Capitolo
ventiduesimo
People
help the people
Katherine
“Quasi
non ci credo che abbiamo avuto la stessa idea” Damon
incurva le labbra in un sorrisetto sincero, che mi spinge a pensare e a
riflettere, e subito giungo ad una patetica conclusione. Siamo
cambiati.
Siamo
cambiati velocemente e senza rendercene conto: dallo
stare sulle nostre a rimuginare o unicamente a pensare a noi stessi,
adesso siamo
insieme per aiutare qualcun altro.
Osservo la
facciata principale della casa che mi ha
ospitata per tanto tempo, il luogo che è stato il mio
rifugio quando credevo
che quelle persone che mi circondavano fossero la mia vera famiglia.
Ci voltiamo
quasi simultaneamente verso la sua Camaro
celeste, parcheggiata in fondo al viale, dopo il grande giardino della
casa di
Stefan. Due persone sono all’interno, hanno gli occhi bassi e
non credo parlino
più di tanto: lo stretto necessario l’hanno detto
durante il viaggio fin qui;
nessun “come stai?”, nessuna spiegazione, niente di
niente: credo siano sensi
di colpa.
“Li
chiamiamo?” domanda Damon ed io annuisco, chiudo la
portiera alle mie spalle e lo guardo per un attimo.
“Aspetta,
Damon”
Lui mi
guarda e mi pare essere passata un’eternità da
quando i suoi occhi chiari si sono posati su di me.
“Non
dire nulla, ho capito” abbozza un sorriso che sa di
dolore ma anche di comprensione. Non l’ho mai visto
così, giuro, mai così forte
e così masochista.
Grazie.
“Posso
farti una domanda, prima che tutto cominci?”
Lui
annuisce e torna a scrutarmi attento e con lentezza,
soffermandosi sui miei occhi e mi sento, per la prima volta dopo tempo,
vulnerabile soprattutto perché lui mi conosce, mi ha
conosciuta ed è qui
nonostante tutto, nonostante tutti.
“T’importa
davvero tanto di lei?”
Adesso ride
con il viso voltato verso destra e le fossette
agli angoli delle labbra appena accentuate. Chiude la portiera della
Camaro e
schiocca la lingua sul palato.
E’
questo il punto, credo, e non penso che Elena l’abbia
capito. Lui d’altronde non ha fatto che girarci intorno,
evita il problema ma
non si vuole allontanare da questo perché è quello
che lo rende vivo e come è adesso.
“Non
dire nulla, ho capito”
Scuote la
testa, quasi rassegnato: “Non ci capisco più
nulla”
“Abbiamo
portato loro qui per una ragione”
“Lo
so” afferma, “Lo so”
Sospiro.
“Bene. E’ tempo di entrare.”
***
Gli occhi
di Elena saettano nella nostra direzione: sono
vispi, accesi, contornati da occhiaie e sembra, per la prima volta,
così
piccola, indifesa, così diversa da me.
Ha i lunghi
capelli legati in una coda alta che mette in
mostra il viso a cuore, una felpa blu di almeno una taglia
più grande che
l’avvolge e dei pantaloncini grigi piuttosto corti e, mi
permetterei, piuttosto
amati dal Damon al mio fianco.
Sorrido
quando la vedo, accenno ad un saluto con la mano
ma la sua espressione rimane impassibile e anzi: cammina oltre
evitandoci e
andando in quella che credo essere la cucina.
“Non
voleva vederti…” Damon mormora sottovoce, io
scuoto
lievemente la testa e “E tu me lo dici solo
adesso?” esclamo.
Mi rivolge
uno strano sguardo, “Andiamo, Katherine, cosa
ti aspettavi?”
E non lo
so, vorrei dirgli, non ho la benché pallida idea
di cosa mi aspettassi.
“Ehi
tu” la voce dell’uomo al mio fianco richiama un
giovane… Jeremy.
“Jeremy”
parlo io, lui si volta verso me e sgrana gli
occhi. “Elena?” domanda con voce bassa, ma io
scuoto la testa e incrocio le
braccia.
“Possiamo
accomodarci? Abbiamo visite”
“Prego”
***
“Non
voglio nessuno di loro qui”
Elena
sbuffa e si lascia andare contro lo schienale del
divano. Si trova all’estremità, ha Jeremy accanto
che la osserva di tanto in
tanto. Credo sia l’unico di cui si fidi.
Non so se
gli altri siano felici di non avermi più tra i
piedi, confusi per mandarmi a quel paese o delusi dal fatto che non
abbia
parlato con loro – probabilmente tutte e tre le opzioni.
Damon al
mio fianco si irrigidisce, così come John e
Isobel. Per me è già tutto meno strano,
è come se avessi accettato il mio
destino – come se fossi più leggera e senza un
peso sullo stomaco, come se
quando Damon mi ha proposto di andare con lui ed i miei genitori da
Elena tutto
fosse divenuto incredibilmente più chiaro. Ho avuto la
stessa idea, e se ci
ripenso forse ci rido sopra.
E’
tutto molto confuso, senza chiarezza ma pieno di ombre
e dubbi: per me c’è luce perché quando
i miei hanno accettato si è sciolto già
un dubbio. E sì, scusami Elena perché non ti ho
creduta, ma adesso i nostri
ruoli sono invertiti e sembra che sia tu, adesso, a dovermi delle scuse.
“Ascoltiamo
cos’hanno da dire” propone Jeremy, sorridendo
cauto ad Elena che, ammutolita, non fa nulla: non acconsente, non nega,
non si
muove minimamente. L’unico spostamento del corpo è
dato dai suoi occhi che si
poggiano sulle figure di due adulti con una coscienza non esattamente
pulita.
“Grayson
e Miranda sembravano i genitori perfetti: una
casa con giardino, una grande e benestante famiglia, un amore
incondizionato
verso i bambini.” John sorride ed il suo sguardo vacilla nel
vuoto: attratta
nel peggiore dei modi dalle sue parole, lo osservo come gli altri nella
stanza.
“Venivano
spesso a Mystic Falls, dove abitavamo, ricordi
Kate? Avevano una casa delle vacanze, bianca, elegante e sorridevano
sempre
quand’erano in città.”
Annuisco
con il capo, in modo quasi impercettibile.
“Non
era un periodo molto felice, ma nonostante tutto noi
avevamo la nostra gioia: Isobel era incinta, ci divertivamo a cercare i
nomi
più belli per la nostra bambina… quando, al terzo
mese di gravidanza, successe
tutto. Noi… scoprimmo di aspettare due bambini. Non uno. Non
poteva essere
vero. Le nostre condizioni economiche non erano promettenti, ma
decidemmo
comunque di tenerli entrambi. Avere un bambino rende migliore la vita
di un
genitore, averne due… è tutt’altra
cosa. Emozioni raddoppiate.”
Abbasso lo
sguardo per terra, stringo le labbra, aggrotto
la fronte.
“E’
stato – è stato dopo aver perso il lavoro a
cambiar
tutto quanto. Per quanto io cercassi di trovarne uno, eravamo senza via
d’uscita: due bambine in arrivo e nessun futuro per loro, una
vita che si
prospettava senza risvolti per le persone più importanti
della nostra vita…”
Elena
incrocia le gambe, Bonnie accarezza il pancione.
“…
quando ho partorito” inizia Isobel con lo sguardo vuoto
“abbiamo portato a casa le bambine.
Grayson e
Miranda volevano tanto un figlio, lo
desideravano così tanto che avrebbero fatto di tutto per
averne uno. Adottarono
una mia bambina. Non ricordo come successe, io…”
“Grayson
era un medico, falsificò il certificato di nascita
delle mie figlie: risultava ne avessimo solo una. Così
avremmo potuto garantire
un futuro ad entrambe… Miranda desiderava fortemente che noi
scegliessimo il
nome della piccola…”
“Elena”
continua Isobel, “Elena perché significa
scintilla, una persona splendente. La bambina sarebbe cresciuta bene,
sarebbe
stato un fuoco che non avrebbe mai smesso di ardere… Poi
c’è stata Katerina,
lei significava purezza. Era quello che serviva a noi, quello che
volevamo
essere: puri. Noi ti abbiamo sempre voluta bene, Elena, ed ogni
qualvolta
Grayson e Miranda venivano a farci visita ci informavano su di te,
sulla tua
salute, sulle prime parole che pronunciavi. Poi smisero di farci
visita… e
tornarono dopo qualche tempo… Miranda era incinta e voleva
farcelo sapere… dio,
era così felice…” Isobel si passa una
mano sugli occhi.
“Jeremy…
l’avrebbero chiamato così. Ed Elena avrebbe avuto
un fratellino con cui giocare. Dissero che era entusiasta
all’idea, che rideva
e aveva una famiglia strepitosa. E noi ti abbiamo vista da lontano, ti
abbiamo
voluto bene da lontano, Elena…” John guarda Elena
negli occhi, lei un po’ trema
e ha gli occhi che preannunciano una caduta psicologica.
“Dopo
un po’ ottenni un lavoro. Kate iniziava a crescere
ed avere esigenze maggiori, cercava di ottenere il massimo in tutto
quello che
faceva, credo per… onorarci. Alla fine del liceo aveva
scritto diciotto lettere per
l’ammissione ai
college più importanti del posto… Diciotto…
eri così ambiziosa, volevi andartene da Mystic Falls e
diventare qualcuno di importante,
ma alcuni rifiutarono la richiesta, alcuni non potevamo
permetterceli…”
“Ed
andai al Whitmore, a sole due ore da casa…”
John mi
osserva. “Già… Ma volevamo credere in
te, ti
davamo il possibile… ti davamo un pezzo del presente che
stava vivendo tua
sorella. Lei era stata ammessa al King’s College e tu non
avevi nemmeno una
borsa di studio… fu l’ultimo viaggio di Miranda e
Grayson, ci dissero questo,
passarono un buon momento di coppia a Mystic Falls e…
l’incidente.”
“Poi
ci siamo trasferiti a Londra” inizio io. “E poi
c’è
stato tutto il resto”
Vedo Stefan
fermo, immobile. Damon ha gli occhi puntati
verso lei, Jeremy sui nostri
genitori.
Cala il
silenzio.
Un conto
è pensarlo, immaginarlo… un altro sentirlo,
capire che è tutto vero. Che non ho mai avuto il massimo
nella vita perché me
la sono cavata da sola, che ho creduto per anni di essere figlia unica
mentre
un fratello o una sorella era ciò che più
desideravo. È vera la storia di
Elena, lei che ha avuto quello che io sognavo, lei che è
cresciuta bene.
Lei che
adesso non ha ricordi di queste sue vite, di quei
genitori che le hanno dato la vita,
che l’hanno cresciuta. I nostri ruoli sono ironicamente
invertiti… e se non
fosse stato per Stefan? O per me, non prudente alla guida? Non ci
saremmo mai incontrate?
“Ho
bisogno…” Jeremy si alza ed Elena lo segue con lo
sguardo, punta gli occhi grandi e scuri sulla figura del fratello che
abbiamo
entrambe amato come se fosse stato nostro consanguineo.
Poi
c’è Damon che aggrotta la fronte, si agita quando
è seduto,
guarda un po’ qui, un po’ lì, sfrega le
mani e poi le allontana bruscamente.
Rose guarda
la pancia di Bonnie e Bonnie guarda la sua
pancia.
Isobel e
John non guardano nessuno che non siano loro o i
loro figli, pardon, la figlia che
hanno dato in adozione facendole del bene.
“Katherine,
possiamo parlare?” Elena mi chiama ed io mi
volto, tutto è così strano perché
sembriamo accettare i nostri nomi, le nostre
vite e qualcosa che fino a poco tempo fa era incertezza e buio.
“In
privato, magari?”
Elena
“In
privato, magari?”
Lei
annuisce e si alza dalla sua postazione, mi volto e
sento i suoi passi dietro la mia figura. Arrivo in cucina, poggiando i
palmi di
entrambe le mani sul tavolo di lavoro lucido e chiaro, percependo il
fresco a
contatto con le dita bollenti.
“Cosa
volevi dirmi?” domanda con le braccia incrociate, si
guarda poi intorno come se questa zona della casa non
l’avesse mai vista. “Oh,
aspetta” muove un indice ed indica tutto quello che ci
circonda, “non mi avrai
portata qui per uccidermi, no? Con i coltelli e tutto?”
Accenno un
sorriso e scuoto la testa. “Sarebbe stata
un’idea…”
Sgrana gli
occhi.
“…ieri.
Ma oggi ho capito una cosa. Anche molto
importante.”
“Sentiamo,
principessa dei poveri, cosa hai pensato?” si
siede su uno sgabello e si sporge verso di me.
Alzo le
spalle. “Non pensi che sarebbe bello vivere
questo valore? Ottenere questa
intimità?”
“Non
ti seguo”
Sbuffo.
“Katherine, per quanto sia strano ammetterlo… tu
sei la mia famiglia. Non ti vedo nemmeno di buon occhio, e dio solo sa
perché…”
“Io
un’idea ce l’avrei”
“…ma
siamo una famiglia, per quanto non ti sopporti, per
quanto non abbiamo avuto modo di conoscerci”
Inclino il
capo e la guardo, mentre non ha ancora compreso
la questione. I capelli sono abbastanza corti e le incorniciano il
capo. Non
riesco ancora a credere che siamo davvero uguali. Io vedo
lei… e non penso a
me.
“Sto
cercando di dirti che dovremmo essere unite. Che tu
hai recuperato gran parte della tua vita, che entrambe sappiamo il
nostro
passato. Ma tu sei un passo più in avanti di me. Ed
io… sono sola. Dietro. In
svantaggio.”
“Non
è un gioco, Elena, lo sai, vero?”
Scuoto il
capo. “E’ più difficile di quanto
immaginassi…
allora, ricominciamo. Quello a cui ho pensato è…
questa casa è grande. E’ così
grande. Ed io non ricordo nulla,
non so nulla di quelle persone in soggiorno. Se non di coloro che mi
sono stati
vicino nell’ultimo periodo.”
“Damon”
ribatte lei, incrociando nuovamente le braccia.
“Damon,
sì, ma anche Caroline, Klaus, persino Vicky ed
Elijah! Perciò, io mi chiedevo se almeno tu volessi rimanere
qui per un po’ di
tempo. So che Caroline ti reclamerà, perché lei
è così, è un vulcano-”
“No”
mi blocca, “Caroline non mi parla.” Deglutisce.
“Vuole metabolizzare il tutto. Io sono… sola,
ecco”
“Quindi…”
“Quindi
vuoi che accetti per giocare a fare le sorelle?
Vuoi che ti dia una mano a sopravvivere, vuoi che ti porti notizie
dell’altra
parte di Londra?”
Nego con il
capo. “Io voglio che questo sia reale, di noi
due sorelle. Voglio imparare a conoscerti, ad apprezzarti, e
chissà, a fidarmi
di te. Voglio provare a far andar bene le cose.”
Alza le
spalle. “Le cose nelle nostre vite non vanno bene
da un pezzo”
“Lo
so”
“No”
esclama, “Tu non lo sai davvero, Elena… tu hai un
fratello, stavi per sposarti ed avevi tutto. Io ho sempre navigato nel
mare
dell’incertezza.”
“Ed
è per questo che ti sto dicendo questo” esclamo
cercando di non alzare il tono di voce, “Ci sto dando una
possibilità”
Si alza e
si porta una mano sugli occhi, stanca. “Vado a
casa”
Stringo le
labbra, ci avevo davvero sperato? Sento il peso
della stanchezza sulle mie palpebre, nei vestiti di Jeremy che indosso,
nei
capelli senza vita che ho legato in una stupida coda di cavallo.
Fantastico,
benvenuta nella tua nuova vita, Elena.
“Non
ci vorrà molto, prendo il minimo indispensabile e
torno”
Cosa?
“Ed,
ah! Elena?”
I miei
occhi incollati sulla sua figura. “Non ti
preoccupare, non guido io. Mi faccio dare un passaggio da qualcun
altro… se sai cosa
intendo” rotea gli occhi in
un gesto che dovrebbe dirmi un paio di cose ma, in realtà,
non ci capisco
nulla.
***
Seduti
sulle scalinate che danno sul giardino, io e Stefan
guardiamo la sera che incombe sulla periferia di Londra. E
sì, ho capito cosa
intendesse Katherine una decina di ore fa quando diceva “se sai cosa
intendo”… ma no, non sono stata in grado di
parlare con
Damon, perché lei, chiaramente, non si è fatta
dare un passaggio da lui. Ma da
Rose.
E
sì, ci siamo anche evitati tutto il giorno,
perché sì,
io mi sono comportata decisamente male, perché
sì, lui è evidentemente ancora
innamorato di quella Katherine, quella vera che non ha nulla a che
vedere con
un’inconsapevole agiata e artista lontana dal suo mondo.
Lui
sospira, credo che sia finalmente libero, lo vedo più
tranquillo rispetto a ieri… ed ha comunque un’aria
più rilassata. Non ho idea
di cosa gli passi per la testa.
“Stefan,
quando dovevamo sposarci?”
Lui mi
guarda, aggrotta le sopracciglia. “L’estate
prossima. A giugno. Era quello che programmavamo sin dal
college… un matrimonio
in estate”
“Mi
piace l’estate”
“Lo so”
“Ma
credo di amare l’inverno”
Spalanca
gli occhi, credo che non si aspettasse questa
affermazione. Poi prende parola.
“Io
credo, invece, di doverti delle scuse” si volta nella
mia direzione e alza le spalle. “Semplicemente per il modo in
cui mi sono
comportato negli ultimi mesi, o forse anni… ti sei
disinnamorata di me da
tempo, ma sono stato troppo impegnato per vederlo, sono stato troppo
stupido
per capirlo”
“Stefan…
non ricordo nemmeno” ma lui continua,
imperterrito, non gli importa, sa che capirò comunque.
“No,
Elena, arriverà il momento in cui ricorderai e questo
avrà un senso… sono stato il peggiore dei
coglioni, il fidanzato che nessuno
avrebbe mai voluto. Non sei stata la mia priorità per lungo
tempo, ed ho
sbagliato, lo so, ma spero ancora che, non oggi, né domani,
tu potrai
perdonarmi”
“D’accordo”
Poi cala di
nuovo il silenzio, io spalmo la mia schiena
sul muro, e, se presto attenzione, posso ascoltare la voce di Bonnie e
Rose che
mangia pop corn. Posso sentire Jeremy e Katherine dibattere su un
videogame. E’
questo che intendevo, prima – la mia
famiglia. Voglio sentirmi a casa. Voglio che anche lei ci sia,
nonostante
tutto. Ed è forse proprio per questo (il nonostante) che le
ho fatto quella
proposta.
“Posso
chiederti una cosa?”
Stefan
domanda dopo un po’, ed io annuisco.
“Lui…
l’uomo che ti ha accompagnato qui ieri… cosa
è per
te?”
Nessun ti piace?,
nessun mi hai già rimpiazzato?
per
quanto inopportuno sarebbe stato, solo una curiosità.
Sospiro.
“Io…
non lo so. Quando sono con lui… dimentico di essere
Elena, non sono più neanche la Katherine che lui pensava io
fossi. Credo che
insieme siamo stati diversi. Lui mi ha apprezzata ugualmente, lui mi ha
scelta
ugualmente, non sempre ha rispettato le mie scelte… lui
è la persona sbagliata,
nonostante non mi abbia mai data per scontata. Sembra che con lui sia
ritornata
l’Elena del college, da quanto mi avete detto. Credo che mi
piaccia… è
sbagliato?”
“Lo
chiedi a me?”
Ride
appena, scrollando le spalle e mi sento totalmente
stupida per aver parlato con lui.
“Scusami…
dimentico che, beh, tu sei
Stefan”
“Sai
che sei ancora in tempo? Nel senso, sai che non è
ancora partito, no?”
“Come,
scusa?”
Sorride.
“E’ nell’altra stanza. Credo che
Katherine abbia
portato qualche vestito in più… o che aspetti
te”
***
“Non
so se l’ho mai detto, ma io amo quella macchina”
Un tonfo e
lui chiude il portabagagli.
La Camaro
azzurra è illuminata dal chiarore della luna e
delle luci della casa.
“Hai
intenzione di sgridarmi?”
Incrocio le
braccia. Scuoto la testa. “No. Scusa per ieri,
non so cosa mi sia preso”
“Bene.”
“E
grazie per essermi venuta a prendere a Trafalgar
Square, per avermi accompagnato fin qui. Lo apprezzo molto.”
“Bene.”
“Hai
intenzione di ripeterlo per ogni cosa che dirò?”
Alza le
spalle. “Hai molto altro da dire?”
“Non
lo so. Non programmo le cose”
“Bene”
“Perché
sei ancora qui, Damon?”
Mi gela con
i suoi occhi dello stesso color del mare.
“Vuoi
che me ne vada?”
Scuoto la
testa. “Non credo di aver detto questo”
“Bene”
“Mi
dispiace, okay? Quante volte dovrò ripeterlo?”
Lascia
stare la sua macchina e si avvicina a me,
mantenendo comunque molta distanza fra i nostri corpi.
“Non
lo so, Elena, perché continui a seguirmi, a parlarmi
e a comportarti come nulla fosse quando pensi che sia chiaramente
innamorato di
Katherine? Perché un attimo prima sembra che ti importi e
l’attimo dopo no?”
“Di
cosa stai parlando, Damon?”
“Non lo so,
dimmelo tu”
“Il
problema” inizio io, “è che non so
più di cosa si
tratti”
“Il
problema” continua lui, “sei tu, Elena”
Deglutisco
e serro le labbra dopo le sue parole. Ha
ragione? “Vuoi che me ne vada?”
“Il
problema” alza le spalle, ignorandomi bellamente “è che
non vedi quanto sei insicura, non hai
la minima idea di cosa ti passi per la testa. Il problema è
che un attimo prima
mi sembri una bambina, il successivo una donna sicura di
sé.”
“Qual
è il punto, Damon?” Mi
stai ferendo.
“Esserti
vicino mi fa impazzire, e non esserti vicino mi
fa impazzire”
La sua
fronte è aggrottata ed io non ci sto capendo più
niente. Inizia a soffiare del vento fresco e il cielo è
più blu di qualche
minuto fa.
“Adesso
sono davvero confusa…”
“Bene”
Mi avvicino
a lui, una manciata di passi riescono a
colmare il vuoto fra noi due.
Mi alzo in
punta di piedi, sfioro con la mano la sua
maglia grigia. Sfioro le
labbra di Damon.
Un bacio.
Un tocco
lieve e così inaspettato che sembra non essere
mai successo.
Poco dopo
torno sulle quelle labbra, più disinibita, e
allaccio le mani al suo collo quando la mia irruenza incontra la sua.
Così come
le nostre confusioni, i nostri malintesi, il fatto che ora sembri
così
sbagliato baciarlo.
“Perché
l’hai fatto?” è la domanda che sibila
qualche
attimo dopo, a pochi millimetri dalle mie labbra.
Il suo
sapore è ancora su di me, respiro lui ed il suo
profumo.
“Ho
avuto una giornata di merda e ne avevo bisogno”
“Bene”
E non mi da
nemmeno il tempo di ribattere che ritorna su
di me, a sovrastare il mio corpo, le mie labbra e la mia aria.
Schiaccia il mio
corpo contro il muro e contro sé stesso, ora è
impossibile muoversi ma, a dire
il vero, non ne ho affatto voglia.
Sfiora il
mio collo e alcune ciocche di capelli
disordinate e fuoriposto e torna a baciarmi con intensità.
Mi perdo in
lui, offusca la mia mente e sì, lo confermo:
sono anche più confusa di prima.
“A
cosa era dovuto questo?” chiedo io con gli occhi quasi
socchiusi, aperti il necessario per godermi il suo sorriso.
“Ho mantenuto la tua promessa”
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Salve a
tutti!
Avevo detto
che avrei postato prima di una settimana…
giusto perché finalmente si sarebbe capito qualcosa di
Katherine ed Elena, ma
avrei potuto far di meglio: solo sei giorni dal capitolo ventuno.
Okay, a mia
discolpa posso dire che… uhm… ero alle prese
con le idee per una nuova long? E che non riesco più a
scrivere data la fine
dello strano caso? Ecco, sì.
Va bien,
passiamo al capitolo!
a) spero
che la vicenda sia chiara, ormai! Due gemelle
separate alla nascita perché john e isobel non riuscivano
economicamente (e non
solo) a mantenere due bambine e dare loro il futuro che meritavano. Ora
so che
molti di voi avevano delle ipotesi, per cui mi scuso se non
è all’altezza delle
vostre aspettative, mi scuso di avervi fatto penare ventidue capitoli
per
sapere una storia semplice e a tratti banale!
b) Il
percorso di Katherine terminava nel capitolo
precedente, l’avevo detto ed era una sorta… di
anticipazione, nel senso che lei
ha fatto quel che doveva, quel che poteva e nel frattempo è
cambiata. E con
questo non dico che sarà tutta pace e amore d’ora
in poi, non sarebbe né da lei
né da me, ma nel processo ha appreso nuove cose, ha nuove
certezze e ne vuole
altre, motivo per cui fa una cosa buona per Elena (convocare damon,
isobel e
john da elena)
c)
(d)Elena: vi ho fatto penare sempre ventidue capitoli
per un loro incontro ravvicinato, lo so! Ma prima mi sembrava
affrettato,
sbagliato: nella versione originale della storia (ovvero la mia prima
idea) damon
ed elena avevano un incontro molto ma molto ma molto ravvicinato
nel capitolo dove adesso c’è la loro
conversazione al
telefono. E da lì lui avrebbe capito che quella
lì non era la sua Katherine. Forse
più realistico? Non so, ma non li vedevo pronti
né abbastanza uniti/vicini per
passi del genere.
Elena ha
comunque nutrito un certo interesse per Damon
almeno negli ultimi capitoli, l’ha desiderato almeno quanto
lui che ha imparato
ad amare Elena da… uhm, credo il capitolo 14, il loro
viaggetto per londra? Comunque,
credo che parlare con stefan fosse necessario: sa la sua storia, sa che
ha
amato quell’uomo ma adesso non è più
così… ha ventisette anni e si sente come
un’adolescente alla sua prima cotta con Damon
perché lui l’ha stravolta mai
dandola per scontata. Ditemi i vostri pareri!
d) il
titolo fa riferimento ad una canzone, della quale
Birdy ne fa una cover.
e) avete presente Elena con la coda di cavallo? No? Beh, datele un’occhiata: è meravigliosa.
f) due
spoiler per l’epilogo, il solito scritto… ed
un’immagine.
Vi avviso che ci sarà solo un punto di vista, che
è ambientato un bel po’ in
avanti rispetto ad adesso, e che può risultare pazzo e a
tratti surreale perché
non è triste, non è intriso di queste
vicende… ma è quasi felice, il mio esatto
opposto quando l’ho scritto.
Un personaggio indosserà questo vestito: chi? Si accettano scommesse!
Adesso la
smetto e vi ringrazio davvero molto per tutto
ciò che fate per questa storia. per me è
tantissimo, e significa altrettanto. Grazie
davvero, in più vi sprono a lasciarmi un parere su questo
capitolo
fondamentale!:)
Un bacione
e a presto!
Dall’epilogo:
“Che
c’è?”
“Elena…
stai davvero dando di matto.”
//
“Da
quand’è, esattamente, che non andate a letto, voi
due?”
shameless
selfpromo
-la
mia long fortunata ad essere ancora su efp, acid
rain
-la
mia os, way
to say,
che mi sta particolarmente a cuore
-la
nuova long scritta a quattro mani con _valins, To
bet is to get