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Autore: Selhen    21/06/2014    2 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era pomeriggio inoltrato, e il debole sole faceva capolino tra le nuvole pronto ormai a lasciar spazio alla prepotente oscurità, quando venni congedata dagli uffici amministrativi della legione. Tutti i soldati erano stati chiamati a fare rapporto per capire quante perdite si fossero subite, in modo da far menda alle morti con l'aiuto dei grandi obelischi della resurrezione o reclutando tutti i chierici disponibili perché andassero a curare i feriti.
Quel giorno avevo trovato un messaggio di Saephira nella mia cassetta della posta che mi annunciava la sua promozione. Dall'indomani avrebbe cominciato a essere operativa nei pressi di Beluslan.
Fui felice per lei e risposi alla sua lettera con tanti complimenti e una rinnovata offerta di aiuto, se mai ne avesse avuto bisogno.
Camminando per le strade affollate di Pandemonium avevo gioito per un attimo di quella quiete e di quella calma apparente. Bambini correvano per le strade schiamazzanti, mentre venditori di ventura urlavano prezzi ultraconvenienti per accaparrarsi il compratore di turno.
Un venticello leggero scompigliava i miei capelli candidi e il profumo di fiori della notte, pronti a schiudersi, solleticò le mie narici.
"Selh!". Udii chiamare alle mie spalle.
Era una voce che avrei riconosciuto fra mille e più voci. Shad.
Mi voltai chiedendomi se non me lo fossi immaginata, ma a un passo da me c'era lui. Il suo fisico asciutto nel giubbino in stoffa di Kahrun aderente e i pantaloni neri e sagomati, con la sua solita aria austera del combattente vincitore. I suoi capelli blu erano un po' più scompigliati del solito e il suo sguardo un po' più spento.
Il mio cuore si ribellò alle sue iridi di ghiaccio.
"Shad", risposi al suo richiamo voltandomi di tutto punto.
Mi sembrò di tornare indietro nel tempo, a quella volta in cui era iniziato tutto, a Katalam Nord. Rimasi a guardarlo per qualche secondo, prima di incalzarlo a parlare. "Qualcosa non va?".
Sebbene mi fosse sembrato un po' incerto, com'era tipico di lui, ci mise poco a fare a menda a quei pochi secondi di perplessità. Si appoggiò ad una colonna della piazza di Pandemonium a braccia conserte riprendendo a fissarmi. "Volevo chiederti una collaborazione".
Aggrottai le sopracciglia senza capire.
"Guarnigioni", precisò lui, "come ai vecchi tempi". A quelle ultime parole i suoi occhi scintillarono.
"Katalam Sud", terminò.
"Adesso?", feci io battendo le palpebre spaesata.
"Prima che tramonti il sole, mi è giunta voce che l'ottantadue è appena stata conquistata e dobbiamo andare a dare una ripulita alle truppe d'avanguardia elisiane".
Lo guardai recuperando una certa sicurezza e incrociai le braccia a mia volta. "Perché me, e non Ethun?".
Shad scrollò le spalle. "Ethun è impegnata con i caduti di guerra".
I suoi occhi non confermarono la versione appena riferita, ma volli prenderla per buona. Ero ancora in divisa da combattimento, quindi avrei potuto seguirlo senza problemi.
"Su, su, muoversi!", aveva detto lui facendomi segno col capo mentre si allontanava a passo celere verso Doman e il suo teletrasporto.
"Dove vi porto?", chiese il responsabile del teletrasporto quando ci vide pronti alla partenza.
"Katalam Meridionale", dissi io anticipando Shad.
Con un gesto della mano Doman aprì il varco dopo che avemmo pagato la quota del passaggio. Ci lanciammo dentro finché i miei piedi non si posarono con un tonfo su un'ampia piattaforma di legno, proprio al fianco di un elisiano che era lì, fermo sull'alto terrazzo, a godere della vista di quel piccolo cantiere shugo: la città di Pandora
Shad mi comparve accanto proprio nel momento in cui il tizio elisiano si voltò infastidito dal nostro arrivo. A quanto pareva, avevamo turbato la sua quiete.
"Zona neutrale, amico. Non vorrai metterti nei guai...", disse Shad con un tono che aveva un che di irritante. Fui sicura che se si fossero incontrati entrambi in territorio conteso, l'elisiano in questione non sarebbe rimasto tanto a lungo così statuario e insensibile, benché non potesse interpretare le parole di Shad. Bastava il tono.
Il tipo si limitò a lanciare dalla nostra parte uno sguardo arcigno e ostile prima di spiegare le ali e gettarsi di sotto senza aggiungere una parola. Dedussi che fosse diretto al sottosuolo di Katalam.
Pandarung era una piccola città-cantiere di Shugo che sorgeva in un territorio brullo e arido, quasi deserto, ma il suo sottosuolo era immenso e da esplorare, ricco di misteri e creature pericolose, oltre che di roba preziosa e interessante che avresti potuto rivendere a prezzi esorbitanti ai mercanti di Pandemonium. Le battaglie più frequenti tra elisiani e asmodiani prendevano forma soprattutto nei meandri del sottosuolo, era per questo motivo che da quelle parti non mi ero mai avventurata da sola.
Al momento ci trovavamo in una zona quasi neutrale. Qualunque elisiano o asmodiano avesse osato attaccare un avversario sarebbe morto all'istante, freddato dalle potenti armi dei guardiani shugo, tanto piccoli quanto spietati.
Mi lanciai dalla piattaforma con le ali spiegate, seguita a ruota da Shad. Sapevamo entrambi dov'eravamo diretti. Una corrente d'aria ci avrebbe portati in una nuova zona neutrale e da lì, presa un'altra statua del teletrasporto, avremmo raggiunto la guarnigione ottantadue
A differenza di Pandarung la guarnigione ottantadue sorgeva dispersa tra gli alberi frondosi di un bosco rigoglioso e quasi, avrei potuto dire, incantato. Un ruscello attraversava il territorio aprendosi poi in uno scintillante lago, dimora di Seiren selvagge.
Era bello lasciarsi dietro l'afa e la sabbia di Pandarung per tornare a respirare il profumo balsamico di fiori silvani in quel bosco umido e fresco.
Il ronzio delle cicale, continuo e rassicurante, mi trasmetteva quasi un senso di pace. Si era fatto quasi buio, e non era raro, col calpestio dei nostri passi sull'erba soffice, disturbare qualche lucciola solitaria, che volando rendeva l'atmosfera del posto fin troppo romantica.
Mi chiesi se Shad non lo avesse fatto apposta a portarmi lì.
Mi guardai intorno serena, godendo di quel paesaggio tranquillo e incontaminato. Era quasi impossibile pensare che in quella zona scorrazzassero liberi anche soldati elisiani. 
Se c'era una cosa che avevo imparato in tutti quegli anni d'addestramento, era questo: più una zona era bella, e più poteva essere pericolosa. Specialmente a Katalam.
Accelerai il passo per affiancare Shad e sentii il suo braccio muscoloso strisciare contro il mio. La sua presenza mi diede sicurezza.
Con lui accanto mi sentivo protetta, nonostante tutto. Riusciva sempre a uscire vittorioso dagli assalti, con qualche ferita lieve o addirittura indenne.
Proprio mentre camminavamo in religioso silenzio, Shad si bloccò, poco avanti a me.
Tesi le orecchie cercando di cogliere un qualsiasi suono anomalo, qualsiasi presenza, ma niente si muoveva nella foresta se non le fronde dei grandi pioppi che sbatacchiavano alla leggera brezza del tramonto.
"Shad?", mormorai.
Lo vidi cambiare direzione e uscire fuori strada, alla ricerca della piattaforma di pietra su cui ogni guerriero poteva riposare, rimanendo al sicuro da ogni attacco, protetto dagli obelischi che si issavano in essa.
Quando la trovammo Shad andò a sedervisi in un sospiro e io lo seguii vagamente perplessa. Piano piano mi sorse il dubbio che forse, non avevamo alcuna avanguardia elisiana da attaccare.
"Si può sapere che ci facciamo qui?", gli chiesi con aria seccata. "Era una scusa, non è vero?".
Shad inarcò un sopracciglio senza scomporsi. "Può darsi".
Roteai gli occhi, ignorando il senso di disagio nello stomaco. "Andiamo Shad, perché mi perseguiti?".
Lui non rispose, anzi rimase per qualche minuto a riflettere spiazzandomi infine con una domanda che mi mise alquanto in difficoltà.
"Dove sei stata oggi dopo la Sillus?".
Ebbi un sussulto allo stomaco ma cercai di non darglielo a vedere, mantenendo la solita aria di sicurezza. "Da nessuna parte".
Shad scosse il capo ridendo sarcastico. "Selhen, Selhen... non ci vuole così tanto a tornare a Pandemonium dopo un siege".
"Perché ti fai gli affari miei, Shadow? La cosa non ti riguarda", lo apostrofai acida.
Lui annuì accomodante. "D'accordo, d'accordo... non ti chiederò nulla ma...", sollevò una mano e mi trascinò giù, accanto a lui. La guarnigione era ancora lontana e nessuno in quel momento si aggirava in quella zona. Io e Shad eravamo da soli, cosa che mi preoccupò alquanto, dati i nostri precedenti.
"Ho paura che tu ti metta nei guai, Selh".
Rimasi spiazzata da quell'affermazione. Ci volle qualche secondo prima che riuscissi a riprendere il controllo per ribattere. Corrugai la fronte scuotendo il capo incredula. "Ma cosa... cosa ti passa per la testa, Shad?".
Shad voltò nervosamente lo sguardo verso la folta foresta dietro di noi. Ormai era il crepuscolo e da lontano proveniva fievole il rumore piacevole del ruscello nascosto dalla folta vegetazione.
L'atmosfera rarefatta e le accese sfumature arancioni che accarezzavano irregolari la sua pelle pallida, mi lasciarono per un attimo affascinata.
I raggi del sole, ormai morente, si insinuavano tra i rami e la mia pelle sensibile ne percepì il debole calore quando ne fu sfiorata.
"Perché mi hai portata qui, Shad?", gli chiesi alla fine appoggiandomi con la schiena all'obelisco di protezione.
Lo vidi fare forza con le braccia possenti per issarsi e portarsi vicino a me, inginocchiandomisi di fronte per essere all'altezza del mio viso. Cercò il mio sguardo coi suoi occhi di ghiaccio e mi accarezzò la guancia col dorso della mano artigliata.
Il suo tocco era soffice. Fu un gesto che mi mise a disagio e risvegliò in me un inspiegabile desiderio di lui. Avrei voluto che non finisse, che non allontanasse la mano. Avrei voluto sentire attorno al mio corpo la stretta rassicurante delle sue braccia. Avrei voluto che quei piccoli gesti fossero solo i nostri. Avrei voluto poter sognare qualcosa di più con lui, ma così non era. Lui apparteneva ad Ethun, e io... io dovevo fare in modo che tutto questo, tra noi, finisse.
La sua mano percorse lenta il profilo della mia guancia e mi sollevò il viso, quel tanto che bastasse perché le nostre bocche fossero vicine, a pochi centimetri di distanza.
Sentii il profumo del suo respiro, misto ai fiori notturni, delicato, solleticarmi pigramente le narici.
"Shad...", mormorai insicura, ricambiando il suo sguardo ardente senza volontà.
Il mio respiro si era inspiegabilmente agitato. La frustrazione di averlo così vicino, ammaliante e tentatore. Era una tortura fisica, un affanno inutile e gratuito a cui lui, probabilmente, non voleva rinunciare.
Infine Shad si sporse, quel poco che bastava perché le nostre labbra si sfiorassero. Le percepii morbide, rassicuranti. Mossi appena il capo per sentirne meglio il tocco, poi allungai una mano incerta, per stringere la sua che ancora mi sorreggeva il viso, e con tutta la forza di volontà che riuscii a raccogliere lo dissi: "No".
Shad non si scompose, ricambiò la mia fredda stretta con la mano e si lasciò cadere nuovamente seduto.
"Volevo solo passare del tempo con te", disse alla fine con aria tutt'altro che colpevole.
"E' per questo che hai scelto la guarnigione più sperduta del Katalam?", domandai sospirando.
"Proprio un bel posticino qui", rispose lui guardandosi curiosamente intorno.
"Direi quasi romantico", lo apostrofai sarcastica.
"Come sei perspicace, Selhen".
Mi accigliai. "Shadow, non eri impegnato?".
Shad annuì. "Ti salvi solo per questo", disse con un finto tono minaccioso.
Fui io, allora, divertita, a sporgermi verso di lui e a prendere il suo viso con una mano, per guardarlo negli occhi. Il suo labbro si pronunciò in maniera buffa alla stretta delle mie dita.
Per fortuna l'atmosfera si era alleggerita, tra noi.
"Muoio di paura!".
Ghignò. "Faresti bene, donna".
Lasciai andare il suo viso in una debole spinta e mi rimisi in piedi. "Sei bravo a giocare, Shadow, ma piano piano imparerò a non cascarci. Ho già guadagnato qualche punto". Sorrisi con aria di sfida.
"Chi ti dice che io stia giocando?", mi prese lui in contropiede, nel momento in cui avevo già cominciato a muovere le mani per evocare un portale che mi conducesse a casa. 
Mi bloccai.
"Il fatto che tu non sia mai stato serio, e mai lo sarai", scrollai le spalle.
"Che brutta opinione che hai di me", disse rammaricato mentre evocava un varco che lo avrebbe condotto a Pernon.
"Colpa tua".
Shad assunse un'espressione indecifrabile e mi invitò ad attraversare il suo portale con un cenno del capo.
"Ci vediamo a Pandemonium", gli dissi con un sorrisetto affettato tirando fuori dalla mia bisaccia una pergamena del teletrasporto per Pandemonium e ignorando palesemente il suo invito. La srotolai accuratamente e ne lessi con chiarezza la formula magica. Sentii il mio corpo essere avvolto da un torpore, poi la sensazione di dissolvermi nell'aria per ricompormi in un soffio di vento, davanti all'obelisco del tempio della Conoscenza di Pandemonium.
Poco dopo, al mio fianco comparve anche Shad. Il che mi incuriosì. "Non stavi tornando a casa, con quel portale?".
Lui sorrise sghembo. "In verità mi sono ricordato che ho un certo languorino".
"Morale della favola?", chiesi alzando gli occhi al cielo.
"Andiamo a cena!". Mi afferrò per un polso trascinandomi su per le scale del tempio della Conoscenza e ci trovammo entrambi all'aria aperta. 
Era calata la notte a Pandemonium che, mi accorsi, era tutta un gioco di luci e di torce divampanti. Io e Shad ci incamminammo a passo lento verso la piazza chiacchierando del più e del meno. Attraversammo il ponte Vifrost e la strada del Mercato che a quell'ora era solo occupata da daeva di passaggio, data l'assenza di mercanti.
Mi chiesi dove mi stesse portando. Mi ero immaginata che andassimo a prendere qualcosa alla taverna Apellbine, ma evidentemente Shad aveva in mente dell'altro, perché oltrepassato il grande tempio dell'oro, sui cui gradini erano seduti un gruppo di giovani daeva schiamazzanti, mi trascinò oltre al piccolo ingresso del Tempio degli Artigiani, per svoltare verso la Strada della Prosperità che percorremmo fino in fondo una volta girato a destra.
Una piacevole musica mi giunse alle orecchie quando fummo proprio vicino al fondo del viale, e infatti, c'era davvero una bella locanda da quelle parti.
"Da questa parte", mi disse lui con tono allegro prendendo la mia mano ma sciogliendola proprio quando fummo all'ingresso.
Ebbi una fitta allo stomaco, a quel sorriso. E le cose non migliorarono quando mi strinse la mano.
A volte mi chiedevo se Shad non mentisse, se non mi prendesse in giro. Ma com'era possibile che non ci fosse un po' di vero in quel sorriso?
Era riuscito a farmi totalmente dimenticare l'avventura di quel pomeriggio, con l'elisiano, quando facemmo ingresso nella grande locanda di Dorein e Kitanya. Shad salutò Dorein, immerso nelle sue ordinazioni, con un cenno del capo, poi ci guardammo intorno alla ricerca di un tavolo libero.
Era una taverna di gran lunga più grande della Apellbine, i tavoli erano ampi e rotondi, decorati con grandi tovaglie scarlatte che li ricoprivano. Al centro di ogni tavolo tremolava la luce di una candela profumata e sebbene l'ambiente fosse piuttosto scarno, su ogni tavolo era sistemato con cura un piccolo vaso di fiori colorati.
Esplorai il posto con lo sguardo, tra gli schiamazzi della clientela. Su una panca poco distante da noi un Daeva piuttosto euforico si stava atteggiando con sfida nei confronti di un altro. Evidentemente entrambi avevano alzato un po' troppo il gomito, perché sul loro tavolo giaceva, rovesciata, una bottiglia di vino.
"Non ero mai stata qui", dissi a Shad accomodandomi nella sedia che lui aveva prontamente scostato per me.
"Una vera eresia, visto che si mangia divinamente", disse lui andando a prendere posto di fronte a me.
"E dunque questa sera sarai tu ad offrire?", lo incalzai divertita.
"Hai qualche dubbio sul fatto che io non sia un gentiluomo?"
"Sì certo, un egocentrico gentiluomo piuttosto montato".
Ridacchiò quando io, accidentalmente, urtai un bicchiere di vetro che si rovesciò.
"Dio! Oggi non è proprio giornata!". Lo rimisi in piedi nervosamente.
"Chiamami pure Shad!", disse lui sorridendo sornione alla mia imprecazione.
"Mh", annuii tornando a guardarlo, "Sì, decisamente un daeva egocentrico e irritante". Mi accarezzai un ciuffo di capelli con le dita.
"E' per questo che sei pazza di me!".
"Non sei divertente".
"Anch'io ti adoro Selh"
Scossi il capo arresa. "Va bene, va bene, hai vinto!".

La serata era trascorsa così, tra una risata e l'altra. Avevamo consumato le nostre appetitose porzioni a base di spezzatino di poma per poi concludere con un delizioso dessert di Marmellata di zeller ed etere, il tutto coronato da più giri di cocktail di drupa che, forse, mi avevano dato leggermente alla testa.
"E dimmi che ne pensi di questo", stavo dicendo a Shad ridendo schiamazzante per le strade deserte di Pernon. Era notte inoltrata, e tutta la città era immersa nel silenzio e nella pace. L'intera Asmodae dormiva.
"Un asmodiano che mi lascia viva anche per la seconda volta", sorrisi ebete, "che sbadata, dovevo dire... elisiano", scandii enfatica l'ultima parola inciampando.
Shad mi sorresse per un braccio accompagnandomi fino alla porta della mia abitazione.
"Per la seconda volta?", mi chiese lui lucidamente, "stai parlando di Velkam?".
Mi bloccai appoggiandomi malamente alla porta di casa e strizzai le palpebre toccandomi la fronte. La testa mi faceva male.
"Oooh, avanti Shadow... che ci sarà mai di strano nel fare amicizia con un elisiano?", ridacchiai.
Shad scosse il capo guardando altrove. "Di questo parleremo domani, quando sarai più lucida".
Sorrisi gongolando sul posto. Ero scivolata per terra, sui gradini dell'uscio.
"Adesso alzati e vai a nanna, su". Il suo tono voleva sembrare più tranquillo di quanto in realtà desse a vedere.
Mugugnai provando a sollevarmi goffamente ma senza risultati e ci riuscii solo quando Shad mi tirò su con la sua presa salda. A tentoni provai a infilare la mano nella borsa, con scarso esito.
"Non trovo le chiavi", biascicai oscillando pericolosamente con le gambe molli.
Vidi sul viso di Shad balenare un sorrisetto divertito e togliermi la borsa di mano per frugarci dentro. Quando trovò le chiavi le infilò nella toppa e mi sollevò tra le braccia per andare ad adagiarmi sul letto, congedando Mnerunerk con uno sguardo.
Deglutii, avevo la bocca secca e mi girava la testa. Sporsi le braccia verso di Shad sghignazzando. "E adesso cosa farai? Mi rimboccherai le coperte, gentiluomo?".
Lui mi scostò un ciuffo di capelli che si era impigliato alle mie labbra secche e si chinò, molto lentamente, per suggellarle con un piccolo bacio leggero. Non durò molto, ma fu comunque bellissimo.
"Credo che per il momento il bacio della buonanotte possa bastare, non vorrei viziarti troppo coi miei servigi".
Feci una smorfia piuttosto enfatizzata. "Sei sempre il solito str...".
Fui interrotta da un suo dito sulle labbra."Shhh, aspetta a darmi certi epiteti", mi sussurrò dolcemente alzandosi in piedi.
"Buonanotte Shadow...", biascicai fulminandolo con lo sguardo per poi girarmi su un fianco con gli occhi già chiusi.
"Buonanotte, Selh", disse lui piano. Rimase a fissarmi per qualche altro secondo con un sorriso enigmatico sulle labbra, poi, scuotendo appena il capo ad un pensiero che gli era balenato nella mente, si avviò verso la porta e la aprì con delicatezza scivolandovi oltre.
  
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