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Autore: Blue Poison    23/06/2014    2 recensioni
Dal settimo capitolo:
Così cominciò a cantare: chiuse gli occhi e si appoggiò con la mente al ricordo musicale della base prodotta dal violino, quasi imitandone i movimenti con le mani; le parole erano dolci e il ritmo rilassante e lento.
Si lasciò trasportare dalla musica, ancora una volta, e Will, accanto a lui, fece lo stesso, seppur mantenendo gli occhi ben aperti.
(Raccolta di one-shots collocate prima degli eventi de L'Angelo)
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Carstairs, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Demons
 
Towards a new life
 
Il cielo, cinereo come la polvere, venne squarciato da un lampo improvviso, a ricordare un immenso muro rovinato da una crepa; sembrava che esso potesse, in qualche modo, spaccarsi in due e aprirsi sul paradiso da un momento all’altro.
Un tuono esplose con così tanta intensità da far sobbalzare alcuni passanti che, infreddoliti e bagnati dalla pioggia, si stavano affrettando a fare rientro nelle loro abitazioni, dove sarebbero stati al riparo dal temporale incombente; il suono rimbombò dappertutto, come il pigro lamento di un predatore in agguato.
L’aria era impregnata di umidità e di un denso odore di fumo, a causa dei numerosi comignoli da cui si innalzavano ghirigori vaporosi, al di sopra degli acuminati tetti londinesi.
Jem teneva aperta la tendina del finestrino accanto al suo posto, in modo da poter vedere il mondo scorrergli sotto gli occhi, fuori dalla carrozza.
Londra era caotica, nonostante l’ora tarda e il maltempo, fatto degno di un centro culturale attivo e fiorente.
Vi erano lumi accesi all’interno di numerosi locali più o meno alla moda, gente provvista di grossi ombrelli affollava i marciapiedi e numerosi altri cocchi che viaggiavano sulle strade, in tutte le direzioni, con i cavalli che nitrivano e sbuffavano: era un po’ come guardare Shanghai, pensò Jem, e d’un tratto divenne malinconico.
Chissà se avrebbe mai potuto rimettere piede nella sua terra natia…
Iniziò a piovere.
Fitte gocce di pioggia presero a cadere dal cielo come aghi, infrangendosi con lievi suoni simili a ticchettii sul vetro del finestrino della carrozza, che aveva ora svoltato in un largo cortile acciottolato e si era fermata davanti a una scalinata, dove vi erano due figure in piedi.
Jem capì che doveva essere giunto a destinazione, quindi aprì delicatamente lo sportello, prese in mano il suo bastone di giada e la custodia del suo violino e con un saltello uscì dalla carrozza della Città Silente.
Subito fu scosso da una folata di vento gelido, che lo fece rabbrividire da capo a piedi: avrebbe davvero dovuto abituarsi a quel tipo di tempo.
Una delle figure si avvicinò e Jem la riconobbe come una donna.
Era bassa e minuta, con folti capelli castani e intensi occhi marroni; il suo viso era sorridente e sereno, ma comunicava un senso di autorevolezza.
-Ben arrivato- gli disse, mentre apriva un ombrello sopra le loro teste –Tu devi essere James Carstairs, dico bene?-
-Jem Carstairs- disse d’impulso Jem, poi, temendo di essere suonato un po’ brusco, aggiunse, a mo’ di scusa –Mi chiamano tutti così-
Ma la donna pareva non averci fatto caso, anzi, il suo sorriso si allargò ancor di più.
-Bene, Jem. Io sono Charlotte Branwell, direttrice dell’Istituto- continuò, con tono cordiale –Ma rimandiamo i convenevoli a quando saremo al sicuro da questo temporale, che ne dici?-
Gli posò una mano sulla spalla e insieme si indirizzarono verso l’ingresso dell’edificio; al riparo sulla soglia dell’enorme portone di quercia spalancato sulle tenebre, Charlotte passò l’ombrello alla seconda figura, un uomo che era rimasto a guardarli fino a quel momento.
-Jem, lui è mio marito Henry- l’uomo sventolò una mano energicamente, con un sorriso e Jem lo imitò, anche se più timidamente e con meno vigore –Per favore, puoi occuparti dei bagagli di Jem?-
-Non c’è problema!- esclamò Henry, prima di avviarsi verso la carrozza a passo spedito.
Charlotte ridacchiò; una risata così bassa che Jem udì solo perché le stava vicino-
-Beh, noi possiamo avviarci, intanto- commentò, fra sé e sé –Vuoi darlo a me, quello?-
Finché non alzò gli occhi su di lei e non vide che stava guardando il suo violino, Jem non capì a che cosa Charlotte si stesse riferendo, dimentico com’era di averlo in mano; glielo passò mormorando un ringraziamento e, istintivamente, rafforzò la stretta attorno al suo bastone.
Entrarono nell’Istituto in silenzio.
Improvvisamente, sulle pareti si accesero moltissime stregaluci, che rischiararono il corridoio e permisero a Jem di osservare gli arazzi con rune, armi o angeli, simili a quelli che erano presenti all’Istituto di Shanghai.
-Immagino che tu voglia riposarti- commentò Charlotte, quando presero a salire le scale per il piano superiore –A proposito, come ti senti?-
Dopo quelli che gli sembravano giorni, Jem ci pensò realmente.
Da quando i Fratelli Silenti gli avevano comunicato che l’unica opzione che aveva per restare in vita era la droga stessa che si era mischiata al suo sangue e che lo avrebbe logorato, a poco a poco, Jem non aveva provato nulla.
O meglio, si era sentito svuotato e d’un tratto si era sentito tremendamente consapevole della sua situazione e di ciò che il tempo gli avrebbe riservato: la morte rincorreva la sua vita e non ci sarebbe voluto molto prima che riuscisse ad acciuffarla nella sua morsa.
In ogni caso, Jem aveva preso lo Yin Fen prima di partire e, dal momento che non aveva fatto sforzi, non aveva bisogno di prenderne altro; in più, stanchezza a parte, aveva soltanto freddo.
-Sto bene, sono solo stanco per il viaggio- rispose semplicemente.
I loro passi producevano ora un suono ovattato a causa del tappeto che percorreva tutto il corridoio davanti a loro, i cui muri erano pieni di porte; Charlotte si fermò davanti a una di quelle centrali e la aprì, lasciando andare avanti Jem per primo.
La stanza era grande più o meno come la sua vecchia camera.
Vi era un grande letto a baldacchino con cuscini di tutte le dimensioni e coperte soffici e ricamate; dalla parte opposta c’era invece un armadio in legno scuro, con accanto uno scrittoio e un caminetto; le tende di velluto erano tirate del tutto e la luce inondava tutto l’ambiente attraverso le finestre macchiate di pioggia.
Charlotte appoggiò il violino sul tavolino che si trovava lì vicino e in quel momento entrò Henry, che posò le uniche due valigie di Jem contro al muro, perché non fossero d’intralcio.
-Grazie- gli disse Jem e l’uomo mosse una mano come per scacciare una mosca, tutto sorridente.
-Allora noi ti lasciamo riposare- intervenne Charlotte –Verrò a chiamarti prima di cena, così ti presento tutti gli altri. Se ti servisse qualsiasi cosa, puoi trovarci nella stanza infondo al corridoio-
-Grazie- ripeté ancora Jem e attese che i due uscissero per correre verso il tavolo, appoggiare da parte il bastone, aprire la custodia ed estrarre il suo violino.
Le sue mani tremarono quasi nel toccare lo strumento e lo stesso fece il suo cuore non appena l’archetto produsse la prima nota di quella nuova vita a Londra; Jem si lasciò andare alle emozioni e alle sensazioni che stava provando e la melodia che ne uscì risultò lenta, maestosa, a tratti nostalgica.
Jem chiuse gli occhi e con la musica ripercorse gli ultimi avvenimenti incisivi della sua vita, perdendosi nell’eco dei ricordi.
 
 
 
 
Angolo Autrice:
Ehm…salve! Quanto mi dispiace da uno a dieci per il ritardo? Almeno mille ç_ç
Non credevo di poter lasciare questa raccolta per tutto questo tempo, ma finalmente sono riuscita ad aggiornare! Che dire? Spero possiate apprezzare e che possiate perdonarmi c.c
Ho già un’idea per la prossima one-shot, dove ci sarà anche un Cacciatore di nostra conoscenza (ma chissà chi è!), tuttavia non scrivo una data di aggiornamento visto che a farlo non si riesce mai a stare nei limiti di tempo.
Grazie a tutti quelli che mi seguono e che leggono!
Alla prossima!
 
Blue Poison

 
  
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