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Autore: Yssis    21/06/2014    2 recensioni
Dall'Epilogo
-Ciao Yuuto. Com’è andata la giornata?-
-Tutto bene papà, grazie.-
“Pensa papà, se io non fossi tornato a casa oggi.
Avresti aspettato, cominciando ad agitarti, poi sarebbe arrivata la mamma e l’avresti accolta con un sorriso tirato, che non nasconde l’ansia.
Lei avrebbe subito chiesto di me; allora non avresti retto più e avresti detto che ero uscito per giocare con i ragazzi ma non ero rientrato all’orario stabilito, né avevo avvisato un possibile ritardo.
Allora avreste chiamato la polizia e sarebbero iniziate delle ricerche che non avrebbero portato a niente.
Io mi sarei dissolto nel nulla e non mi avresti più rivisto, mai più…
Però va
tutto bene papà, perché non è successo nulla e io sono qui, sono tornato a casa, adesso mi lavo e mi preparo per la serata.
La mamma ci racconterà del suo viaggio, e io parlerò della partita e della possibilità di iscrivermi al club di calcio anche alle scuole superiori.
Mangeremo tutti insieme, finirà anche l’estate ma io sono qui papà.
“Tutto bene, sono a casa. Grazie.”
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Jude/Yuuto, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19;  Lacrime e sorrisi sul margine del giorno nuovo che nasce

Hikaru camminava tranquillo per il sentiero, stretto nel suo cappotto e con lo sguardo vigile: per fortuna aveva nevicato da poco, quindi le impronte che lasciavano erano piuttosto facili da seguire, però nello stesso tempo tutto             quel bianco faceva perdere l’orientamento.
Camminava sereno, senza fretta, pensando a cosa avrebbe detto una volta trovato suo zio: quell’uomo era sempre stato bravissimo con le parole, e anche se spesso Hikaru aveva cercato di imitarlo e rispondere per le rime, era sempre stato anni luce lontano dalle capacità oratorie e linguistiche di suo zio. Per questo, era certo che sarebbe stato, anche in quel caso, un fiasco colossale. Però lui si ostinava a volerci provare lo stesso.
Parlare con suo zio aveva poca attrattiva in effetti: gli bastava che lui aprisse bocca che aveva già capito tutto quello che intendeva dirgli. Per questo non capiva come Fideo riuscisse a parlarci per interi pomeriggi insieme…
Parlare con Rushe invece era tutt’altra cosa. Quella ragazzina era meravigliosa, quando diceva qualcosa la sua voce era delicata e cristallina, nonostante fosse ormai quasi maggiorenne. E quando le rivolgeva la parola lei lo ascoltava incantata e attenta, dava davvero importanza a quello che diceva, anche se era una cosa di poco conto: suo zio a confronto era già un miracolo se guardava nella sua direzione quando gli parlava!
O almeno, con lui funzionava così, poi era anche possibile che selezionasse i suoi interlocutori…
Uff, che uomo complicato…!
D’un tratto, alzando lo sguardo, gli parve di vedere una figura oltre l’alto arbusto innevato alla sua destra. Si lanciò in quella direzione senza esitazioni, ma aveva calcolato troppo approssimativamente le distanze, e in poche parole piombò addosso all’uomo, che dalla sorpresa si esibì in un principio di salto ma si convinse che il ragazzino non l’aveva notato e Hikaru preferì non fargli intendere il contrario; come se si fossero messi tacitamente d’accordo che quel moto di sorpresa non si era mai manifestato, l’uomo esordì con: -Hikaru. Sei tu.- che dovevano essere rispettivamente un’esclamazione e una domanda, ma entrambe uscirono senza intonazione alcuna.
Hikaru preferì non fargli notare nemmeno questo. Si vedeva che era agitato, e in cuor suo rideva sapendo che avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa riguardo la situazione di Yuuto e, in questo frangente, suo zio gli avrebbe creduto in qualsiasi caso. Quasi quasi si sentì tentato di dirgli una cattiveria, esibirsi con seriosa drammaticità in una descrizione dell’atroce ritrovamento del corpo maciullato da morsi di belve feroci, e il sangue rappreso sulla neve che aveva coperto parzialmente l’arbusto sotto il quale aveva ritrovato il corpo al sorgere del sole… Poi si sentì in colpa per aver solo pensato una cosa del genere, ed esclamò soltanto.
-Sì sì oji-san, scusa.- Ma nel frattempo suo zio si era già allontanato di qualche metro.
-ZIO! Aspettami…- Corse appresso all’uomo, ma questo non sembrava affatto intenzionato al dialogo. Poteva capire che era agitato, faceva quasi compassione, ma non per questo aveva il diritto di ignorarlo così palesemente!
D’un tratto si fermò, osservando con attenzione i movimenti dell’uomo e le occhiate che lanciava ogni tanto al di là di quell’albero dai rami nodosi o sotto quell’arbusto secco…
-Zio, sai che facendo così non troverai mai nulla, vero? Pensi davvero che comportandoti in maniera così penosa saresti in grado di ritrovare Kidou? Di riportarlo al sicuro?-
L’uomo si voltò verso di lui. Dall’espressione rabbiosa del volto non sembrava esattamente felice di quello che aveva sentito. Ma a Hikaru non importava granché; a volte gli piaceva far arrabbiare suo zio. Con il tempo aveva capito che, a dispetto delle apparenze, era un uomo facilmente suscettibile: bastava saperlo punzecchiare con l’argomento giusto al momento giusto…
Ora avanzava verso di lui, le impronte che lasciava sulla neve erano piuttosto profonde. Hikaru poteva giurare che fumava di rabbia dal naso.
-Wow, che scena drammatica…!- Proferì quando si ritrovò il volto di Reiji a pochi centimetri dal suo, a metà fra il divertito e l’ampolloso.
Ora lo afferrava per il colletto della giacca pesante; d’un tratto il ragazzino non avvertì più la terra sotto i piedi, ma era tranquillo e continuava a sorridere. In che modo, non avrebbe saputo descriverlo.
Nonostante suo zio cercasse di fargli paura, Hikaru sapeva benissimo di averlo completamente in pugno.
Anche se con i suoi compagni non l’avrebbe mai ammesso, in questi momenti provava un pizzico di adrenalina e piacere; intanto suo zio non si arrabbiava mai sul serio… E poi lui era portatore di buone notizie, anche se stava quasi per dimenticarsene.
-Zio, senti. Non intendo attaccar briga, ma penso che non sia il momento di picchiarmi fino a farmi perdere i sensi, sempre che tu ne abbia il coraggio, perché sinceramente ho moltissimi dubbi in proposito. Ma al di là di questo, penso che sarebbe più utile adesso cercare di darsi una calmata.-
Lentamente, come se fosse la cosa più normale da fare in una situazione del genere, Hikaru, sempre sollevato di qualche centimetro da terra, calò giù un braccio e afferrando un po’ di neve la appoggiò delicatamente sulle guance di Kageyama. Questo sbollì all’istante, accennando anche a un’espressione serena.
Poi il suo viso divenne paonazzo; dal freddo a causa del contatto con la neve ghiacciata o dall’imbarazzo di ritrovarsi in una situazione che sfiorava l’assurdo?
Allorché rimise il nipote per terra senza fare troppe storie, e mentre si asciugava il viso Hikaru ridacchiava.
-Ti pare zio? Ogni volta che voglio la tua attenzione devo inventarmi dei numeri assurdi! Se tu fossi un po’ meno concentrato su TE STESSO sarebbe più facile parlare!
-Non stavo pensando a me stesso, stavo pensando…-
-A Kidou, lo so, lo so e hai ragione a farlo. Intendevo in generale.-
-D’accordo. Scusa, va bene?-
-Bravo zio, ora sì che cominciamo a ragionare.-
Kageyama gli rivolse un sorriso a metà fra il riconoscente e lo scocciato, ma Hikaru preferì non indagare. Si era preso il suo divertimento, adesso era il momento di tranquillizzare anche quel povero diavolo che aveva davanti.
Sorrise conciliante, e porse una mano all’uomo in modo che la prendesse.
-Vieni oji-san, torniamo al limitare del bosco. Ho trovato Yuuto, sta benone; allora l’ho lasciato con l’allenatore e Haruna-sempai per venirti a cercare. Avrà voglia di…- Sentì in quel momento una stretta calda sulla sua mano, e istintivamente sorrise.
Con le dita intrecciate le une nelle altre, il ragazzino condusse l’uomo sul sentiero e lo riattraversarono insieme, mentre i respiri rasserenati si confondevano nel biancore del mattino.

**

Yuuto stava quasi assopendosi appoggiato al tronco di un albero; i mormorii di Haruna e Mamoru ormai gli arrivavano confusi alle orecchie, ma qualcosa nonostante tutto lo teneva vigile.
Voleva vedere Kageyama, sentiva che da un momento all’altro sarebbe arrivato.
La pesantezza delle palpebre ad un tratto si fece pressoché insopportabile, così chiuse gli occhi. “Solo per poco”, si premurò di pensare. “Solo per poco, così quando arrivano sono sveglio e gli racconto cosa ho sognato.”
Il sonno lo colse subito, e rimase dormiente contro la corteccia fredda dell’albero cullato dal sussurrare lieve del vento fra i rami più alti.

Un poco di neve gli inzuppò il viso, facendolo trasalire e svegliandolo completamente.
Tutto infreddolito si sfregò il volto con le manine stranamente calde e subito vide che c’era qualcosa di strano; non c’era di nuovo nessuno. Il cielo era buio ma intorno a lui era tutta luce. Trasalì, riconosceva quel luccichio. Era il portale in cui era caduto all’inizio di tutto, quel pomeriggio lontano nel tempo e nello spazio… Agitato si guardò intorno, alla ricerca disperata di qualche segno, qualche cosa che lo aiutasse a tranquillizzarsi, a convincersi che non era ancora arrivato quel momento. Aveva ancora troppe cose da fare, da dire, da vedere… Non poteva finire così, in un sogno, senza salutare nessuno…
Il terrore lo colse quando si sentì trascinare da quella luce azzurrognola, ma all’improvviso una luce diversa, più calda e più rassicurante lo avvolse e si trovò a riaprire di nuovo gli occhi, e davanti a sé stavano Endou e Kageyama, e parlavano.
Accantonò all’istante ogni complesso, ogni riflessione, e si lanciò ad abbracciare le gambe dell’uomo come la prima volta, quando si erano rincontrati in quella cucina calda e accogliente, immersi nel silenzio della mattina e nell’odore amaro del caffè fumante.
Voleva ancora tempo. Doveva esserci ancora tempo.
-Soushi…-
Avvertì Kageyama trasalire. Come sempre. Come la prima volta.
-Kidou…-
Lo sollevò con una dolcezza strabiliante. Anche se ormai doveva esserci abituato, il contatto lo meravigliò moltissimo. Era sempre bello abbandonarsi in quell’abbraccio che non aveva conosciuto per tanti anni…
-…- Il piccolo aprì la bocca per parlare, e un fiume di parole allagò il cuore. Alla gola non arrivò nulla, era secca.
Avrebbe voluto (o dovuto?) dirgli del suo sogno (o incubo?), delle parole che gli aveva rivolto e di come era venuto a capo del problema, di come in realtà non fosse lui, ma fossero la sua coscienza, le sue paure, i suoi rimorsi ad averlo posto in quella situazione; di come in realtà avesse paura di andarsene, di tornare a casa e non trovare più nessuno, non trovare più lui e Hikaru a cui si era affezionato tantissimo, di come se avesse potuto avrebbe voluto dimenticare tutto e rimanere lì, sarebbe guarito, non era importante; avrebbe ricominciato ad andare a scuola, avrebbe fatto di tutto pur di non andarsene, di non fuggire per tornare dove magari l’avevano dimenticato, dove all’improvviso gli sembrava non gli volessero così bene come credeva, e poi voleva parlargli di Hikaru, di calcio, della casa, dei boschi, delle albe e di tutte le cose belle che all’improvviso aveva voglia di fare con lui, con il suo comandante, con il suo…
-Per fortuna stai bene, Yuuto. Ero molto preoccupato.-
Queste poche parole, espresse con modestia e pacatezza sciolsero qualcosa nel cuore del bambino. Scoppiò a piangere a dirotto, stretto forte al collo dell’uomo.
E se intorno i ragazzi cominciavano ad agitarsi, Kageyama manteneva calma e compostezza; avvicinò una mano alla testa di Yuuto, accarezzò lentamente le ciocche raccolte nella coda troppo bassa per tenerle tutte a bada e l’altra l’appoggiò sulla schiena del piccolo.
Lo sentiva singhiozzare forte contro il suo petto, pronunciava parole rotte e slegate da ogni contesto e contenuto.
Si stava solo sfogando. Aveva solo paura.
Anche Kageyama ne aveva tanta, in cuor suo, perché tutti avevano capito cosa stava succedendo.
Hikaru tirò una manica dell’uomo per attirare la sua attenzione: davanti a loro si stava materializzando uno specchio luminoso, brillante e inconsistente.
Se non lo avessero avuto davanti agli occhi, loro stessi non ci avrebbero creduto.
Kageyama sentì Haruna deglutire rumorosamente, mentre Hikaru teneva ancora stretta la presa sulla manica della sua giacca anche se non lo tirava più.
Strinse forte il bambino, qualcosa dentro gli impediva di posarlo per terra. Sapeva che nel momento in cui l’avrebbe fatto avrebbe posto la parola “fine” a qualcosa di importante.
Qualcosa che entrambi non volevano che finisse.
Passarono secondi travestiti da secoli, mentre la luce azzurra del portale si faceva sempre più intensa.
Yuuto si lasciò sfuggire un ultimo, disperato singhiozzo. Ma ormai nessuno poteva più fare nulla.
Kidou toccò il suolo innevato come in sogno.
Si avvicinò prima a Mamoru.
Alzò il capo e incontrò un sorriso sorridente e vivace, come nei suoi ricordi sempre più sbiaditi.
Endou, il suo capitano, l’asse portante della Raimon, gli porse il pugno e Yuuto ricambiò, pieno di riconoscenza.
-Addio allenatore Endou. Siete fortissimi, continuate così.-
-Puoi contarci Kidou! Riporteremo il vero calcio, te lo prometto.-
Haruna lo prese in braccio, lui si concentrò sui loro occhi.
Si rispecchiò nel suo blu cristallino, da quanto erano lucidi e commossi.
I suoi non sapeva come fossero, quanto brillassero, ma l’intensità con cui il suo fuoco si scioglieva nel mare tranquillo dello sguardo di lei bastava. Ad entrambi.
-Addio sorellina, sei una splendida giovane donna e tantissime sorprese ti aspettano dietro l’angolo. Coglile, e continua a sorridere.-
-Onii-chan… Vedrai, andrà tutto bene.- Yuuto le sorrise, ma non capì se con quella frase intendeva consolare più lui o se stessa.
Hikaru gli si avvicinò, e gli porse il palmo chiuso. Kidou lo guardò senza capire, ma quando il ragazzino aprì la mano scoprendo il suo pallone da calcio ridimensionato a una pallina sentì troppo forte l’impulso di abbracciarlo.
-Buon proseguimento Hikaru, fa’ del tuo meglio, sempre. Tieni a bada tuo zio e non dargli ascolto: sei dolcissimo e anche Rushe voleva baciarti, quel pomeriggio.-
A quest’ultima frase il giovane avvampò, ma continuò a sorridere.
-Buon viaggio Kidou, stammi bene. Sei un vero campione, solo… Fai più attenzione. La prossima volta che vedi un portale sconosciuto stacci alla larga.-
-Ottimo consiglio, me ne ricorderò.-

Yuuto era sull'orlo del portale, ancora un passo e sarebbe sparito.
Indugiò un attimo sull'abisso, guardò quel luccichio che sapeva di speranza per un nuovo giorno e si girò, un sorriso stanco e commosso appeso sulle labbra.

-Soushi... Per quello che vale, è stato un papà meraviglioso.-
Kageyama avvertì un brivido caldo, qualcosa che lo scosse da capo a piedi e lo fece sorridere.
-Ti voglio bene Yuuto.-
-Anch'io...-

A quel punto si voltò nuovamente davanti a sé, e ad occhi chiusi sentì la luce del portale avvolgerlo e portarlo via, senza commozione, verso il suo presente che valeva la pena di essere vissuto.
Col cuore e con la mente lanciò loro un grido di addio e sperò che riuscissero a sentirlo.
I ragazzi presenti rimasero a lungo a fissare quel punto dove in un attimo era scomparso tutto.
In quel punto dove si era consumato un "arrivederci" che sapeva solo di addio.
E mentre con un sorriso avvertirono di star piano dissolvendosi, si guardarono negli occhi.
Sorridevano tutti, sapevano che quello che stava succedendo era la cosa più giusta.
Sarebbero riapparsi, in un altro futuro, più bello, più giusto, forse.
Kageyama lanciò uno sguardo al suo Hikaru che guardava in alto, mentre una nuvola chiara era stracciata agli orli dal passaggio di un aereo.
Probabilmente Rushe era lassù, in quel momento, e forse li stava guardando.
Sarebbe scomparsa senza accorgersene, come tutti, dormendo, salutando con la mano la terra là sotto, con il suo sorriso raggiante e l'amore per la vita a brillarle negli occhi verdi.
E
Kageyama sentì che un pezzo di sé se n'era appena andato, con il suo Kidou, e solo lui avrebbe potuto ridarglielo.

Nel prossimo futuro.
Perché si sarebbero rincontrati ancora, ne era certo.

*Angolino degli addii*

Sigh sigh…
Per la felicità di grandi e piccini, Sissy è finalmente giunta con l’ultimo capitolo! **
Mi dispiace di averci messo tanto, ma ora questa long è QUASI conclusa.
Esatto ragazzi, perché ho pronto per voi un epilogo, un qualcosa di molto tenero che chiuderà in bellezza questa long.
L’avventura è però giunta a termine, Yuuto si è rituffato nel ormai famoso portale e tornerà a casa.
Eheh, è stata dura separarsi da questi simpatici amici (?) che si era trovato, ma il presente merita di essere vissuto. Non si può viverlo immersi in un futuro sbagliato, illudendosi di poter tornare al passato.
Per questo, nonostante il distacco doloroso per tutti, Kidou riattraversa il portale uu
Spero che questi addiucci teneri (?) vi siano piaciuti, io ci ho lavorato molto e spero che il risultato sia gradito a tutti ^^
Volevo ringraziare e dedicare questo capitolo alle persone che ieri mi hanno coccolata per il mio compleanno a partire dalla mezzanotte con regali e tante attenzioni, quelle care ragazze di “We, girls”. Perché loro sono la mia Inazuma, anche se non ho l’arroganza di considerarmi io il loro capitano **
Un ringraziamento speciale va come al solito anche a tutte le persone che leggono e recensiscono questa long ormai agli sgoccioli; vi voglio un mondo di bene, arigatou! <3
Ora devo andare, ma ci si risentirà presto con l’epilogo, oh yeah! (?)
Bacioni a tutti,
Sissy <3<3

  
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