POV GINNY
La cosa che meno piaceva a Ginny del
dormitorio degli
Slytherin era la costante penombra, per il resto trovava assolutamente
fantastici la parete a vetrata sul lago e il vedere le spire di luce
che
danzavano nell’acqua verde, affatto melmosa come credeva.
Inoltre là era sempre
tutto così tranquillo, diversamente dal chiassoso e caotico
dormitorio
Grifondoro nel quale si faceva ogni cosa: dai compiti e le normali
attività al
giocare a Quidditch (stare in una torre poteva essere vantaggioso alle
volte).
L’arredamento era uguale –poltroncine, camino,
divani, tavoli-, solo in verde
mentre l’atmosfera festosa, l’odore di legno e
miele caldo e la Signora Grassa
mancavano completamente, facendola sentire un’estranea. Aveva
iniziato a capire
che non tutti gli Slytherin erano freddi, crudeli, insensibili e che
quelli che
presentavano le caratteristiche che aveva sempre associato alla Casa
Serpeverde
probabilmente venivano da situazioni familiari disastrate e infanzie
infelici.
Ciò nonostante, Ginny non poteva dire che Astoria Greengrass
e Pansy Parkinson le
stessero simpatiche, ma che Theodore e Blaise erano diventati amici
sinceri sì.
Da quando le avevano raccontato alcuni episodi delle loro famiglie, ma
anche da
quando aveva conosciuto Draco era diventata molto più cauta
nel giudicare e
meno frettolosa nel sentenziare. Aveva capito che la smania di cercare
costantemente rapporti da una notte e un rifugio nell’alcool
di Blaise
provenivano dalla mancanza di una figura di riferimento e dal disgusto
di avere
una matrigna della sua stessa età, che il terrore di Draco
di mostrarsi debole
e abbassare le sue difese era collegato all’insegnamento
autoritario e spesso
crudele di Lucius. Theo, sebbene non fosse più ostile nei
suoi confronti, anzi
si comportava come un fratello maggiore, non si era ancora aperto con
lei e
questo le faceva capire che il segreto che lo opprimeva era ancora
più grande e
lo tormentava ancora. Non era la prima volta che sgattaiolava per
entrare nel
dormitorio Slytherin di sera: bastava tenere un profilo basso e coprire
i
capelli con un mantello di Draco. Non avevano parola d’ordine
e nemmeno
indovinelli o scioglilingua da ripetere, bastava toccare due pietre nel
muro
che si distinguevano dalle altre per due piccole lettere nere
“S.S.”. Di solito
preferiva stare con Draco nella Stanza delle Necessità, ma
quando doveva
parlare sia con Theo che con Blaise era meglio ritrovarsi nella loro
camera con
un buon incantesimo per insonorizzarla.
-Ginny, bellezza, vuoi sederti, per
favore? Mi stai facendo
venire il mal di testa- Blaise la rimproverò dal letto su
cui era sdraiato,
portandosi teatralmente una mano al capo con aria sofferente. Ginny
camminava
avanti ed indietro per la stanza con piccoli passi nervosi: Draco stava
finendo
il turno di perlustrazione del castello in quanto Prefetto, poi sarebbe
ritornato al dormitorio. In realtà si dovevano vedere tutti
lì per parlare del
“piano”, ma lui si era dimenticato della ronda ed
era dovuto scappare.
-Infatti è sicuramente
colpa sua e non del brandy…- ironizzò
Theo, sfilandogli il bicchiere colmo di liquido ramato dalle mani
–E’ possibile
che non riesci mai a controllarti?-
Blaise riprese lamentosamente, ma con
la tristezza negli
occhi: -Non è colpa mia se sono un ragazzo
cattivo…La luce mi dà fastidio. Vi
prego, spegnetela. Forse un abbraccio potrebbe migliorare le cose, non
è vero,
Gin?-
La rossa si voltò e si
morse un labbro tremante: era
preoccupata, stanchissima per le diverse notti insonni, confusa da
mille
pensieri che non le davano pace. Da quando aveva saputo che Draco non
solo
aveva l’Iniziazione a maggio ma che era anche promesso ad una
sconosciuta, non
era più riuscita a stare tranquilla; lui l’aveva
notato sia nell’aria sempre un
po’ assente, nelle occhiaie livide sotto gli occhi, nel
tremolio ansioso delle
mani, però non per questo si era allontanato, anzi le stava
ancora più vicino e
allora Ginny si tranquillizzava. Cercavano di passare più
tempo possibile
insieme, sapendo che il Destino avrebbe potuto dividerli da un momento
all’altro. Con sua sorpresa, fu Theo quella sera a passarle
un bicchiere di
liquore con la consapevolezza negli occhi mentre Blaise protestava
sonoramente
dal letto (-Perché lei si ed io no? Eh, Thed,
perchè?!): -Bevine un sorso. Non
ci so fare con le parole quindi è il massimo di cura
omeopatica che posso
darti- Il che, per Theodore, la
persona
con più doti oratorie che conosceva, era un paradosso, ma
non fece storie e
bevve tutto d’un fiato il bicchiere che le porgeva, sentendo
il liquido
bruciante nella gola.
-Avevo detto un sorso…
E’ roba forte questa- disse vedendola
stringere gli occhi. Ginny si sentì quasi subito
intorpidita; i suoi pensieri
brulicanti come uno sciame d’api finalmente si erano calmati,
limitandosi ad un
ronzio di sottofondo e tutto questo era così confortante
dopo tanto tempo che
quasi si mise a piangere. Probabilmente anche Theodore lo
percepì perché la
abbracciò, sussurrandole all’orecchio: -Oh, Gin.
Ti prometto che andrà tutto
bene. Draco si prenderà cura di te e anche io-
-Shi shi anche io, Sghinny
davvero…- Blaise affermò il suo
contributo in modo convinto prima di attaccarsi a collo ad una
bottiglia di
rhum. Ginny sorrise tra le lacrime, ricambiando l’abbraccio
di Theo come
avrebbe fatto con Charlie o con Bill. Poi, con la testa pesante e il
corpo che
sembrava muoversi a rallentatore, cercò di andare verso il
letto di Draco senza
successo, così si sentì sollevare e trasportare.
La cosa la fece
inspiegabilmente ridacchiare.
-Ecco, anche questa è
andata- esclamò Theodore scuotendo la
testa, suo malgrado divertito e più sereno. Ginny si
accoccolò fra le coperte e
in poco tempo si addormentò, avvolta nel profumo di Draco.
…
Forse furono le voci disperate che
bisbigliavano a
svegliarla o forse il non essere nel letto in cui dormiva di solito o
forse il
mal di testa, fatto sta che Ginny aprì prima un occhio e poi
l’altro e vide due
figure parlare animatamente sulle poltrone davanti al camino ormai
spento. Si
alzò silenziosamente e camminò con lo sguardo
fisso su un tizzone rosso-fuoco
ricoperto di cenere d’argento, pensando che era dello stesso
colore delle iridi
di Draco. I ragazzi smisero immediatamente di parlare, anche quando lei
si
sedette, o meglio si stravaccò su una poltroncina, sbattendo
gli occhi e
chiedendo affatto intontita: -Beh? Di cosa parlavate?-
La faccia di Theodore era indecisa
tra lo sbalordimento e
l’ammirazione: -Ti sei fatta fuori un intero bicchiere di
whisky e sei già in
piedi?-
Ginny lo guardò
sinceramente interessata: -Ah, era whisky?-
Draco soffocò una risata e si scostò per farle
posto così che ci stessero
entrambi sul divano. Dopo che si fu posizionata con la testa appoggiata
alla
sua spalla, la rossa continuò: -Bene, adesso ditemi che cosa
avete pensato.
Aspettate, non dobbiamo svegliare Blase?- diede un’occhiata
perplessa al moro,
steso a stella marina nel letto con la bocca un po’ aperta
-Ehm, direi di no, glielo riferirete
voi….-
-E ancora non l’hai sentito
parlare nel sonno- sussurrò
Draco al suo orecchio, provocando una serie di brividi sul suo collo.
Possibile
che ogni volta che lo vedeva le faceva lo stesso effetto? Si sentiva
anche un
po’ scema in realtà… Theodore si era
alzato e aveva iniziato a spiegare con
aria molto seria, così riportò tutta la sua
attenzione su di lui, intrecciando
le dita con quelle di Draco: -Come forse già sai, Ginevra,
la guerra è alle
porte. Voldemort vuole sconfiggere Harry Potter, che ahimè
purtroppo ci serve,
perché sarebbe impossibile uccidere il Signore Oscuro senza
di lui. In qualche
modo, è utile alla causa, anzi indispensabile visto che
forse dovrà morire per
essa- Ginny mantenne un’espressione impassibile nonostante
fosse turbata; non
sopportava Harry dall’ultimo spiacevole episodio, ma
ciò non voleva dire che
desiderasse la sua morte –Ora, si può agire in
diversi modi: il primo è
chiedere protezione all’Ordine della Fenice e al Preside
Silente; questo
significherebbe una serie di problemi e domande inevitabili e non
escluderebbe
l’ipotesi che Voldemort ci trovi e ci uccidi tutti. Punto numero due: scappare
e nascondersi tra
i babbani, con la certezza di essere ricercati da un gruppo nutrito di
Mangiamorte fra cui Lucius, mio padre e quello di Blase, che non
smetteranno di
cercare fino a quando non ci avranno trovato. Ah, e poi ci uccideranno
in
quanto traditori. Terza ipotesi- qui il suo sguardo fu penetrante e
sottile, ma
il tono era sconsolato, come se non riuscisse nemmeno a sopportare che
cosa stava
per dire, però fosse inevitabile –ognuno va avanti
con la sua vita e gli
obblighi richiesti, cercando di rimanere vivo-
-Io
credo che non dovremmo
nemmeno prendere in considerazione l’ultima idea- si girarono
tutti di scatto
all’affermazione di Blaise che, in piedi dietro di loro, li
guardava con gli
occhi blu scintillanti da sotto la frangia di riccioli scuri. Sembrava
un dio
greco, un Ares. Ginny arrossì anche perché, beh,
era a torso nudo e portava
solo i pantaloni del pigiama, così distolse lo sguardo,
anche quando Blaise
continuò: -Insomma, dopo quasi diciotto anni di vita passati
fra i soprusi, le
violenze, metodi educativi più simili a punizioni che a
insegnamenti e con dei
genitori ai quali non frega nulla di noi- perfino la sua postura
divenne triste
e abbattuta, come se il ragazzo fosse ritornato bambino, solo e
spaventato
–vogliamo davvero continuare ad essere delle marionette? A
permettere di farci
diventare degli assassini, dei criminali?! Io non voglio e non lo
farò- Ogni
traccia di mestizia era stata sostituita dalla rabbia, dal dolore,
dall’orgoglio e da una buona dose di forza di
volontà. Ginny pensò che non è
vero che i Serpeverde sono sprovvisti di coraggio: spesso lo dimostrano
solo
quando ce n’è bisogno e questa non è
una qualità meno importante
dell’intraprendenza, no?
-Ah,
Gin- aggiunse con il solito
tono da casanova che trasudava ironia –Puoi guardarmi adesso,
mi sono messo una
maglia- La ragazza alzò gli occhi dalla spalla di Draco e
vide il solito
sorriso un po’ storto che aveva ripreso posto sul suo viso
mentre il biondo
sbuffava. Theodore non si era concesso nemmeno l’ombra di un
sorriso, si
potevano quasi percepire i meccanismi del pensiero girare nella sua
testa e
soppesare le parole che sembravano essersi fermate nell’aria,
poco sopra la
loro testa. Tutti lo guardavano, in attesa del suo responso come quello
di un
oracolo quindi per sdrammatizzare disse: -Ragazzi, lo so che contate su
di me,
ma siete assillanti. Lasciatemi pensare-
-Uhm,
credo che andrò a prendermi
un bicchierino- Blaise si sfregò una mano sulla fronte, le
fece l’occhiolino e
caracollò verso il minibar. Ginevra alzò gli
occhi al cielo e fissò Draco che
sedeva leggermente rigido accanto a lei. Strofinò il naso
contro il suo collo,
sperando di ottenere qualche reazione e Draco, sempre sovrappensiero,
la
abbracciò posando il mento sul suo capo. Lo sentiva
così distante e vicino
insieme: come lei soffriva l’incertezza dei tempi e
l’inesorabilità della vita
che gli provocavano insonnia, ansia e inquietudine, ma a differenza
sua, non
sembrava trovare giovamento da nessuna cosa ed era sempre
più consumato,
stanco.
Si
alzò e lo prese per mano:
-Andiamo a fare un giro, dai- Uscirono silenziosi dalla camera,
sentendo solo
il rumore dei passi e dei loro respiri. L’orologio sul camino
nella Sala Comune
che segnava le due di notte rintoccò proprio in quel
momento, donando un’aurea
surreale al momento. Il mondo intero dormiva intorno a loro. Ginny non
si fermò
nel dormitorio Slytherin né parlò: camminarono
mano nella mano come due ragazzi
normali attraverso i corridoi illuminati dalla luna. I personaggi dei
quadri
dormivano, chi sonnecchiando appoggiato alla spalla del vicino, chi con
le mani
incrociate sopra la pancia. In quel preciso istante il castello era
disabitato,
un’altra dimensione in cui poter sfuggire per un
po’ alla verità. Ginny godeva
solo per il fatto di non essere tormentata dai dubbi e dai pensieri e,
ovviamente, per trovarsi insieme a Draco. Era strano come una sola
persona
potesse decidere l’andamento e l’umore delle
proprie giornate, vero? Ginny si
fermò davanti ad una finestra, cercando di distinguere i
contorni del parco nel
buio.
-Sei
così bella, Ginevra- la voce
di Draco era stremata e stupefatta –Io non posso credere che
tu dopo tutto
questo tempo, dopo quello che ti sto facendo passare, desideri stare
ancora con
me- La meraviglia che traspariva nelle sue parole stava quasi per
convincere la
rossa che pensava davvero quelle cose. Ginny si voltò,
cercando Draco che era
rimasto un poco più indietro e non era avanzato nella pozza
di luce lunare che
entrava dalla finestra: -Che cosa stai dicendo, Draco?-
Osservò meglio il suo
volto diafano, aristocratico, quegli occhi che, ora cerchiati,
l’avevano fatta
tremare e sospirare, gli zigomi alti, i capelli in cui era solita
passare le
mani. Il suo corpo le era familiare e caro quanto il suo.
Provò ad avvicinarsi
a lui, ma la respinse con un gesto del viso, scuotendo la testa: -No,
Ginevra.
Resta lì: devi stare sotto la luce, tu. Non puoi venire qui
con me, al buio-
Ginny
gli corse incontro e lo
trascinò sotto la luce della finestra, costringendosi a non
piangere con tutta
sé stessa. Draco aveva bisogno di lei, della sua forza e
della sua sicurezza,
non poteva pensare che l’avrebbe salvata lasciandola andare.
Lo strinse forte, si
alzò in punta di piedi per essere il più
possibile vicino a lui e guardandolo
negli occhi affermò piano, ma risolutamente: -Non provare
nemmeno a lasciarmi.
Non. Farlo. Abbiamo appena iniziato a lottare ed io non mi
tirerò indietro. Non
puoi lasciare andare tutto così-
Il
ragazzo avvolse le sue braccia
intorno alla vita e seppellì il viso nel suo collo,
abbassando per una sola
volta le difese, senza aver paura di mostrarsi debole con lei. Ginny
non sentì
né i singhiozzi né i sussulti: percepì
solo le lacrime che le bagnavano il viso,
che le intridevano i capelli e pianse con il ragazzo che amava per il
futuro
che non potevano avere, per la normalità che non avrebbero
mai raggiunto, per
loro stessi. Si baciarono, un po’ cauti, un po’
affamati come se fosse la prima
volta, cercando di riscoprirsi l’uno nell’altra. La
ragazza passò le mani sulle
spalle di Draco, sul petto, sul volto con gli occhi fissi nei suoi, le
labbra
incollate. Gli sfilò febbrilmente la camicia, sbottonandola
e gettandola di
lato mentre sentiva il suo profumo inebriarla e le pelli bollenti
entrare in
contatto. Il biondo si ritrasse improvvisamente, allontanandosi con il
braccio
il più lontano possibile dal corpo, cercando di non vedere
il Marchio lucido
che spiccava sulla pelle bianca.
-Non
guardarlo, ti prego- la
supplicò con il volto diventato una maschera di vergogna e
di disgusto.
-Quel
Marchio non cambia nulla,
lo sai? Non cambia nulla di quello che sei, dei tuoi sogni, delle tue
aspirazioni, dei tuoi sentimenti. Non può influenzarti, se
non vuoi. Non può
corroderti, se lo combatti. Voldemort sta cercando di farti diventare
pazzo dal
dolore, dal rimorso, dai dubbi, ma non potrà mai toglierti
quello che sto per
dirti- Ginny gli prese il volto fra le mani, affermando ad un
centimetro dalla
bocca del ragazzo–Io ti amo, Draco Malfoy. Qualunque cosa
accada, ricordalo. Io
ti amo ed ho bisogno di te; voglio che questo braccialetto sia pieno di
ciondoli, uno per ogni Natale che passeremo insieme, come mi hai
promesso. Te
lo ricordi?- Draco
respirò
affannosamente quando la rossa appoggiò le labbra
all’altezza del suo cuore e
lo baciò. La strinse in un abbraccio tremante: -Ti amo anche
io, Ginevra
Weasley. Troveremo un modo per uscire da questo labirinto di dolore,
insieme-