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Autore: KikiShadow93    22/06/2014    11 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Prima di cominciare: ci tengo a ringraziare di cuore Yellow Canadair, senza la quale i personaggi, in una determinata scena, sarebbero dovuti andare a nuoto. Grazie davvero! Sei troppo gentile!
 
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La tensione sulla Moby Dick pare crescere di ora in ora.
Nessuno, escluso Marco, ha il coraggio di avvicinarsi ad Akemi, sempre più instabile ed imprevedibile.
La sera prima Fossa, Atmos e Blamenco sono dovuti intervenire per evitare il peggio ad una delle infermiere, che si era incautamente avvicinata alla ragazza per somministrarle un sedativo per farla calmare.
Le si era avventata addosso in un batter d'occhio, atterrandola al suolo con violenza, e in pochi secondi aveva pericolosamente avvicinato il viso a quello della donna. Giusto una frazione di secondo prima che vi affondasse le zanne, i tre comandanti sono intervenuti, costretti a picchiarla duramente per riuscire a tenerla a bada.
Barbabianca è tutt'ora sconvolto, incapace di capire il perché di quella violenta reazione scatenata dal niente.
La fissa preoccupato, notando il suo continuo ciondolare su sé stessa, rannicchiata contro il parapetto. Le mani sono strette attorno alla testa, gli occhi sgranati come se fosse terrorizzata da qualcosa.
Nota che di tanto in tanto sghignazza, come se avesse sentito una battuta divertente, per poi cominciare a canticchiare un motivetto per lui incomprensibile: “Den svarte mannen er ikke død, den har klør som en ravn, skremmende stemmen hans, umiddelbart ta korset. Åpne øynene, holde seg våken. Ikke sove i natt!*”
Non riesce a capire una sola parola di quel motivetto tanto ripetuto, ma dal suo sguardo, dai suoi occhi indemoniati e dal ghigno quasi perverso che le piega le labbra screpolate, capisce benissimo che non è una canzoncina allegra.
In realtà, l'Imperatore non si sbaglia per niente. Quella filastrocca, infatti, la canticchia da quella mattina Týr, apparentemente impazzito proprio come la ragazza. La canta e la ricanta, facendogliela imparare a memoria.
Perché anche lui sente l'influsso negativo di quella giornata, che lo manda su di giri come nessun altra cosa al mondo.
«Marco?» il comandante si volta verso il capitano, raggiungendolo con passo svelto.
«Sai cosa le sia preso?» gli domanda a bassa voce, ricevendo una risposta negativa col capo.
Si passa stancamente una mano dietro al collo, sospirando frustrato.
Alza di nuovo lo sguardo, vedendo che sta ridacchiando e si morde il dorso delle mani mentre punta con sguardo quasi animalesco Curiel.
«Vai e scoprilo.» ordina con tono duro, tenendo lo sguardo ben fisso sulla Fenice che con passo svelto le si avvicina.
Si piega su di lei, Marco, poggiandole una mano sulla spalla e guardandola dritto negli occhi, mormorandole con un filo di voce se sta bene, se vuole che l'accompagni a stendersi.
Guardandola adesso non gli sembra neanche più la stessa ragazza per cui ha perso completamente la testa, ma bensì un'estranea pericolosa da rinchiudere e tenere sotto stretta sorveglianza.
Akemi gli sorride melliflua, reclinando un poco la testa di lato, senza però mollare neanche per un istante la presa dalla carne fresca della propria mano.
«L'uomo nero sta arrivando...» gli mormora in risposta, mentre il sorriso si allarga «Viene di notte e recide le anime degli innocenti...»
Marco non riesce a dare un senso ad una sola parola, e si limita quindi a sedersi di fronte a lei e a chiederle spiegazioni, consapevole che così facendo le terrà la mente occupata e, di conseguenza, eviterà ulteriori danni.
Halta, Izo e Jaws si sono avvicinati al seggio del capitano, con l'intenzione di tirargli un poco su il morale. Gli dicono che andrà tutto bene, che è un momento di passaggio, che se lo farà sentire più tranquillo la faranno visitare da uno specializzato non appena sbarcheranno, consapevoli però che è solo fiato sprecato.
Niente può risollevare il morale dell'Imperatore, alle prese ogni giorno con un problema diverso e sempre più grave. All'inizio erano solo scaramucce, ora sono veri e propri scontri in cui scorre del sangue. Sa che la sua adorata trovatella ha quasi oltrepassato il punto di non ritorno, e sa anche che non c'è rimedio, se non abbatterla. Il problema, quindi, sorge dal momento che l'uomo non riuscirebbe in quell'impresa. Le è troppo affezionato anche solo per riuscire a pensare di ucciderla, di eliminare per sempre il suo sorriso.
Poi, come se non fosse abbastanza, si è aggiunto anche il problema di Satch.
Perché la sera prima, convinto dai compagni, è andato a confessare il suo segreto al capitano, sconcertandolo profondamente.
Poteva aspettarsi qualsiasi cosa Barbabianca, ma non certo che uno dei suoi uomini più fidati facesse salire un'estranea sulla sua nave. Alla fine, però, ha deciso di archiviare momentaneamente la questione, dicendogli che quando si ripresenterà dovrà portarla davanti a lui per discutere a fondo della questione.
«Sembra più calma.» afferma più a sé stesso che ai suoi figli, guardando la corvina che pare aver finalmente abbassato la guardia e riacquistato un poco di lucidità.
«Lo credo bene.» afferma Satch, adesso accanto al seggio.
Sorride malignamente in direzione dei due, per poi voltare la testa verso il genitore.
«Le piace Marco.»
La dodicesima comandante gira di scatto la testa, fulminandolo con lo sguardo. Sapeva che uno come lui lo avrebbe sospettato subito, non è così stupida da credere che un tipo come Satch non se ne sarebbe accorto neanche un po', ma non credeva che sarebbe stato così infantile da comportarsi in questo modo.
«Come?» domanda con tono incerto il capitano, aggrottando le sopracciglia.
«Satch!» sibila con un filo di voce la piratessa, facendo saettare gli occhi da lui ad Akemi, che adesso sta guardando verso di loro con aria cupa e a dir poco nervosa.
«Non dirmi che non te ne eri accorto, babbo! Si vede lontano un chilometro che gli muore dietro.» risponde Satch, sfoggiando un falso sorriso e allargando le braccia, facendo ridere di gusto il capitano, cosa che lo lascia a dir poco interdetto. Perché il quarto comandante non aveva preso assolutamente in considerazione che l'Imperatore avrebbe preso bene la cosa, neanche per un istante.
Volta il capo con aria scocciata, poggiando un pugno sul fianco, alzando poi lo sguardo su quella che è diventata in meno di ventiquattro ore la sua più grande nemica.
I due si guardano per un breve istante negli occhi, finché Akemi non gli soffia contro, snudando le zanne con fare minaccioso.
«Piccola stronza...» borbotta Satch, rigirandosi di nuovo verso i propri compagni e tornando verso il seggio del capitano.
Sulla coffa, nel frattempo, un membro dell'equipaggio osserva con attenzione il circondario, in cerca di eventuali minacce o alleati, come sempre.
È quasi sul punto di buttare via il cannocchiale e farsi un buon pisolino, considerata la calma piatta di quei giorni, finché un improvviso quanto flebile luccichio cattura il suo sguardo.
Fissa con insistenza dal cannocchiale un punto ben preciso dell'enorme distesa d'acqua che li circonda, e finalmente la vede: un'imbarcazione pirata a non troppa distanza. Grazie alla sua vista sviluppata, inoltre, riesce a scorgere anche un notevole bottino appena preso sul ponte, dove si agitano i vari membri dell'equipaggio.
Scende velocemente dalla postazione di osservazione e corre a rotta di colla dall'Imperatore, richiamandolo a gran voce.
L'uomo si volta a guardarlo, la guardia già alta. Tutto sommato, un bello scontro non gli dispiacerebbe in questo momento: allenterebbe un poco la tensione che ha accumolato in quei faticosi giorni.
«Che succede?» gli domanda con tono duro, mentre l'altro annaspa in cerca d'aria.
«Ho avvistato un'imbarcazione pirata non troppo distante da noi. Sembravano festeggiare il ritrovamento di un bel tesoro.» lo avverte respirando a fatica, mettendosi in posizione eretta a fatica. Stare piegato in due non gli va molto a genio, non di fronte ad un pirata come lui. Lo trova irrispettoso.
«Che dici, babbo: scopriamo che hanno trovato?» gli domanda Jaws, guardandolo speranzoso. Quando stanno per attaccare, infatti, è uno dei rarissimi momenti in cui riescono a vederlo emozionato.
«Prendi i tuoi uomini e uno dei vascelli. Prendete tutto quello che trovate.» asserisce Barbabianca, facendo scattare immediatamente il terzo comandante, che viene però bloccato dalla voce della dodicesima comandante.
«Con tutto il rispetto, credo sia meglio mandare la quarta flotta.» afferma con tono sicuro la donna, attirando su di sé gli sguardi confusi dei presenti.
«Perché?» le domanda riluttante Barbabianca, assottigliando lo sguardo. Si domanda come faccia a chiedere una cosa del genere quando il comandante interessato e uno dei suoi sottoposti non sopportino la presenza l'uno dell'altra, ma dal suo sguardo intuisce che c'è un motivo ben specifico.
«Vi sembrerà assurdo, lo so, ma sono convinta che farà bene alla salute sia fisica che mentale di Akemi.» risponde Halta, notando con un certo dispiacere gli sguardi sempre più confusi dei compagni.
«Andiamo, non ditemi che non ve ne siete resi conto! Quando attacca qualcuno, quando riesce a sfogare un briciolo della rabbia che si porta nel cuore, sembra essere un minimo più rilassata dopo. Se adesso la mandassimo all'attacco, se potesse buttare fuori tutta quella rabbia, starebbe sicuramente bene.» spiega con ovvietà, notando con la coda dell'occhio il sorriso compiaciuto di Izo.
Barbabianca soppesa con attenzione le sue parole, esaminandole, riportando nel contempo alla memoria ogni momento in cui ha visto sua figlia attaccare sul serio qualcuno, ogni suo comportamento successivo.
Ricorda di averla vista smarrita il più delle volte, quasi sconvolta, ma quando si riprendeva dallo shock iniziale era sempre carica, pronta a spaccare il mondo, e con un raggiante sorriso in volto.
«Va bene. Vediamo se riusciamo a calmarla.» afferma sicuro, puntando lo sguardo su Halta, facendole capire quanto in quel momento sia fiero di lei e delle sue intuizione, dell'aiuto che vuole dare, della sua cieca fedeltà.
«Ditele di muoversi.» ordina Satch, riluttante, avviandosi con passo strascicato verso alcuni dei suoi sottoposti per dirgli di dirigersi verso il compartimento dove è custodito il suo personale vascello.
Di colpo, però, sente come una presenza alle proprie spalle e, voltandosi fulmineo, si ritrova a pochi centimetri dal viso inquietante della sorella, che gli sorride melliflua.
«Guardati le spalle, comandante.» afferma superandolo, mandandolo ancora di più in bestia.
'Penso proprio che la ucciderò e lo farò passare per un incidente.'
Marco, nel frattempo, ha raggiunto i compagni e il capitano, non perdendosi però quella spiacevole battuta.
«Sono quasi del tutto certo che uno dei due non tornerà... non tutto interno, comunque.» commenta sarcasticamente Izo, facendo sospirare gli altri, tesi come corde di violino.
«Perché avete mandato Akemi? Non si regge in piedi oggi.» domanda Marco tono piatto, quasi fingendosi piuttosto disinteressato alla questione. Dentro, invece, sta lanciando maledizioni a tutti, incapace di credere che abbiano anche solo potuto concepire un'assurdità simile.
«Credimi, è una buona idea.» gli risponde prontamente Halta, cercando di trasmettergli solo tramite lo sguardo tutta la sua sicurezza.
Marco ricambia lo sguardo, cercando a sua volta di trasmetterle quanto la sua idea sia pessima e la forte preoccupazione che lo sta torturando.
«Lo spero.»

La quarta divisione è entrata al completo nello stretto compartimento sotto al ponte di prua dove è custodita la Mary Read, il personale vascello di Satch.
Ogni comandante, infatti, possiede, nel penultimo livello della nave, un personale vascello con cui può muoversi liberamente assieme alla propria flotta, per poter così attaccare ciurme rivali senza problemi. Sono tutti vascelli di dimensioni ridotte, soprattutto se messi a confronto con la nave madre, e tutti ridotti allo stretto indispensabile.
I vari pirati si muovono freneticamente per preparare tutto e poter così partire, non riuscendo però ad evitarsi le urla del comandante, nervoso sia per la loro lentezza che per la vicinanza con la giovane ed inquieta immortale, ferma come una statua ad osservarsi attorno.
«Muovetevi! Quella nave non sta di certo ad aspettare i nostri comodi!» urla con una certa rabbia, montando velocemente a bordo per poter accelerare il procedimento.
Akemi rimane ancora a terra, fissandosi attorno con sguardo incerto.
La sua rabbia pare scemare lentamente, lasciando spazio solamente all'eccitazione dovuta all'attacco che presto metteranno in opera, sia per l'oscurità che l'avvolge, rovinata dalle luci basse che a malapena riescono ad illuminare ciò che la circonda.
«Il compartimento si allagherà completamente...» afferma tra sé e sé, osservandosi attorno con sguardo attento e curioso.
«Una nave può come la nostra può continuare a viaggiare con più compartimenti completamente allagati, Akemi.»
Volta di scatto la testa verso Nicolas, un uomo sulla quarantina che fa parte della ciurma da circa un anno. Ha i pochi capelli brizzolati tenuti indietro, una barba incolta nera, due occhioni vispi e gentili e una corporatura massiccia. È un uomo gentile ed affidabile, sempre ben disposto ad aiutare i compagni nei loro compiti e affezionato in una maniera quasi imbarazzante al capitano.
Akemi lo guarda attentamente, trovandolo incredibilmente invitante.
«Devi sapere che grazie ai compartimenti stagni non vi è passaggio di acqua da uno e l'altro. Non appena siamo dentro, da fuori premono un pulsante che attiva la chiusura stagna del compartimento in uso ed è così possibile far uscire il vascello senza problemi. Quando poi le porte davanti a noi vengono chiuse, sempre da fuori attivano il pompaggio dell'acqua che, grazie ai grossi tubi che vedi lì, viene espulsa fuori.» le spiega gentilmente l'uomo, sorridendole cordialmente «Nessuno sa di questo, diciamo, trucco che il babbo ha escogitato, perché quando fece assemblare la nave fece in modo tale che da fuori non si vedesse niente.» concluse subito dopo, poggiandole scherzosamente una mano sulla spalla.
La corvina osserva quella mano callosa e grossa poggiata sulla propria spalla con attenzione e nervosismo, per poi rialzare lo sguardo su di lui.
Lo guarda dritto negli occhi con astio, inducendolo a mollare la presa e fare qualche passo indietro.
«Non mi pare di averti chiesto alcuna spiegazione.» ringhia minacciosa, per poi voltarsi e salire velocemente sul grosso vascello che ha di fronte.
Monta con passo lento e svogliato sulla nave, dove non aiuta nessuno dei presenti.
Non ha voglia. È stanca, le ossa le fanno male e la voglia di sbudellare qualcuno è così insopportabile da confonderla.
Si dirige verso la prua dell'imbarcazione, incerta. Satch è lì, lo sguardo puntato sulle porte chiuse di fronte a sé.
Per un verso sarebbe tentata di parlarci civilmente, ma i ricordi di quello che è successo tra loro fino a quel momento sono ben vivi nella sua mente.
Si siede scompostamente sul legno duro del parapetto e, annoiata, allunga un poco lo sguardo per poter leggere il nome dipinto sulla fiancata della nave, aggrottando le sopracciglia e storcendo la bocca.
«Mary Read... perché l'hai chiamata così?» domanda con una certa curiosità al comandante, senza però guardarlo in faccia. Ha paura di avere uno scatto improvviso di rabbia, tanto forte da costringerla a dare libero sfogo al suo desiderio malato di uccidere.
«Era una donna vissuta moltissimi anni prima della nascita di Roger. Fu la prima donna pirata a solcare questi mari.» risponde con tono duro Satch, senza neanche guardarla in volto.
Akemi, incuriosita dall'argomento e consapevole che non le sta dicendo completamente la verità, gira finalmente lo sguardo, notando la sua mascella contratta, i muscoli tesi sotto la stoffa chiara dei suoi vestiti, gli occhi duri che fissano un punto ben preciso. Nota anche un lieve taglietto spuntare da sotto al colletto, ma decide di non badarvi. Tanto lo ha già avvertito di quali saranno i provvedimenti che adotterà quando e se la porterà di nuovo a bordo, quindi è inutile ribadire il concetto.
Satch, deciso ad ignorarla, è costretto a cedere quando sente il suo sguardo posato su di sé, come se stesse scavando nel profondo della sua anima in cerca di altre risposte, firmando così la propria condanna nel momento esatto in cui incrocia i suoi occhi.
Tutto il suo disprezzo va in frantumi di fronte al suo sguardo curioso ed impertinente, uguale a quello che aveva da bambina.
Tutti i loro momenti passati insieme gli tornano in mente come un fiume in piena, stordendolo e facendogli provare di nuovo tutto l'amore che nutre nei suoi confronti, come se non si fossero mai scontrati.
Le sorride dolcemente e si siede al suo fianco, decidendo di svelargli il piccolo segreto che ha condiviso solo con i suoi più stretti amici.
«In realtà non avevo idea di come chiamarla, ero un ragazzino, così le diedi questo nome in sua memoria. Anzi, più che in sua memoria, gli diedi questo perché mia nonna si chiamava Mary e quando ero un moccioso mi raccontava spesso le storie di questa piratessa leggendaria.»
Akemi si lascia sfuggire un leggero risolino, portandosi una mano alla bocca per non offenderlo.
Si guardano negli occhi, ed entrambi non ricordano neanche più il motivo del loro litigio.
Satch l'abbraccia di slancio prima che le porte si aprano, stringendola a sé, venendo stretto a sua volta. Si accorge però che la sua stretta è debole, che le sue braccia non riescono a compiere quel gesto come lei stessa vorrebbe e subito si accende un campanello d'allarme nella sua testa.
«Penso che sia meglio se resti qui, Akemi. Non hai le forze per combattere.» afferma deciso, alzandosi di scatto per ordinare di interrompere il processo di apertura e farla uscire dal compartimento, venendo però ripreso al volo dalla sorella.
«Ce la faccio, non preoccuparti.» afferma sicura, venendo però tradita dall'aria distrutta che ha in volto. Due profonde occhiaie violacee fanno capolino sotto ai suoi occhi stanchi e lucidi, la pelle è incredibilmente pallida, le braccia a fatica rispondono come dovrebbero.
«Ma-»
«Satch, ce la posso fare.»
I due si guardano a lungo negli occhi, finché una luce quasi accecante non li colpisce in pieno.
Le due porte si stanno aprendo orizzontalmente, lasciando così entrare una notevole ondata d'acqua.
Akemi guarda con sorpresa quello spettacolo mentre Satch, sconfitto per l'ennesima volta dallo sguardo determinato della sorellina, dà ordine di cominciare subito a vogare per uscire il più velocemente possibile dal compartimento.
Gli uomini eseguono scattanti, facendo in modo tale che l'imbarcazione esca in mare aperto, sotto lo sguardo attento dei compagni sul ponte della nave madre.
Tutti notano con piacere il veloce riavvicinamento tra il quarto comandante e l'Angelo e i cori di incoraggiamento non tardano ad arrivare. Pure Barbabianca sorride felice di fronte a quella scena, dove i suoi adorati figli rimangono sulla polena della nave con lo sguardo puntato sulla nave avversaria.
Solo Halta si rende conto che qualcosa però non va. In realtà non c'è niente di allarmante, niente che potrebbe suggerirle che la situazione rischia di degenerare, eccetto un piccolo dettaglio: la spina dorsale della sorella pare infatti uscire dalla posizione originaria, tendendole la pelle e conferendo alla sua schiena un aspetto spaventoso.
«Izo...» lo richiama a bassa voce, venendo velocemente affiancata dal compagno «Qualcosa non va. Le sta succedendo qualcosa, va fatta scendere subito.»
«Avevi detto che le avrebbe fatto bene...» mormora confuso il sedicesimo comandante, guardandola con aria incerta.
«Mi sbagliavo! Va fatta tornare, subito!» lo afferra con forza per un braccio e lo strattona verso di sé, guardandolo con occhi fiammeggianti.
L'uomo però si limita a scuotere la testa, alzando poi il braccio libero per indicarle l'imbarcazione ormai lontana.
«Tra vele e remi si sono allontanati troppo.» afferma con tono dispiaciuto, mentre il cuore gli si stringe di fronte al suo sguardo quasi disperato «Non può tornare indietro.»

Akemi non è mai stata così violenta in tutta la sua vita.
In confronto allo scempio che sta commettendo, le tre settimane di navigazione in solitaria non sono assolutamente niente.
Si attacca alle gole dei presenti con le possenti mascelle, sgozzandoli come cani senza che questi abbiano il tempo di realizzare e reagire.
Le zanne affondando con facilità nella carne, come se fossero lame incandescenti che affondano nel burro. Non trova nessuna difficoltà neanche nel maciullare le ossa, nello staccare gli arti come se fossero fatti di carta.
Nessuno dei suoi compagni ci bada più di tanto, troppo presi dai propri faticosi combattimenti.
Satch brandisce entrambe le sue spade e combatte con vigore, affondando le lame nei nemici con brutalità. Vuole vincere, vuole proteggere la sua famiglia, vuole portare alto il nome e l'onore del padre.
Il capitano nemico prova ad attaccarlo alle spalle, brandendo un pugnale che vuole assolutamente piantare con violenza tra le scapole dell'uomo, infilzandogli il cuore e sbarazzandosi così di un pericoloso avversario. È consapevole che così scatenerà l'ira del possente Barbabianca, che non perdona mai chi osa far del male ai suoi adorati figli, ma non ha di certo intenzione di arrendersi e rimetterci così la ciurma e il prezioso contenuto che ha da poco portato a bordo.
L'uomo, però, non fa alcuna attenzione agli altri pirati, neanche al piccolo demone che combatte furiosamente, mutilando e divorando pezzi dei suoi sottoposti.
Non ci bada minimamente, finché le sue fauci non gli afferrano il braccio e lo strappano al livello del gomito.
Il sangue scorre copioso a terra, un urlo disperato gli scartavetra la gola.
I suoi sottoposti si voltano e guardano con disperazione il loro adorato capitano accasciarsi al suolo, agonizzante.
Guardano poi il mostro che è riuscito a strappargli metà braccio, trovando la giovane immortale intenta a staccare dei lembi di carne ed ingoiarli interi.
La sua pelle candida è ricoperta completamente di sangue, pur non avendo subito nessuna ferita.
«Finiscilo, adesso!» le urla furiosamente Týr nella sua mente, facendola ghignare divertita.
Si accuccia lentamente, ringhiando al nemico steso a terra in una pozza di sangue, snudando i denti, per poi scattare come un felino famelico sulla carcassa dell'uomo, che subito morde alla gola e sbrana con voracità, fino a che il suo cuore non cessa di battere. Solo a quel punto si stacca e guarda quegli uomini terrorizzati buttare le armi a terra, scatenando così un urlo di vittoria nei propri compagni.
Alcuni corrono a legare gli avversari mentre altri cominciano a cercare i tesori nascosti sull'imbarcazione e a caricare sulla Mary Read ciò che riescono a trovare.
Satch, ancora sconvolto per quello che ha visto, si avvicina cautamente ad Akemi, mettendola una mano sulla spalla.
«Sei stata fenomenale.» afferma con tono basso, sorridendole dolcemente quando si volta verso di lui per guardarlo negli occhi.
In realtà Akemi non ricorda cosa ha fatto. Ricorda solo il dolce odore del sangue che le arrivava alle narici, degli oggetti in movimento che le si piazzavano davanti, la voce di Týr che le diceva di attaccare e uccidere. Niente di più. Non sa come si è mossa, perché sia coperta di sangue dalla cute alla punta dei piedi. Però, tutto sommato, non le importa. I suoi compagni stanno bene, Satch è in gran forma, e il bottino che stanno ricavando da questo attacco è davvero notevole.
«Andiamo a vedere se troviamo qualcosa?» le domanda sorridente il comandante, avvolgendole le spalle con un braccio e conducendola con calma verso la cabina personale dell'ormai deceduto capitano.
Perché Satch sa bene che le cose migliori alla fin fine si trovano sempre lì, e non ha alcuna intenzione di stare a perder tempo saccheggiando tutte le altre stanze.
«Quello che trovi, te lo tieni.» l'avvisa il comandante, sorridendole allegro.
Cominciano entrambi a curiosare tra i vari oggetti, rovistando ovunque, senza però trovare niente di troppo eccezionale.
Akemi ha trovato alcuni gioielli di buona fattura, perfetti per la sua collezione. Ha trovato pure quella che sembra un'antica corona d'oro, con delle pietre preziose ad adornarla, e una vecchia polaroid che però continua a funzionare.
Indossa il prezioso tesoro contenta, cominciando ad atteggiarsi come una sciocca sul letto sfatto dell'uomo e, come una perfetta mocciosa vanitosa, si scatta pure una fotografia con il nuovo giocattolino.
Satch non vi bada più di molto, continuando a rovistare, fino a che non trova uno piccolo scrigno nero. Prova ad aprirlo in tutti i modi, senza però riuscirci, cosa che manda la sua curiosità alle stelle. In fondo, se è stato chiuso così bene, deve custodire qualcosa di importante.
«Ce la fai ad aprirlo con le unghie?» le domanda voltandosi verso di lei, trovandola con la corona in testa e un telo rosso sulle spalle.
«Secondo te mi dona?» gli domanda sovrappensiero, continuando a guardarsi nello specchio.
«Una meraviglia. Ora apri questo?» le domanda sventolandole sotto gli occhi il prezioso scrigno, ricevendo in risposta uno sbuffo assai scocciato.
Akemi, seppur contrariata, artiglia con forza la serratura, rompendola irrimediabilmente. Si controlla subito dopo gli artigli affilati, privi di qualsiasi imperfezione. Sono lunghi, forti e taglienti e, per la prima volta in tutta la sua vita, li trova assolutamente incantevoli.
«Cazzo...» mormora Satch, sedendosi sul bordo del letto su cui ancora sta in piedi la compagna. Guarda il contenuto dello scrigno con sguardo stralunato, non riuscendo a credere ai propri occhi. Perché quello che tiene tra le mani, è un autentico colpo di fortuna.
«Ehi, guarda!» la richiama a gran voce, alzando le braccia per mostrarle il prezioso bottino.
Akemi abbassa con noncuranza lo sguardo, reclinando un poco la testa di lato, vagamente incuriosita «Che cos'è?»
«È un Frutto del Diavolo!» risponde felice il comandante, alzandosi di scatto e stringendola dietro le gambe con un braccio e sollevandola senza sforzo «Dobbiamo andare a festeggiare!»

Tutti sul ponte dell'imponente Moby Dick ridono, bevono e festeggiano il ritrovamento del raro frutto che Satch tiene stretto tra le mani, sotto lo sguardo fiero del loro papà, inutilmente tormentato dalle pazienti infermiere che provano a togliergli di mano il grande fiasco di sakè.
Nota con grande gioia che la lunatica e pericolosa figlia è stretta un po' da tutti, che il suo animo aggressivo e attacca brighe pare essersi assopito tutto in un colpo. È meno contento di vederla sporca di sangue dalla testa ai piedi. In realtà gli fa anche un po' impressione, a dirla tutta.
«Ehi, di che frutto si tratta?» urla a pieni polmoni Ace, smettendo giusto per una manciata di secondi di ingozzarsi come se non ci fosse un domani. Al contrario suo gli altri ci vanno più leggero, giusto perché tra non molte ore arriverà l'ora di cenare e non vogliono rovinarsi l'appetito.
«Non lo so, in realtà.» risponde sorridendo come un bambino il quarto comandante, afferrando per un braccio Akemi e sollevandola da terra, baciandola sulla guancia.
Tutti sono lieti di vedere che la situazione tra loro due si sia sistemata, anche se in realtà sono un po' perplessi vista la velocità in cui hanno cambiato parere l'uno sull'altra.
«Fate i complimenti anche alla nostra piccola belva, che ha fatto fuori parte della ciurma e il loro capitano!» urla con fierezza, sollevandola con un braccio solo per farla acclamare da tutti.
Quando però gli scivola di mano, facendole battere una sonora culata sul duro pavimento della nave, tutti non ci pensano assolutamente a complimentarsi, troppo presi nel prendere in giro l'alticcio comandante che adesso ride come impazzito.
«Voi state male!» urla tra una risata e l'altra la ragazza, facendosi aiutare da Vista a rialzarsi.
Si regge con forza a lui quando un forte giramento di testa la travolge in pieno, tanto da farla quasi cadere a terra un'altra volta.
«Tutto bene?» le domanda allarmato, avvolgendole la vita con un braccio per riuscire a tenerla in piedi. Con sua enorme sorpresa, poi, nota che le occhiaie che erano magicamente sparite da sotto i suoi occhi stanno tornando lentamente, come se le stesse andando via uno strato di trucco alla volta.
«Si, tranquillo. Deve essere il Sole!» scherza Akemi, sorridendogli dolcemente.
L'uomo inarca un sopracciglio, sospettoso, per poi essere trascinato via dai compagni per tirare di spada, tutti decisamente alticci.
Akemi sorride ai propri fratelli che brindano al suo successo, urlando con convinzione che presto vedranno la sua taglia salire alle stelle.
Si congeda poi con un saluto generale, dirigendosi con passo calmo verso la propria stanza. Prima di sparire sotto coperta, però, non riesce a fare a meno di voltarsi per osservarli di nuovo. Nota così in lontananza delle minacciose nuvole cariche di pioggia avvicinarsi a loro, come se fosse un presagio.
Il suo cuore, già inquieto per i fatti suoi, comincia a battere più velocemente: aria di tempesta, aria di cambiamenti.
Lo sente distintamente, cose se il cielo fosse una grande pagina su cui può leggere quelle parole.
«Vai a lavarti, ragazzina!» Teach, arrivato al suo fianco, le passa una mano tra i capelli impregnati di sangue secco, sorridendole allegro «Non vorrai mica gironzolare così conciata, mh?»
Akemi scuote la testa, non riuscendo però a trattenere un sorriso divertito. Non lo aveva mai visto così allegro, e non riesce proprio a fare a meno di esserne contenta a sua volta: in fondo, sta gioendo per la conquista di Satch!

Esce dalla doccia grondando goccioline d'acqua da ogni dove, sorridendo con aria furbetta in direzione del primo comandante, entrato durante la sua assenza nella sua stanza.
Sta sdraiato sul suo letto a leggere uno dei suoi libri, fingendo di non essersi accorto di lei. Lo fa spesso, come per farle un dispetto.
Akemi non aspetta un secondo di più, sfilandosi di dosso l'asciugamano bagnato e in un attimo gli è sopra, bagnandolo con le goccioline fredde che colano dai suoi capelli.
«Sei molto fastidiosa, sai?» malgrado il tono infastidito, le sorride. Le sorride felice di vederla di nuovo allegra, di vedere che è calma e giocosa come un tempo. Felice di leggere di nuovo l'amore che nutre nei suoi confronti nei suoi occhi di ghiaccio.
Le sfiora i fianchi nudi con la punta delle dita, per poi farle il solletico nello stesso modo estremamente fastidioso che ha scoperto quando era più piccola, godendosi la sua risata cristallina, mal celata contro la sua spalla.
Nessuno a parte Akemi ha mai potuto vantare di aver visto l'impassibile comandante della prima flotta in atteggiamenti simili, e questo non fa altro che renderla sempre più felice.
Di slancio quindi lo bacia con trasporto, stringendogli con trasporto le braccia al collo e Marco la stringe a sé, mettendole una mano dietro la schiena e una contro la nuca bagnata.
Sono rari i momenti di spensieratezza come questo, soprattutto negli ultimi tempi di incertezze e tensioni.
Le mani di Akemi scorrono lussuriose sul tuo torace, scorrendo lentamente verso il basso, mentre con la lingua sale lungo il suo collo. Dentro di lei sta nascendo un'altra volta quell'incontrollato desiderio che prova da sempre per il compagno, cosa che la spinge a spogliarlo sempre più freneticamente.
Marco, dal canto suo, non vedeva l'ora che Akemi tornasse quella di un tempo, cioè la ragazza piena di fuoco e passione che gli sorride per qualsiasi sciocchezza, che lo tocca e lo bacia sempre come se fosse l'ultima volta, e di conseguenza non riesce a tenere a freno le mani e la lingua, con cui esplora il corpo che già conosce alla perfezione della giovane amante.
La guarda sempre negli occhi, eccitandosi sempre di più nel vedere la sua eccitazione crescere in quell'oblio di ghiaccio e tempesta.
«Marco...» mugola la corvina, afferrandolo per i capelli e baciandolo con tutta la passione che la sta consumando nel profondo della sua anima dannata.
Allarga le gambe, senza più difese, lasciando che Marco se le porti sopra le spalle, implorandolo silenziosamente di farla sua e accogliendolo con un gemito carico di desiderio. Solo grazie ad una qualche misteriosa grazia divina riesce a trattenersi dal gridare quel piacere che sente esplodersi dentro.
Le loro bocce si cercano, si baciano con furia e ogni volta che si allontanano per respirare, entrambi vengono colti da una sete bruciante.
Le dita s'intrecciano sopra le loro teste, come per suggellare la loro unione, i loro sentimenti sempre più profondi e maturi.
Il tempo per loro pare quasi essersi fermato. Vorrebbero che quella pace, quelle emozioni intense e vere durassero per sempre, che i loro corpi riuscissero a sopportare quella carica di piacere ed eccitazione in eterno.
Purtroppo per loro, però, quelle idilliache aspettative vanno in frantumi nel momento in cui Marco raggiunge il suo massimo, gemendo con voce roca contro l’orecchio della compagna quando l'orgasmo lo travolge.
Si accascia sul suo corpo, respirando affannosamente contro il suo petto, beandosi delle carezze delicate che lo cullano.
«Mi prometti una cosa?» mormora Akemi, riportandolo bruscamente alla realtà.
Alza piano lo sguardo, perdendosi nella purezza dei suoi occhi. La consapevolezza che guardino solo lui lo manda al settimo cielo.
«Cosa?» giocherella con una ciocca dei suoi capelli scuri, rigirandosela distrattamente tra le dita, seguendone i movimenti con una certa attenzione.
«Mi prometti che sarà sempre così tra di noi?» la sua è quasi una preghiera, e i suoi occhi per un breve istante tradiscono la profonda paura che ha di perderlo da un momento all'altro, come se si trattasse solo di una bella allucinazione, un tiro mancino della sua mente distorta.
Marco le sorride, felice di poter capire ogni volta che lei è sua, che ha lui nel cuore, e di slancio la bacia teneramente, stando attento a non pesarle.
Non credeva che si sarebbe mai comportato così, che si sarebbe piegato così duramente ad un sentimento che ha sempre trovato stupido, da mammolette. Invece eccolo lì, steso sul corpo della stravagante trovatella che ha visto crescere, che lo ha desiderato da sempre, che lo ama incondizionatamente. E che a sua volta ama. Non gliel'ha detto, non ne è capace, ma è sicuro che anche lei lo sappia, che lo abbia intuito dai suoi gesti attenti, dalle sue premure, dalla delicatezza con cui la tocca e la dolcezza con cui posa le labbra sulle sue.
«Te lo prometto.» mormora contro il suo orecchio, facendola sorridere raggiante.
Akemi sguscia da sotto al suo corpo, coprendosi con la sua camicia abbandonata ai piedi del letto.
Cerca freneticamente la polaroid ritrovata durante l'attacco sotto lo sguardo attento e divertito del comandante e, quando finalmente riesce a trovarla, torna di corsa nel letto, stringendolo forte a sé.
Porta poi un braccio in alto, l'obbiettivo rivolto verso di loro, e il dito preme sicuro, immortalando così quel momento di pace e tenerezza.
«Ma che diavolo fai?» le domanda Marco, stupito da quel gesto così infantile e sciocco. Si era quasi scordato di come fosse veramente, di quanto fosse imprevedibile e giocosa, di come i suoi occhi s'illuminano nel vederlo e del suo sorriso da bambina. È proprio grazie a quest'ultimo che non riesce a prendersela, ma che anzi lo spinge a prendere quella fotografia scattata a tradimento e ad osservarla.
Un bacio rubato, il suo sorriso appena accennato. La conserverà, per sempre.
«Adesso te ne faccio una io.» afferma sicuro Marco, inginocchiandosi sul letto e strappandole di mano quell'oggetto fastidioso di cui dovrà sbarazzarsi alla svelta. Conoscendola, infatti, sa bene che potrebbe usarla contro chiunque, scattando fotografie scomode che userebbe per ricattarli. Si, è decisamente far sparire la polaroid.
Akemi non riesce a smettere di ridere allegra, costretta a provare a soffocare tutto quel rumore contro le lenzuola, che a malapena coprono il suo corpo segnato da scontri e inchiostro.
Ed è proprio così che Marco la immortala: allegra, infantile... lei.
Terrà anche quella foto, nascosta tra i suoi vestiti e le sigarette.
La terrà con sé e la guarderà ogni volta che dovrà stargli lontano, che dovranno separarsi.
La guarderà e lei sarà al suo fianco.

L'oscurità è calata velocemente, portando con sé il carico di pioggia che Akemi aveva avvertito avvicinarsi durante il pomeriggio.
Il mare è in tumulto, le onde si infrangono violentemente contro i fianchi della nave, facendola ondeggiare.
Il cielo viene squarciato all'improvviso da un lampo, e fortissimo rintrona.
Nella sala mensa, tutti cenano tranquilli, cercando di non badare a quell'assordante tempesta che sicuramente lì terrà svegli buona parte della notte.
Satch in particolare pare scocciato da tale avvenimento, dal momento che dovrà fare la guardia e che nessuno dei presenti gli darà mai il cambio. Oltre a questo, poi, è sicuro che quella notte Mimì non verrà. Non si presenta mai con il mal tempo, quasi ne fosse intimorita.
Come ormai succede da una settimana, Akemi continua a mangiare in fondo al tavolo, lontana dagli altri. Se quel pomeriggio la situazione pareva essere migliorata, adesso è di nuovo in crisi: i dolori sono riapparsi, ancora più intensi del solito, e la testa pare scoppiarle.
Halta ha avuto il coraggio di mettersi vicina a lei, senza però avere la possibilità di parlarle. Vorrebbe, eccome se vorrebbe, ma si rende conto che la corvina non è assolutamente in vena di scambiare due chiacchiere.
La osserva di sottecchi mentre giocherella con cibo, formando lentamente un piccolo ma ben preciso disegno al centro del piatto: un piccolo drago a due teste in mezzo ad un cerchio.
Akemi non ha idea del perché lo abbia disegnato, e non ha alcuna intenzione di scoprirlo. Il dolore alla testa è così forte che l'unica cosa a cui riesce a pensare è di sbatterla contro un palo appuntito e far così uscire tutto il dolore che la sta mandando al manicomio.
Marco di tanto in tanto le lancia qualche fugace occhiata, cercando al contempo di prestare attenzione alle chiacchiere dei compagni riguardanti l'improvviso calo di omicidi che si è venuto a verificare negli ultimi tempi, come se gli assassini si fossero nascosti, rinunciando così a completare il disegno che avevano sicuramente in mente.
Ma Marco non è stupido e sa bene che stanno solo aspettando. Cosa non lo sa, non ne ha idea, ma sa che dietro a tutto quel caos e a quella morte c'è qualcosa di più grande e, sicuramente, raccapricciante.
«Akemi...?» Halta guarda la sorella con sguardo spaventato, facendo saettare gli occhi dal suo capo chino alle piccole gocce nere che colano nel suo piatto, imbrattando il drago di carne che ha creato.
Akemi non la sente. Le sue orecchie non riescono a catturare i suoi come sempre, gli odori le arrivano distorti alle narici. Tutti i suoi sensi si stanno offuscando, lasciando così modo a quell'orribile bestia di raggirarla.
Pure la guardia di Týr è drasticamente calata. Un dolore lancinante infatti non gli permette di concentrarsi come dovrebbe, di cacciare quel mostro nelle tenebre in cui era riuscito a tenerlo fermo con tanto impegno. Il suo cuore morto e gelido sanguina, il suo corpo pare essere sul punto di esplodere tanta è l'energia che ha accumulato.
Sono come due bombe pronte ad esplodere, che attendono solo il momento più opportuno.
«Ti senti bene?» Satch, che ha udito la voce flebile ed incerta della comandante, si è alzato dal suo posto e ha raggiunto la corvina, mettendole una mano sulla spalla e cercando di riportarla alla realtà.
La ragazza, in tutta risposta, distrugge con la forchetta una delle due teste, riducendola ad una poltiglia.
Alza poi lo sguardo sul comandante, facendolo preoccupare di fronte ai rivoli densi di sangue che le colano dalle narici. Gli sorride debolmente un istante prima di chiudere gli occhi e far cadere la testa nel piatto, allo stremo delle proprie forze.
Alcuni dei presenti, incluso il capitano, si agitano di fronte a quella visione, ma Satch immediatamente calma le acque, dicendo loro che ha affrontato una giornata faticosa e che la battaglia è stata assai violenta per lei, rassicurandoli.
Non avrebbe mai pensato di mentire così spudoratamente alla sua famiglia, Satch, ma non vuole che si preoccupino in una serata come quella. Perché il quarto comandante sa bene che nelle notti di tempesta l'attenzione deve essere alle stelle, che non possono permettersi errori che potrebbero risultare fatali.
Li rassicura che la porterà nella sua stanza e che avvertirà le infermiere, inconsapevole di quanto queste sue premure siano oltremodo sbagliate. Non sa che dovrebbe legarla nella stiva con tutti i pesi che hanno sulla nave, che dovrebbero puntarle delle armi da fuoco addosso e prepararsi a combatterla. Non sa che sarebbe meglio legarla con delle catene e buttarla in mare. Non lo sa e quindi la prende in braccio, impregnando le sue narici con il suo invitante odore, facendole sentire il suo ritmico battito cardiaco, il profumo della sua vita.
Nessuno sa quanto quei provvedimenti siano sbagliati, quando le loro vite siano in pericolo, ma presto lo sapranno.

Dove sei? Dimmi che sei qui, ti prego.
Dimmi che va tutto bene, che questo è solo una specie di ricaduta. Dimmi che presto aprirò gli occhi e starò bene, che potrò abbracciare i miei fratelli e dire loro che sto bene, che è stato un malore passeggero.
Dimmi che va tutto bene, che questo è solo un incubo.
Dimmelo, Týr. Tu mi rassicuri sempre, seppur a modo tuo. Mi dici sempre che le cose si aggiusteranno, che il mostro dormirà.
Ora vieni da me e dimmelo, ti prego.
Dimmi che lo stai tenendo fermo come avevi promesso, che non gli permetterai di uscire, di prendere la mia anima e di farla a brandelli.
Dimmi che mi proteggerai, che mi tirerai fuori da queste tenebre... che non mi darai in pasto all'uomo nero.
Týr, di scongiuro, vieni da me.
«Ragazzina...»
Týr! Týr, cosa ti è successo? Ti prego, dimmi che cos'hai!
Perché stai steso a terra? Perché tremi? Dimmi che scherzi, ti prego. Tu scherzi sempre, sei un provocatore. Vuoi solo spaventarmi, vero? Forza, scoppia a ridere!
«Ehi...»
Sei pallido. Più pallido. I tuoi occhi di ghiaccio sono cerchiati da occhiaie bluastre. Le tue labbra sono scure. I tuoi denti... i tuoi bellissimi denti. Perché sono diversi? Perché hai le zanne?
Dimmi che cos'hai, ti prego. Dimmi cosa ti fa star male.
«Non ce la faccio, non da solo...»
Perché non riesco a respirare? Ricordi, Týr? Tu mi hai detto che qui l'aria non serve a niente. Non devi respirare, Týr. Resta calmo, chiudi gli occhi e concentrati su qualcos'altro.
Pensa a Marco! Tu detesti Marco, fai sempre tante battute su di lui.
Pensa a tuo fratello! Parlami di lui, raccontami delle vostre avventure. Raccontami delle vostre battute di caccia, di quando ti ha insegnato a tirare con l'arco, di quando ti ha portato per la prima volta in un altro villaggio e ti ha fatto conoscere tante belle ragazze.
Raccontami, Týr. Non lasciarmi. Sto troppo male, non puoi lasciarmi sola!
«Devi riuscire a dormire...»
Non guardarmi con l'aria così afflitta, ti prego. Non puoi farmi questo.
«Sei davvero bella...»
Mi accarezzi la guancia... perché? Non sei mai stato così delicato con me. Non hai mai avuto tante premure nei miei confronti. Di solito mi prendi in giro, giochi con i miei difetti, me li fai apprendere. Poi scherzi, scherzi su tante cose macabre. Ma non accarezzi.
Poi non mi baci sulla fronte. Lo hai fatto una volta, e non mi hai mai spiegato perché lo hai fatto.
Adesso non mi lasci. La tua mano fredda sulla mia guancia, la pelle dura come se fosse di pietra. I tuoi occhi chiusi, stretti. Il tuo bel viso contratto in un'espressione dolorosa, mentre l'oscurità ti avvolge lentamente, inghiottendoti.
Le tue labbra sono l'ultima cosa a sparire, l'ultima cosa a lasciarmi.
Il dolore è troppo. Mi sento morire...
Salvatemi, vi prego.

 
Si rivolta nel letto per l'ennesima volta, artigliando con violenza le coperte leggere, lacerandole.
Qualcosa dentro di lei si muove, lo sente distintamente.
'Il mio lato oscuro...'
Una scossa le attraversa la spina dorsale, su fino al cervello, folgorandola.
'L'ho tenuto sigillato così a lungo, nascosto e chiuso a chiave dentro di me...'
La gola le brucia, come se ci fossero dei tizzoni ardenti nell'esofago che quasi le impediscono di respirare.
'Ma non posso controllarlo...'
Si butta giù dal letto, priva di energie, trascinandosi strisciando sulle assi di legno fin davanti al proprio specchio. Si fa forza, artigliando la parete e alzandosi a fatica, fissando gli occhi nella sua immagine riflessa. Le sembra così diversa... orrenda.
'Sento la rabbia e non riesco più a resistere.'
Graffia il muro, lasciando dei profondi solchi. I suoi artigli sembrano più forti, lunghi e affilati del solito. Sembrano pronti a dilaniare, a smembrare.
'Si sta svegliando e non posso controllarlo!'
Si trascina fino al letto, buttandosi in ginocchio e strappando l'asse che tiene nascosto il suo segreto, distruggendola irrimediabilmente. Ma la scorta è finita, e la rabbia sale ancora.
'È nel mio corpo... nella mia testa!'
Stringe con violenza le mani attorno al testa, quasi con l'intento di spaccarsela per far fuoriuscire quella rabbia incontrollabile che le sta offuscando la vista, che le sta logorando l'anima.
'È appena sotto la pelle...'
Prende il coltello abbandonato sul comodino e poggia le spalle contro il letto. Preme la fredda lama sulla candida pelle. Basta una lieve pressione e il sangue sgorga denso e vischioso, di quel colore per lei ipnotico. Ha letto da qualche parte che qualche tribù antica usava tagliarsi per far uscire gli spiriti cattivi, e non riesce a pensare ad altra soluzione per far uscire quello che è dentro di lei.
Ma le ferite si rimarginano subito, la rabbia aumenta, il corpo è scosso da brividi acuti e dolorosi.
'Non c'è via di fuga per me.'
Il coltello le scivola dalle dita, la testa diventa pesante e crolla all'indietro.
'L'incubo è appena iniziato... e nessun può sentirmi urlare.'
Il suo cuore vibra, le ossa le fanno male, la pelle si tende e i denti sono rasoi acuminati.
'Vuole la mia anima!'
Dei passi dall'esterno sovrastano -almeno per il suo udito- il rumore del mare agitato, invitanti come l'odore che il suo olfatto cattura. La sua attenzione è alle stelle, il suo istinto si riaccende, gli occhi privi di vita puntano la porta. Il corpo trova una nuova forza, si muove contro la sua volontà.
'È dentro di me...'
Afferra piano la maniglia, esce furtivamente dalla stanza, spinta da quell'oscurità che serpeggia nel suo cuore.
L'aria della notte le carezza la pelle, gocce fredde di pioggia le bagnano il viso, ma l'unica cosa che riesce a sentire è quell'odore seducente che subito segue.
Si avvicina con passo felpato.
La preda non si accorge della sua presenza.
Le labbra si tendono in un sorriso sadico, mostrando i denti di un predatore, aguzzi e affilati come lame, di un bianco accecante in perfetto contrasto con la pelle nera.
Si muove, veloce e senza emettere il minimo rumore, come un fantasma.
È vicina, troppo.
Il corpo si appiattisce al suolo, gli occhi osservano quel corpo che si muove calmo davanti a sé, sente il battito del suo cuore che batte ad un ritmo ipnotico e bellissimo, l'odore della sua vita è incantevole e appetitoso.
Un ringhio le risale per la gola, incontrollato.
La preda si gira, sgranando gli occhi per la paura nel vedere la persona che ha visto crescere saltargli addosso.
'Fermate questo mostro!'
Un grido acuto carico di tormento squarcia l'aria, facendo svegliare l'intero equipaggio.
L'angoscia le riempie il cuore mentre il corpo continua a muoversi, gli artigli a recidere e i denti a strappare lembi di carne.
'Cosa ho fatto?'
 


*L'uomo nero non è morto, ha gli artigli come un corvo, fa paura la sua voce, prendi subito la croce. Apri gli occhi, resta sveglio. Non dormire questa notte!
(Come non citare la dolce canzoncina di Freddy? :3 Il mio più grande incubo da piccina, perché mio fratello mi disse che era vero!)


Angolo dell'autrice:
Ce l'ho fatta! Cazzo, si! (scusate la volgarità gratuita, ma mi stavo mangiando le mani dalla voglia di pubblicare questo capitolo!)
Allora? Che ve ne pare? Curiosamente questa volta mi piace! ♥ (Di conseguenza, a voi farà schifo. Deve essere così per forza!)
La storia dei compartimenti e dei vascelli è sicuramente troppo, ma considerate le dimensioni della Moby Dick e il fatto che ospiti circa milleseicento uomini (molti dei quali di dimensioni assai considerevoli), ho pensato che potesse anche starci.
I compartimenti stagni mi sono stati suggeriti da Yellow Canadair, perché io ero completamente nel panico. Quindi, mia cara, grazie ancora di cuore! Se non era per te, tutti a nuoto!
Akemi che si da ai #selfie? AHAHAH! Ci stava troppo bene, ce la vedevo alla grande! Vanitosa com'è! ;) Povero Marco che poi è costretto a subire la stessa sorte! Fenice, ti ho nel cuore! Però, dai... è dolcino :3 Un ultimo sprazzo di amore e gioia prima della tempesta ci voleva. Sennò alla fine pare che questi litigano e basta. Poveri piccoli idioti ♥
Satch e Akemi finalmente (hanno litigato lo scorso capitolo e basta, ma noi trascuriamo questi dettagli) fanno pace e tornano più vicini, anche se per poco. Povero il nostro Satch... >.<
 
Un grazie di cuore a Aliaaara, Portgas D SaRa, ankoku, Law_Death, KuRaMa faN, Okami D Anima, Keyra Hanako D Hono, Monkey_D_Alyce, Chie_Haruka, Phoenix_Sarah e Yellow Canadair per le bellissime recensioni che mi hanno lasciato nello scorso capitolo! Siete davvero troppo gentili, grazie mille! ♥
 
Spero di riuscire ad aggiornare il prima possibile, perché adesso si entra nella parte delicata della storia!
A presto, un bacione
Kiki ♥
  
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