno sul letto del mio appartamento.

 

Sorseggio un po’ di caffè, questa mattina mi sono svegliata terribilmente male e dire che non sono riuscita a dormire, questa notte, non credo nemmeno renda il concetto.

Il liquido scuro e bollente è nella mia tazza colorata, in quella che ho sempre usato.

E’ strano a dirsi – a sentirsi, a pensarsi: essere a casa.

Eppure lo sono: i miei muri sono questi e mi circondano, mi proteggono da quello che c’è fuori.

Sono passate delle ore da ieri, delle ore da quando ho cacciato Elena di qui, da quando Caroline ha chiuso con me e con lei Damon, Nik, Elijah, Vicky – persino Vicky.

E non sto bene, per quanto voglia mentire a me stessa. C’è una parte di me che sperava in un ritorno ai vecchi tempi non del tutto ricordati, un ritorno a casa, con amici, Damon, Elijah, ai litigi, al mio lavoro, alla mia famiglia.

Ma nulla di tutto questo è accaduto: sono più sola di prima.

E riesco a pensare solo una cosa da quando mi sono svegliata (come se avessi mai chiuso occhio).

Un qualcosa di assurdo che non vorrei mai e poi mai fare.

Eppure c’è una parte di me che lo sa, sa che lo farei, sa che ne sono in grado perché prima era prima, sa che potrei fare del bene. Nuoto da tempo senza sapere di non poter stare a galla, di non potermi muovere perché vivo in agonia, ho sempre chiuso gli occhi ed evitato di aprirli, di guardare e capire cosa avevo e cosa perdevo.

Ma ora lo so: e non è da me (ma chi sono io?), affatto. Ma me lo devo.

Prima a me stessa.

Poi ad Elena.

Ma io resisto, lo faccio sempre.

In fondo, sono una Petrova.

___________________________________________________________________________________________________________

Buonsalve! Eccomi qui, con un nuovo capitolo dello strano caso:)

se vi state chiedendo il perchè di questo ritardo... niente, ho finito di scrivere la storia e mi sento davvero incompleta, credo che l'epilogo sia a tratti delirante e a tratti totalmente diverso dalla "serietà" presente nei vari capitoli. Okay, ma passiamo alle note di questo capitolo!

1. Hampstead Heath: è l'ambientazione della vita di Elena, ma, se qualcuno volesse saperne di più, è qui su wikipedia:)

2. https://www.youtube.com/watch?v=2v2_VQxUxmc  questa è la magnifica canzone da cui il titolo prende nome... credo che la conosciate tutti per ovvie ragioni, in più io amo Birdy e molte delle sue canzoni/cover hanno fatto da sottofondo musicale a tvd (vedete il funerale di Bonnie con "without a word" o quello di jenna con "skinny love" etc)

3. questo capitolo, a mio parere, è pieno di dettagli Delena, ma credo siano difficili da scovare. Questo è il punto di vista di Elena,  questo è quello che pensa lei e quello che vede lei, ma c'è sempre l'altro lato della medaglia... e qui mi riferisco a una frase in particolare:) non vi dico altro perchè altrimenti vi rovino la lettura/vi anticipo quello che accadrà nell'ultimo capitolo!

4. cosa ha in mente Katherine secondo voi? anche perchè vi dico che qui finisce ufficialmente il suo percorso, il resto sono dettagli o piccoli eventi che seguono a quanto accade qui!

5. ecco il salotto di casa Wasilgilbert! 

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6. so che il capitolo non è molto lungo, ma è importante, a cavallo fra il precedente e ciò che accadrà nel successivo, dove verrà spiegata e chiarita ogni cosa, dalla storia delle gemelle a tutto il resto:)

per qualsiasi altra cosa, basta chiedere!

vi dico grazie perchè mi sopportate/supportate, nonostante io spesso impazzisca, nonostante la mia insicurezza e nonostante questa storia non sia il meglio che io abbia mai dato. grazie infinite per tutto quanto, davvero! sarebbe bello capire cosa pensaste anche di questo capitolo, so che avreste voluto qualche passo in avanti fra Damon ed Elena, eppure per quanto mi riguarda io vedo molto di loro qui!

vi lascio con lo spoiler e qualche link!

-la mia long fortunata ad essere ancora su efp, acid rain
-la mia os, way to say, che mi sta particolarmente a cuore
-la nuova long scritta a quattro mani con _valins, To bet is to get

Dal capitolo 23:

Alza le spalle. “Le cose nelle nostre vite non vanno bene da un pezzo”
“Lo so”
“No” esclama, “Tu non lo sai davvero, Elena… tu hai un fratello, stavi per sposarti ed avevi tutto. Io ho sempre navigato nel mare dell’incertezza.”

//
“Lo chiedi a me?”
Ride appena, scrollando le spalle e mi sento totalmente stupida per aver parlato con lui.
“Scusami… dimentico che, beh, tu sei Stefan”

//
“Il problema” inizio io, “è che non so più di cosa si tratti”
“Il problema” continua lui, “sei tu, Elena”

a presto ed un bacio!

  
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