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Autore: pickingupwords    20/06/2014    2 recensioni
Lily Evans aveva sempre odiato James Potter.
Remus Lupin aveva sempre mentito.
Sirius Black si era promesso che non si sarebbe mai innamorato.
Mary MacDonald era sempre stata invisibile.
Amelia Williams si era sempre nascosta.
Nina Clarks non aveva mai avuto paura.
"Se fossimo soltanto io e te a cercare di trovare la luce?"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Amelia (parte II).

Il mondo le stava crollando addosso, eppure, quando era giunta l’ora e la luna piena si era ormai innalzata, si rialzò da terra senza nemmeno fiatare, cercando di raccogliere i cocci di se stessa persi chissà dove; non aveva cenato e la testa le girava appena. Mise le mani nelle tasche del giubbotto e, cercando di non farsi vedere da nessuno, camminando il più veloce che i tacchi le permettessero, arrivò di fronte alla Sala Comune dei Corvonero; Danny era appoggiato al muro ad aspettarla, quando la vide, il suo viso si illuminò, le sorrise sornione.
“Sei stupenda” le sussurrò, portandola a contatto con il suo corpo.
Lei sorrise.
“Anche se potresti esserlo di più senza quel poco che hai addosso” aggiunse, per poi morderle il lobo dell’orecchio sinistro.
Quasi sobbalzò, ma riuscì a trattenersi. Spalancò gli occhi: era davvero questo che lui voleva? Far l’amore con lei? O far sesso, in quel caso, perché d’amore tra loro due non ce n’era. Iniziò ad allarmarsi, ma poi le parole di Lily le tornarono alla mente. Si sarebbe comportata davvero da cretina, l’avrebbe fatto sul serio. Si sarebbe comportata da perfetta deficiente. L’avrebbe fatto. Perché no? Aveva qualcosa da perdere? Perché avrebbe dovuto rifiutare una proposta del genere? Danny era carino, era simpatico. E a quanto pareva anche lei lo era, altrimenti non le avrebbe fatto quella proposta allusiva. Così alzò lo sguardo e fissò gli occhi in quelli del ragazzo. “Ti conviene non farmi bere, altrimenti potrei non essere abbastanza lucida da andarmene senza averti fatto gradire per intero della mia presenza” lui sorrise, un sorriso senza felicità e la baciò con violenza, lei ricambiò allo stesso modo, le sfiorò il fondoschiena con una mano. Entrarono dopo qualche secondo, che farsi vedere magari avrebbe mandato tutto all’aria. La musica era alta, ma l’incantesimo muffilato impediva agli esterni di sentire cosa stesse accadendo. Un sacco di Corvonero erano già immersi nella festa, ballando e bevendo, si guardò attorno: la Sala Comune era poco illuminata, notò una studentessa dei Tassorosso, l’aria era pesante e le persone parlavano e ridevano troppo forte. “Lui è il festeggiato” esclamò poi Danny, urlando al suo orecchio, facendo voltare un ragazzo, che non appena vide Amelia, sorrise facendole un cenno. Aveva i capelli in ordine e chiari, gli occhi scuri.
“Jack” le disse, porgendole la mano.
“Amy” rispose, stringendola.
“Ti prendo qualcosa?” intervenne Danny, mentre Jack non staccava gli occhi di dosso dalla ragazza, che annuì in risposta; l’altro si allontanò, lasciandoli soli.
“Allora” cominciò Jack avvicinandosi a lei, per farsi sentire. “Come hai conosciuto Danny?”
Lei fece spallucce. “E’ amico di una mia amica”
Lui le fece un cenno, come per dire d’aver capito e continuò a fissarla. Amelia non vedeva l’ora che Danny tornasse, quel ragazzo la metteva a disagio, aveva paura che potesse farle del male, c’era qualcosa, nei suoi occhi, che non raccomandava nulla di buono. Finalmente, qualcuno le cinse i fianchi con un braccio e la portò verso di sé, ma quando si voltò, non era Danny a tenerla, ma Sebastian, il ragazzo Serpeverde, col quale era andata in camera qualche volta. “Buonasera” le sussurrò all’orecchio, eppure lei lo sentì.
“Ciao” gli sorrise. “Lui è…” fece finta di non ricordarsi il nome del ragazzo.
“Jack” completò quello, difatti, stizzito.
“Jack” confermò lei rivolta a Sebastian. “Jack”  ripeté.
“Sebastian Smithy” gli porse la mano, l’altro ricambiò, diceva sempre il suo nome completo, anche quando aveva conosciuto Amelia aveva fatto così. “Sei tu il festeggiato?” l’altro annuì. “Beh, auguri! E’ una bella festa, sul serio, ho già visto una o due tipe davvero carine” parlava a tono basso, eppure si capiva benissimo quello che stava dicendo: Sebastian aveva sempre avuto quel potere, farsi ascoltare anche quando c’era troppa confusione per riuscirci. “Quindi ora sei maggiorenne?”
“A quanto pare” ridacchiò Jack.
“E com’è?” domandò Sebastian. “Sapere di poter fare anche quando non si potrebbe?” buttò giù un sorso di Whisky Incendiario.
Sospirò. “Ti senti molto più sicuro: avere la consapevolezza di poterti difendere sempre è davvero un bonus, soprattutto visto tutto quello che sta succedendo ora”
Sebastian annuì, attento alle sue parole. “Hai perfettamente ragione” acconsentì, anche se non era sicura che dicesse sul serio, aveva sempre trovato del cattivo, in Sebastian, quando erano stati insieme, aveva sempre voluto far lui le prime mosse, aveva sempre voluto possederla, averla completamente per sé e lo stava facendo anche in quel momento: la stava stringendo a sé, voleva che fosse chiaro che, in quegli istanti, Amelia fosse sua. Unicamente sua.
Danny li raggiunse e inarcò le sopracciglia, non appena vide Amelia stretta a qualcun altro. “Tieni” le porse del Whisky e poi si rivolse a Sebastian. “Tu sei…?”
“Sebastian” rispose Jack per lui.
“Smithy. Sebastian Smithy” lo corresse, sorridendogli alzando appena un lato della bocca.
Amelia bevve un sorso prolungato e si separò da Sebastian, iniziava a sentire la tensione farsi palpabile fra i tre ragazzi, specialmente fra due. “Io vado a ballare” annunciò con un falso sorriso, che tutti presero come vero e si avviò verso il centro della stanza, seguita sia da Sebastian che da Danny. Iniziò a ballare, contesa dai due, che volevano il suo corpo, tutti e due che aspettavano una sua decisione. Chiuse gli occhi e non pensò a nulla, bevve qualcos’altro, sentì dei brividi lungo la schiena, baciò Sebastian e poi andò a ballare con Danny, era stretta tra due corpi che si muovevano con lei e stava iniziando a soffocare nel modo più dolce: desiderata. C’era troppa gente e troppa poca aria, chiuse gli occhi e non ci pensò, lasciandosi completamente andare, senza immaginare che sarebbe accaduto dopo. Le diedero dell’altro Whisky, sia Sebastian che Danny risero, ribaciò Sebastian. Ballarono per più o meno un’ora e mezza senza fermarsi, continuando a darle da bere e contendersela. La testa iniziò a girarle, rise, stava per cadere, Danny la prese in tempo, preoccupato, mentre lei continuava a ridere, ormai troppo ubriaca per rendersi conto di quello che stava accadendo. Poi si allontanò, senza dire una parola, andando a sedersi su una poltrona di velluto blu. Nina la guardò da lontano, lei ricambiò per qualche attimo, finché Sebastian non la raggiunse, la fece alzare per poi farla risedere sulle sue gambe. Sorrise appena. Lei lo baciò, di nuovo. Sebastian era più eccitante di Danny, aveva il viso da stronzo e il sorriso cattivo, ma quando la baciava aveva un non so che di dolce, mentre Danny era solo Danny. Era bello. Ma non aveva nulla, dentro di sé. Sebastian iniziò a sfiorarle le gambe nude, lei gli morse un lobo dell’orecchio, lui rise. Sarebbe stato lui, ormai aveva deciso come sarebbe andata a finire: sarebbe stato lui, il primo. Non valeva più la pena aspettare qualcuno che non sarebbe mai arrivato. Per un momento, quando guardò Sebastian vide Remus, si riscosse e ricominciò a baciarlo, cercando di dimenticarlo. Aveva bevuto troppo, l’alcool le pizzicava ancora in gola, dandole un certo fastidio.
“Ti va di venire con me?” le chiese poi lui, sfiorandole le labbra con le sue.
Amelia annuì, sorridendo. “Sì, certo” rispose, facendo sorridere anche lui. Le prese il giubbino di pelle, le strinse la mano e si fece spazio tra tutti i Corvonero, uscendo finalmente dalla Sala Comune. Mano nella mano, camminarono in silenzio nel corridoio, scesero le scale; qualche volta si lanciarono qualche sorriso di circostanza, lui, poi, le circondò le spalle con un braccio e la strinse a sé. Lei gli circondò la vita, senza dire una parola, stringeva la maglietta del ragazzo con le dita, nervosa. Era davvero sul punto di diventare una donna? Era davvero giusto? Lì, in quella notte, in quei pochi minuti che ancora la separavano da quel momento? E se avesse sbagliato qualcosa e lui, ormai esperto, la piantasse lì come una cretina? E se non sapesse come fare? Ovvio che non sapeva come fare, non l’aveva mai fatto. E se avesse rovinato tutto? Le frullavano per la testa mille domande, non si sentiva per niente sicura di volerlo, ma ormai aveva deciso: non avrebbe aspettato oltre, non avrebbe aspettato nessuno; che fosse giusto o sbagliato poco importava, si sentiva pronta, non sicura, ma pronta ad affrontarlo. Sarebbe diventata donna in quella notte, con un ragazzo bello e simpatico, che però non amava. Quanta gente aveva perso il fiore senza che amasse l’altra persona! Perché lei avrebbe dovuto fare questa sottile differenza? Cosa sarebbe cambiato? Iniziava a camminare leggermente male e storta, Sebastian se ne accorse. “Hai bevuto troppo” le disse ridendo. Amelia lo guardò. “E quel troppo è abbastanza per stare con te stanotte senza volere nessun impegno” ribatté, convinta, lui le sorrise, quasi felice e fiero. Ed era vero: era abbastanza ubriaca da farlo senza sentire nulla, senza rimpiangerlo. Lo era, lo era davvero. E l’avrebbe fatto, era sul punto di farlo, erano entrati nella Sala Comune dei Sepeverde, erano andati in camera sua, l’aveva stesa sul letto ed aveva iniziato a baciarla, quando lei l’aveva scostato e aveva preso un respiro profondo.
“Che c’è?” le chiese alzando un sopracciglio.
“Mi viene da vomitare” si alzò e corse in bagno, rigettando tutto l’alcool che aveva bevuto poco prima. Si sentì così stupida, così ingenua, così bambina. Non riusciva nemmeno a reggere qualche bicchiere. Era patetica. Tutto d’un tratto, si vergognò di se stessa. Aveva fatto la completa figura della stupida. Prese un respiro profondo e raccolse tutte le sue forze, si risciacquò la bocca per un uscire nel modo più dignitoso che una ragazza che aveva appena dato di stomaco potesse permettersi.
“Forse non è serata” le disse semplicemente lui lanciandole il giubbino, che lei prese al volo.
“Forse non è serata” ripeté confermando la teoria di Sebastian.
“E’ meglio che ti risposi, Amy. Ci vediamo, okay?” la buttò alla porta, così. Senza mezzi termini.
“Okay” annuì lei ed uscì, passandosi una mano fra i capelli.
Si sentiva umiliata. Corse fuori il più veloce possibile. I corridoi di Hogwarts erano leggermente illuminati dalla luce che stava iniziando a farsi mattutina. Aveva passato un’intera notte a ballare, bere e baciare ragazzi. Rabbrividì al pensiero. Si faceva schifo. Che razza di ragazza era diventata? Era sul serio una sgualdrina, una poco di buono. Lily aveva ragione. Mary aveva ragione. Tutti avevano ragione. E lei iniziava ad odiare se stessa. Era diventata quello che aveva sempre odiato. Quello che aveva sempre disprezzato. Una di quelle ragazze che aveva sempre catalogato come ‘oche giulive’, come ‘sciupa uomini’, come ‘di facili costumi’. Stava per perdere la sua verginità con un ragazzo che conosceva a malapena: come aveva anche solo potuto pensare di farlo? Come le era anche solo passato per l’anticamera del cervello? Lei non sopportava le ragazze così. Cosa diavolo le stava succedendo? Davvero si stava riducendo in quel modo per Remus? Per un ragazzo che non la ricambiava e che ormai aveva un’altra storia? Sul serio si stava comportando in quel modo per lui? In tal caso e anche non, avrebbe dovuto smetterla. Non poteva continuare così: non era responsabile e matura, stava trascurando gli amici e la scuola. Le venne voglia di correre da James e chiedergli scusa per aver perso la partita, andare da Lily e chiedere perdono per essersi comportata da stronza, andare da Sirius e pregarlo di tornare, dirgli quanto era stata stupida, che non pensava sul serio quello che gli aveva detto, che lei lo rivoleva nella sua vita, che avrebbe fatto qualunque cosa per riaverlo al suo fianco, che le mancava come l’aria. Stava quasi giusto per accelerare il passo e andare il più veloce, aspettando che gli altri si svegliassero e parlarne con loro, quando, passando di fronte all’Infermeria, sentì la voce di quello che era stato suo fratello e che lo sarebbe sempre stato.
“Cavolo, Lunastorta, pesi parecchio stasera” disse, qualcuno fece una risatina soffocata. Amelia si strinse nel vestito, stava per raggiungerli, quando sentì James dire: “Oh, no” con voce quasi disperata.
“Cosa? Cosa?” chiese allarmato Peter. “C’è Gazza?”
“Peggio” rispose quello, Amelia inarcò un sopracciglio e si mostrò ai ragazzi, andandogli incontro.
“Che state facendo…?” si fermò. Remus era tenuto in piedi da Sirius e Peter, sembrava in fin di vita, mentre James aveva una strana pergamena in mano. Sirius spalancò la bocca, Peter quasi non cadde a terra, James era pietrificato e Remus la guardò, allarmato, cercando aiuto negli amici, che, però, erano troppo impegnati a guardare lei.
“Che stiamo facendo noi?” iniziò Sirius, guardandola sconvolto. “Che stai facendo tu, a quest’ora, fuori, conciata in questo modo!” la rimproverò.
“La smetti?” ribatté, acida e poi si rese conto delle condizioni dei ragazzi: i vestiti erano quasi distrutti, Sirius aveva un leggero graffio sul viso, James aveva le scapole con qualche botta lasciate scoperte da una maglietta, Peter era l’unico illeso, ma Remus era lo spettacolo più orribile: aveva il volto coperto di graffi, la maglietta sporca di sangue, le venne un colpo al cuore, era debole, stanco e praticamente distrutto e avrebbe solo voluto sparire sotto terra. Ormai l’aveva scoperto e, se non fosse stato ancora così, lo sarebbe stato a breve. Non si sarebbe più potuto nascondere. Provò così tanta vergogna e paura, avrebbe solo voluto sparire.  “John!” esclamò lei, lui voltò la testa dalla parte opposta, evitando il suo sguardo. “Oddio, ma che ti è successo?” la voce le si fece spaventata, troppo, forse e questo peggiorò la situazione interna del ragazzo. “Che gli è successo?” chiese quasi sull’orlo della disperazione agli amici, vedendo che lui non rispondeva. “Che gli è successo?” ripeté, andando verso di lui e prendendogli il volto fra le mani. “Volete spiegarmi che succede?!” urlò. “John!” lui non replicò. “Sirius!” si rivolse all’altro, che fece per parlare, ma poi si trattenne. “James!” niente. “John, John, stai bene?” stava per andare in panico. Stava davvero per sentirsi male. Perché nessuno diceva nulla? “Peter” la voce iniziò a tremarle sul serio e gli occhi le si fecero lucidi, Remus spalancò i suoi, stupito da quella reazione. “Peter, che succede?”
“Ecco…” fece per rispondere.
“No” ringhiò Remus, bloccandolo.
“Allora sai parlare!” lo rimproverò.
“Dentro, dentro!” interruppe il tutto James prendendo Amelia per un braccio, costringendola ad entrare velocemente trascinandola.
Lei si guardò attorno. “Stava per arrivare Gazza” spiegò James, come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.
“E tu come lo sai?” gli chiese, mentre Sirius e Peter facevano stendere Remus su un lettino e Madama Chips li raggiungeva. Le stava per rispondere, quando lei lo bloccò. “No, se è complicato come questo, non lo voglio sapere ora” e si avvicinò a lui, gli strinse la mano. “John…” iniziò, con voce rotta.
“Scusi, signorina, qui dobbiamo lavorare” la cacciò Madama Chips, per poi far bere al ragazzo qualche suo intruglio e curargli qualche ferita, mentre lei guardava sconvolta tutto l’avvenire degli eventi, senza capire nulla di tutto ciò. Come mai erano tutti feriti? Come mai Remus stava così male? Come mai Madama Chips sapeva già tutto? Come mai nessuno era sconvolto quanto lei? Si era per caso persa qualcosa?
“Voi avete bisogno di aiuto?” chiese l’infermiera agli altri, che scossero tutti la testa.
“Qualcuno mi spiega che sta succedendo?” scoppiò Amelia, quasi gridando, in lacrime e Madama Chips la guardò inarcando le sopracciglia.
“No, scusate, lei cosa ci fa qui se non sa nulla?” sbottò continuando a curare Remus.
“Cosa? Cosa devo sapere?” ormai stava piangendo senza trattenersi. “Cosa c’è?” andò verso Sirius, in cerca di risposte. “Cosa c’è?”
Lui la strinse e le diede un bacio tra i capelli, consolandola, senza dire una parola; continuava a non capire che stesse accadendo in quella stanza, perché Remus stava così male? Perché non aveva nemmeno le forze per tenersi in piedi da solo? Si sfogò su Sirius, su suo fratello, che era ancora lì, a proteggerla, come aveva sempre fatto. Pianse, pianse forte, pianse le lacrime che non piangeva da mesi, pianse il dolore di Remus con Mary, pianse il dolore della separazione da Lily e da Sirius, pianse il dolore di quella sera, dove stava per perdere una cosa troppo importante, pianse il dolore di vedere Remus in quelle condizioni. Sirius la trascinò fuori, mentre Madama Chips aiutava il ragazzo, steso sul lettino, che, in quelle condizioni sembrava un altro: era troppo pallido, una smorfia di dolore dipinta sul viso, gli occhi chiusi, il respiro lento, del sangue che lo ricopriva.
“No!” urlò Amelia, cercando di andare verso Remus. “Lasciami, Sirius!” lui, con l’aiuto di James, non le permise di avvicinarsi. “No!” gridò. “Non puoi farlo!” tirò calci e pugni ovunque capitasse. “Remus!” era disperata. “Remus!”
Peter chiuse le porte dell’Infermeria, tagliandola fuori.
“Amelia, devi riposare” cercò di mantenere un tono dolce James.
“Non mi toccate, voglio andare da lui, sta male!” la voce le si ruppe.
Sirius, visto che la ragazza opponeva troppa resistenza, se la coricò sulle spalle e la portò in Dormitorio, mentre quella scalciava e urlava e gridava e voleva che l’ascoltassero e voleva capire, ma nessuno la degnava di uno sguardo, possibile che non si accorgessero di quanto Remus stesse male? Perché se n’erano andati?
Sirius l’aveva portata in Dormitorio e senza dire una parola le aveva tolto i vestiti di dosso, lei era inerme, troppo sconvolta e stanca per combattere ancora, l’aveva fatta sedere nella vasca di bagno e l’aveva lavata.
Le accarezzò i capelli, le tolse tutto quel trucco di troppo dal volto, le sfiorò la pelle con delicatezza; nel frattempo lei non osava fiatare, o piangere, o far qualunque cosa. L’immagine di Remus era ferma nella sua mente e ne era terribilmente spaventata, ne era rimasta segnata. Restò in quelle condizioni, finché suo fratello non la sollevò e le mise l’accappatoio addosso, le tamponò i capelli con un asciugamano e la fece uscire, infine le mise il pigiama per poi farla sdraiare sul letto.
Ci fu un silenzio che durò qualche minuto.
“Cos’ha?” chiese, alla fine, lei.
“Non sono io a dovertelo spiegare” le rispose semplicemente, passando una mano tra i suoi capelli.
“Starà bene?”
Fece spallucce, senza dire una parola.
“Ho paura”
“Anche io ne avevo”
“E se non guarisce?”
Un sospiro. “Amy”
“Sì?”
“Dormi un po’” le accarezzò una guancia.
“Mi dispiace” chiuse gli occhi. “Mi dispiace per averti cacciato, non volevo, io ti voglio bene, sono stata tanto male”
“Lo so” le diede un bacio sulla fronte. “Lo so, bambolina”
 

***
 

Era andata in Infermeria senza cambiarsi: indossava ancora il pigiama e i capelli erano spettinati. Erano le cinque del mattino. Era lì da un’ora. Lo guardava dormire. Sembrava che fosse tutto così calmo, dentro di lui, sembrava che fosse tutto così normale, pacifico. Il respiro era regolare, una mano tremava appena, la strinse nella sua, si calmò. Gli accarezzò il viso e sorrise. Era una persona così vera, reale, sincera. Madama Chips tossicchiò e lui si svegliò di soprassalto. E la vide. Vide Amelia, la vera Amelia, senza tutto quel trucco che aveva iniziato a mettere, vide Amelia con i capelli disordinati e le occhiaie, vide la sua mano nella sua, vide i suoi occhi nocciola e sentì la paura farsi spazio in lui. E non seppe cosa dire. Si stava vergognando infinitamente di se stesso: l’aveva visto per com’era davvero, un ragazzo rovinato e maledetto, ormai avrebbe scoperto la verità. Perché in quel modo? Perché proprio così? Si odiava, in quel momento; possibile che li avesse trovati proprio quella sera? Avrebbe voluto sotterrarsi e sparire, non vederla mai più. Se ne sarebbe andata comunque e lui avrebbe preferito darsela a gambe per primo, evitando il dolore di una perdita. Era egoista, lo sapeva. Ma non avrebbe retto emotivamente vederla andar via. Perché l’avrebbe fatto, lo sapeva, era giusto che se ne andasse.
“Puoi uscire? Ho bisogno di stare da solo” spezzò il silenzio tutto d’un colpo, Amelia lo fissò e scosse la testa.
“No” rispose, semplicemente.
“Amelia, ti prego” la stava implorando.
Lo fissò, lui chiuse gli occhi e evitò in tutti i modi un contatto con questi.
“Cosa ti è successo?” trovò il coraggio di chiedere, dopo qualche secondo, con voce spezzata.
Lui fece spallucce. “Niente” cercò di mentire il meglio possibile.
“John” lo rimproverò. “Cos’è successo?” ora la voce le si era fatta seria, dura. Esigeva delle risposte.
“Se te lo dico te ne andrai” girò la testa e fissò gli occhi nei suoi, finalmente trovando il coraggio di dire almeno una parte di verità.
Lei lo guardò confusa: come avrebbe potuto andarsene? E perché?
“Non me ne andrò” lo rassicurò, sempre non capendo.
“Lo farai e non tanto perché lo vorrai tu, ma perché ti obbligherò io” le disse.
“Come, scusa?” alzò un sopracciglio. “Tu non mi obblighi proprio a far nulla” strinse più forte la mano a quella di Remus, lui ricambiò.
“Amelia, per favore…”
“No, per favore tu. Ora mi dici che sta succedendo” iniziava ad irritarsi, non le piaceva tutta quella suspense, anzi, l’aveva sempre odiata: quando voleva sapere una cosa ed era giusto che la sapesse, non voleva perdere tempo, soprattutto se si trattava di Remus. Nel frattempo lui la guardava e si trovava in trappola. L’avrebbe persa dicendoglielo e l’avrebbe persa non facendolo. Perché sapeva come avrebbe reagito lei: si sarebbe arrabbiata e se ne sarebbe andata, comunque, in qualunque caso. Scostò la mano, lui e lei si alzò. Fece avanti e indietro per il tratto del letto per qualche secondo.
“John” iniziò.
“Non voglio che tu te ne vada!” scattò Remus. “Te ne andrai. E io non voglio che tu te ne vada” ripeté.
Avrebbe voluto rinfacciargli che era stato lui, ad andarsene, giusto poco tempo fa, l’aveva lasciata e era andato con un’altra; ma non lo fece, perché in quel momento, in quell’istante, la priorità era Remus, era capire quel fosse il problema che lo affliggesse e quale fosse la soluzione. La priorità, adesso, non era lei, non erano i suoi sentimenti, ma quelli di qualcun altro.
“E io ti ho detto che non lo farò!” alzò la voce lei. “Non me ne andrò da nessuna parte”
“E come fai a dirlo? Come fai a saperlo?” la provocò, era quasi senza forze.
Perché ti amo” rispose arrabbiata.
Per un momento, tutto si fermò: il cuore, il respiro, la vista, l’udito. Tutto. Tutto, per un attimo smise di andare, per un attimo che sembrò infinito.
La guardò, quasi sconvolto. Cosa intendeva dire? Com’era possibile che lo amasse? Lei era uscita con Sirius e la sera precedente era stata con chissà chi. Forse aveva sentito male, forse non aveva capito. Non aveva senso. Non aveva senso che lei lo amasse, perché non era vero. Lei era innamorata di Sirius, a lei piaceva Sirius, a lei non era mai interessato lui. E il cuore di Remus sussultò un attimo, per poi battere più velocemente e sentire un peso sollevarsi ed andarsene. Non riusciva a credere alle parole che aveva appena confessato. Si sentì sconvolto, felice, preoccupato, spaventato, innervosito, tutto allo stesso momento. L’aveva davvero detto? Aveva davvero detto quelle parole? Per un momento, avrebbe voluto rispondere: ‘anch’io ti amo’, ma gli sembrava tutto così confuso.
L’aveva detto. Si era davvero confessata. Aveva davvero detto quello che provava. Non era più restata nell’ombra, si era fatta sentire, aveva detto la sua, si era fatta capire, si era fatta comprendere chiaramente, anzi, quasi fin troppo. Lo fissava, senza credere a quello che aveva appena fatto. Non poteva averlo ammesso sul serio. Non ora che lui usciva con Mary, non ora che lui era legato a qualcun’altra. Aveva aspettato anni, per questo, e l’aveva detto nel momento peggiore. Avrebbe dovuto star zitta, non dir nulla e farsi i fatti suoi. Aveva rovinato tutto. Anni di amicizia, che lei aveva sempre voluto come qualcosa di più, anni di confidenze, di abbracci, di silenzi. Aveva il fiatone, come se avesse corso per chilometri, mentre, in realtà, aveva detto solo tre parole.
“Che cosa?” le chiese Remus, quasi allibito, trovando la voce chissà dove.
Non rispose, non disse una parola.
“Tu… Che cosa?”
Ecco. Ecco, stava già cominciando: si stavano già allontanando anni luce, lui non l’avrebbe più voluta come amica, non più, se ne sarebbe andato lui, come aveva già fatto e questa volta l’avrebbe perso sul serio. Non l’avrebbe più riavuto indietro, non una minima occasione.
“Amelia, che cosa?” richiese, di nuovo.
“Hai… hai capito bene” rispose, sedendosi e portandosi le mani fra i capelli.
“Ma…” iniziò Remus, scuotendo la testa. “Ma… ma tu uscivi con Sirius, tu uscivi con lui e stavate insieme e non capivo mai perché non lo diceste a nessuno e…” iniziò a dire i suoi pensieri ad alta voce, facendone fluirne il corso; aveva paura che lei avesse preso in giro il suo amico. Amelia inarcò le sopracciglia.
“Che cosa?” sbottò, interrompendolo, come dimenticandosi di quello che aveva appena fatto. Lui la guardò senza capire.
“Stavo dicendo che tu uscivi con Sirius e allora perché hai detto così? Non ha senso” la guardò ovvio.
Amelia rimase sbigottita e non capì come avesse potuto immaginare anche solo un fatto simile. “Non sono mai uscita con Sirius” disse. Remus la fissò interdetto, non riusciva a capire.
“Ma… Mary ha detto…” iniziò confuso, Amelia strabuzzò gli occhi. “Tu non sei…?” sospirò, passandosi una mano fra i capelli, esausto. “Non ci credo” concluse infine, facendo scorrere la mano sul viso e scuotendo la testa, per poi ridere da solo, sollevato completamente da quel peso che lo stava inghiottendo da settimane troppo lunghe.
Amelia lo guardava senza capire, gli si avvicinò. “Mary che cosa ha fatto?” domandò nervosa.
“Mi ha detto che uscivi con Sirius” rispose, semplicemente, alzando le spalle divertito; lo guardò sconvolta, per poi alzarsi di scatto.
“Non l’ha fatto davvero” commentò fra sé e sé. “Non l’ha fatto davvero!” urlò, questa volta. “Io lo sapevo! Sapevo che c’era qualcosa sotto! Quella stronza, vipera, ipocrita, bastarda, sorella un cazzo!” si sfogò, girando per la stanza, mentre Remus la guardava confuso e contento insieme. “Ovvio! Doveva averti per sé, sapevo che le piacevi, ma mai, mai, avrei pensato che arrivasse a tanto! Ti ha allontanato da me, quando eri l’unico che volevo e che avevo sempre voluto. La odio! La odio!” Remus la guardò, interdetto, quasi sconvolto.
“Che intendi per ‘che avevo sempre voluto’?” le chiese alzando le sopracciglia.
“Mi piaci da sempre” fece svolazzare una mano in aria come a dire che non importava.
“Cosa?!” esclamò sconvolto.
Lei sviò la domanda, lui restò immobile per qualche secondo, allibito, contemporaneamente lei sputava veleno e maledizioni sulla ragazza.
“Quindi, aspetta, tu non sei uscita con Sirius? Cioè: non è mai successo?” si riprese, cercando di ignorare il turbamento.
“Ovvio che no!” rispose nervosa.
Com’era possibile? Come aveva potuto Mary fare un orrore del genere a tutti e due? Mentire per ottenere quello che voleva, in modo subdolo: facendo soffrire sia Amelia, che Remus; lui che si era messo con lei solo per dimenticare un’altra e lei che cercava di dimenticarlo cercandolo in tanti altri.
“Non ci credo” commentò Remus, allibito. “L’ha davvero fatto?”
“Quella stronza!”
Amelia esternava tutto il suo sdegno, mentre Remus era troppo provato sentimentalmente per captare alcuna emozione, anche se, nel profondo, si sentiva a dir poco tradito. Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivata a tanto per stare con lui.
“Ora me ne vado, quella mi sente” si avviò verso la porta, infuriata, ma lui  si alzò di scatto e la prese per un polso, fermandola e facendola girare verso di sé. Erano l’uno a qualche centimetro di distanza dell’altra; lo guardò stupita per qualche secondo, le gambe di Remus quasi cedettero dallo sforzo di stare in piedi, ma resistette. “Mi dici che ti è successo?” gli chiese, il tono di voce tornato preoccupato.
Deglutì, spaventato. Era il suo momento, avrebbe dovuto essere sincero, per una volta, non avrebbe dovuto mentire, non più. Distolse lo sguardo, non ce l’avrebbe fatta, non ce l’avrebbe fatta mai. Non sarebbe mai riuscito a dirle quello che era veramente. Fece per allontanarsi, ma questa volta fu lei a fermare lui.
“No” lo bloccò. “Remus” lo richiamò.
E il suo nome prodotto dalle sue labbra lo fece quasi rabbrividire, avrebbe voluto baciarla senza nemmeno chiedere il permesso. Restò voltato. Prese un respiro profondo. Era o non era un Grifondoro? E il coraggio dov’era finito? Aveva così paura di perderla che ne rimaneva paralizzato. Le parole erano sulla punta della lingua, ma non riuscivano a venir fuori. Era il momento della verità. Era il momento di smettere di prenderla in giro.
“Sono un lupo mannaro, Amelia” confessò finalmente con un filo di voce, senza osare guardarla. Gli occhi della ragazza si spalancarono, scostò la mano dal suo polso e se la portò sulla bocca, le mancò il respiro. Ora era tutto chiaro: i tagli, le cicatrici, il suo essere così debole… No, non poteva essere vero. Non lui, non Remus, non lo meritava.
Quelle parole costarono al ragazzo quasi tutta la forza che aveva in corpo, tanto che dovette tornare a sedersi sul letto, per evitare di cadere per terra. Sapeva che se la sarebbe data a gambe, ora, sapeva che l’avrebbe lasciato da solo e non la biasimava, anzi, sperava quasi lo facesse, almeno non l’avrebbe rovinata. Era così pura, nel profondo. Era così sporco, nel profondo.
E, invece, gli si avvicinò, piano, per poi sedersi al suo fianco, leggermente tremante.
“Da quanto?” chiese solo.
E lui iniziò a raccontare come fosse successo, quando e chi fosse stato, di come un bambino fosse diventato un mostro, raccontò la sua storia, nei minimi particolari e anche se avesse voluto, non sarebbe riuscito a fermarsi. Raccontò di come i ragazzi lo aiutassero, senza scendere in dettagli, di come, con loro, aveva smesso di sentirsi solo. Parlò di quando gli ci volle per accettare quella condizione e di quanto si odiasse per quel motivo, parlò del dolore, della paura, dello schifo che provava nei suoi confronti. Si odiava, odiava quello che era diventato e odiava essere quello che era. E raccontò di quanto avrebbe voluto tenerla all’oscuro di tutto, per non ferirla. Era un fiume in piena, parlava, senza fermarsi e senza guardarla negli occhi, per terrore di vederci riflesso il rifiuto nei suoi confronti.
Quando finì, Amelia si voltò verso di lui e lo obbligò a far lo stesso, lo osservò con attenzione e vide solo bellezza, nonostante tutto, le scese una lacrima, gli accarezzò il viso, con molta delicatezza e passò un dito sulle cicatrici che riportava.
“Pensavi davvero me ne sarei andata per questo?” domandò, lui alzò lo sguardo verso il suo, finalmente, incrociando gli occhi con quelli della ragazza e l’unico riflesso che vide fu amore.
“Dovresti” disse semplicemente.
“Non mi hai sentito prima, cretino?” gli chiese retorica. “Io ti amo. E sei tu quello che dovrebbe andarsene, adesso; Mary probabilmente ti aspetta”
Lui scosse la testa, ridendo e prese coraggio; il cuore gli galoppava nel petto, felice di amare una persona come Amelia, felice che non se ne sarebbe andata. “Come posso andarmene se ti amo anche io?” chiese, questa volta guardandola negli occhi, mostrandole quanto quello che aveva appena detto fosse vero.
Amelia restò pietrificata, il respirò le si mozzò, la bocca era appena spalancata, la mente era confusa e lo fu ancora di più, quando Remus poggiò le labbra sulle sue, senza aspettare un momento. Dopo un attimo di esitazione, ricambiò il bacio, passando le mani nei capelli del ragazzo, mentre lui le accarezzava il viso, la pelle, le spalle. Le era mancato così tanto. Gli era mancata così tanto. E nessuno dei due credeva che sarebbe mai finita così. Tutte le volte che le loro labbra si separavano per un momento, sentivano il bisogno di ricongiungersi, come se ne dipendesse la loro vita. Lo amava davvero. La amava davvero.
“Resti, questa volta?” gli chiese con il fiato corto.
“E tu?” ribatté, allo stesso modo.
“Se non te ne vai, io resto” gli rispose, come aveva fatto qualche anno fa.
Lui sorrise, al ricordo. “Allora puoi star tranquilla: perché ora che ti ho trovata non ti lascio più”.


 


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flowers's hall. 
sono in ritardo di non so quanto, ma facciamo finta di niente.
spero che stiate passando un'estate stupenda, piccoli adorabili esserini!

ed eccoci qui! una coppia bella che accasata, finally! 
lo volevate tutti, ammettetelo: remus ed amelia sono perfetti insieme, dai. poi ora lei è tornata in sé, quindi direi che si può festeggiare! 
i ragazzi (sebastian, danny e jack) sono semplicemente apparizioni, non hanno a che fare per nulla con tutto il resto.
il prossimo capitolo sarà su lily, quindi state attenti, perché ci sarà così tanto jily da vomitarlo.
vi lascio con questa.
un abbraccio ed un bacio sul naso,
rose.
  
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