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Autore: Memento_B    16/08/2008    1 recensioni
Le tre bambine erano sedute sui divani posti dall’altra parte della grande sala. Lì vi era più luce ed allegria; le tre confabulavano fra loro per poi ridacchiare sommessamente, ben attente a non farsi sentire o vedere dalla madre. La più grande era Bellatrix, aveva sette anni ed era una bambina bellissima. Ira e vergogna si leggevano nei suoi occhi molto espressivi, spesso lanciava sguardi carichi d’odio e rancore verso la madre. Andromeda aveva cinque anni e fisicamente assomigliava molto alla sorella, ma quando sorrideva vi si poteva scorgere una traccia di bontà ben rara nei Black. Narcissa quel giorno compiva tre anni. Seppur piccola non le fu risparmiato l’abito elegante di pizzo nero.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Famiglia Black, Narcissa Malfoy, Ted Tonks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing moments'
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Quarrels

Hogwarts, 1965
Giardino



Bellatrix era seduta in riva al lago in compagnia di alcuni suoi compagni di corso, molti dei quali sarebbero diventati Mangiamorte. Era a qualche metro di distanza dagli altri ragazzi, appoggiata ad un tiglio ed era intenta a scribacchiare su un quadernetto dalla copertina rigida e di colore scuro. Ogni tanto si fermava, posava il quadernetto sulle ginocchia ed osservava il profilo del castello come se fosse in cerca di ispirazione per poi riprendere a scrivere le sue memorie.
Le sue mani erano straordinariamente candide, al contrario di quelle dei suoi compagni non presentavano alcuna macchia d’inchiostro così come sul quadernetto non vi era alcun genere di cancellatura o sbavatura. Tutto in lei appariva perfetto, dalla sua postura fiera ai suoi movimenti fluidi e puliti. La chioma nera era sciolta e le arrivava quasi alla vita, perfettamente liscia e pettinata. Gli occhi scuri e le labbra rosse spiccavano nel pallore spettrale del suo volto, la piuma grigia e marrone era impugnata con la mano destra saldamente, le unghie lunghe e tagliate perfettamente a forma di mezzaluna non presentavano alcuna mancanza di calcio né una qualsiasi forma di sporcizia.
Era irremovibile nell’espressione, pareva emanare tranquillità e serenità con un misto di tristezza, ma se la si guardava bene negli occhi si poteva notare il furore covato negli anni, sembrava quasi che ogni tanto ci fosse qualche lampo di follia. Era straordinariamente contraddittoria. La calma apparente veniva distrutta dalla foga dei movimenti del suo braccio e dalla straordinaria velocità con cui scriveva, la sua stupefacente bellezza ingannava ogni sguardo e senso, facendola apparire di una dolcezza straordinaria, ma bastava un solo sguardo al suo viso e la profondità del suo sguardo a far cambiare idea. Era contrastante anche nel vestire, poiché la divisa di Serpeverde –oltremodo ordinata- la faceva apparire comune, poco diversa dai suoi compagni di corso, eppure c’era sempre qualche dettaglio più elegante che la distingueva. Un bracciale, un anello, degli orecchini oppure una camicetta col pizzo inamidato o ancora una traccia di rossetto facevano la differenza.
<< … Non è così, Bella? >> la voce di Jane Rosier, sua cugina, distolse con profonda irritazione la quasi quindicenne dai suoi pensieri.
<< Cugina, non so di cosa tu stia parlando e non m’importa saperlo >> sibilò Bellatrix, degnandola di una rapida e sdegnosa occhiata << E nel caso si trattasse di un parere importante su un pensiero da te formulato, sappi che la risposta è no. Non è mai come dici tu. >>
<< Sempre assorta nei tuoi pensieri, che a quanto pare sono profondi e giusti, i soli degni di nota immagino >> replicò Jane, offesa ed umiliata. Si aggiustò la trecce rosse con un gesto della bacchetta e si allisciò la frangetta sulla fronte con la mano. Era molto gelosa di Bellatrix e della sua bellezza, la cugina non passava mai inosservata ed aveva una buona dose di disprezzo verso le comuni regole della buona educazione riuscendo sempre e comunque ad apparire nella sua forma più bella. Per lei e per la sua epoca era inconcepibile che una ragazza si presentasse in pubblico con il viso truccato a soli quattordici anni e mezzo ed avere i bordi della camicetta fuori dall’orlo della gonna era alquanto vergognoso. Ma quel che più faceva irritare Jane era il fatto che tutto ciò passasse inosservato, era normale che Bellatrix Black fosse un po’ fuori dalle righe nei suoi comportamenti . Allo stesso tempo ammirava la cugina poiché era riuscita a rendere quelle sue strane abitudini comuni.
<< Sono proprio curiosa di leggere quel che scrivi, sai Bella? >> continuò Jane, alzandosi dall’erba ed avvicinandosi alla cugina.
<< Beh, credo che tu rimarrai curiosa a vita >> commentò Bellatrix << E ti ho già detto di non chiamarmi “Bella”. Anche se tu sei malauguratamente imparentata con me, non hai questo privilegio. Per te io sono Bellatrix. >>
La Black era infastidita dall’abitudine di tutti i suoi conoscenti di chiamarla “Bella”. Parevano non capire che erano in pochi ad avere il permesso di accorciare il suo nome, fra questi vi erano i suoi genitori, le sorelle e gli amici più intimi. Cercava di fare a meno di avere amici, lei non ne aveva bisogno, poteva benissimo cavarsela da sola; rifiutava poi qualsiasi consiglio, provenisse esso da un insegnante o da Andromeda. L’unica che poteva consigliarla e di cui poteva fidarsi era sua madre, per la quale Bellatrix nutriva ammirazione sempre più crescente nonostante la notevole distanza. “Bella” suonava così comune, c’erano un sacco di altre ragazzine ad Hogwarts che si facevano chiamare “Bella”, tutte persone di un livello inferiore al suo mentalmente e fisicamente, alcune erano perfino Mezzosangue. Lei non poteva essere chiamata come altre, lei era unica, era la migliore. Amava il suo nome, le suonava così forte e deciso, perfetto per lei. Bellatrix Black. Si vergognava profondamente del suo secondo nome, che affiancato al primo la faceva apparire scialba e toglieva ogni magnificenza. “Bellatrix Elladora Black” non avrebbe mai suscitato rispetto.
<< Bella, sei così antipatica a volte. Antipatica e fredda. Suvvia, siamo tutti simili, anche tu hai un cuore dolce >> disse Jane, con un mezzo sorriso. << Tesoro, non è possibile che tu sia così esclusivamente… stronza. >>
<< Rosier, stai andando oltre ogni limite >> sibilò Bellatrix, gli occhi puntati su quelli della cugina e le labbra livide << Perdonami se non uso i tuoi stessi termini straordinariamente fini, ma non vorrei rendere ancora più evidente la nostra parentela. Sono acida, sì, e ne vado fiera. E’ mille volte meglio essere acida che essere svenevole come te, Rosier. >>
Jane ricambiò lo sguardo di Bellatrix con palese sfida ed un sorriso divertito dipinto sul volto; raggiunse la cugina con passi veloci ed ampi ed afferrò il diario dalle mani della Black, iniziando a leggerne stralci ad alta voce << “… E’ fin troppo riguardevole nei miei confronti, l’opposto di quel che io desidererei…” Bella, ma come ti esprimi? >>
<< Rosier, restituisci immediatamente ciò che hai preso >> Bellatrix scattò in piedi, la mano sinistra tesa verso la cugina, il braccio destro teso lungo il fianco. Poiché la cugina era restia ad obbedirle, estrasse la bacchetta << Rosier, sto perdendo la pazienza. Conto fino a tre, dopodiché nessuna parentela potrà salvarti dalla mia bacchetta. Uno... due… tre. >>
Jane fu schiantata contro l’albero con un movimento fluido del polso e l’incantesimo appena sussurrato. Bellatrix si era portata avanti nel programma, studiando incantesimi che non avrebbe conosciuto fino all’anno successivo. Recuperò il quadernetto e l’infilò nella borsa a tracolla. << Che ti serva da lezione, Rosier. >>
Bellatrix si allontanò dalla cugina, passando attraverso il capannello di Serpeverde che fino a pochi minuti prima acclamava Jane, mentre adesso parevano preferire di gran lunga la Black. Lei non li degnò di uno sguardo, con la testa alta, lo sguardo altero e il portamento fiero proseguì, entrando nel castello.
Percorse i corridoi illuminati fievolmente dalle torce che conducevano alla Sala Comune di Serpeverde. I rumori dei suoi passi rapidi rimbombavano nel corridoio deserto che man mano che si avvicinava ai sotterrai diventava sempre più umido e buoi. La ragazza scese l’ultima rampa di scale ed imboccò decisa il corridoio che svoltava a sinistra. Ricordava perfettamente le sue prime tragiche settimane ad Hogwarts. I corridoi dei sotterrai erano innumerevoli e somiglianti, gli unici elementi di decoro erano le armature che erano poste nei punti dove un corridoio s’incrociava con un altro; si brancolava poi nella più completa oscurità, le torce fissate ai muri e le grosse fiaccole di pietra bianca alte un metro non erano sufficienti ad illuminare del tutto il passaggio.
Era quindi esasperante e quasi impossibile orientarsi in quel labirinto di corridoi e passaggi segreti, il tutto ostacolato da rappresaglie contro gli studenti di Pix.
Ma quando si riusciva a memorizzare una volta per tutte il percorso da compiere tutto diventava più semplice. Bellatrix s’arrestò davanti ad un tratto di muro in pietra dove i segni dell’umidità erano particolarmente evidenti.
<< Ambizione >> mormorò stanca Bellatrix, entrando nella Sala Comune non appena il tratto di muro rivelò una porta scorrevole che s’aprì quando la ragazza pronunciò la parola d’ordine. Bellatrix amava la sua Sala Comune. Era un sotterraneo esteso più in lunghezza che in larghezza completamente in pietra grigia e finemente intagliata, ancora intatta nonostante il lungo tempo e l’umidità grazie alla magia. Dei lampadari di forma circolare e di colore verde pendevano dal soffitto particolarmente basso, anch’esso in pietra. Ogni lampadario reggeva due dozzine di candele che illuminavano alla meglio l’ambiente, ma la più grande fonte di luce e di calore proveniva dal camino posto in fondo alla sala. Era di colore nero, adornato da varie figure in bronzo, perlopiù sinuosi serpenti con occhi di smeraldo che s’arrampicavano su per colonne intagliate nella pietra. Sopra il camino troneggiava il ritratto di Salazar Serpeverde. Il ritratto era stato eseguito nella tarda età di Serpeverde, pochi mesi prima che l’uomo lasciasse Hogwarts. Era grande, circa due metri di larghezza e due metri e mezzo di altezza, dipinto con olio su tela e mantenuto con vari incantesimi di permanenza e impermeabilità. Serpeverde era raffigurato a mezzobusto, indossava un’elegante veste verde finemente decorata d’argento, decorazioni che parevano serpi. Aveva le braccia incrociate e dalle maniche spuntavano due mani ossute e bianche. La forma del viso era ovale, un viso scarno e particolarmente pallido, con gli zigomi alti e folte sopracciglia, un naso lungo e diritto e una bocca livida e mai sorridente. I capelli bianchi arrivavano a toccare le spalle e i baffi e la barba s’allungavano di poco oltre il mento. Inoltre, vi era un medaglione sul petto. Solo una cosa era immutata nel quadro, per quanto Serpeverde si muovesse, l’espressione del viso rimaneva tale. Arcigna, superba, severa, quell’espressione glaciale incuteva timore a chiunque incrociasse gli occhi dipinti di Salazar Serpeverde. Bellatrix amava gli occhi di Serpeverde, sarebbe rimasta ore ed ore a guardarli. Erano di forma allungata, leggermente infossati, di un azzurro così chiaro da sembrare quasi bianco con lievi sfumature di grigio. Sembravano vivi, specialmente quando saettavano da una parte all’altra della stanza. Lo sfondo del dipinto mostrava la Sala Comune ai tempi di Serpeverde, all’epoca molto più buia. L’artista aveva cercato senza molto successo la tridimensionalità dell’immagine, realizzata sicuramente in periodo gotico, come si poteva intuire anche da alcuni fattori della figura stessa di Salazar Serpeverde, ad esempio la raffigurazione più umana e vicina alla realtà del volto.
Ma il dettaglio che Bellatrix più amava di quel dipinto era il medaglione. Era un grosso medaglione d’oro con una elaborata S che –Bellatrix ne era sicura, nonostante avesse davanti una rappresentazione grafica- con la luce adeguata era in grado di produrre dei giochi visivi grazie agli smeraldi con cui pareva essere fatta. Spesso si chiedeva quanto valore avesse storicamente ed economicamente, chi fosse l’attuale proprietario, se fosse a corrente del valore dell’oggetto e che uso ne facesse. Si diceva che avrebbe dato la vita pur di conoscere il proprietario di quell’oggetto così prezioso, e che sicuramente l’avrebbe protetto nel suo possibile. Non sapeva e mai avrebbe saputo che quei suoi pensieri e desideri un giorno si sarebbero avverati, finendo proprio col farle perdere la vita e quanto di più caro avesse al mondo.
La cornice era imponente e d’oro, finemente lavorata sempre rifacendosi ai serpenti, sul sommo poi vi era lo stemma argento e verde di Serpeverde.
La Sala Comune era quasi del tutto vuota, erano poche le sedie scolpite su cui erano seduti dei ragazzi, così Bellatrix poté sedersi sulla sua sedia preferita. Era accanto al camino, da lì riusciva ad osservare il punto da cui era entrata. Anche dall’interno sembrava un semplice muro, solo che aveva la particolarità di essere attraversabile anche da essere umani, come se fosse liquido. Accanto vi era un ritratto di una bambina dai capelli neri, di cui Bellatrix non conosceva l’identità, ma che era sicura di aver visto da qualche parte. Tale bambina era infatti Helena, la Dama Grigia, figlia di Salazar Serpeverde e Rowena Corvonero, fantasma di Corvonero e amata del Barone Sanguinante, fantasma di Serpeverde.
Bellatrix si era appena seduta quando Andromeda entrò velocissima nella Sala Comune, alcuni libri stretti al petto e un gran sorriso sul volto. Vide subito la sorella e le corse incontro << Bella! >> la chiamò, allargando il sorriso. Andromeda era parecchio cresciuta in altezza e il suo corpo mostrava piccoli cenni di cambiamento. Era diventata anche più carina, si era tagliata i capelli castani a caschetto e si era fatta crescere una frangia fino alle sopracciglia, come aveva visto a diverse cantanti di nazionalità francese sui vari giornali delle amiche. Era un taglio molto diverso da quello solito della famiglia Black, che erano solite portarli talmente lunghi da poter permettere raffinate ed elaborate acconciature. La famiglia non aveva approvato il taglio, ma Druella come al solito non era stata capace di dire di no alla sua seconda figlia, che quindi adesso aveva un taglio piuttosto insolito sia per l’epoca che per la famiglia.
<< Che vuoi? >> chiese Bellatrix, incrociando le gambe ed appoggiando il mento al palmo della mano sinistra. Iniziava ad apprezzare sul serio Andromeda, che oltre a conseguire buoni risultati a scuola, davanti ai suoi occhi cominciava a maltrattare gente. Non sapeva però che appena era lontana da orecchie e occhi della sorella e degli altri Serpeverde s’affrettava a chiedere scusa alle vittime. Andromeda cercava con tutta se stessa di uniformarsi alla famiglia, ma essere buona era più forte di lei. Ci sono casi in cui essere buoni è una forzatura, altri in cui lo si è solo per convenienza.
Andromeda, invece, era veramente buona. Lo era nell’animo, nel cuore, nell’aspetto. Più tentava di comportarsi come la sorella, più si disprezzava, si ritrovava con sensi di colpa terribili che non si estinguevano finché non si scusava con la vittima. Non le importava di essere perdonata, cosa che non accadeva quasi mai, le importava solamente di scusarsi. Perché ci sono anche casi in cui una persona è talmente buona che non riuscirà mai a commettere qualcosa di tremendo e Andromeda era uno di quelli.
<< Oggi Lumacorno mi ha dato il massimo dei voti! >> rispose Andromeda, soddisfatta. A dir la verità, anche un altro studente aveva preso il massimo dei voti: Ted Tonks. Andromeda e Ted proprio non riuscivano ad andare d’accordo, non potevano fare a meno di litigare, ogni conversazione era un litigio. Litigi che spesso diventavano forme di divertimento per gli studenti di Tassorosso e Serpeverde e in alcuni casi si trasformavano in vere e proprie scommesse.
<< E allora? Frequenti il secondo anno e Lumacorno è largo di voti, non è una cosa così straordinaria >> commentò Bellatrix, spegnendo tutto l’entusiasmo di Andromeda. << Senti, Meda, finché si tratta di stupidi conseguimenti scolastici non m’importa. Tu sei solo Andromeda Black, frequenti solo il secondo anno, le tue lezioni parlano solo di cose noiose, in effetti la tua intera vita è solo una cosa stupida e noiosa. Sempre lì a punzecchiarti con quel Tassorosso dal sangue sporco,a studiare, a leggere, a recitare a memoria cose noiose che non ti serviranno mai… Dovresti prendere esempio da me, sai? >>
<< Bellatrix, sei una… >> Andromeda si bloccò mordendosi il labbro inferiore e ricacciando indietro le lacrime. Stava per insultare la sorella, si stava abbassando ai suoi livelli meschini, si doveva trattenere e per di più stava per pronunciare una di quelle parole che non avrebbe ripetuto davanti ai suoi genitori, una di quelle parole che aveva tanto disprezzato e che la disgustava quando la sentiva dire da sua sorella.
<< Sì? Cosa sono? Avanti, dimmelo >> la incalzò Bellatrix con un sorriso di sfida e un enorme sorriso infantile stampato sul volto. Si sporse in avanti col busto, avvicinando così il suo volto a quello della sorella, restando a pochi centimetri da lei << Avanti, su. E’ facile. Sii cattiva, feriscimi. >>
Bellatrix attese qualche secondo, poi riprese << Oh, sei troppo piccola e presa a fare la bambina innocente e pura. Sei solo una sciocca, Meda. Una sciocca ed una fallita, pensi di sapere sempre tutto, di essere in grado di controllarti in qualsiasi occasione. Ma credimi, se non diventerai tu stessa spietata e crudele –come me, ad esempio-, non arriverai da nessuna parte. Solo con la crudeltà si ottiene il potere e solo con il potere si ottiene la libertà. E poi, lo dice anche nostra madre, per essere felici bisogna far soffrire gli altri. Ma del resto, tu hai tredici anni. Che cosa puoi mai capire della vita? >>
<< Oh, tu invece hai quattordici anni e mezzo e questo cambia tutto, vero? A quattordici anni e mezzo puoi dire di capire? Sei tu la sciocca, Bella. Ed ora scusami, ma adesso ho da fare >> Andromeda si voltò ed attraversò la Sala Comune, asciugandosi le lacrime con la manica della divisa.
<< Vai dal tuo innamorato, forse? >> insistette Bellatrix, che non aveva previsto una qualsiasi reazione da parte della sorella, escluso un sano pianto.
<< No, vado a studiare. A differenza tua, non perdo tempo a sospirare per un ragazzo di due anni più grande che non ti vuole e che mai ti vorrà. >>

*


Sala comune di Tassorosso



<< Ehi, Ted! >>
Ted Tonks si voltò con un gran sorriso << Sì, Beth? >>
Beth era la migliore amica di Ted. Aveva i capelli lunghi e ricci, di colore castano scuro, col viso paffuto e le guance rosee, gli occhi grigi chiarissimi. Di costituzione robusta, non era agile e non brillava nemmeno per intelletto, né riusciva particolarmente nelle magie. In effetti, il mondo magico era solito chiamarla Magonò. Era Purosangue, aveva poi la sfortuna di chiamarsi Bethasha Reezie McLair.
<< Ho saputo di Pozioni, complimenti >> disse Beth, sorridendo, sinceramente felice per il risultato conseguito dall’amico.
<< Oh, grazie >>
<< Te lo sei meritato, erano due settimane che facevi solamente ricerche per quella stupida materia >> << L’unica cosa è che anche quella ha avuto il mio stesso voto >> mormorò Ted, stringendo i pugni e i denti << Non puoi avere idea di quanto mi infastidisca ciò. >>
<< Andromeda Black, dici? Beh, però non è così male. Voglio dire, almeno non ci ricopre di incantesimi come quella pazza furiosa della sorella e dei suoi amici. Ci ho parlato un paio di volte, ti dirò che l’ho trovata simpatica quasi, perlomeno è riuscita a farmi ridere >> commentò Beth, lasciandosi cadere su una sedia accanto al fuoco del camino. Ricordava quelle volte in cui aveva incrociato Andromeda Black in biblioteca, si era aspettata di essere insultata e invece aveva avuto modo di conversare con la Serpeverde per parecchio tempo, parlando del più e del meno. Solo che quando aveva accennato alla sorella e ai Black, Andromeda aveva rapidamente cambiato discorso. << C’è una cosa che ho imparato in due anni, Beth. Non devo fidarmi dei Serpeverde. E Andromeda Black è Serpeverde e per di più è una Black. Da tenere decisamente alla larga, quindi >> replicò Ted, sedendosi accanto a lei. Ted disprezzava Andromeda come non aveva mai disprezzato nessuno, nemmeno Bellatrix o altri Serpeverde. Ai suoi occhi Andromeda era terribilmente falsa, in presenza della sorella era ancora più insopportabile del solito, quando invece Bellatrix non c’era la ragazza si trasformava e d’un tratto diventava gentile.
<< Chi disprezza compra, Ted >> rise Beth.
<< E chi compra una Black fa prima a suicidarsi prima di finire ammazzato nel letto. >>

*


Biblioteca



Lucius Malfoy aveva dodici anni e mezzo e frequentava il secondo anno. Era un Serpeverde tanto superbo e ambizioso quanto meschino. Passava moltissimo tempo a sognare il suo sicuramente glorioso futuro, lo aveva ormai organizzato in tutto e per tutto. Per prima cosa, sarebbe diventato più famoso di suo padre. Poi avrebbe sposato una Purosangue, una Black o una Carrow ad esempio, ed avrebbe avuto un figlio, ovviamente maschio. Con una serie di mosse a lui ancora sconosciute sarebbe diventato Ministro della Magia o comunque avrebbe affiancato l’uomo più potente della sua epoca, chiunque egli fosse, nel bene o nel male. Sarebbe diventato uno dei suoi più fedeli servitori e il suo signore avrebbe riposto ogni tipo di fiducia in lui.
Accanto a Lucius vi era Rodolphus Lestrange. Il più piccolo dei fratelli Lestrange andava molto d’accordo con Lucius, nonostante fosse di un anno più grande.
<< Lucius, se vuoi un consiglio per il prossimo anno, non scegliere per nessun motivo al mondo Antiche Rune >> sospirò Rodolphus, chiudendo in malo modo il suo libro di Antiche Rune e spingendolo lontano << E’ una materia inutile e incredibilmente noiosa, ecco. >>
<< A me è sempre sembrata affascinante >> ammise Lucius, continuando a scrivere il suo tema di Difesa contro le Arti Oscure << Questa materia è inutile e questo tema lo è di più. A chi vuoi che interessi dove vivono i Folletti della Cornovaglia? Ad ogni modo, sicuramente non sceglierò Babbanologia. Andiamo, a chi vuoi che interessino gli usi dei Babbani? >>
<< E a chi verrebbe in mente di tramandare un segreto importante in questa stupida, noiosa, pezzente, lurida lingua fatta di altrettanto stupidi, noiosi, pezzenti e luridi segni incomprensibili? >> sbottò Rodolphus, infilando i suoi libri nello zaino con foga.
<< Beh, sarebbe un ottimo modo per assicurarsi che siano in pochi a conoscerlo, no? >>
<< Oh, sì, e dai allora facciamo che tramandiamo le più grandi verità attraverso le fiabe per bambini! >> scoppiò a ridere Rodolphus, agitando le braccia in aria << A questo punto dovrei iniziare a credere all’esistenza dei Deathly Hallows! >>
Lucius ridacchiò. Da bambino aveva letto più e più volte quelle storie, era arrivato a credere perfino all’esistenza dei Deathly Hallows, cosa che crescendo aveva ritenuto impossibile. Chi sarebbe stato così sciocco da raccontare in quel modo l’esistenza di oggetti tanto potenti? Certo, i Mantelli dell’Invisibilità esistevano, ma erano praticamente introvabili. L’Elder Wand… sarebbe davvero stata così potente? Alla fine la potenza di un mago non è misurata da una bacchetta e comunque è la bacchetta a scegliere il mago, non sarebbe servito a granché possederla. Quel che poi era più ridicolo era la Pietra della Resurrezione. Quando gli morì uno zio capì che nulla al mondo l’avrebbe mai portato indietro, era anche inutile cercare o provarci. Nulla resuscitava i morti, così come nulla rendeva immortale. La morte non si poteva aggirare in nessun modo, era parte stessa della vita ed una vita senza la morte non era compiuta.
<< Beh, farebbe senz’altro comodo una bacchetta invincibile. O un Mantello dell’Invisibilità. Tu cosa sceglieresti, Rod? >> chiese Lucius, scrivendo l’ultima frase del suo tema.
Rodolphus non esitò nemmeno un secondo << La Pietra della Resurrezione! >> esclamò ad alta voce, facendo voltare qualche studente che ancora studiava << Voglio dire, deve essere meraviglioso riportare in vita i morti. >>
<< Meraviglioso quanto impossibile >> disse Lucius, a bassa voce, mettendo via il suo tema e le sue cose << Io sceglierei l’Elder Wand. Andiamo, chi non vorrebbe essere invincibile? Essere in grado di battere lo stesso Signore Oscuro… o offrirgliela.>>
<< Quando finirò la scuola >> annunciò Rodolphus << mi unirò ai Mangiamorte. Anche prima, se ci riuscirò. Rab ed io abbiamo conoscenze in quell’ambiente, non ci sarà particolarmente difficile. E Rab poi ha ottenuto degli ottimi GUFO lo scorso anno, è un mago straordinario. Ad ogni modo questa faccenda dei Deathly Hallows è semplicemente… ridicola. Andiamo, o faremo tardi a cena. >>
Lucius e Rodolphus si alzarono e nel più completo silenzio lasciarono la biblioteca. Camminarono a lungo senza scambiarsi una parola o uno sguardo, Rodolphus era intento a guardare dove metteva i piedi visto che erano nelle vicinanze del secondo piano e qualche giorno prima si era ritrovato i piedi zuppi a causa dell’acqua che straripava dal bagno femminile, non voleva incappare in un altro pezzo di corridoio allagato o sporco. Il Malfoy, invece, camminava con aria distratta, osservando gli studenti che erano ancora in giardino dalle finestre che ogni tanto illuminavano il corridoio.
<< Ehi, Rod! Non è tuo fratello quello? >> chiese Lucius, strattonando Rodolphus per la manica. Rodolphus si avvicinò alla finestra e seguì con lo sguardo il dito dell’amico finché non trovò suo fratello. Rabastan era seduto sull’erba, con alcuni suoi amici e chiacchierava allegramente. Poco lontano c’era Bellatrix, in compagnia di Jane. La Black lanciava sguardi a Rabastan e poi scoppiava a ridere insieme a Jane, una risata infantile e fastidiosa.
<< A quanto pare, Bellatrix Black non ha ancora lasciato perdere tuo fratello >> rise Lucius << Sono due anni che lo tampina ovunque. >>
<< Però la Black è bella >> commentò Rodolphus, che da alcuni mesi tentava invano di attirare le attenzioni di Bellatrix << Lo dice anche Rab, alla fine cederà. E’ troppo insistente e determinata, e dalla sua ha anche una bellezza straordinaria. >>
<< Da come ne parli >> sogghignò Lucius << Sembra che la Black ti interessi, gioisci del fatto che tuo fratello continua a respingerla. >>
<< Sei uno sciocco, Lucius. Io dico solo come stanno i fatti. Nemmeno tu, sciocco dodicenne, puoi dire che Bellatrix sia brutta >> sibilò Rodolphus, girandosi di spalle, le braccia rigide lungo i fianchi e i pugni stretti. Non gli andava che qualcuno sapesse della sua simpatia nei confronti di Bellatrix, nemmeno il fratello ne sapeva nulla. Nessuno, solo lui.
<< Ma è anche fin troppo antipatica, perfino per essere una Serpeverde. Sua sorella è già più simpatica >> Lucius odiava Bellatrix. La stimava, la temeva e la odiava. Era una strega molto dotata, proveniva da una famiglia di Purosangue molto rinomata fra i maghi, aveva un suo stile, era degna di essere Serpeverde ed era indipendente, per questo la stimava. Ma allo stesso tempo la temeva perché era fin troppo indipendente, nessuno sapeva mai cosa pensasse, e quando non si conosce la mente di una persona non si può far altro che temerla. E quindi, l’odio nasceva da solo, senza bisogno di un casus belli per nascere, senza poter aumentare o diminuire. Era odio nella forma più pura. E più l’odiava, più Lucius la stimava e questo non faceva che rendere l’odio ancora più profondo nel suo animo.
<< Andromeda? Beh, con le ci si può parlare. Hanno anche un’altra sorella, sai? Inizierà Hogwarts il prossimo anno >> lo informò Rodolphus, che aveva stretto amiciza con Andromeda già da parecchio tempo.
<< Sì? Non ho mai avuto modo o interesse di scambiare due parole con Andromeda, ma da quel che sento in giro è molto diversa dalla sorella e dai Black in genere. Ieri ho sentito una Corvonero dell’ultimo anno che parlava di come anni prima le aveva insegnato a volare. Perlomeno, è una strega che ha qualche interesse, non come quell’essere apatico della sorella. >>
<< In effetti, Andromeda è come se non fosse pienamente Serpeverde. Sono curioso di conoscere la sorella, mi pare abbia un nome tipo Nancy, non ne sono sicuro. >>
<< Nancy? Non è un nome da Black, non credo proprio >> ridacchiò Lucius << Sarà qualcosa tipo… Nymphea, non lo so, ma sicuramente non Nancy. >>
<< Probabile che sia proprio Nymphea il nome della sorella, sai? Non ho mai avuto buona memoria per i nomi. Ad ogni modo, non puoi non dire che le sorelle Black siano affascinanti. Sono particolari, ecco >> affermò Rodolphus, che era attratto oltremodo dalle due sorelle anche per i caratteri molto diversi e contrastanti fra loro, due caratteri così forti che non potevano convivere serenamente.
<< No, Rod, non sono affascinanti. Sono pazze, ecco tutto. Voglio dire, la loro famiglia è un’ottima famiglia, una delle migliori, composta da gente dabbene e distinta. Ma loro due sono pazze, completamente pazze. Una è perfida nel più profondo del cuore, è sadica, irrecuperabile, ormai da Bellatrix non potrai mai aspettarti una buona azione se non sarà fine a se stessa >> rispose Lucius, che per nulla al mondo avrebbe desiderato avvicinarsi ad una delle due sorelle Black, probabilmente avrebbe avuto lo stesso parere sulla terza sorella e l’avrebbe tenuta alla larga, alla fine il sangue era sempre lo stesso.
<< Senti da che pulpito… Non sei proprio tu a non fare nulla per nulla? >> mormorò Rodolphus, irritato poiché l’amico non era dello stesso parere.
<< L’altra, invece >> proseguì Lucius, ignorando l’affermazione del Lestrange <>
<< Sarà, ma sono certamente particolari nel loro genere. >>
<< Te l’ho detto, non sono particolari. Sono semplicemente pazze. >>

*


Corridoi



<< Meda! Ti ho cercato per tutto il giorno! >> esclamò Leslie Prewett, Caposcuola, raggiungendo Andromeda e ponendosi davanti a lei.
<< Ed ora mi hai trovata, Les >> ridacchiò Andromeda, fermandosi << C’è una ragione per cui mi hai fermato o volevi solamente ammirare la mia splendida figura? >>
<< Ho questa per te >> esclamò Leslie, estraendo dalla tasca una lettera stropicciata << Viene da Cardiff, Lucretia ha scritto qualcosa anche per te. >>
Andromeda prese la lettera ed iniziò a leggerla, ad un certo punto si bloccò << Ma… Fabian non era tuo padre? E chi è Molly? >>
<< Oh, Fabian è anche il nome di mio padre, in quel caso è uno dei miei numerosi cugini. Ha un fratello, Gideon, ed una sorella, Molly. Li riconoscerai quando arriveranno ad Hogwarts da tratti simili a quelli dei Weasley, Molly in effetti sembra una di loro. Un po’ come tua cugina Jane, insomma >> rispose Leslie, con una nota di tristezza di voce quando parlò della scuola. Lei da lì a poco avrebbe affrontato i MAGO e avrebbe lasciato per sempre Hogwarts.
<< Ti dispiace lasciare Hogwarts? >> chiese Andromeda qualche minuto dopo, restituendo la lettera. << Sì >> ammise Leslie << Voglio dire, finalmente finirò di studiare, tornerò a casa, potrò lavorare. Ma… tutti i miei parenti, quelli più o meno miei coetanei saranno ancora ad Hogwarts, sarò la prima della “nuova generazione” a lasciare Hogwarts. Non è proprio il massimo. >>
<< Posso immaginare >> mormorò Andreomeda.
<< Meds, guarda un po’ chi arriva >> disse Leslie, alzando gli occhi al cielo, indicando un punto dietro di loro con aria esasperata. Leslie era una delle poche a trovare i litigi di Andromeda e di Ted alquanto noiosi, infantili ed irritanti.
Andromeda intravide Ted, trattenne il respiro e prese l’amica per le spalle e la tirò davanti a sé << E’ passato? >> sussurrò. Aveva ben poca intenzione di perdere tempo con quel Tassorosso irritante e sciocco specialmente dopo il litigio che aveva avuto nel pomeriggio con la sorella.
<< Sta passando or… >>
<< Ehi, Black! Ti nascondi dietro la Caposcuola? Hai paura forse? >> sghignazzò Ted.
Andromeda chiuse gli occhi, tentando di contenersi, ma quel ragazzo faceva di tutto per irritarla << Ciao, Beth >> salutò la ragazza accanto a Ted con un sorriso radioso, poi spostò lo sguardo su quello del Tassorosso e il sorriso scomparve dal suo volto << Tonks, muori. >>
<< Ciao, Meda. Come stai? >> rispose al saluto Beth, ricambiandone tono e sorriso.
<< Oh, stavo benissimo fino a poco fa. Più o meno fino a quando il tuo amico non mi ha rivolto la parola. >> rispose Andromeda, tornando sorridente come fino a pochi istanti prima.
<< Il tempo passa, e tu diventi sempre più gentile e simpatica, eh Black? >> la provocò Ted, contento di avere vicino la sua vittima preferita. Si divertiva moltissimo a litigare con la Serpeverde.
<< Tu, invece, diventi sempre più stupido >> provocò a sua volta Andromeda << Cos’è? Ti rode che ho preso il tuo stesso voto? >>
<< Beh, Black. Se io sono un idiota e se ho preso il tuo stesso voto significa che anche tu sei un’idiota, no? La logica e l’intelligenza sono delle opinioni per voi Serpeverde, forse? >> disse Ted, un sorriso soddisfatto sul volto. Era contento di aver trovato un’offesa adatta a quella ragazzina antipatica.
Il viso di Andromeda s’indurì, la sua mano scattò alla tasca della divisa in cui teneva la bacchetta, l’estrasse e la puntò contro Ted << Tonks, mi hai davvero stufata. Tarantall… >>
<< No, Meda! Niente incantesimi nei corridoi! >> intervenne Leslie, bloccando il braccio dell’amica con la mano destra e le tappò la bocca con l’altra mano.
<< Dovresti tenerla così a vita, Prewett. Almeno non farebbe danni e terrebbe chiusa quella fogna che ha per bocca >> sogghignò Ted, passandosi una mano fra i capelli biondi.
<< Fogna? >> chiese Andromeda a Leslie quando questa le lasciò la bocca.
<< Non credo che tu voglia realmente sapere il significato della parola, Meda. >> rispose Leslie, che si era stancata di quel ruolo di baby sitter << E… Tonks, ti suggerirei di non spiegarle cosa significa >> aggiunse, vedendo Ted in procinto di svelare ogni arcano riguardo i sistemi fognari dei Babbani.
Andromeda si lanciò in avanti, afferrando Ted per il collo della camicia e tentando di mandarlo a sbattere contro il muro, senza riuscirci<< Brutto schifoso lurido pezzo di… >> fu nuovamente interrotta da Leslie, che insieme a Beth l’allontanò da Ted.
<< Meds, contieniti >> l’ammonì severamente Leslie.
<< … pezzo di acromantula spiaccicato e divorato da un vermicolo >> concluse Andromeda, inclinando il capo a destra, un sorriso innocente stampato sul volto.
<< Pezzo di cosa divorato da un cosa? >> chiese Ted, confuso.
<< Non credo che tu voglia realmente sapere il significato della frase, Tonks, né che tu sia in grado di comprenderla >> rispose Meda, sapendo di aver vinto questo litigio.

Londra, 1965
Grimmauld Place



<< ‘Rìus! >> piagnucolò Regulus, seduto sul pavimento in cucina mentre osservava sua madre leggere attentamente un quotidiano. Da quando era nato, aveva visto pochissime volte il padre e mai ci aveva giocato. Orion preferiva evitare qualsiasi contatto con entrambi i figli, usciva di casa la mattina presto, prima che chiunque si svegliasse, e tornava molto tardi, quando i bambini dormivano già. Regulus aveva due anni e mezzo ed assomigliava in maniera impressionante a Sirius e, di conseguenza, al padre.
<< Che vuoi? >> sbuffò Sirius, ormai vicino ai sei anni. Sopportava sempre meno il fratello, per colpa di Regulus non era più al centro delle attenzioni della madre, per colpa di Regulus ogni volta che accadeva qualcosa era sempre colpa di Sirius, anche se magari era stato il fratello a combinare il danno.
<< Giochi con me? >> chiese il fratellino minore, desideroso di giocare con chiunque gli capitasse a tiro.
<< No >> rispose Sirius, seccato. Lanciò un’occhiata al fratello, che pareva vicino alle lacrime << E va bene >> sospirò << A cosa vuoi giocare, Reg? >>
<< Perché non fate qualcosa di più costruttivo? >> intervenne la madre << Il gioco non è costruttivo, non insegna nulla. Meditate, per esempio, sulla fortuna che vi è capitata nel nascere non solamente maghi, ma anche Purosangue e Serpeverde. >>
<< Sinceramente >> disse Sirius, inginocchiandosi vicino al fratellino << Serpeverde non mi attira così tanto, mamma. Per esempio Bella, Bella è cattiva, non voglio assomigliarle. Grifondoro non può essere così male come dite. E poi i Serpeverde sono quasi sempre Mangiamorte. Il Signore Oscuro era Serpeverde, no? Non mi piace lui. >>
<< Il Signore Oscure è bene, ‘Rius, deve piacere a te >> lo rimproverò quasi Regulus, ripetendo come un pappagallo quel che gli aveva sempre detto la madre. << La mamma ha detto che dobbiamo diventare Mangiamorte.>>
Walburga lasciò il giornale per avvicinarsi ai figli, s’abbasso alla loro altezza ed accarezzò il capo del minore << Reg, tu sì che sei un bravo figlio, il bambino che tutti desiderano. Sir, dovresti prendere esempio da lui >> esclamò << E ti sarei grata >> continuò rivolta a Sirius, indurendo e alzando il tono della voce << Se in futuro non dirai più sciocchezze come quelle che hai appena detto. Il Signore Oscuro è la sola via, Sir, ricordalo sempre. Tu sei nato Purosangue e Purosangue morirai, dopo aver onorato il nome dei Black e dei Purosangue. Non avrai mai alcun contatto con Mezzosangue, ibridi e traditori del sangue, perché non te lo permetterò. E se mai avrai la disgrazia di non capitare a Serpeverde, verrai ripudiato non solo da me, ma da tutta la nostra famiglia, poiché non vi è più grande disonore del tradimento del sangue. Va’ in camera tua, ora, e medita su quel che ti ho appena detto affinché tu non ripeta più simili sciocchezze. >>
<< Ma… mamma, io… >> tentò di difendersi Sirius.
<< Vai, ho detto. >>
<< Vado >> strillò Sirius, sentendo pesare quelle parole su di sé, parole ingiuste a suo parere. Alla fin fine, ognuno era libero di avere il proprio parere. << Vado, ma quando andrò ad Hogwarts finirò a Grifondoro e poi mi sposerò una Babbana o una Mezzosangue, fosse l’ultima cosa che farò! >>


Note:
- E’ inutile dire che la storia d’amore fra Salazar e Rowena non trova fondamento nei libri di Harry Potter, ma a me piace come coppia, quindi ho deciso d’inserirla. D’altronde è a mio parere inimmaginabile che Salazar si possa essere innamorato di Tosca, tantomeno di Godric. L’unica strega abbastanza pura e intelligente e meritevole di essere sua amata era appunto Rowena.
- Per quel che vi riguarda il nome di Beth, la migliore amica di Ted, vi rivelo l’origine del nome. Scrivevo più o meno felicemente al portatile di mio zio, scambiando qualche chiacchiera con mia cugina. Ad un certo punto mi si pone il problema “E questa come la chiamo? Beth… Beth…”. Priva di qualsiasi ispirazione per un nome magico, ho premuto i primi tasti che mi sono trovata sotto mano. Bethasha Reezie. Nome peggiore non potevo trovarlo.
  
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