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Autore: Severa Crouch    19/06/2014    2 recensioni
Questa storia nasce in occasione del compleanno di Pseudopolis Yard.
Dal primo capitolo:
Il primo a voltarle le spalle era stato proprio lui, quando aveva conosciuto Audrey, e l'aveva sposata, e aveva avuto due bellissime bambine ed era tornato a pensare alla propria carriera al Ministero; poi c'era stata Med, che era così assorbita da Oliver e dal campionato di Quidditch - lei! - e dai turni del San Mungo da non riuscire a gestirla insieme al resto; infine, c'era stato Charlie.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Titolo: Dannazione, Percy

Fandom: Harry Potter

Personaggio:Ferao OC, Percy Weasley Coppia: Fera/Percy

Genere: Introspettivo, Romantico

Note: Questa storia è al tempo stesso una follia e una sfida. La storia nasce in occasione del Compleanno di Pseudopolis Yard. Le amministratrici di questo luogo ameno hanno lanciato un'iniziativa che prevede 5 percorsi, ognuno costituito da 5 prompt. Il primo prompt è pubblico, il successivo viene rivelato solo dopo la pubblicazione della storia/capitolo. La sfida – personale – sta nel riuscire a creare una mini-long con una trama di senso compiuto che riesca ad amalgamare tutti i prompt che mi verranno rivelati e che al momento ancora non conosco. Il mio percorso è il n. 4 e il primo prompt è viaggiatore. I successivi prompt saranno segreti e quindi non potrò rivelarveli, solo le amministratrici lo sapranno.

Questa storia, inoltre, si collega al Ferusaverse, l'universo di storie bellissime in cui Med e Fera si spupazzano vari personaggi del Fandom di Harry Potter. Forse qualche lettore ha letto delle mie Perao (Percy/Ferao) e sa che è una delle mie OTP. Vi invito a leggere le storie di MedusaNoir e Ferao perché sono due autrici meravigliosamente brave e quelle su Percy in modo particolare perché sì. Ad ogni modo, la storia la potete leggere anche senza conoscere il pregresso (ma vi giuro che non potrete apprezzare i vari rimandi tra le storie e quindi vi togliete parte del gusto).

Spero che a Fera piaccia, nonostante Percy.

Sev

 

 

 

 

 

 

 

“Buongiorno, vorrei un biglietto intero per il museo della Basilica.”

Fera ebbe un sobbalzo nel sentire quel timbro vocale.

Erano anni che non udiva quella voce.

Da quando quella voce aveva cercato di far ragionare Charlie a non fare cavolate, che nessun drago poteva competere con lei, e nonostante ciò i draghi avevano avuto la meglio. Da quando era stata sbattuta in un angolo delle vite delle persone che aveva amato, che erano entrate nel suo cuore e poi ne erano uscite, come se lei fosse stata solo una casa vacanze, in grado di ospitarli per un breve periodo, ma non adatta per costruirci una vita assieme.

Il primo a voltarle le spalle era stato proprio lui, quando aveva conosciuto Audrey, e l'aveva sposata, e aveva avuto due bellissime bambine ed era tornato a pensare alla propria carriera al Ministero; poi c'era stata Med, che era così assorbita da Oliver e dal campionato di Quidditch - lei! - e dai turni del San Mungo da non riuscire a gestirla insieme al resto; infine, c'era stato Charlie.

Beh, forse Charlie era quello che era stato chiaro fin dall'inizio e le aveva detto che non sapeva gestire queste cose, che non vi era mai riuscito e che lui non avrebbe mai potuto scegliere tra un umano e una creatura alata, perché aveva abbandonato la famiglia per le scaglie dei draghi. Ci avevano provato, certo, e lui si era anche impegnato, ma quando era giunto un avvoltoio - e Fera aveva colto il cattivo presagio - con un messaggio da un importantissimo allevatore di draghi nei deserti sperduti della Terra di Fuoco, beh, i propositi seri di Charlie si erano scontrati contro la violenza del suo primo, vero, puro amore per quelle creature e Fera - che lo amava seriamente, dannazione! - non aveva saputo essere di ostacolo, ma si era detta felice per lui e lo aveva lasciato andare.

 

Dopo anni in Romania con Charlie, Fera aveva iniziato a sentirsi un'estranea persino nel mondo magico in cui era cresciuta, e allora era partita, certa che un posto per lei ci sarebbe stato da qualche parte nel mondo.

 

Questi pensieri le erano comparsi violentemente tutti insieme nella propria testa, nel momento esatto in cui quella voce aveva chiesto un biglietto intero per il museo della Basilica.

Sapeva che avrebbe dovuto alzare la testa, ancora incollata sulla tastiera del computer, e guardare il viaggiatore che aveva di fronte - cosa avrebbe detto il suo capo, altrimenti? -

 

"Vuole un'audioguida?" domandò alzando lo sguardo e fingendo di non sentire la morsa allo stomaco mentre gli occhi si posavano sui ricci rossi, su quelle lentigini, sugli occhi blu e la montatura di occhiali che aveva finalmente cambiato con una più moderna.

 

Lo vide rimanere imbambolato, senza sapere bene cosa dire e, dannazione, lei conosceva benissimo quello sguardo!

 

“Non è possibile avere una guida... ehm... più... Bab... ehm... umana?” domandò con evidente difficoltà.

“Visto che i Signori del Tempo e i Cyberman sono impegnati, direi che gli umani sono l'unica soluzione. Con la guida sono 8,00 Euro,” fu la risposta sarcastica di Fera.

Lo sguardo perplesso di Percy la fece sorridere.

Così, a trentacinque anni suonati, Percy continuava a non cogliere i riferimenti alle serie tv - e poco importava che fossero inglesi come lui o che il mondo magico si fosse aperto a quello Babbano, lui continuava a perdersi i riferimenti -

 

"Come, scusa?"

Fera scosse la testa, stampò il biglietto e glielo porse insieme ai due Euro di resto.

Martina, la sua collega, le lanciò uno sguardo implorante e Fera sapeva bene che aspettava il gruppo di turisti giapponesi e questo significava che la guida avrebbe dovuto farla lei.

Affidò la biglietteria alla collega e fece cenno a Percy di seguirla.

 

Rowena, quanto era strano camminare per quelle mura solenni con lui affianco. Era strano vederlo prestare attenzione alle spiegazioni, essere interessato dai dettagli, farle domande. Non era il Percy saccente e presuntuoso che aveva lasciato in Inghilterra, quello che sapeva tutto della vita e non aveva bisogno di insegnamenti. No, lui era il Percy delle serate trascorse nella sala comune di Grifondoro, dei pomeriggi in biblioteca trascorsi sui volumi polverosi di Incantesimi. Era il Percy che sperimentava sul calderone per cercare di far guadagnare punti a Grifondoro, nonostante Piton.

Le domande erano curiose, interessate alla storia, e si domandava dove fossero i riferimenti al mondo magico italiano.

 

“I maghi italiani hanno avuto una storia più travagliata della nostra. La Chiesa li ha perseguitati, sono stati torturati e si sono isolati in loro piccole comunità. Hanno popolato piccoli paesi ormai abbandonati dai Babbani, proteggendoli con incantesimi molto sofisticati,” spiegava Fera.

In fondo, lei capiva molto bene gli italiani: quando si riceve così tanto male, l'unica soluzione è fuggire, nascondersi, e cercare di sopravvivere. Lei aveva fatto lo stesso e non pensava che sarebbe stata trovata! Insomma, Roma è così grande e piena di chiese e lui proprio nella sua Basilica doveva mettere piede?

 

“Fera, non penserai sul serio che sia una coincidenza?”

“Come?”

Percy sorrise, e Fera mandò a quel paese la sensibilità del suo stomaco, visto che non era il caso di sobbalzare per così poco.

“Quando Charlie è partito, sono venuto a trovarti in Romania e non c'eri più. Lavorando per l'Ufficio della Cooperazione Internazionale viaggio spesso, sono anni che seguo le tue tracce. Arrivo sempre poco dopo, sono arrivato a sospettare che avessi qualche informatore al ministero, ma non sei il tipo e non avresti ragione di averne. Ho dovuto mobilitare il mio collega italiano per trovarti nel caos di Roma!”

 

Percy parlava tranquillamente, guardando ostinatamente un angelo di marmo.

Don't blink*. Un pensiero inevitabile in certe occasioni.

Fera avrebbe voluto che Percy le dicesse quelle cose guardandola negli occhi: non poteva confessarle così, dopo tutti quegli anni che lei aveva speso a cercare un posto adatto che lui l'aveva inseguita nonostante Audrey.

 

Audrey.

 

“E Audrey? Tua moglie sa che eri sulle tracce di una ex?” Marcò di proposito la parola moglie, quasi fosse uno strumento per fargli del male.

 

“Non vedo cosa c'entri Audrey, non è una cosa che la riguardi.”

 

Fera non poté impedirsi di strabuzzare gli occhi nell'udire quelle parole, poi esclamò: “ma certo, che sciocca... Non è divertente l'uso della Polisucco, chi sei?” Quell'uomo non poteva essere Percy, no, Percy non avrebbe potuto mai dire una cosa del genere, non era da lui. Lui non era così viscido.

 

“Ti ricordo che è passata più di un'ora da quando sono entrato in questo museo, abbiamo continuato a parlare e camminare per tutto il tempo e non ho bevuto alcunché. Se fosse Polisucco l'effetto sarebbe svanito...”

 

Fera provò il desiderio di prendere a schiaffi quello sguardo vittorioso: non c'era proprio nulla di cui essere fieri.

 

Percy alzò gli occhi al cielo, sospirò e le disse: “Audrey è mia moglie, ed io la amo, quello che sento per te non cambia in nessun modo l'amore che provo per lei. Inoltre, lei deve aver capito qualcosa, a casa mi chiama il viaggiatore errante perché dice che questi viaggi di lavoro sembrano alla ricerca di qualcosa...”

 

Non voleva domandarglielo.

Sapeva che sarebbe stato profondamente sbagliato e che la cosa più sensata da fare era quella di riportarlo alla cassa, salutarlo e rispedirlo in Inghilterra. Tuttavia, la parte stupida del suo cervello, quella non Corvonero, quella che ogni tanto sognava castelli in aria, diede l'ordine alle labbra di pronunciare la seguente frase: "Cosa senti per me, Perce?"

 

Il tono di voce le uscì come quello di un imputato che chiede il verdetto al Giudice ed è in attesa di una risposta da cui dipende il resto della sua vita.

Dannazione. Quella maledetta speranza che tornava a galla. Fera avrebbe potuto anche tollerarne la presenza, purché non si manifestasse all'esterno, purché non fosse a lui nota. Invece, lui, per quanto ottuso, per quanto idiota e imbranato in certe questioni, non poteva non aver notato il tremore nella sua voce.

 

“Non credo che questa sia la sede per affrontare l'argomento, Fera, sei a lavoro. Passo a prenderti alle 20.00 quando chiude il Museo. Andiamo a cena in un ristorante che ho scoperto in un vicoletto di Trastevere,” le disse sistemandosi gli occhiali sul naso in quel gesto che era così... Percy.

 

Dannazione. Maledetta, Fera.

Perché doveva sempre cacciarsi in situazioni del genere? Ma poi, da dove era uscito questo decisionismo? Era dunque vero che gli uomini dopo il matrimonio cambiavano? Non le aveva neanche chiesto di andare a cena con lui, non si era neanche curato di sapere se lei avesse altri impegni, o un fidanzato! Questa cosa la mandò su tutte le furie e le fece dire in un tono fin troppo acido: “E se avessi un impegno?”

 

Percy si limitò a replicare: “Saresti moralmente obbligata a rinviarlo per preferire un amico che non vedi da molto tempo.”

 

Dannazione, maledetto Perce.

 

 

 

 

Altre note:

Il riferimento ai Signori del Tempo e ai Cybermen è un rimando alla serie televisiva Doctor Who (guardatela).

*Don't blink: letteralmente “non sbattere le palpebre” è il consiglio che il Decimo Dottore dà nella puntata in cui compaiono gli Angeli Piangenti in Doctor Who. Gli Angeli Piangenti sono creature aliene in forma di statua che non possono muoversi finché le si guarda, ma nel momento in cui si distoglie lo sguardo, anche per un battito di ciglia loro si avvicinano e rispediscono le vittime nel passato. Sono delle creature terribili. ç__ç

   
 
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