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Autore: piero90    19/06/2014    0 recensioni
Eldos, un ragazzino di 13 anni, intraprende insieme al padre un viaggio verso la capitale delle Terre Libere; il continente in cui tutto è possibile. Il loro scopo è quello di rifarsi una vita lontani da Imperia. Daol è un luogo pieno di occasioni; riescono subito a metter su un'attività al mercato centrale anche grazie all'aiuto della zia Tyrenne, la quale però chiede in cambio un favore...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eldos, il ladro e la locandiera.
 
   Tre anni sono trascorsi dall’arrivo nelle Terre Libere, Eldos e Tyrsis sono diventati molto uniti e hanno un bel gruppo di amici. Eldar ha un fruttuoso lavoro al mercato centrale di Daol e, ogni tanto, si sposta nei villaggi di Mote e Sels per ampliare i sui commerci. Tyrenne continua le sue brillanti ricerche per il governo centrale, il quale le ha assegnato un posto all’interno del palazzo reale.
 
   Il ragazzo, ormai sedicenne, stava seduto sulla staccionata che recintava il giardino della zia in attesa di Brik, un suo amico. Gli occhi guardavano costantemente la stradina polverosa di fronte a se, il caldo lo faceva sudare e spesso si asciugava passandosi il braccio sulla fronte. Ad un tratto un figura apparve in lontananza, figura che si avvicinava a grande velocità. Brik stava correndo inseguito da due cani, i quali abbaiavano minacciosamente. Quando fu abbastanza vicino a Eldos lo prese per un braccio facendolo scivolare dalla staccionata, coinvolgendo anche quest’ultimo nell’inseguimento.
   «Brik, che diavolo hai fatto?» Chiese urlando, mentre si guardava dietro per rendersi conto della distanza tra lui e i due animali, che ormai sembravano troppo vicini.
   «Niente, ho solo preso una cosa in prestito alla bottega di Filbran». Rispose con un po’ d’indecisione, ripetendo il gesto del compagno di fuga.
   «Va bene, ho capito, hai rubato di nuovo, stessa storia di una settimana fa». Rimproverò Eldos che conosceva bene le abitudini dell’amico.
   Brik Thoril era un ragazzo diciottenne, del distretto povero di Daol, aveva i capelli rossicci a cresta e occhi castani sottili; come vestiario indossava quasi sempre roba uguale, canotta bianca e pantaloni a mezza gamba grigi, le scarpe erano perennemente rotte nonostante le aggiustasse quasi tre volte al mese, cosa normale per uno che passa le giornate a fuggire.
   «Non è il momento adatto per parlare, questi ci sbranano, dobbiamo dirigerci nei vicoletti del distretto povero se vogliamo scamparla». Propose affannato per la lunga corsa.
   «Non potevi lasciarmi dov’ero…». Disse il ragazzo tra se e se. L’idea del ladruncolo però non era stata male, i vicoli avrebbero reso la fuga sicuramente più agevole e poi da quelle parti qualcuno li avrebbe certamente aiutati. Quando i cani erano quasi alle calcagna, voltarono a destra di scatto per dirigersi verso la nuova meta.
   Dopo qualche minuto le vie strette del distretto iniziarono ad apparire, molta gente si scansava intimorita dal passaggio dei famelici cagnacci. Erano ormai stremati, Brik stava per cedere.
   «Le gambe mi stanno abbandonando». Lamentò esausto. Era abituato a questi momenti e finora l’aveva sempre scampata, questa volta però sembrava davvero al limite. Eldos, che ancora aveva un po’ di birra in corpo lo vide distaccarsi sempre più dal suo fianco.
   «Tieni du…». L’urlo gli rimase strozzato in gola, alla vista di una ragazza che faceva cenno con la mano. Quando tutto sembrava perduto ecco che un lampo di speranza si accese negli occhi dei due ragazzi.
   «Da questa parte, forza!». Esclamò a voce alta Valyria, la figlia della locandiera della Taverna di Sabbia, che spuntava con la testa da dietro la porta del magazzino in cui tenevano la roba per il locale. Quelle parole accesero le poche energie rimaste.
   «Ci siete, dai che ci siete». Continuava a incitare.
   Con un ultimo sforzo i due si riversarono all’interno del magazzino. Eldos non riuscì a frenare la corsa e finì in una balla di paglia, Brik si tuffò letteralmente sul pavimento prendendo una sonora botta. La loro salvatrice chiuse rapidamente la porta sbattendola sul muso dei due animali, che ancora continuavano a ringhiare e, malgrado il colpo, non si arrendevano, continuando a battere le zampe sulle tavole di legno che gli avevano impedito il passaggio.
   «Brik, ancora nei guai? Eldos, mi meraviglio di te…». Rimproverò scoraggiata. Ammonendo i due malcapitati.
   I due, dopo essersi seduti a terra, iniziarono a fare dei grandi respiri per prendere fiato, erano sporchi e avevano i vestiti inzuppati di sudore. Dopo un po’ si ripresero.
   «Io non c’entro, come al solito Brik va a rubare e questa volta ha deciso di rendermi suo complice.» Proferì con un leggero senso di rabbia nei confronti dello scapestrato amico, mentre si toglieva il fieno di dosso.
   «Ti darò un terzo dei guadagni che farò, sei contento?». Replicò sonoramente in seguito a qualche colpo di tosse.
   Valyria, dopo avergli lanciato degli stracci puliti, invitò i due a stare zitti. Li trattava come bambini, nonostante avesse solo un anno in più del ragazzo con la cresta rossa. Era una bella ragazza, capelli neri raccolti in una coda, occhi castani. Il fisico, abbastanza slanciato, proponeva già delle forme piacevoli di donna, su cui Brik si divertiva a fare battute. Vestiva spesso con un grembiule bianco che faticava a tenere pulito.
   «Ehi “belle tette”, non dirmi quello che devo fare». Disse mentre si asciugava il volto. A Eldos scappò una risatina.
   La ragazza, visibilmente infuriata e imbarazzata, con un gesto rapido si coprì il decolté con le mani, cercando di nascondere le forme generose.
   «Brutto idiota, forse era meglio se ti lasciavo ai cani». Gli strillò in faccia. «E tu, biondino, non ridere». Continuò girando il viso pieno di rabbia e imbarazzo, verso le balle di fieno.
   «Almeno hai preso qualcosa di buono, ho sempre le solite stupidaggini da pochi spiccioli?». Inveì contro il ragazzo che accennò un sorriso.
   Brik, dopo essersi asciugato per bene, mise una mano dento una tasca dei pantaloncini e tirò fuori un oggetto di piccole dimensioni, una specie di ciondolo a forma di rombo con tanti minuscoli intarsi, che mandava un bel luccichio. I tre si disposero in cerchio, seduti e con le gambe incrociate, affascinati da quel brillare.
    Il ladruncolo aveva lo sguardo pieno di soddisfazione, esibiva il suo tesoro passandolo vicino agli occhi dei due amici, per poi trarlo a se.
   «Quello di oggi è un colpaccio». Annunciò fiero.
   «Sembra oro vero, chissà quanto vale?». Si domandò Valyria, che a quella vista aveva subito sbollito la rabbia precedente.
   «Guarda, ha una sfera rossa incastonata al centro, che bei riflessi». Aggiunse Eldar. «Potrei far visionare l’oggetto a papà, lui sa sicuramente quanto vale, ritorna da Mote proprio questa sera». Propose, convinto di essere utile. «Io non sono un ladro, ma che male c’è ad aiutare un amico in difficoltà». Riferendosi agli scarsi guadagni della famiglia Thoril.
   Brik gli lanciò un’occhiata diffidente.
   «E chi mi dice che non lo farai vendere a tuo padre e ti prenderai tutti i soldi». Esclamò sospettoso, mettendosi faccia a faccia con l’amico.
   «Conosci Eldos, sai che non farebbe mai una cosa simile». Intervenne la figlia della locandiera in sua difesa.
   Restò immobile per qualche secondo, aspettando un cenno di approvazione. 
   «Mhhh… va bene, voglio crederti». Pulì il prezioso oggetto con il palmo della mano e glielo passò con una leggera esitazione. Teneva molto i suoi bottini, piccoli o grandi che erano.
   Eldos assunse un’espressione sicura e decisa, mentre riceveva in mano il ciondolo. Valyria fece un sorriso e si alzò.
   «Voglio fidarmi, ma mi raccomando, l’hai trovato in mezzo alle campagne rocciose mentre passeggiavi, non devi nominarmi, so che tua zia non mi vede di buon occhio». Raccomandò il furfante.
   «Allora è deciso». Eldos gli lanciò uno sguardo sicuro e annuì, mentre riponeva l’oggetto nella tasca della maglietta.  
   «Bene, domani a quest’ora ci incontreremo di nuovo qui, voglio controllarvi ragazzini». Dichiarò la proprietaria del magazzino, con voce autoritaria.
   «Vuoi controllarci o vuoi far parte dell’affare?». Ribatté ironicamente Brik.
   La ragazza lo guardò adirata e con il dito stava già indicando l’uscita. Il suo sguardo diceva tutto non c’era bisogno di parole, quindi non risposero e si avviarono verso l’uscita. I cani avevano smesso di abbaiare da un pezzo, erano andati via, si poteva uscire in tranquillità. I due compagni di disavventure attraversarono per primi la porta di legno e si allontanarono. Valyria assicurò il lucchetto con qualche giro di chiave, poi salutò.
   «Ciao, a domani e state attenti». Voleva molto bene a quei due, anche se non lo dava tanto a vedere.
   Si voltarono e con un cenno ricambiarono il saluto.
   «Ciao “belle tette”». Era il solito saluto di Brik. Risero alla faccia che fece la ragazza difronte a quell’esclamazione, poi l’amico gli tirò una pacca sulla testa. «Smettila su».
   «Oh vedi che è un complimento, c’è gente che paga per quelle». Poi tornò serio e cambiò discorso. «Mi raccomando non deludermi». Tese la mano aperta in segno di accordo, gesto che venne ricambiato immediatamente.
   Dopo qualche metro si divisero.
      
   
 
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