Serie TV > Una mamma per amica
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Autore: Kimberly Heiwa    21/06/2014    3 recensioni
Sono in atto le estenuanti lotte con Logan e Rory si sente persa. Sciolta, vuota dentro l'anima. Ha bisogno di qualcos'altro. Ha bisogno di qualcun altro. Ovunque lei si giri tutto crolla sotto i suoi occhi e le lascia scoperto un muro, una parete alta e impolverata. Una volta pulita, rivela la sua reale bellezza: colori sgargianti ricoprono la sua superficie, i mattoni scoperti permettono di capire da quanti anni è stato costruito, i chiodi testimoniano un tentativo di abbattimento, e poi ci sono i ricordi. Tanti e importanti ricordi, ricordi di tante cose, cose condivise come CD e videocassette, come baci rubati e un amore lasciato in sospeso. Ma il muro è ancora solido, è ancora in piedi. È soltanto stato ricoperto dai detriti che ha portato il tempo. Quando Rory infila la mano in una fessura, scova una piccola chiave. A cosa possa servire non lo sa, ma lo scoprirà presto. Nel momento in cui avrà bisogno le tornerà utile, poiché le permetterà di aprire una porticina con su scritto «Solo in caso di emergenza», dove sarà custodita la foto di una persona nascosta per non soffrire: Jess Mariano. È lui l'unica ancora di salvezza, l'unica via d'uscita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jess Mariano, Logan Huntzberger, Nuovo personaggio, Rory Gilmore, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9 – Spitting Fire

 

But I spit fire on lovers and liars

And you, you don't believe me

And I, I find it easy

Easy

(The Boxer Rebellion – Spitting Fire)

 

 

Joe Kowalski. Ventotto anni compiuti. Nato nel Vermont, ma cresciuto da sempre a New York.

Non è sempre stato scontroso, anzi. Il piccolo Joseph aveva sempre il sorriso stampato sul suo bel faccino, tant'è che le sue gote erano sempre rosse, in contrasto con i suoi occhioni un po' verdi e un po' gialli.

Fin da piccolo aveva una grande immaginazione. Molte volte le maestre erano costrette a ritirargli l'album da disegno su cui disegnava durante ogni lezione. Aveva un grande talento, il piccolo Joseph.

Draghi, occhi, pianeti, stelle e mostri prendevano vita su quei fogli bianchi. Si animavano in modo disordinato, ma talmente realistico da mettere i brividi.

Una volta, all'età di otto anni, il giorno di san Valentino rappresentò una mano che stritolava un cuore, e il sangue che colava attorno. Per lui era arte, per gli altri pazzia. La signora Colby si vide costretta a chiamare i genitori per chiedere loro spiegazioni, ma questi si mostrano esterrefatti quanto lei.

In seguito, il piccolo Joe dichiarò di aver eseguito quel disegno in seguito a una lite tra mamma e papà proprio la mattina del 14 febbraio.

«Signor Kowalski, suo figlio ha delle gravi lacune in tutte le materie, eccetto che in arte. La prego, faccia qualcosa. Joseph ha del talento, ma non andrà da nessuna parte se non conseguirà la licenza media» aveva detto tutta spaventata la signorina Dayls a suo padre. Joe aveva appena compiuto dodici anni e non gli importava di studiare, ma disegnava e basta.

Quella sera stessa, Andrej Kowalski bruciò davanti agli occhi di Joe i suoi album da disegno. Tutti. Non lasciò nemmeno un pezzo di carta intatto.

Joe pianse in silenzio, quasi senza rendersene conto.

 

Dream is all you ever do

Sorround yourself with walls

So no one can get through

(The Boxer Rebellion - Dream)

 

Suo padre gli urlò contro che doveva dedicarsi di più allo studio, che era la vergogna di quella famiglia, che disegnare era da poveracci, che doveva crescere.

Joe aveva gli occhi fissi sul focolare e le parole del padre non gli giunsero minimamente. La carta si contorceva su se stessa, in agonia. Sembrava urlare dal dolore... chiedergli aiuto. Poi il lamento si affievoliva man mano, il bianco scompariva. Il rumore del fuoco diminuiva anche, fino a giungere al silenzio assoluto. E tutto ciò che rimaneva era cenere grigia.

Da quel giorno, Joe Kowalski non fu più lo stesso.

I suoi occhi non avevano più quella luce di una volta, e avevano perso la loro particolarità cromatica: adesso erano solamente nocciola, normali. Come quelli di altre migliaia di persone.

Le sue guance erano pallide. Joe non rideva più. Non era più felice.

Si sentiva nudo, più vulnerabile. Il disegno era una specie di scudo per proteggersi dalla realtà, dalla vita di tutti i giorni. Joseph si era sempre sentito diverso dagli altri. Lui si lasciava cullare dalla fantasia, le immagini che gli comparivano in testa venivano subito rese vere sul suo album.

Quando era triste, anziché piangere, Joe disegnava. Tracciava quasi sempre una linea azzurra a metà foglio, che poi diveniva un ramo, da cui partivano altri rametti, fino ad arrivare alle foglie, anche esse azzurre. E la tristezza svaniva. Il disegno era la sua terapia. Tramite esso, infatti trasformava una possibile lacrima in qualcosa di diverso, di più bello.

Ma adesso, Joe sembrava essere incapace di controllare le sue emozioni. Per poco non fu espulso.

Aveva sedici anni appena compiuti, e a scuola era etichettato come “quello strano”. Billy Bishop, il bulletto della squadra di football, l'aveva preso di mira fin dalla prima superiore. Quel giorno, l'8 febbraio 1998, Joseph Kowalski se ne stava seduto in un angolo ad ascoltare Karma Police dei Radiohead per la centesima volta.

 

And for a minute there, I lost myself,

I lost myself

Phew, for a minute there, I lost myself,

I lost myself
 

 

«Ehi, finocchio! Che cazzo fai con le cuffie? Eh? Ah già, dimenticavo» si girò verso il suo branco, «quella troia di tua madre si è scopata il preside! Torna alla tua cazzo di musica, tanto ti promuovono comunque» gli urlò contro.

Quel cretino di Billy Bishop non aveva tutti i torti su ciò che aveva detto, ma ciò non toglie che fu un cafone. Donna, la madre di Joe, nell'ottobre del 1997 era andata a letto con il preside del liceo.

Poco tempo prima il professore di matematica, il signor Graver, l'aveva convocata per parlare della “situazione disastrosa” di suo figlio. Joe si ricordava che quella sera Donna tornò a casa a pezzi. Suo padre lo picchiò. Sua madre non si sporcava mai le mani e non sprecava mai la voce, con suo figlio.

Joseph non pianse, ma rimase sveglio tutta la notte e, la mattina seguente, tagliò scuola.

Finse di recarsi al liceo per due settimane buone, approfittando dell'assenza del padre e dell'incapacità della madre di dirgli qualcosa. Fu così che, il 20 ottobre 1997, il preside McGrannitt convocò entrambi i genitori. Andrej non si presentò a causa del lavoro, così Donna si recò da sola, poiché, essendo una casalinga svogliata, non aveva niente di meglio da fare.

Sua madre era molto bella: aveva i capelli lunghi, ondulati e color miele; gli occhi verdi; un viso grazioso, piccolo e allungato; il seno prosperoso e un sorriso che toglieva il fiato.

Il suo aspetto ingannava: Donna non era così bella come sembrava. Era una persona orribile. Opportunista, ipocrita, incapace di qualsiasi cosa. Ma nessuno voleva conoscerla davvero, perché si accontentavano della sua scorza, non del suo succo.

Nessuno era mai entrato in confidenza con lei, nemmeno suo padre. Donna amava una cosa sola: i soldi. E Andrej era pieno di soldi. Ecco perché aveva deciso di sposarlo.

Joe era convinto, però, che suo padre fosse almeno un po' invaghito di sua madre. Ne era sicuro.

Il modo in cui le parlava, il modo con cui la guardava e con cui la baciava prima di andare via era semplicemente strano. Strano per un uomo come Andrej. Un uomo che non degna mai nessuno di un sorriso, che picchia il figlio perché odia riconoscere il fatto di essere un pessimo padre, un uomo che pensa solo al lavoro e che forse non ha nemmeno un cuore.

Il vero e proprio colloquio sarà durato nemmeno dieci minuti, pensò Joe a distanza di anni.

Quel giorno Joe era uscito prima da scuola, cacciato dal signor Hall per essersi rifiutato di partecipare alla lezione di chimica, rimanendo in bagno per un'ora.

Non aveva ancora incontrato sua madre, quella mattina.

Erano le undici, quando Joe arrivò a casa. Non trovò nessuno in casa. Sul tavolo in cucina c'era un post-it, e la calligrafia era quella di sua madre:

 

Sono dal preside McGrannitt.

Mi ha convocata... si tratta di te.

Joseph sogghignò. Quel vecchio barbuto finalmente aveva chiamato a casa. “Ci ha messo un po', lo stronzo”, pensò.

Accartocciò il foglietto adesivo e lo gettò per terra. Poi si mise a sedere sul divano, in attesa che sua madre tornasse per il pranzo. Sembrava non gli importasse nulla di ciò che Donna gli aveva scritto.

Non riusciva a percepire la gravità della questione... o, più semplicemente, non vedeva l'ora di uscire da quella scuola.

Si fecero quasi le dodici, e di sua madre non c'era ancora traccia. In televisione non c'era niente, come sempre. Solo spot pubblicitari di cibi dietetici e di macchinari per dimagrire comodamente a casa.

«Ti sei stufato di ricorrere a pillole dimagranti che non funzionano? Allora sbrigati, chiama per ricevere lo straordinario macchinario che ti farà perdere chili in modo sano! Avanti, cosa aspetti? Chiama il...» gracchiava il televisore.

«Mi sono stufato di tutta questa merda, ecco di cosa sono stufo» ringhiò Joe. Spense la TV.

Decise di recarsi a scuola: sua madre sembrava svanita nel nulla.

 

Arrivò davanti al liceo durante la pausa pranzo. Il cortile, stranamente, era vuoto. Il cancello era chiuso, ma non costituì un ostacolo per Joseph. Con abilità lo scavalcò ed entrò dall'ingresso principale senza problemi.

Diede un'occhiata alle classi, ma erano tutte vuote. Doveva essere successo qualcosa...

Camminando nei corridoi, man mano che si avvicinava all'ufficio del preside, sentì degli schiamazzi e delle risate. Si avvicinò.

Tutto il liceo era presso contro la porta dell'ufficio, con fare piuttosto incuriosito e divertito. Quando lo notarono, le risa si fecero più acute. Sembrava che fosse giunto lo zimbello della situazione.

Joe non riusciva a capire.

Billy Bishop fu l'unico ad avvicinarsi a lui.

«Ehi, finocchio! Arrivi solo adesso? Peccato... ti sei perso la parte più bella» nei suoi occhi grigi c'era cattiveria. Quelli del suo gruppo risero più forte.

«La parte più bella...?» ripeté con un filo di voce, come se istigasse se stesso a capire.

Edward Wood gli fece il verso.

«Quella in cui si è sbottonata la camicia, è ovvio!» disse Ryan Young.

Ora cominciava a capire.

Si fece strada tra la folla e aprì la porta in un colpo solo. La scena che gli si presentò era a dir poco raccapricciante.

 

Joe avrebbe voluto scomparire. Diventare piccolo piccolo. Negare che quella era davvero sua madre.

Gli occhioni di Donna erano sbarrati verso di lui. Le mani si portarono veloci la camicia al seno, per coprirlo.

Il preside McGranitt non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi. Abbassò lo sguardo e si mise una mano sugli occhi.

Le risa dei compagni diventarono impercettibili per Joseph. Nella sua testa regnava il silenzio.

Si sentiva una bomba pronta ad esplodere. Quel silenzio era l'apparente quiete prima della tempesta.

Vedere sua madre e il preside della sua scuola uno sopra l'altro, che erano stati talmente presi dall'atto del coito da non accorgersi che tutto l'istituto gli stava spiando, gli suscitò dentro una rabbia tale da fargli male. Joe ribolliva di collera.

«Joe...» sussurrò Donna, quasi come per fargli pietà.

Ma a Joseph non servivano ulteriori spiegazioni. Fuggì dall'ufficio senza guardare nessuno in faccia. L'unica cosa visibile era il pavimento, che sembrava aver preso vita.

Corse via dalla scuola, mentre l'immagine di quel momento appena passato gli rimaneva impressa in testa.

Sentì l'echeggiare dei tacchi a spillo di sua madre. Poi udì la sua voce.

«Joseph! Fermati! Posso spiegarti» gli urlò contro.

Joe non le diede ascolto. Non l'avrebbe più fatto.

«Joseph! Per favore... cerca di capire! L'ho fatto per te! Per aiutarti» la sua voce si fece stridula.

Si arrestò di colpo, accecato dalla rabbia.

Sentiva che stava per esplodere.

«Tu cosa?» bisbigliò.

Sua madre lo raggiunse. «L'ho fatto per aiutarti» ribadì, la camicia sbottonata, i capelli arruffati.

«Per aiutarmi, dici? Sul serio?» il suo tono troppo basso non prometteva nulla di buono.

Donna corrucciò il viso, nel tentativo di suscitare nel figlio pietà e comprensione.

«Oh, scusami tanto, allora. Che maleducato... l'hai fatto per aiutarmi... ma certo!» continuò, ormai senza più il controllo dei suoi sentimenti e dei suoi gesti. «Allora spiegami un po': secondo te aiuti tuo figlio se scopi con il preside? E per giunta davanti a tutta la scuola! Eh? Di solito funziona questa tecnica, mamma? Funziona fare la puttana per ottenere qualcosa?» le latrò contro.

«Non ti permettere di parlarmi così! Sono pur sempre tua madre! Hai capito bene, ragazzino?» gli urlò, l'indice destro puntato verso di lui.

«Rispondimi, avanti! Secondo te hai risolto qualcosa comportandoti da puttana?» ora il suo tono era decisamente alto. Alcuni passanti si girarono.

Joseph quasi non vide la mano di sua madre sollevarsi per colpirlo sulla guancia.

Era la prima volta che riceveva uno schiaffo da lei.

La sua testa si volse per attutire il colpo.

«Se non lo dirai tu a papà, lo farò io» le disse sottovoce. La fissò in quegli occhi verdi come gli smeraldi con un'intensità tale da metterle paura.

A Donna tremavano le pupille mentre guardava il figlio allontanarsi con le mani in tasca.

 

Andrej tornò a casa alle otto di sera. Aprì la porta con il suo solito broncio, ma, non appena vide la moglie, il suo viso si illuminò.

Invece, Donna, non appena lo guardò negli occhi, si sentì pervasa da un sentimento di paura, causato dalle parole del figlio quella mattina.

«Tesoro, di' a Joe che la cena è in tavola» gli disse, dopo che si salutarono con il solito bacio.

Andrej obbedì.

 

MacDougal Street,

Greenwich Village,

New York.

Per info: 212-616-9923

 

«Joseph, è pronta la cena... Joseph? Mi senti?»

 

This is what you'll get

This is what you'll get

This is what you'll get

When you mess with us

 

Tutto ciò che Joe sentiva era Karma Police dei Radiohead.

Andrej gli strappò dalle orecchie le cuffie e gli ripeté: «Joseph, è pronta la cena. Avanti, sbrigati. Sto morendo di fame»

«Arrivo» gli rispose. «Solo un minuto...»

Afferrò il telefono e compose il numero: 212-616-9923.

«Risponde la segreteria telefonica di Greg Johnson. Spiacente, ma non sono in casa. Lasciate un messaggio dopo il bip e io vi richiamerò non appena mi sarà possibile. Grazie»

«Uhm... buonasera, sono Joe, Joe Kowalski. Chiamavo per l'appartamento... ho visto l'annuncio su Craigslist. Appena senti il messaggio richiamami. Grazie» chiuse la telefonata.

 

La cena era più silenziosa del solito. A Donna tremavano le mani, e le cadde la forchetta nel piatto per minimo dieci volte. Joe non toccò cibo. Andrej, invece, divorò il suo cibo in un attimo.

«Come mai non mangi nulla, Joseph?» gli chiese il padre.

«Non mi va» rispose monocorde l'altro.

«È successo qualcosa?»

Joe esitò prima di sganciare. Sua madre ignorava il suo sguardo. Forse era sicura che non avesse il coraggio di farlo?

«Perché non lo chiedi a mamma cos'è successo oggi? Sono sicuro che ti racconterebbe tutto per filo e per segno» disse. Boom.

Donna sollevò lo sguardo, già impaurita.

Andrej si girò verso di lei, in attesa di una spiegazione. Ma niente, Donna sembrava non voler rivelare niente.

«Donna? Vuoi proseguire tu?»

Nessuna risposta.

Joe sogghignò. «Peccato che non glielo voglia raccontare tu, mammina. È davvero un peccato».

«Qualcuno mi può dire che diavolo succede?» sbraitò Andrej.

«Certo. Il colloquio con il preside è stato a dir poco interessante. Pieno di sorprese» continuò Joe. Ogni tanto faceva qualche pausa, per permettere alla madre di intervenire; ma niente, questa pareva avere la bocca cucita.

«Mamma ha tentato di salvarmi dall'espulsione facendo sesso con il preside nel suo ufficio. Davanti a tutta la scuola, per giunta» finì.

Andrej lasciò cadere il cucchiaio dentro al piatto. L'impugnatura d'argento affogò nella minestra.

«BASTA COSÌ!» urlò a quel punto Donna, esasperata.

«Sta dicendo la verità, Donna?» le chiese Andrej, la voce fioca.

La moglie annuì a testa bassa.

«Perché? Perché mi hai fatto questo?» continuò Andrej, gli occhi lucidi.

«Stavo cercando di aiutare nostro figlio... devi capirmi, Andrej! Io ti amo! Non avrei mai fatto una cosa del genere di mia spontanea volontà» gli spiegò Donna, i nervi tesi.

Andrej scosse la testa, come per rimuovere dalla propria memoria ciò che la moglie gli aveva appena rivelato.

«Ti prego! Io... l'ho fatto per Joe. Per la nostra famiglia!» continuò Donna, le lacrime agli occhi.

«Credo... credo che per stasera sia abbastanza» disse Andrej, la voce tremante.

Donna gli si avvicinò: «Per favore, Andrej. Lo sai quanto ti amo».

«Non toccarmi» la avvisò lui.

«L'avresti fatto anche tu, al mio posto!» cercò di convincerlo, fronte contro fronte.

Andrej le abbassò le mani con una lentezza esasperante, quasi come se non volesse che la sua rabbia le facesse del male. Quasi come se volesse proteggerla, nonostante il tradimento.

Joe ripensò alle sue considerazioni su suo padre: sì, ora ne era convinto. Suo padre amava davvero sua madre. E anche tanto.

«Ci sono stati altri episodi, Donna?» le domandò poi, con lo stesso tono di uno che pone la domanda decisiva. «Se mi ami davvero, dimmi la verità» continuò.

Donna deglutì. Una lacrima le rigò il suo bel viso.

«Sì» rispose semplicemente. Quella parola, in apparenza così insignificante, si trasformò in un coltello a doppia lama che trafisse il cuore di Andrej da parte a parte.

«Non abbiamo nient'altro da dirci, allora. È meglio che tu vada» concluse.

Le pupille di Donna tremarono come quella mattina.

Andrej si ritirò in salotto senza aggiungere una parola.

Donna rimase immobile accanto al tavolo imbandito. Strinse i pugni con una tale forza da farsi male lei stessa. Le sue unghie curate le si conficcarono nella carne.

«Hai visto cos'hai fatto?» si rivolse a Joe, con un filo di voce.

Non gli lasciò il tempo di ribattere che si recò in camera da letto per fare le valigie.

Il telefono squillò in quell'istante.

«Pronto?» rispose Joe.

«Ciao, sono Greg Johnson. Ho sentito il tuo messaggio in segreteria poco fa» rispose una voce calda.

«Buonasera! Ehm... sì»

«Quando ti vuoi trasferire? Sei stato il primo a chiamare, quindi ti consiglio di approfittarne!»

Joe esitò un attimo. In casa regnava il silenzio assoluto. La tavola era ancora apparecchiata. Sembrava che non fosse accaduto niente.

«Domani mattina potrei venire per dargli un'occhiata, se per lei va bene»

«Oh, ti prego, dammi del tu! Va benissimo, ehm... Joe, giusto?»

«Sì. A domani» concluse Joe.

Dopo un'ora, Donna uscì dalla camera con due grosse valigie per mano. Aveva gli occhi rossi e gonfi.

«Ciao, Joseph» lo salutò.

Il figlio rispose al saluto con un cenno del capo, senza sprecare fiato.

Quella sera fu l'ultima volta che vide sua madre.

 

Billy Bishop si faceva chiamare anche BB King, come il cantante. Però senza conoscerlo, ovvio.

Quel ragazzino parlava e insultava troppo i suoi coetanei. E ce l'aveva con Joseph Kowalski in particolare. Quel giorno, però, l'8 febbraio 1998, Joseph non resse più i suoi insulti.

Si levò le cuffie con un gesto brusco, il brusio lontano di Karma Police era ben udibile, tuttavia.

«Che cazzo hai detto, Bishop?» gli disse, ormai faccia a faccia.

Billy rise. «Ho detto che sei un cazzo di finocchio e che quella puttana di tua madre si è scopata il preside, Kowalski. Te lo ricordi bene quel giorno, non è così?» ribatté lui.

Joe smise di pensare. La sua mano si chiuse a pugno e in una frazione di secondo si scagliò contro il naso di Billy. Percepì le ossa infrangersi. Quando riaprì la mano, del sangue scuro si era accumulato sulle sue nocche chiare.

Quel gesto gli costò la sospensione: Bishop finì in infermeria con il naso rotto.

 

Andrej era esasperato a causa della sospensione. Però, da quando Donna aveva lasciato quell'appartamento, Andrej non aveva più rimproverato come prima il figlio.

Tornava a casa sempre verso le nove di sera, e ormai la batteria di pentole nuova di zecca non veniva più toccata da un bel po' di mesi.

Il menu era molto ristretto, oramai: i piatti forti erano pizza o spaghetti di soia cinesi.

«Sospeso, eh? Bell'affare...» esordì il padre, la bocca piena di ravioli al vapore.

Joseph non rispose.

«Sai che ti dico? Fai quello che ti pare, Joe. È tua la vita. Non so che altro dirti» continuò.

«Qualche tempo fa sono andato a guardare un appartamento in Greenwich Village» gli rivelò, la gola secca.

«Bene» ribatté Andrej, le palpebre pesanti.

Il viso di suo padre era invecchiato in pochi mesi. Sembrava consumato dopo il tradimento. Era dimagrito di qualche chilo, ma non era quello che preoccupava Joseph. Andrej era mutato completamente anche di carattere. Ora sembrava non avesse più nessuna voce in capitolo in nessun campo. Non parlava più con nessuno. Si era chiuso a riccio.

Joe desiderava tanto fuggire da quel mondo, ma, nello stesso tempo, aveva paura di abbandonare suo padre a se stesso. Cosa gli sarebbe accaduto senza di lui?

«Lo so a cosa stai pensando, Joseph. E sai che ti dico? Va'. Trasferisciti. Io sto bene così» lo precedette Andrej.

«Ma...»

«Vai. Tanto con la scuola è un disastro, non sarai ammesso alla classe successiva. Sei abbastanza grande da pensare a te stesso. Quindi... va', non ti fare scrupoli. Segui il tuo istinto» continuò, gli occhi di ghiaccio puntati su quelli del figlio.

Joseph annuì... e gli diede ascolto.

La mattina seguente partì per Greenwich Village. Suo padre lo accompagnò alla stazione degli autobus.

Joe non dimenticherà mai il viso di suo padre, la mano che si alza per dirgli addio. Un addio muto, ma che racchiude in sé mille parole.

L'autobus partì. Karma Police gli risuonava ancora in testa:

 

Karma Police

I've given all I can

It's not enough

I've given all I can

But we're still on the payroll

   
 
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