Capitolo 19; Lacrime e sorrisi sul margine del giorno nuovo che nasce
Hikaru camminava
tranquillo per il sentiero, stretto nel suo cappotto e con lo sguardo
vigile:
per fortuna aveva nevicato da poco, quindi le impronte che lasciavano
erano
piuttosto facili da seguire, però nello stesso tempo tutto
quel bianco faceva perdere l’orientamento.
Camminava sereno, senza fretta, pensando a cosa avrebbe detto una volta
trovato
suo zio: quell’uomo era sempre stato bravissimo con le
parole, e anche se
spesso Hikaru aveva cercato di imitarlo e rispondere per le rime, era
sempre
stato anni luce lontano dalle capacità oratorie e
linguistiche di suo zio. Per
questo, era certo che sarebbe stato, anche in quel caso, un fiasco
colossale.
Però lui si ostinava a volerci provare lo stesso.
Parlare con suo zio aveva poca attrattiva in effetti: gli bastava che
lui
aprisse bocca che aveva già capito tutto quello che
intendeva dirgli. Per
questo non capiva come Fideo riuscisse a parlarci per interi pomeriggi
insieme…
Parlare con Rushe invece era tutt’altra cosa. Quella
ragazzina era
meravigliosa, quando diceva qualcosa la sua voce era delicata e
cristallina,
nonostante fosse ormai quasi maggiorenne. E quando le rivolgeva la
parola lei
lo ascoltava incantata e attenta, dava davvero importanza a quello che
diceva,
anche se era una cosa di poco conto: suo zio a confronto era
già un miracolo se
guardava nella sua direzione quando gli parlava!
O almeno, con lui funzionava così, poi era anche possibile
che selezionasse i
suoi interlocutori…
Uff, che uomo complicato…!
D’un tratto, alzando lo sguardo, gli parve di vedere una
figura oltre l’alto
arbusto innevato alla sua destra. Si lanciò in quella
direzione senza
esitazioni, ma aveva calcolato troppo approssimativamente le distanze,
e in
poche parole piombò addosso all’uomo, che dalla
sorpresa si esibì in un
principio di salto ma si convinse che il ragazzino non
l’aveva notato e Hikaru
preferì non fargli intendere il contrario; come se si
fossero messi tacitamente
d’accordo che quel moto di sorpresa non si era mai
manifestato, l’uomo esordì
con: -Hikaru. Sei tu.- che dovevano essere rispettivamente
un’esclamazione e
una domanda, ma entrambe uscirono senza intonazione alcuna.
Hikaru preferì non fargli notare nemmeno questo. Si vedeva
che era agitato, e
in cuor suo rideva sapendo che avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa
riguardo la
situazione di Yuuto e, in questo frangente, suo zio gli avrebbe creduto
in
qualsiasi caso. Quasi quasi si sentì tentato di dirgli una
cattiveria, esibirsi
con seriosa drammaticità in una descrizione
dell’atroce ritrovamento del corpo
maciullato da morsi di belve feroci, e il sangue rappreso sulla neve
che aveva
coperto parzialmente l’arbusto sotto il quale aveva ritrovato
il corpo al
sorgere del sole… Poi si sentì in colpa per aver
solo pensato una cosa del
genere, ed esclamò soltanto.
-Sì sì oji-san, scusa.- Ma nel frattempo suo zio
si era già allontanato di
qualche metro.
-ZIO! Aspettami…- Corse appresso all’uomo, ma
questo non sembrava affatto
intenzionato al dialogo. Poteva capire che era agitato, faceva quasi
compassione, ma non per questo aveva il diritto di ignorarlo
così palesemente!
D’un tratto si fermò, osservando con attenzione i
movimenti dell’uomo e le
occhiate che lanciava ogni tanto al di là di
quell’albero dai rami nodosi o
sotto quell’arbusto secco…
-Zio, sai che facendo così non troverai mai nulla, vero?
Pensi davvero che
comportandoti in maniera così penosa saresti in grado di
ritrovare Kidou? Di
riportarlo al sicuro?-
L’uomo si voltò verso di lui.
Dall’espressione rabbiosa del volto non sembrava
esattamente felice di quello che aveva sentito. Ma a Hikaru non
importava
granché; a volte gli piaceva far arrabbiare suo zio. Con il
tempo aveva capito
che, a dispetto delle apparenze, era un uomo facilmente suscettibile:
bastava
saperlo punzecchiare con l’argomento giusto al momento
giusto…
Ora avanzava verso di lui, le impronte che lasciava sulla neve erano
piuttosto
profonde. Hikaru poteva giurare che fumava di rabbia dal naso.
-Wow, che scena drammatica…!- Proferì quando si
ritrovò il volto di Reiji a
pochi centimetri dal suo, a metà fra il divertito e
l’ampolloso.
Ora lo afferrava per il colletto della giacca pesante; d’un
tratto il ragazzino
non avvertì più la terra sotto i piedi, ma era
tranquillo e continuava a
sorridere. In che modo, non avrebbe saputo descriverlo.
Nonostante suo zio cercasse di fargli paura, Hikaru sapeva benissimo di
averlo completamente
in pugno.
Anche se con i suoi compagni non l’avrebbe mai ammesso, in
questi momenti
provava un pizzico di adrenalina e piacere; intanto suo zio non si
arrabbiava
mai sul serio… E poi lui era portatore di buone notizie,
anche se stava quasi
per dimenticarsene.
-Zio, senti. Non intendo attaccar briga, ma penso che non sia il
momento di
picchiarmi fino a farmi perdere i sensi, sempre che tu ne abbia il
coraggio,
perché sinceramente ho moltissimi dubbi in proposito. Ma al
di là di questo,
penso che sarebbe più utile adesso cercare di darsi una
calmata.-
Lentamente, come se fosse la cosa più normale da fare in una
situazione del
genere, Hikaru, sempre sollevato di qualche centimetro da terra,
calò giù un
braccio e afferrando un po’ di neve la appoggiò
delicatamente sulle guance di
Kageyama. Questo sbollì all’istante, accennando
anche a un’espressione serena.
Poi il suo viso divenne paonazzo; dal freddo a causa del contatto con
la neve
ghiacciata o dall’imbarazzo di ritrovarsi in una situazione
che sfiorava l’assurdo?
Allorché rimise il nipote per terra senza fare troppe
storie, e mentre si
asciugava il viso Hikaru ridacchiava.
-Ti pare zio? Ogni volta che voglio la tua attenzione devo inventarmi
dei
numeri assurdi! Se tu fossi un po’ meno concentrato su TE
STESSO sarebbe più
facile parlare!
-Non stavo pensando a me stesso, stavo pensando…-
-A Kidou, lo so, lo so e hai ragione a farlo. Intendevo in generale.-
-D’accordo. Scusa, va
bene?-
-Bravo zio, ora sì che cominciamo a ragionare.-
Kageyama gli rivolse un sorriso a metà fra il riconoscente e
lo scocciato, ma
Hikaru preferì non indagare. Si era preso il suo
divertimento, adesso era il
momento di tranquillizzare anche quel povero diavolo che aveva davanti.
Sorrise conciliante, e porse una mano all’uomo in modo che la
prendesse.
-Vieni oji-san, torniamo al limitare del bosco. Ho trovato Yuuto, sta
benone;
allora l’ho lasciato con l’allenatore e
Haruna-sempai per venirti a cercare.
Avrà voglia di…- Sentì in quel momento
una stretta calda sulla sua mano, e
istintivamente sorrise.
Con le dita intrecciate le une nelle altre, il ragazzino condusse
l’uomo sul
sentiero e lo riattraversarono insieme, mentre i respiri rasserenati si
confondevano nel biancore del mattino.
**
Yuuto stava
quasi
assopendosi appoggiato al tronco di un albero; i mormorii di Haruna e
Mamoru
ormai gli arrivavano confusi alle orecchie, ma qualcosa nonostante
tutto lo
teneva vigile.
Voleva vedere Kageyama, sentiva che da un momento all’altro
sarebbe arrivato.
La pesantezza delle palpebre ad un tratto si fece pressoché
insopportabile,
così chiuse gli occhi. “Solo per poco”,
si premurò di pensare. “Solo per poco,
così quando arrivano sono sveglio e gli racconto cosa ho
sognato.”
Il sonno lo colse subito, e rimase dormiente contro la corteccia fredda
dell’albero cullato dal sussurrare lieve del vento fra i rami
più alti.
Un poco di neve
gli
inzuppò il viso, facendolo trasalire e svegliandolo
completamente.
Tutto infreddolito si sfregò il volto con le manine
stranamente calde e subito
vide che c’era qualcosa di strano; non c’era di
nuovo nessuno. Il cielo era
buio ma intorno a lui era tutta luce. Trasalì, riconosceva
quel luccichio. Era
il portale in cui era caduto all’inizio di tutto, quel
pomeriggio lontano nel
tempo e nello spazio… Agitato si guardò intorno,
alla ricerca disperata di
qualche segno, qualche cosa che lo aiutasse a tranquillizzarsi, a
convincersi
che non era ancora arrivato quel momento.
Aveva ancora troppe cose da fare, da dire, da vedere… Non
poteva finire così,
in un sogno, senza salutare nessuno…
Il terrore lo colse quando si sentì trascinare da quella
luce azzurrognola, ma
all’improvviso una luce diversa, più calda e
più rassicurante lo avvolse e si
trovò a riaprire di nuovo gli occhi, e davanti a
sé stavano Endou e Kageyama, e
parlavano.
Accantonò all’istante ogni complesso, ogni
riflessione, e si lanciò ad
abbracciare le gambe dell’uomo come la prima volta, quando si
erano rincontrati
in quella cucina calda e accogliente, immersi nel silenzio della
mattina e
nell’odore amaro del caffè fumante.
Voleva ancora tempo. Doveva esserci
ancora tempo.
-Soushi…-
Avvertì Kageyama trasalire. Come sempre. Come la prima volta.
-Kidou…-
Lo sollevò con una dolcezza strabiliante. Anche se ormai
doveva esserci
abituato, il contatto lo meravigliò moltissimo. Era sempre
bello abbandonarsi
in quell’abbraccio che non aveva conosciuto per tanti
anni…
-…- Il piccolo aprì la bocca per parlare, e un
fiume di parole allagò il cuore.
Alla gola non arrivò nulla,
era
secca.
Avrebbe voluto (o dovuto?) dirgli del suo sogno (o incubo?), delle
parole che
gli aveva rivolto e di come era venuto a capo del problema, di come in
realtà
non fosse lui, ma fossero la sua coscienza, le sue paure, i suoi
rimorsi ad
averlo posto in quella situazione; di come in realtà avesse paura di andarsene, di tornare a casa e
non trovare più nessuno, non trovare più lui e
Hikaru a cui si era affezionato
tantissimo, di come se avesse potuto avrebbe voluto dimenticare tutto e
rimanere lì, sarebbe guarito, non era importante; avrebbe
ricominciato ad
andare a scuola, avrebbe fatto di tutto pur di non andarsene, di non fuggire per tornare dove magari
l’avevano dimenticato, dove all’improvviso gli
sembrava non gli volessero così
bene come credeva, e poi voleva parlargli di Hikaru, di calcio, della
casa, dei
boschi, delle albe e di tutte le cose belle che
all’improvviso aveva voglia di
fare con lui, con il suo comandante, con il suo…
-Per fortuna stai bene, Yuuto. Ero molto preoccupato.-
Queste poche parole, espresse con modestia e pacatezza sciolsero
qualcosa nel
cuore del bambino. Scoppiò a piangere a dirotto, stretto
forte al collo
dell’uomo.
E se intorno i ragazzi cominciavano ad agitarsi, Kageyama manteneva
calma e
compostezza; avvicinò una mano alla testa di Yuuto,
accarezzò lentamente le
ciocche raccolte nella coda troppo bassa per tenerle tutte a bada e
l’altra
l’appoggiò sulla schiena del piccolo.
Lo sentiva singhiozzare forte contro il suo petto, pronunciava parole
rotte e
slegate da ogni contesto e contenuto.
Si stava solo sfogando. Aveva solo paura.
Anche Kageyama ne aveva tanta, in cuor suo, perché tutti
avevano capito cosa
stava succedendo.
Hikaru tirò una manica dell’uomo per attirare la
sua attenzione: davanti a loro
si stava materializzando uno specchio luminoso, brillante e
inconsistente.
Se
non lo avessero avuto davanti agli occhi, loro stessi non ci avrebbero
creduto.
Kageyama sentì Haruna deglutire rumorosamente, mentre Hikaru
teneva ancora
stretta la presa sulla manica della sua giacca anche se non lo tirava
più.
Strinse forte il bambino, qualcosa dentro gli impediva di posarlo per
terra.
Sapeva che nel momento in cui l’avrebbe fatto avrebbe posto
la parola “fine” a
qualcosa di importante.
Qualcosa che entrambi non volevano che finisse.
Passarono secondi travestiti da secoli, mentre la luce azzurra del
portale si
faceva sempre più intensa.
Yuuto si lasciò sfuggire un ultimo, disperato singhiozzo. Ma
ormai nessuno
poteva più fare nulla.
Kidou toccò il suolo innevato come in sogno.
Si avvicinò prima a Mamoru.
Alzò il capo e incontrò un sorriso sorridente e
vivace, come nei suoi ricordi
sempre più sbiaditi.
Endou, il suo capitano, l’asse portante della Raimon, gli
porse il pugno e
Yuuto ricambiò, pieno di riconoscenza.
-Addio allenatore Endou. Siete fortissimi, continuate così.-
-Puoi contarci Kidou! Riporteremo il vero calcio, te lo prometto.-
Haruna lo prese in braccio, lui si concentrò sui loro occhi.
Si rispecchiò nel suo blu cristallino, da quanto erano
lucidi e commossi.
I suoi non sapeva come fossero, quanto brillassero, ma
l’intensità con cui il
suo fuoco si scioglieva nel mare tranquillo dello sguardo di lei
bastava. Ad
entrambi.
-Addio sorellina, sei una splendida giovane donna e tantissime sorprese
ti
aspettano dietro l’angolo. Coglile, e continua a sorridere.-
-Onii-chan… Vedrai, andrà tutto bene.- Yuuto le
sorrise, ma non capì se con
quella frase intendeva consolare più lui o se stessa.
Hikaru gli si avvicinò, e gli porse il palmo chiuso. Kidou
lo guardò senza
capire, ma quando il ragazzino aprì la mano scoprendo il suo
pallone da calcio
ridimensionato a una pallina sentì troppo forte
l’impulso di abbracciarlo.
-Buon proseguimento Hikaru, fa’ del tuo meglio, sempre. Tieni
a bada tuo zio e
non dargli ascolto: sei dolcissimo e anche Rushe voleva baciarti, quel
pomeriggio.-
A quest’ultima frase il giovane avvampò, ma
continuò a sorridere.
-Buon viaggio Kidou, stammi bene. Sei un vero campione,
solo… Fai più
attenzione. La prossima volta che vedi un portale sconosciuto stacci
alla
larga.-
-Ottimo consiglio, me ne ricorderò.-
Yuuto era
sull'orlo del
portale, ancora un passo e sarebbe sparito.
Indugiò un attimo sull'abisso, guardò quel
luccichio che sapeva di speranza per
un nuovo giorno e si girò, un sorriso stanco e commosso
appeso sulle labbra.
-Soushi...
Per quello che vale, è
stato un papà meraviglioso.-
Kageyama
avvertì un brivido caldo,
qualcosa che lo scosse da capo a piedi e lo fece sorridere.
-Ti
voglio bene Yuuto.-
-Anch'io...-
A
quel punto si voltò nuovamente
davanti a sé, e ad occhi chiusi sentì la luce del
portale avvolgerlo e portarlo
via, senza commozione, verso il suo presente che valeva la pena di
essere
vissuto.
Col
cuore e con la mente lanciò loro un grido di addio e
sperò che riuscissero a
sentirlo.
I
ragazzi presenti rimasero a lungo a fissare quel punto dove in un
attimo era
scomparso tutto.
In quel punto dove si era consumato un "arrivederci" che sapeva solo
di addio.
E mentre con un sorriso avvertirono di star piano dissolvendosi, si
guardarono
negli occhi.
Sorridevano tutti, sapevano che quello che stava succedendo era la cosa
più
giusta.
Sarebbero riapparsi, in un altro futuro, più bello,
più giusto, forse.
Kageyama lanciò uno sguardo al suo Hikaru che guardava in
alto, mentre una
nuvola chiara era stracciata agli orli dal passaggio di un aereo.
Probabilmente Rushe era lassù, in quel momento, e forse li
stava guardando.
Sarebbe scomparsa senza accorgersene, come tutti, dormendo, salutando
con la
mano la terra là sotto, con il suo sorriso raggiante e
l'amore per la vita a
brillarle negli occhi verdi.
E Kageyama sentì che
un pezzo di sé se n'era appena andato, con il suo Kidou, e
solo lui avrebbe
potuto ridarglielo.
Nel
prossimo futuro.
Perché si sarebbero rincontrati ancora, ne era certo.
*Angolino degli addii*
Sigh
sigh…
Per
la felicità di grandi e piccini, Sissy è
finalmente giunta con l’ultimo
capitolo! **
Mi
dispiace di averci messo tanto, ma ora questa long è QUASI
conclusa.
Esatto
ragazzi, perché ho pronto per voi un epilogo, un qualcosa di
molto
tenero che chiuderà in bellezza questa long.
L’avventura
è però giunta a termine, Yuuto si è
rituffato nel ormai famoso
portale e tornerà a casa.
Eheh,
è stata dura separarsi da questi simpatici amici (?) che si
era trovato,
ma il presente merita di essere vissuto. Non si può viverlo
immersi in un
futuro sbagliato, illudendosi di poter tornare al passato.
Per
questo, nonostante il distacco doloroso per tutti, Kidou riattraversa
il
portale uu
Spero
che questi addiucci teneri (?) vi siano piaciuti, io ci ho lavorato
molto
e spero che il risultato sia gradito a tutti ^^
Volevo
ringraziare e dedicare questo capitolo alle persone che ieri mi hanno
coccolata per il mio compleanno a partire dalla mezzanotte con regali e
tante
attenzioni, quelle care ragazze di “We, girls”.
Perché loro sono la mia
Inazuma, anche se non ho l’arroganza di considerarmi io il
loro capitano **
Un
ringraziamento speciale va come al solito anche a tutte le persone che
leggono e recensiscono questa long ormai agli sgoccioli; vi voglio un
mondo di
bene, arigatou! <3
Ora
devo andare, ma ci si risentirà presto con
l’epilogo, oh yeah! (?)
Bacioni
a tutti,
Sissy
<3<3