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Autore: Shin92    24/06/2014    4 recensioni
[The Big Four][The Big Four]"Nel gioco del trono o vinci o muori."
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Film
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Aandaksos sud
Landa dei Re
 
Lo splendore e lo sfarzo con cui l’intero palazzo era stato abbellito fecero quasi socchiudere gli occhi ad Elinor quando si trovò in ginocchio, dinanzi al trono che un tempo aveva occupato il suo amato Fergus.
Nonostante un lieve tepore filtrasse dalle finestre, la regina, tuttavia ancora reggente, non riusciva a provare null’altro che freddo.
Osservò le pesanti catene arrugginite ai suoi polsi e pensò che non avrebbe potuto desiderare altro che cadere dritta sul pugnale di Lord Dingwall, fermo dinanzi a lei.
Fu proprio quest’ultimo a sferrarle l’ennesimo colpo in pieno viso, facendole sanguinare il labbro già gonfio e dolorante dal precedente pugno subìto.
Accusò senza battere ciglio, voltando la testa da un lato e reggendosi sulle deboli gambe magre.
Mentre il rivolo di sangue caldo le scivolava lungo il mento si rese conto di non provare più alcuna sofferenza.
Era indifferente a qualunque cosa, desiderosa della morta sopra tutto.
Ma la voce tuonante di Dingwall la ridestò dal torpore.
-DOVE HAI NASCOSTO TUA FIGLIA?!?-
Si limitò ancora a tenere basso lo sguardo sul pavimento macchiato mentre l’ordine del re veniva eseguito.
Il giovane aveva fermato il lord con un cenno del capo.
Si era alzato dal trono composto da centinaia di spade, forgiate dall’antico acciaio del popolo dei vichinghi che un tempo avevano regnato incontrastati.
Si scostò il mantello con fare teatrale e scese lentamente i gradini che lo separavano dalla scena sottostante.
Il principe Hans delle isole del sud, da sempre in contrasto con Fergus, era riuscito finalmente a raggiungere la postazione più alta che potesse sperare. Aveva covato nell’ombra alleati potenti come i tre clan, aveva promesso loro posti di rilievo e grandi privilegi e infine era riuscito a spodestare la famiglia reale, sostenuto da ben tre potenze oltre la sua.
Il matrimonio di Merida non era stato altro che una farsa per loro.
E adesso il popolo non poteva fare altro che soffrire sotto la sua guida irresponsabile.
Dalla sua incoronazione, dopo che la città era stata presa, feste costosissime avevano messo a dura prova l’economia del regno.
Hans non aveva idea di come si guidasse un continente, né di come si potessero sostenere i suoi sudditi.
Il popolo era affamato e arrabbiato. Hans non sarebbe mai stato un sovrano amato dalla sua gente.
Dopo alcuni secondi lo sentì così vicino al volto che quasi avrebbe potuto sfiorargli il naso adunco se avesse alzato la testa.
-Mia regina, non credo che tu abbia ancora motivo di nasconderci la giovane Dunbroch.- Sibilò con calma e dal falso tono gentile.
-Noi la troveremo comunque, perciò, perché non collaborare e permetterci di compiere il nostro dovere il più in fretta possibile? –
Le sfiorò una guancia scostandole una ciocca di capelli.
-Avrei potuto prendere te in moglie, Elinor, ma il tempo ha già fatto il suo corso sulla tua pelle … - Le sfiorò le poche rughe sotto gli occhi e ghignò alzandosi in piedi.
Si portò le mani dietro la schiena e cominciò a gironzolare per la sala del trono con fare riflessivo.
-Io trovo tua figlia molto avvenente, sai? Ho sempre desiderato sposare una bella donna e trovo che la piccola Dunbroch abbia del potenziale. Certo, ci sarebbe da controllare meglio il suo temperamento ribelle. –
Si fermò un momento guardando il quadro raffigurante la principessa, l’unico della famiglia che non era stato dato alle fiamme.
Spesso il re era stato sorpreso ad osservare quel dipinto con una tale perversione negli occhi da far rabbrividire.
-Un paio di colpi ben assestati e anche lei verrebbe domata come una pecorella. –
Sghignazzò ritornando sui suoi passi.
-La pubblica impiccagione dei tuoi figli non è stata abbastanza dolorosa ? Vuoi vedere anche la sua testa riccioluta su di una picca fuori dalle mura della città? – Sussurrò all’orecchio della regina.
In tutta risposta, Elinor si voltò dalla parte opposta alla voce del re.
-Ho sentito che potrebbe essersi diretta nella foresta. Siamo tutti al corrente che con la nascita dei draghi, a Oriente, la magia è tornata e si è rafforzata. Quanto sopravvivrà da sola in quel covo di pericoli? Si accettano scommesse. – Rise divertito mentre Elinor sgranava gli occhi incredula. I draghi erano davvero rinati? Esistevano attualmente sulla terra, da qualche parte?
Ringraziò mentalmente chiunque fosse l’artefice di tale evento, il suo cuore saltò un battito. Se i draghi si erano risvegliati, anche qualcuno che lei ben conosceva doveva esser desto e potente. Il suo cuore saltò un battito nell’infinita gratitudine che ripose in ciò che sperava sarebbe accaduto.
Sussurrò fra se e se perché nessuno potesse udirla, preoccupata e sollevata  al tempo stesso.
-Ti prego,trovala … e  salva mia figlia … -
Ma il bisbiglio non sfuggì al Re Hans che si voltò di scatto.
-C-cos..? Scusa ma non capisco, con chi parli? – Ma Elinor tacque. Si limitò a socchiudere gli occhi e continuare a bisbigliare frasi sconnesse che nessuno dei presenti riuscì a udire.
Spazientito, Hans delle isole del Sud, si voltò verso Lord Dingwall e ammiccò.
-Lord Dingwall, mi è giunta voce che la regina Elinor fosse una bellissima fanciulla anni addietro, e che tu avessi un debole per lei. Prima che divenisse sovrana e tu primo cavaliere del re, carica che ricopri da alcuni mesi. – All’udire quelle parole l’uomo abbassò gli occhi fissandosi i piedi.
- Se la vista non mi inganna è molto attraente anche adesso. Ti dispiacerebbe portarla nei suoi alloggi? Mi sembra stanca, continueremo domani con le domande. –
Nel frattempo il primo cavaliere aveva già afferrato le catene della regina e la stava trascinando verso le celle.
- Immagino che desideri compagnia. Vi auguro di trascorrere una piacevole notte. –
Elinor tentò di liberarsi dalla presa sempre più forte dell’uomo.
-Non toccarmi schifoso! – Ma lui non esitò un momento ad afferrarla come un sacco e trascinarla sotto gli sguardi indifferenti dei presenti.
Il re Hans si asciugò la fronte imperlata di sudore, dovuto agli abiti fin troppo pesanti, alzò una mano accompagnando l’ordine.
-Portatemi un animale da scuoiar vivo! –
 
 
 
 Andaksos Nord
Il palazzo di ghiaccio

Se c’era una promessa che Elsa avrebbe mantenuto, fino al suo ultimo respiro, era proprio questa.

“Mai abbandonare la barriera.”

L’aveva promesso a sua madre, il giorno in cui la sua famiglia fu distrutta. L’aveva promessa a se stessa, il giorno in cui aveva giurato che la solitudine l’avrebbe confortata contro qualsiasi sofferenza.
Per quanto amasse Jack con tutta se stessa, non poteva permettersi di cedere il castello e il dominio del nord a quel viscido Lord perverso.
Ma l’offerta era allettante, quell’ombra era la chiave che avrebbe fatto scattare il lucchetto dei sentimenti di suo fratello. Che avrebbe unito le loro anime per l’eternità e avrebbe garantito pace e prosperità al loro regno.
Grazie a Pitch avrebbero potuto vivere insieme per sempre.
Jack sarebbe diventato re e non avrebbe scelto nessuna altra regina che non fosse sua sorella. L’avrebbe tenuta al suo fianco e lei gli avrebbe dato dei figli sani e forti.
Non poteva permettersi di lasciarsi sfuggire quell’essere oscuro.

-Mio signore, per quanto allettante io ritenga l’offerta, non posso cedere il nord alla vostra casata. – Aveva risposto non appena le era stata fatta la proposta, per mantenere una certa autorità.
Ser Dracula aveva alzato un sopracciglio contrariato, aveva scommesso la sua stessa esistenza sul fatto che avrebbe accettato lo scambio. Ma nulla, lei era rimasta ferma.
Un irrefrenabile rancore aveva pervaso quell’uomo alto e l’impulso di ucciderla subito prese il sopravvento. Ma sarebbe stata la più grande sciocchezza mai commessa.
Elsa aveva in ogni caso dei validi guerrieri rimasti a proteggerla al castello. E poi, lui era giunto in veste pacifica.
Tentò disperatamente di trattenersi, ma voleva a tutti i costi conquistare il suo posto in quel continente, una posizione d’agiatezza e alto rango.
La barriera dei Frost era l’ideale.
La torre dell’aquila, dove Mavis era stata prudentemente nascosta, non era abbastanza.
Una torre al centro di una foresta sperduta e piena di pericoli non avrebbe fermato i suoi nemici. Doveva proteggere sua figlia.
La trattativa si era infine conclusa con un patto.
Il nord per il demone.
Per quanto sembrasse incredibile, la primogenita Frost aveva ceduto. Non le ci volle molto a partire per il sud, diretta alla landa dei re, per raggiungere suo fratello che probabilmente, nascosto fra le montagne innevate, attendeva il momento propizio per attaccare.
La notizia che si era diffusa per tutto il continente le aveva fatto accapponare la pelle.
Il lignaggio di Hans era pregiatissimo, ma Merida Dunbroch era la prima in linea di successione, visto e considerato che i suoi tre fratelli erano stati giustiziati in piazza, come ladruncoli qualsiasi. Beh, questo ipotizzando che fosse ancora viva.
Provò quasi pena per loro, fino a che non rammentò quanto odiasse quella casata dai capelli scarlatti.
Mentre attraversava le gelide lande, vestita nel suo sontuoso abito azzurro, dalle pregiate stoffe di Amìr e coperta solamente di un velo scuro a proteggerla dal vento gelido che non sentiva sulla propria pelle, si voltò verso le impronte che la sua imponente carrozza aveva lasciato nella neve.
Si era allontanata parecchio dal castello.
Si rivoltò stringendosi nel velo nero, puntò le iridi blu di fronte a lei, nel posto ombrato e apparentemente vacante dell’abitacolo della carrozza. Attese qualche attimo, finché non aprì la bocca per dire qualcosa ma una voce che la precedette le si impresse nella mente.
“Perché hai lasciato la barriera?”
La sagoma scura iniziò a delinearsi dinanzi ai suoi occhi, come se nascesse da sabbia nera e compatta, si addensò prendendo forma come se fosse modellato da mani d’artista e il frutto di quel vortice ne rivelò sembianze antropomorfe. Non troppo umane, ma senz’altro somiglianti.
La pelle grigia della creatura la fece rabbrividire. Nonostante fosse ben a conoscenza di averla sotto scacco non distolse lo sguardo dalle mani ossute di quello che sembrava comunque un uomo.
I capelli corvini erano sistemati in ciuffi, in modo che sembrassero perennemente mossi dal vento, spinti verso il centro del capo, le labbra sottili sibilavano come lingue di serpenti.
Le iridi brillantemente dorate ricordavano i rettili delle terre d’oriente, dove c’era così tanto caldo che, s’illudeva, anche lei avrebbe potuto sentirlo.
-Questo non ti riguarda. Sei davvero dotato dell’immenso potere di cui si narra? –
Pitch annuì lentamente. Ogni suo gesto sembrava enfatizzato, ma del tutto involontariamente.
-Cosa te ne farai della mia anima, quando sarà il momento? –
L’ombra parlò, stavolta non nella mente di entrambi, ma con la sua voce.
-Siamo nati schiavi della luce. E ci nutriamo di anime. Quante più ne accumuliamo, tanto più ci avviciniamo alla libertà. Tanto più un’anima è corrotta e oscurata dall’odio, tanto più ci rende potenti.– Pitch sembrava recitare una poesia ogni qual volta parlava. E il suo tono di voce aveva qualcosa di sensuale, qualcosa di incredibilmente attraente.
Osservò i bracciali dai riflessi violacei stretti intorno ai polsi dell’uomo nero.
-E’ un processo abbastanza lungo. Quanti anni vi occorrono per accumulare un tale potere? –
-Per noi lo scorrere del tempo è di gran lunga differente. Noi siamo eterni. Esistiamo dal principio di tutte le cose. Noi ‘siamo’ l’inizio di tutto. –
Elsa ne riuscì a sentire l’odore. L’odore di antico e primordiale, di un’entità che conosceva tutto e che aveva visto cose inimmaginabili, qualcuno che aveva assaporato sul suo corpo tutte le ere del tempo, ma soprattutto qualcuno che aveva incontrato la solitudine e ci aveva convissuto per troppo a lungo.
-Come ha potuto una fanciulla come te cedere la sua dimora, la sua fortezza, in cambio di un mostro? –
Chiese calmo e assertivo mentre si rigirava i gioielli intorno ai polsi.
Elsa guardò verso il bianco manto di ciò che era stata la sua casa fino ad allora.
-Sai cosa si dice nelle terre adiacenti? Le leggende raccontano che la barriera è dotata di consapevolezza. Sì, beh, come se potesse pensare … e agire. La mia casata ha sempre regnato sul Nord. Una stirpe di alto lignaggio, rispettata e temuta. Per generazioni i Frost hanno conservato quella fortezza e l’hanno protetta da qualunque attacco. Tu pensi davvero che la barriera accetti improvvisamente di essere preservata da quell’idiota con i denti a punta? –
Un ghigno comparve maligno sulle labbra della ragazza dai capelli quasi bianchi.
-Attendi l’arrivo del crepuscolo Pitch. E di quel lord da quattro soldi ed i suoi uomini non resterà altro che un mucchio di ossa. –
Scoppiò in una clamorosa risata.
La più melodiosa che l’ombra avesse mai udito, capì che quella ragazza era stata più furba di ciò che pensava e che l’inganno era una risorsa che amava molto.
-Credi di essere un mostro? – Domandò improvvisamente la giovane donna, puntando il blu profondo dei suoi occhi in quelli color oro di lui.
-Non sono umano, mia signora. –
-Tutti i mostri sono umani. –
Ghignò, e sembrò quasi che fosse lei la creatura di cui avere paura fra i due.
Elsa si morse un labbro e scrutò meglio nell’oscurità della seduta di fronte a se.
-Sei interessante. Tu mi piaci molto Pitch. – Sospirò scostandosi il velo azzurro dal viso.
-Non sono degno di piacerti mia signora. –  Rispose prontamente l’ombra, quella conversazione cominciava a prendere una piega alquanto singolare.
-Lo posso stabilire da sola se ne sei degno o meno. – Sussurrò avvicinandosi sempre di più al viso grigio dell’uomo. Gli sfiorò una guancia con l’indice e sorrise con astuzia e malizia.
-Io ti piaccio, invece? – Respirò sulle sue labbra per poi fermarsi e attendere impaziente una risposta.
-Più di quanto vorrei, sono ammaliato da tanta bellezza, e rapito dalle vostre maniere. –
Soddisfatta si risistemò il velo azzurro sopra il capo, allontanando il suo corpo freddo da quello dell’ombra, avrebbe fatto qualunque cosa per tenersi stretto Pitch al suo servizio.
-Noi dobbiamo fidarci, sai? Abbiamo bisogno l’uno dell’altra … - Bisbigliò prima di perdersi a guardare al di fuori della carrozza, le distese innevate, miglia e miglia che la separavano dal suo vero obbiettivo.
 



 
Andaksos Nord
Le lande

Le carovane erano ormai in viaggio da mesi.
Nonostante le provviste fossero più che abbondanti il freddo non permetteva a molti di essere in forma.
I soldati affetti dal raffreddore erano numerosi, ma per fortuna  lo stufato di coniglio e pellicce calde bastavano da soli ad alleviare i malori di tutti.
Lady Toothiana aveva più volte somministrato del latte di papavero a Jack per tenere calmo il dolore, la ferita al fianco si era infettata, provocando una violenta e conseguente febbre.
Il signore del Nord dormiva per gran parte del giorno e, di notte, veniva affidato alle premurose cure della lady signora delle Jarieley  e della sua fedele ancella.
La ferita veniva disinfettata due o tre volte al giorno, il bendaggio veniva sostituito da uno nuovo e pulito e questo sembrò essere un passo verso la guarigione.
Un gran mal di testa lo aveva accolto al risveglio, come se il cranio gli fosse stato schiacciato da una mandria di bestiame impazzito.
Non era rimasto cosciente a lungo, a causa della febbre, ma nei giorni a seguire la temperatura calava e Toothiana riusciva addirittura a fargli mangiare qualcosa.
-Ti devi nutrire. –
-Non ho fame. –
-Non è una risposta contemplabile. –
E di conseguenza era costretto a sottostare alle costrizioni della lady dagli occhi rosei, che non lasciava mai il suo capezzale.
Le doveva molto. La vita, anzi.
Sua sorella Anna era passata a trovarlo spesso ma non si era mai trattenuta molto.
Aveva preso il comando dell’accampamento insieme al capitano Easter e aveva sicuramente  molto da fare.
Si fidava delle sue decisioni, forse più che altro si fidava di Bun, visto che Anna era troppo giovane e inesperta per poter amministrare così tante persone, ma coraggiosa e forte, questo senza ombra di dubbio.
Nell’ultima settimana, Anna aveva trascorso molto tempo con il capitano dei corvi della notte, eppure le sembrò che fosse passato un decennio dall’ultima volta che erano stati insieme. Aveva molti conti da regolare fra le truppe e se ne stava in piedi dinanzi al tavolo, chino su quelle che la giovane Frost definiva ‘scartoffie’. Probabilmente per questo, al riparo da occhi indiscreti, nella tenda di Easter tentò un approccio che andò a buon fine.
Jack era ancora troppo debole per poter riprendere il passo verso il sud. Perciò, l’unica via era attendere una ripresa e tentare di andare tutti il più d’accordo possibile.
-Come se la cava mia sorella senza di me? –
Aveva chiesto a Lady Toothiana, mentre sotto suo ordine, si accingeva a mangiare una ciotola di zuppa di farro, al riparo nella sua tenda, la più ampia e calda di tutto l’accampamento.
-Il capitano Easter prende le decisioni importanti. Ma tranquillo, Anna ha un bel caratterino e sa badare al fatto suo. – Rispose la Jarieley con la voce squillante.
Sembrava molto più serena da quando Jack aveva cominciato a dare segni di ripresa.
-Grazie per il pasto. – Il principe del Nord porse la ciotola di legno alla lady che sembrò contrariata.
-Potevi sforzarti di più. – Sussurrò alzandosi e sistemando gli utensili con accuratezza, il conseguente  sorriso di Jack la persuase dalla ramanzina quotidiana e la ‘costrinse’ a tornare a sedersi accanto a lui, sulle morbide coperte di pelliccia d’orso.
Accese un’altra candela, poggiandola su un piccolo sgabello di fianco al giaciglio, osservò il pallido volto di Jack e ne studiò accuratamente ogni particolare, come se avesse potuto dimenticarlo se avesse distolto lo sguardo per un momento.
Lui sospirò gonfiando il petto nudo e poggiò il capo contro il cuscino, guardando verso l’alto.
Un brivido percorse la schiena di Toothiana, lui era l’unico, insieme solo ad Anna, a potersi svestire in un luogo glaciale come la tundra.
Istintivamente accostò le coperte verso di lui che la fermò all’istante.
-Non serve. Io non ho freddo. – Riuscì a scorgere il suo volto contrarsi nonostante la luce fioca delle candele.
-Io non sento niente. La sensazione di bruciore che si prova a tenere la neve fra le mani, il sole, la fiamma … il calore di una donna. –
Il tono di voce si abbassò un momento e Jack si avvicinò alla creatura al suo capezzale, le sfiorò una mano e la guardò negli occhi rosei, ormai lucidi e sull’orlo di lasciar sgorgare amare lacrime.
-Tu saresti disposta ad amare quest’uomo? – Chiese tutto d’un tratto cogliendola di sorpresa.
-Non mi sembra il caso di parlarne adesso, e poi io . . . –
-Conosco i tuoi sentimenti. – La interruppe prima che potesse continuare a giustificarsi, nascondendo lo sguardo e tentando disperatamente di sfuggire agli occhi azzurri del ragazzo.
-Conosci anche quelli di tua sorella. Non sono disposta a dividerti con una tua consanguinea. – Affermò con profondo orgoglio, alzandosi in piedi e voltandosi di spalle. Si sfiorò le braccia stringendosi in se stessa. Sospirò per poi soffermarsi sulla fiammella violacea alla base dello stoppino di una candela.
-Quando sarai conosciuto come re la maledizione si spezzerà. Sceglierai una compagna ma non sarò io. – Annunciò con voce tremante.
-Non puoi saperlo. –
-Vorrei averne la certezza, appunto. –
A quel punto Jack si alzò a fatica dal giaciglio. Scostò le coperte tenendosi il fianco e trascinandosi verso di lei.
-Non ti nascondo che provo per Elsa un amore profondo, ma non è lo stesso che lei prova per me. –
-Come posso esserne sicura? – Si portò le piccole mani al petto coperto col boa piumato.
-Devi fidarti di me. Ho intenzione di prendere moglie, e lo farò prima di arrivare ad Approdo del Re. – Il volto della Jarieley s’illuminò.
Si sarebbe stretta una forte alleanza fra il popolo della natura e il Nord.
Se Jack fosse stato riconosciuto come sovrano sarebbe stata per sempre la sua regina, avrebbe voluto che il tutto accadesse l’indomani.
Gettò le braccia al collo del signore del Nord, felice della notizia appena comunicata, per poco non lo fece cadere all’indietro.
Lo sentì gemere di dolore a causa dello squarcio ricucito da lei stessa e a quel punto lo lasciò andare.
-Scusami! Perdonami, mi sono fatta trasportare dall’entusiasmo! – Sorrise, e per Jack fu un dono prezioso poterlo rivedere dopo essere quasi morto attraversando il legame delle sorelle.
Indietreggiò tenendosi la fasciatura, osservando Toothiana raccogliere l’occorrente per la cena.
-Tornerò più tardi per controllare che tu stia bene. Il latte di papavero ti farà riposare stanotte. – Jack annuì sorridendole, mentre lei si precipitava al di fuori della tenda, rossa in viso ed eccitata come non mai.
Tornò verso il suo letto, tirò fuori da sotto il cuscino un piccolo sacchetto di cuoio consunto e slacciò la cordicella che lo teneva legato.
Prima di aprirlo lo annusò un momento, aveva ancora quel buon profumo di ortensie,ma probabilmente riusciva sentirlo solamente perché condizionato dal suo ricordo.
Sembrava un’altra vita a pensarci bene.
Giocavano allegri e spensierati nei giardini del sud, dove il clima è ospitale e temperato. Lui aveva nascosto un sacchetto di cuoio fra le ortensie. L’avevo tenuto nascosto giorno  e notte perché lei non lo trovasse mai.
Un giorno speciale, al settimo anniversario della nascita di Elsa, Jack tirò fuori il sacchetto dalle piante e corse a regalarlo a lei.
“L’ho recuperato dagli scogli più alti. E’ preziosissimo.” Sussurrò al suo orecchio donandoglielo. “Conservalo sempre, è per te”.
Alla luce della fioca fiamma aprì il sacchetto svuotandolo sulla pelliccia d’orso.
Piccoli pezzi di corallo rosso rotolarono fra il pelame, li sfiorò leggermente con le dita. Si era sbucciato le ginocchia per poterlo prendere, arrampicandosi pericolosamente contro la parete rocciosa bagnata dalle onde energiche e potenti del mare del sud. Erano trascorsi molti anni, eppure conservava ancora l’odore del mare, l’unico e caldo legame con la loro terra natia in quella landa di neve e bufere.
Prima della sua partenza verso la conquista del regno ne avevano conservato dei pezzi. Tre ciascuno. Perché non sentissero troppo la mancanza l’uno dell’altra.
Lo rigirò fra le mani con malinconia e senso di colpa.
-Mi dispiace, Elsa. –
 
 
Andaksos Sud
Foresta di Growell
 
Non fu necessario molto tempo a capire che la creatura incredibilmente alta dinanzi a loro era un essere sovrannaturale, qualcosa che mai avrebbero potuto definire umano. Ma se a Merida bastò mezzo minuto per comprendere la vera natura della creatura e non averne timore, a Flynn bastò altrettanto poco per sfoderare la spada e puntargliela contro, minacciandola di ferirla a morte se solo avesse osato avvicinarsi.
-Il cuore impavido di un degno compagno d’avventure, principessa. Non avresti potuto scegliere persona più leale. – Annunciò parlando alle loro menti. Merida osservò le labbra di colei o colui che le stava davanti, non si muovevano. Il contatto non poteva che essere telepatico.
Cominciò a muoversi tranquillamente nella caverna, riflessi violacei sulle pareti sembravano formarsi al suo passaggio.
La principessa lanciò uno sguardo a Flynn per convincerlo ad abbassare l’arma.
-Non puoi fidarti, non sai che intenzioni potrebbe avere e siamo bloccati qui! – Sussurrò voltando appena lo sguardo verso Merida alle sue spalle.
Si aggrappò al suo braccio, quello che reggeva la spada e lo spinse verso il basso, tentando di farlo rinsavire.
-Ho la sensazione che debba dirmi qualcosa, ti prego Flynn, sii collaborativo! –
La sinuosa figura alta si voltò verso i due ospiti, non aveva capelli, il cranio dalla pelle diafana e lucente che risplendeva sotto  i raggi dei cristalli alle pareti, riflettenti la luce lunare, eppure il suo volto sembrava quello di una donna, gentili  e delicati, labbra carnose e grandi occhi neri rendevano il viso quasi amabile.
Il corpo sembrava allungato. Incredibilmente alto, ma senza ombra di sesso. Era, dunque, un maschio o una femmina? Sarebbe stato scortese domandare “Che cosa sei?” perciò optò per un “Chi sei?” sussurrato e timido.
Non ci volle molto per saperlo, vie la creatura scivolare verso di lei come se fluttuasse tanto era veloce, che non vide muoversi i piedi.
-Io sono Growell, principessa. – Sentì echeggiare nella sua mente.
La rossa la guardò negli occhi avvicinandosi, aveva la curiosa sensazione di conoscerla.
-Sono uno dei guardiani delle foreste. Ti aspettavo … - 
Ma non attese oltre ferma sul posto, si voltò camminando velocemente verso il fondo della caverna, a quel punto Merida non fu sicura di volerla seguire, perciò fece segno a Flynn di tenere bassa la spada ma di starle vicino.
Percorse col cuore in gola i pochi metri che la separavano dal guardiano, si scostò i capelli fradici dal viso e la cercò nell’oscurità, l’unica fonte di luce sembrava provenire dal corpo di Growell, che lasciava scie violacee e luminose al suo passaggio.
-Io ho la sensazione di sapere chi sei, ma non lo ricordo.-
-Non potresti, eri così piccola … - Merida scambiò una veloce occhiata con il suo compagno di viaggio che si strinse nelle spalle.
-Io e tua madre eravamo grandi amici. – Rispose Growell sorridendo, e fu il sorriso più curioso e buffo che avesse mai visto, ma incredibilmente rassicurante.
-Mi ha salvato la vita ed io ora ho la possibilità di ricambiare la sua amicizia. –
Merida si stranì, ma che cosa poteva saperne sua madre di creature così, così magiche? Come poteva essere riuscita a stringere una tale amicizia con Growell, così diversa e addirittura salvarle la vita?
Alzò un sopracciglio avvicinandosi alla creatura, che adesso si era  accovacciata cercando qualcosa con fervore.
-Io, non capisco. Come conosci mia madre? E poi, sembri conoscermi … – Azzardò la principessa sfiorandogli una spalla.
-Io ed Elinor abbiamo avuto un legame forte, è stato tanto tempo fa, lei era una bambina, è stato molto prima che tu nascessi. Purtroppo però, non è durato molto.-
Flynn girò intorno a Merida facendole segno di andare via ma lei lo trattenne afferrandolo per un braccio.
-Come mai? –
Ci fu un momento di silenzio, Growell si tirò su, superando in altezza entrambi, di un bel po’. Si avvicinò al Merida e le sfiorò una guancia con una mano. Sembrò una carezza, ma Flynn trattenne il fiato stringendo le dita intorno all’impugnatura della spada, non avrebbe permesso mai che qualcuno facesse del male alla sua amica.
-La vita ti dividerà sempre dalle persone che ami. E tu dovrai sempre trovare il modo per tornare da loro. – Sussurrò, questa volta.
Flynn lasciò andare la spada rilassando i nervi del collo.
Merida tenne lo sguardo fisso negli occhi scuri di Growell, sentì di provare per la creatura un senso di appartenenza, sentiva di essere legata a lei.
Proseguì per la caverna, seguita dai due ragazzi. Raccontò loro la storia della loro amicizia e più andava avanti, più la principessa si meravigliava di ciò che stesse ascoltando.
-Elinor era una bambina precoce, imparava in fretta ed era una ribelle. Sarebbe diventata una grande signora di un castello enorme un giorno, da adulta.
La conobbi una notte di decenni e decenni fa.
Aveva cinque anni, il suo spirito intraprendente la portò a perdersi nei boschi e al tramonto non aveva ancora trovato la strada verso il castello. Finì per scivolare fino a qui, nella caverna sotterranea. La sua famiglia la stava cercando, ma lei sembrava spaventata, nonostante fosse forte e coraggiosa, ebbe paura di essere rimasta sola. Così, arrivai io. Le dissi che l’avrei protetta da qualunque cosa avesse provato a farle del male se avesse smesso di piangere, e così fu. Le intrecciai i capelli finché non si addormentò tranquilla.
Attesi tutta la notte,vegliando su di lei. Finché al mattino non la trovarono addormentata, nel suo letto.
Da quel momento Elinor è sempre tornata a trovarmi.
Trascorrevamo moltissimo tempo insieme e io l’addestravo alle arti magiche. Volevo che imparasse il più possibile, ma ad una sola condizione. A nessuno mai avrebbe dovuto rivelare questo segreto.
Al compimento dei suoi sedici anni mi confessò che doveva partire per Landa dei Re, che l’ultimo drago era stato ucciso e che lei avrebbe sposato il Re Fergus.
Con la morte dei draghi, la magia cominciò ad indebolirsi nella terra di mezzo, e per noi creature della brughiera, non sarebbe trascorso molto tempo prima che i cacciatori ci trovassero addormentati e di conseguenza che ci uccidessero. –
Merida trattenne il fiato, ma fu Flynn ad avanzare la domanda.
-Mercenari, uomini che per il danaro farebbero di tutto. E chi non sarebbe felice di poter esporre una creatura magica imbalsamata all’interno del suo palazzo? – Growell non aveva torto. Chiunque avrebbe pagato per poterla possedere.
-Raccontai ad Elinor che non ci sarebbe stato nessun incontro un giorno fra noi due, quello era solamente un addio. Ma prima di andar via, utilizzò un incantesimo, il più potente. Ciò che in cambio avrebbe richiesto il sacrificio dei suoi poteri.
Sigillò la foresta per salvarmi la vita. Tutte le creature della brughiera caddero in un profondo sonno, protette dall’illusione di Elinor. E’ grazie a lei se siamo ancora in vita. –
Merida si portò le mani alla bocca sconvolta. 
-Avrei scommesso la mia testa sul fatto che mia madre odiasse la magia. –
-E l’avresti persa. – Commentò prontamente Flynn.
Growell sorrise e porse un fazzoletto a Merida. Dentro vi era qualcosa, qualcosa di prezioso. Quando ebbe scorto l’oggetto spalancò gli occhi sorpresa.
-Una tiara? –
-Non è una semplice tiara … -
Flynn scrutò il gioiello con avido interesse.
-Quella vale una fortuna! –
-Non pensarci nemmeno! – Merida la scostò appena perché fosse fuori dal suo raggio d’azione.
-Non può essere venduta né maneggiata da uomini qualsiasi, un potente incantesimo mai spezzato dall’inizio di questa era la protegge. Con questa, verrai riconosciuta come sovrana di uno degli eserciti più potenti che i continenti abbiano mai visto. Il trono ti sta aspettando.
 Perciò vai, e riprenditi ciò che ti appartiene per diritto. –
Growell sorrise congedandosi, allargò le braccia aprendo un varco nelle rocce, un sentiero che li avrebbe condotti fino in superficie.
Flynn andò in avanscoperta, c’era abbastanza luce per riuscire a vedere il percorso, Merida fece per seguirlo ma si arrestò di colpo, si diresse verso la creatura e prese la sua mano.
-Grazie. –
-Non ringraziarmi, mia Regina. –
Prima che potesse rendersene conto fu spinta verso il passaggio, si sforzò di non cadere, aggrappandosi ad una sporgenza rocciosa sulla parete sinistra. Si voltò per l’ultima volta, mentre il tunnel alle sue spalle si richiudeva in fitta boscaglia e il sorriso di quell’essere magico la salutava con un sorriso devoto.
 Sentì ancora la sua voce.
-Puoi fidarti di lui. –
 
Quando furono ormai sotto il cielo notturno, fra le fruscianti e verdeggianti foglie dei salici che costeggiavano il sentiero che stavano seguendo da ormai qualche ora, Merida si rese conto che il silenzio di Flynn non era mai stato tanto insopportabile per lei. Non era uno stupido, aveva cominciato a sospettare qualcosa e lei sapeva benissimo che era troppo rapito dal turbinio di riflessioni per poter perdersi in futili chiacchiere.
Growell aveva parlato di un esercito, l’aveva chiamata “Regina”. Non gli ci volle certo una sfera di cristallo per intuire che Merida aveva mentito sulla sua vera identità. Per questo, spinta dal rimorso di non avergli confessato prima la sua storia, si armò di coraggio e buona volontà. Lo chiamò una volta ma non bastò a fermarlo, perciò ripeté in tono più deciso.
-Flynn! – E a quel punto lo vide arrestarsi di colpo, si voltò lentamente verso di lei, mosse leggermente il labbro inferiore come indeciso se parlare ma non disse nulla. Si portò le mani ai fianchi e si limitò a guardarla.
-Dobbiamo parlare … - Gowell sembrò averle letto nella mente quando si chiese se avesse finalmente potuto rivelare ad anima viva le sue origini , la sua risposta era stata affermativa.
Si sedette su un tronco spezzato, si torse le mani con insistenza mentre i passi di Flynn si facevano sempre più vicini e pesanti e si posizionavano proprio dinanzi a lei.
-Ascolto. – Fu tutto quello che disse. Gelido e risentito.
-Non sono stata sincera con te. Viaggiamo insieme da un po’ di tempo e sento di aver commesso un errore a non dirti la verità. E sai quando l’ho capito? –
Ed anche questo era vero, poteva giurarlo, non le sarebbe servito il consenso di Growell.
-Stavo per annegare, e mi hai salvata. –
-Avevo un debito da ripagare. –
-Ma non te ne sei andato. Sei ancora qui con me. –
Flynn abbassò lo sguardo, qualcosa gli impediva di proseguire per la sua strada e di abbandonarla.
-Sei stato il mio unico amico in questo tempo avverso. E meriti di conoscermi più a fondo. Mi hai rivelato il tuo passato, ora devo rivelarti il mio. –
Flynn le puntò le iridi castane dritte in faccia e lei non riuscì a non trattenere il respiro.
-Io non sono la povera ragazza perduta nei boschi che credevi fossi. – E a quel punto prese un profondo respiro prima di continuare.
- Sono Merida, della casata Dunbroch, gli orsi mai inchinati, mai piegati, mai spezzati. Primogenita di Fergus il conquistatore, erede al trono di spade, regina di Andaksos. Figlia dell’antica discendenza dei primi uomini della terra di mezzo. – Flynn sgranò gli occhi incredulo, restò a bocca aperta come pietrificato da ciò che aveva appena udito.
-Tu . . . – Fu l’unico suono che sfuggì alle labbra secche del giovane.
Non riuscì a dire altro prima che Merida continuasse.
-Puoi fare una scelta, adesso. Puoi fare di me un ostaggio e riportarmi ad Approdo del Re. Nella migliore delle ipotesi, ti daranno qualche moneta d’oro per il riscatto e ti cacceranno via, mentre io sarò messa subito alla forca o alla ghigliottina. –
La voce spezzata, ma fredda e controllata di Merida fece rabbrividire impercettibilmente il suo interlocutore, mentre il cielo alle loro spalle si ombreggiava di lilla e blu scuro, il crepuscolo lasciava posto alla notte.
-E nella peggiore? – Continuò ancora interdetto dalla rivelazione.
-Potresti non ricevere alcuna ricompensa ed essere ucciso. Mentre per me non credo vi sia un finale alternativo. –
Flynn incrociò le braccia al petto in segno di riflessione. Tenendo gli occhi fissi sulla cascata di riccioli rossi.
- Hai intenzione di arrenderti senza lottare? –
Chiese tutto d’un tratto, passandosi una mano fra i capelli. Quella situazione suonava assurda.
- Sono una regina senza regno. Sola nel bel mezzo della guerra, con fin troppi lupi alle calcagna . . . Non so che cosa fare. – Sospirò disperata, mentre nascondeva il volto fra le mani e si lasciava andare in un pianto liberatorio e sommesso.
Ci stava provando con tutta se stessa a fermarsi, ma quanto più tentava di asciugare le lacrime, tanto più non smettevano di sgorgare dagli occhi come fontane. Sentì una spinta alla spalla e istintivamente alzò lo sguardo verso l’alto.
Flynn la stava guardando con determinazione e fierezza, mentre si inginocchiava dinanzi a lei e le poggiava una mano sulla spalla, in così tanti giorni non aveva mai ricevuto qualcosa di più rassicurante di quel gesto improvviso.
-Hai un esercito che aspetta soltanto di essere guidato da te. Di cosa hai paura? –
-Di non farcela. . . – Rispose prontamente la principessa.
 
Tentò di riportarsi le mani al viso, ma quelle forti e ruvide del ladro le bloccarono in un istante, tenendole ferme a mezz’aria e avvicinandosi di più per guardarla negli occhi, mentre la sua voce si faceva più profonda e grave.
- Merida la povera ragazza perduta nei boschi non ce la farebbe mai, ma Merida Regina di Andaksos, sì.
Perciò alzati. Non nascondere il viso fra le mani come fossi una donna qualsiasi, una regina affronta a testa alta perfino gli dei. Rammentalo! –
Ci fu un momento di silenzio nel mentre la rossa rifletteva sulle parole del giovane.
-E con l’aiuto di un miserabile ladro, forse la salita sarà lievemente meno ripida. –
Aggiunse sorridendo in modo limpido e cristallino.
Nel colore carico e intenso delle sue iridi, lesse quanto di più sincero avesse mai visto negli occhi, o udito da parole altrui. Strinse le mani di Flynn e compì il più solenne giuramento.
-Quando avrò conquistato il trono, tu sarai fatto  primo cavaliere della guardia reale. – Annunciò decisa e risoluta.
-Per me sarà un grande onore servirti, mia signora. –
 
 
 
 
 
Norvalar – Oriente
Meras
La casa degli eterni
 
 
-E’ conosciuta in tutta la terra di mezzo come un luogo ingannevole e pericoloso. –
La vecchia Chyo si resse al bastone asciugandosi la fronte col dorso della mano.
-Non mi serve un racconto enfatizzato su questo palazzo, io voglio solo sapere dov’è l’entrata! –
Hiccup accusò un colpo alla nuca da parte dell’anziana, una bastonata ben assestata perché non perdesse la testa.
-AHI! VECCHIA CHYO! –  Urlò tenendosi la parte dolorante.
-Quanta inesperienza nelle tue parole, giovane Haddock! Conoscere il proprio nemico è il primo passo per abbatterlo! –  L’anziana batté il bastone sul terreno per ricalcare l’ultima ramanzina.
I suoi draghi erano in quella maledetta costruzione e avrebbe fatto l’impossibile per tornare da loro, avrebbe inspiegabilmente lasciato che lo uccidessero se fosse stato necessario.
Hiccup si sentì sfiorare una spalla da un tocco delicato.
-Non sei mai stato così precipitoso, di solito tu pensi prima di agire, che ti succede? –  Rapunzel si fece avanti nel suo abito velato di bianco e cercò di farlo ragionare.
-Devo salvare i miei figli! – Tuonò arrabbiato più con se stesso che con i presenti.
-GRADDACK!!! Non sono i tuoi figli, Hic! Sono dei draghi! – La voce di Skaracchio li fece voltare tutti di scatto.
-Voglio che tu faccia le cose con criterio, non farti guidare dall’ira! – Il cavaliere del drago strinse i pugni. Il senso di impotenza che stava provando nel non sapere dove fossero i suoi tre rettili lo stava facendo impazzire, ancora peggio, non sapere come trovarli e portarli in salvo.
-Voi non capite, non posso perderli, io ho bisogno di loro. –
Cadde in ginocchio sulla  protesi battendo un pugno sul terreno, si zittirono tutti.
Astrid si avvicinò con calma e la forza tipica che la caratterizzava da sempre, allungò un dito verso il mento di Hiccup e fece in modo che la guardasse negli occhi, per infondergli tutta la fiducia e il coraggio di cui aveva bisogno adesso.
-Lo sappiamo, per questo noi verremo con te. –
Annunciò assertiva, mentre Hiccup si rimetteva in piedi, spostando le iridi verde muschio dalla principessa perduta alla bella vichinga.
-Io non permetterò che mi seguiate in quest’impresa suicida! –
-Tu hai bisogno dei draghi, noi abbiamo bisogno del nostro capo e futuro re. Perciò ti seguiremo. – Astrid alzò il tono di voce per coprire quello aspro di Hiccup.
-Non importa quel che accadrà. Non sei solo. – Rapunzel si unì appoggiando Astrid, con cui scambiò un fiero sguardo.
Qualunque cosa avesse provato a fare non ci sarebbe stato verso di fermarle, era il loro capo, ma sapeva benissimo che questo non avrebbe impedito loro di aiutarlo.
Anche i gemelli Ruffnut e Tuffnut si unirono al trio. Il primo ad avvicinarsi fu il ragazzo dai capelli annodati in tanti pesanti rasta.
-Veniamo con voi, più siamo, più possibilità abbiamo di sopravvivere. –
La vecchia Chiyo si avvicinò ad Astrid, porgendole una mappa.
-Questa vi aiuterà ad orientarvi, ma è una soltanto, perciò non perdetevi di vista,e ricordate; la casa degli eterni tenterà di soggiogarvi, vi sottoporrà ad innumerevoli inganni e tenterà di rubare la vostra identità, non allontanate mai i vostri pensieri da voi stessi... – Nessuno di loro comprese davvero il senso di quelle parole, ma nessuno chiese spiegazioni più approfondite, presi com’erano dalla situazione.
Astrid arrotolò la mappa e se la infilò nella cintura per tenerla al sicuro. Si voltarono verso il grande palazzo di pietra color avorio, l’edera era cresciuta su gran parte della parete frontale. La casa degli eterni era conosciuta in tutto l’oriente per essere il più pericoloso dei luoghi. O almeno lo era prima che i draghi si estinguessero dalla terra di mezzo e portassero via con se la magia.
Un labirinto di stanze e corridoi di pietra, creatrice di illusioni e inganni a cui perfino i più astuti avevano ceduto.
Al suo interno si vociferava ci fosse un’immensa sala del trono, ma anziché essere formato di spade era fatto di ossa umane, le ossa di coloro che avevano abboccato come pesci all’inganno di possedere il potere.
-Come facciamo ad entrare? – Chiese Rapunzel gettandosi la pesante coda di capelli alle spalle.
-Il varco si aprirà, se la casa vi vuole si aprirà. – Rispose prontamente Skaracchio torcendosi le mani sudaticce, aveva una brutta sensazione.
Dopo alcuni secondi l’edera iniziò a spostarsi rivelando una grande porta apparentemente molto pesante, in marmo intarsiato, sembrava antichissima rd esageratamente elaborata.
Due gargoyle, dalle sembianze umane in procinto di attaccare, emersero dalla pietra come fossero animati dalla magia, bastarono a far arretrare bruscamente il gruppo , prima che si pietrificassero del tutto lasciando libero il passaggio.
-Dimenticate chi siete e non tornerete mai più indietro. – Bisbigliò la vecchia Chiyo a tutti loro prima che sparissero all’interno del labirinto. La porta si richiuse alle loro spalle con lo stesso meccanismo di prima, non vi era alcun modo per aprirla dall’interno né dall’esterno a quanto sembrava.
Prima che il buio li accogliesse non trascorse molto tempo.
Ciò che si stagliava di fronte ai loro occhi sembrava essere un grande tempio.
La temperatura si era abbassata notevolmente rispetto al di fuori, Astrid si avvicinò al muro di pietra e afferrò una fiaccola già in fiamme.
Un gelido vento si alzò spostando i capelli di tutti e coprendo i loro volti, non bastò però a spegnere il fuoco che illuminava loro il cammino. L’enorme androne era aperto su almeno sei lati. Grandi colonne di marmo finemente lavorate si stagliavano a file davanti a loro. Percorsero la navata centrale a passi lenti e incerti. Dovevano studiare a fondo il luogo circostante se non volevano finire infilzati da una picca o catturati da chissà quali creature.
Strinsero tutti a se le loro armi. I gemelli chiudevano la fila con le asce bipenne in posizione, Astrid teneva fra le mani una mazza chiodata e camminava al fianco di Hiccup.
Rapunzel si strinse nelle spalle avanzando subito dietro Astrid, stringendo a se lo scudo per ripararsi da qualunque attacco.
-SHEKH! – Urlò Hiccup, e riecheggiò nell’ambiente ampio.
-Stammi vicino. – Sussurrò lui, teso come una corda d’arpa. Anche Rapunzel rappresentava la magia in quel luogo, poteva essere pericoloso non tenerla d’occhio, la casa degli eterni avrebbe potuto sfruttarla per ingannarli.
Hiccup gettò uno sguardo oltre le colonne, fra le sei aperture da cui erano circondati. Una landa solitaria sembrava estendersi per miglia e miglia, e il vento iniziava a farsi sempre più rabbioso.
-Sembra quasi un’illusione. – Indicò Ruffnut a suo fratello, mentre guardava il cielo notturno sopra la neve che cadeva oltre il tempio.
- Com’è possibile che fuori faccia così caldo e che qui nevichi, addirittura? – Chiese il vichingo dai lunghi capelli biondi annodati mentre si sporgeva leggermente verso le aperture.
Rapunzel allungò un braccio verso un fiocco di neve portato dal vento fino a lei.
Lo sfiorò delicatamente con le dita, per poi osservarlo frantumarsi al contatto e lasciare una scia grigiastra sulla pelle. Osservò gli altri che la stavano guardando ansiosi.
-Non è neve. Questa è cenere. – Annunciò mentre Astrid si estraniava dal momento, immersa nella lettura della mappa che l’anziana le aveva ordinato di portar con se.
-Qualcosa di grosso sta bruciando al di sopra di questo tempio. Non c’è altra spiegazione. – Continuò rivolgendosi ad Hiccup.
-Ragazzi, questa casa è un labirinto. Sto cercando di contarne le stanze ma per quanto mi sforzi non riesco a stabilirne il numero preciso, continua a cambiare ogni volta ch le riconto. Sembra quasi che non voglia farcelo sapere … - Dichiarò alzando finalmente gli occhi dalla pergamena.
-La vecchia ci aveva avvertiti. La casa sembra pensare. –  La Shekh si avvicinò alla vichinga gettando uno sguardo sulla carta ingiallita.
-Ci sono quattro porte laggiù.– La voce di Ruffnut detta “Bruta” li fece voltare tutti di scatto. Erano abbastanza sicuri di non averle notate prima. – Dovremmo dividerci? –
Chiese rivolta ad Hiccup che si avvicinò in tutta fretta verso di esse.
Dopo alcuni secondi di riflessione avvenne il dibattito sul da farsi.
-Non sappiamo cosa ci sia dietro ogni porta. Dovremmo aprirle tutte. –  Tuffnut, detto “Tufo” avanzò l’ipotesi di aprirle tutte e quattro.
-Potrebbe essere un inganno, è pericoloso. –  Bruta non aveva tutti i torti a pensarlo.
-Siamo qui per trovare i draghi e affrontare il pericolo! – Fu Astrid ad avviarsi per prima verso di esse per scrutarle più da vicino, fu appoggiata ancora una volta da Tufo.
-Dividendoci avremo più possibilità di riprenderceli in fretta. –
-La mappa è una soltanto. Se entriamo tutti, uno solo di noi riuscirà a tornare indietro. –  Dopo averli ascoltati tutti fu Hiccup a parlare.
Esatto. La mappa era una soltanto.
Una solo di loro sarebbe riuscito a tornare indietro.
-No, invece.  –
La voce della principessa perduta tuonò fra le pareti dell’enorme tempio costringendo i presenti a voltasi di scatto.
-Nessuno di voi si perderà nel labirinto. –
Annunciò fiera avanzando verso di loro, sfilando il pugnale dalla cintura legata all’abito di seta color carne e tagliando, con gesti rapidi e determinati, i lacci stretti intorno alla lunghissima chioma dorata. Non l’aveva intrecciata quella mattina, ma solo raccolta, così fu più rapido scioglierla e dividerla in quattro parti uguali.
-Aiutatemi. – Ordinò, mentre gli altri si facevano avanti afferrando ognuno un capo e lisciandoli con l’aiuto delle dita, per metterli apposto e dividere per bene i capelli morbidi e lisci.
-Ognuno di voi porterà con se una ciocca di capelli, per quanto vi allontanerete riuscirete sempre a tornare da me. Io attenderò qui. –
Le iridi verde muschio di Hiccup si illuminarono.
- Brava Shekh, una grande idea, te lo concedo. – Sorrise legandosi al posto l’estremità dei fili dorati appartenenti alla ciocca che spettava a lui.
I gemelli si aiutarono a legarsi i capelli alla vita e Astrid li avvolse intorno allo stivale, si rialzò in tutta fretta e fece per porgere la mappa al capo tribù. Lui le gettò un veloce sguardo e le scostò il braccio.
-Questa la terrai tu. –
-Io ho i capelli di Shekh, riuscirò a tornare, tu sei il capo, devi tenerla tu! –
Ma Hiccup alzò il tono di voce per coprire quello di Astrid e fu irremovibile e duro.
-Ti ho già permesso di seguirmi e non avrei dovuto. La mappa devi tenerla tu. Qualunque cosa succeda, potrai sempre tornare. –
-Ma è giusto che l’abbia tu, io . . . –
Il cavaliere dei draghi la interruppe prima che potesse finire.
-Il tuo re ti ha dato un ordine. Non osare contestarlo. –
La ragazza dagli occhi di ghiaccio si limitò a stringere forte la pergamena e abbassare lo sguardo. Difficilmente Hiccup si avvaleva della sua autorità in questo modo ma, nonostante le maniere dure e del tutto prive di tatto, lo faceva per non mettere a repentaglio la sicurezza della sua gente e soprattutto quella di Astrid.
Mentre i gemelli e la vichigna si erano già avviati verso tre delle porte antistanti l’atrio, Hiccup si avvicinò a Rapunzel con aria preoccupata.
Lei lo guardò negli occhi con la stessa apprensione.
-Restare qui non significa essere al sicuro. –
-Me ne rendo conto. – Annuì assertiva, mentre Hiccup si sfilava dalla fibbia stretta intorno i fianchi un corno bianco e o porgeva a lei.
-Qualunque cosa succeda, suonalo e accorreremo in tuo aiuto. –
Prese il corno fra le mani e lo strinse a se mentre salutava il capo tribù con un cenno del capo e profonda gratitudine.
-State attenti. –
Sussurrò mentre lui si era già allontanato e stava attraversando la porta.
Il primo corridoio, quello che Astrid si ritrovò ad attraversare,sembrava del tutto abbandonato.
Non vi erano fiaccole, per cui ringraziò quella che stringeva fra le mani per non averla lasciata completamente al buio, e pregò gli dei che gli altri tre se la stessero cavando bene.
Percorse moltissimi anfratti e vicoli, girò in tondo e cambiò strada molte volte prima di accorgersi che non la stavano portando da nessuna parte. L’aria si faceva più rarefatta quanto più si addentrava nel labirinto, i fili dorati stretti intorno al suo stivale la rassicurarono. La fecero sentire legata a Rapunzel, per quanto distante fosse. Il senso di claustrofobia che iniziò a provare la fece rabbrividire. Le pareti di pietra scure sembravano farsi più anguste ad ogni passo, il soffitto quasi sembrava precipitarle addosso.
Dopo circa dieci minuti di cammino si rese conto di scorgere qualcosa nell’oscurità.
Un’uscita. Si gettò di corsa verso il bagliore luminoso e quando attraversò l’arco di pietra si accorse di aver affondato i piedi nella neve. Si guardò intorno. Uno sbuffo di vapore lasciò le sue labbra e si perse nell’aria gelida.
La neve, il freddo pungente. Le piccole case e il mare freddo e scuro che costeggiava l’isolotto. Per quanto incredibile, quella era Berk.
 
Come poteva trovarsi a Berk? Doveva essere un’illusione, senza alcun dubbio.
Decise di non muovere un altro passo verso l’ignoto, fece per rientrare nel corridoio di pietra appena lasciato, ma una voce la fermò.
Era la voce di Hiccup. La stava chiamando da lontano, un fagotto stretto fra le braccia e un caldo sorriso mentre le faceva segno di avvicinarsi.
Per un momento fu tentata di chiedergli cosa diamine ci facesse lì e come vi ci era arrivato. –Ti aspettavamo. –
Si avvicinò a lui in modo circospetto e scrutò la scena. Stringeva a se il fagotto di pelle teneramente, mentre se ne stava seduto su una roccia a osservare rapito qualcosa nascosto dalla pelliccia.
-Dove sono i capelli . . .? – Bisbigliò Astrid. Più rivolto a se stessa che a lui, che infatti non rispose. Non vi era più alcuna traccia della ciocca di fili dorati che doveva tenerlo legato alla realtà. Che li avesse persi? O  magari, non era il vero Hiccup?
-Resta qui con noi, per sempre. Tu sei sua madre. Devi stare con lui e con me. –
Il sorriso di Hiccup aveva qualcosa di vagamente inquietante, i suoi occhi più scuri del solito, le iridi sembravano totalmente nere.
Un’illusione in piena regola. Non avrebbe ceduto.
-Io non sono sua madre –
Un pianto isterico si levò dal fagotto di pelle.
-Ma se tu lo vuoi, puoi essere quello che desideri qui. –
Astrid si avvicinò al falso capo tribù e gli sfiorò una guancia, accarezzandola.
-Meschina è la casa degli eterni, nel tentare di farmi vivere i miei desideri irrealizzabili, soggiogandomi con l’aiuto dei miei punti deboli. Ma io non cederò. –
Sussurrò l’ultima frase con enfasi, mentre poggiava sulle labbra del sosia un lieve bacio.
-Shekh ma shieraki anni. –
Sorrise amaramente.
-In questo posto assurdo, sento di poterlo dire senza sembrare una stupida. –
Un ultimo scambio di sguardi e si voltò verso il corridoio di pietra che sbucava dal nulla nella neve.
Sentì alle sue spalle il corpo muoversi e protendersi verso di lei.
-Resta qui con me, non andartene, devi restare con me! – La voce del falso Hiccup raggiunse le sue orecchie contorta e spettrale, nonché quasi lamentosa e sofferente. Scelse di non voltarsi un’ultima volta e preferì continuare a camminare.
-Il vero Hiccup non me lo chiederebbe mai. –
Quando ebbe attraversato l’arco, una fitta al cuore la pervase, il corpo dello spettro che l’aveva ingannata si dissolse in polvere e cenere.
Per quanto fosse assurdo e irreale, pensò per un momento come sarebbe stato restare lì, ma fu un attimo fugace. Si maledisse per averci pensato e richiuse la pesante porta di legno che dava sull’illusione di Berk.
Strinse a se i capelli morbidi di Rapunzel e ripercorse la strada a ritroso.
 
 
Quando Hiccup si ritrovò nella tromba delle scale pensò che scendere di sotto non fosse una grande idea. Eppure l’istinto si fece sentire come un vero e proprio richiamo, mentre dal basso dei versi striduli sembravano attirarlo sempre di più, sentì come un richiamo forte e chiaro, qualcosa che per quanto si sforzasse di respingere non riusciva ad ignorare.
Percorse quasi di corsa i gradini di pietra ruvidi quando i versi si fecero più forti ed inquieti. I suoi draghi erano probabilmente lì sotto e lui non poteva più perdere tempo. Quando infine giunse a destinazione ciò che vide non gli piacque affatto.
I suoi cuccioli erano stati posizionati al centro di un piedistallo e incatenati ad esso.
Gli era impossibile muoversi, i versi straziati erano rivolti a lui. Quando lo videro arrivare si agitarono, si protendevano verso di lui speranzosi.
Non fece in tempo a toccarli e a tranquillizzarli che una voce alle sue spalle lo fece voltare.
-"Scintillante come il tramonto, una spada rossa si solleva nel pugno di un re dagli occhi azzurri, che non proietta alcuna ombra. Un vessillo rappresentante un drago garrisce nel vento davanti a folle giubilanti. Da una torre fumante, una grande bestia di pietra dispiega le ali, respirando fiamme di tenebra, guerra e distruzione trainate da fili dorati come il sole." –
La donna recitò una specie di profezia, come in trance. Quando ritornò lucida sembrò accorgersi della presenza del ragazzo.
-Sei infine giunto da me, Drago. –
Annunciò vestita di un sontuoso abito rosso tenendo stretto un bastone.
-E’ stata una dura prova. Hai dovuto fidarti dei tuoi amici, cosa più che ardua. Hai dovuto lasciare due delle persone più importanti per te da sole e senza protezione, ti sei addentrato in questo luogo pericoloso per salvare le tue creature, questo ti fa onore. Tuttavia, non uscirete mai da qui. –
Pesanti catene si strinsero intorno ai polsi di Hiccup che tentò di ribellarsi sena risultati, quella era magia. Guardò Valka negli occhi con tutto il disprezzo di cui era capace.
-Lasciaci andare! –
-Loro vogliono stare con te. E io ho bisogno di voi. La nascita di queste bestiole ha fatto sì che riuscissi a rafforzare il mio potere magico. Se andate via adesso, tornerò debole e non posso permetterlo. – Una risata isterica si levò dalle sue labbra mentre girava su se stessa.
-Ti sei chiesto da dove provenisse quella cenere? I dodici governatori di questa città bruciano sul tetto da ore ormai, adoro lo spettacolo della cenere che danza come fosse neve … -
Hiccup lanciò uno sguardo ai suoi tre draghi.
Smisero per un momento di agitarsi e fu come se avessero comunicato in modo telepatico.
Valka si avvicinò a loro incuriosita dal comportamento dei rettili e fu il suo più grande errore.
Tre lingue di fuoco si unirono in una potente fiammata. Bastò per appiccare il fuoco alle vesti di Valka, fra urla straziate, nel giro di qualche minuto bruciò contorcendosi come un insetto sotto una lente riflettente.
Quando smise di respirare, le catene si spezzarono.
Hiccup le gettò a terra, liberando poi i suoi cuccioli, raccolse poi tutti e tre i piccoli draghi. Si voltò verso il cadavere di Valka carbonizzato.
-Un drago non è uno schiavo. –
 
 
Fu attaccata così alla sprovvista che riuscì a stento a difendersi.
Aveva afferrato il pugnale con una forza inaudita e l’aveva piantato con tutte le sue forze nel cranio di uno dei governatori della città. Ciò che l’aveva scioccata però, fu che quelli erano morti. Per metà completamente bruciati, si chiese quanto ci volesse a tutti e quattro per ritornare.
Era riuscita a sconfiggerne uno, ma non sarebbe mai riuscita a fronteggiare undici avversari da sola.
Quando minacciosi e ansimanti le si strinsero intorno e le si avventarono addosso scottandola con le carni carbonizzate e stringendole gli arti come a volerli spezzare si sentì persa. Riuscì a suonare il corno di Hiccup e questo produsse un tale boato da scaraventarli via.
Ma durò poco perché tornarono alla carica dopo qualche minuto. Ma tutti l’avevano sentita.
-SHEKH! – Astrid, dal labirinto di pietra fece la strada a ritroso, a perdifiato, non ricordò di aver mai corso più veloce in vita sua, ma la principessa era in pericolo, aveva bisogno di lei.
-STO ARRIVANDO! –
Anche Hiccup l’aveva sentita. I draghi si aggrapparono con le unghie sulle sue spalle e al suo braccio, mentre correva verso il suono del corno in soccorso di Rapunzel.
-SHEKH! RESISTI! –
Uno degli undici provò a strangolare la principessa, e quasi ci sarebbe riuscito se Astrid non fosse giunta in tempo.
-LASCIALA ANDARE SCHIFOSO! –
 Si sfilò il falcetto dallo stivale e glielo lanciò dritto in mezzo agli occhi. Un colpo alla testa e con un tonfo cadde al suolo senza vita, se quella che aveva così si poteva chiamare, visto che erano teoricamente già morti bruciati.
Ne restavano ancora dieci da combattere.
Astrid ne fronteggiò altri tre, tutti nello stesso momento, combattendo come una furia pur di difendere Rapunzel, un attimo di distrazione e uno di loro l’avrebbe morsa al collo se la Shekh non fosse intervenuta infilzandolo.
I gemelli Bruta e Tufo arrivarono dopo poco e si unirono alla battaglia. Erano in netta minoranza rispetto ai non-morti e più li colpivano, più tornavano ad alzarsi più forti di prima.
Riuscirono ad abbatterne altri, finché non restarono in sette, che  intanto si erano messi in posizione, nella navata centrale dove lo scontro stava avvenendo. Le porte che i gemelli ed Astrid avevano attraversato erano scomparse, mancava solo Hiccup.
-CHE FACCIAMO?!? –
Urlò Bruta ormai sull’orlo dell’isteria. Rapunzel vide Astrid guardare verso la porta di Hic, non sapeva che cosa fare, stava perdendo la calma.
Sfiniti dall’inutile lotta posizionarono le loro armi pronti a ricevere lo scontro frontale. Chiusero gli occhi, per accettare qualunque fato. Ma proprio nel momento in cui i sette si lanciarono sui vichinghi, Hiccup arrivò alle spalle dei ragazzi, stringendo ancora la ciocca di capelli dorati in una mano e posizionandosi dinanzi ai giovani vichinghi, attendendo la furia dei sette che correvano rabbiosi verso di loro.
Quando furono ad una distanza abbastanza breve il capo tribù alzò un braccio e diede l’ordine.
“DRACARYS!”
I draghi lanciarono tre sfere d’energia violacea che si infransero contro i sette frantumandoli in cumuli di ossa.
Hiccup si voltò dando le spalle alle fiamme, allargando le braccia e stringendo a se Astrid e Rapunzel per impedire che l’esplosione le ferisse, tenendo loro la testa al riparo, lo stesso fece Tufo con Bruta.
Quando non restarono altro che fumo e cenere, si voltarono verso l’enorme ingresso da cui erano entrati.
-Siamo in trappola? – Chiese Tufo sconcertato.
Ed effettivamente così sembrò. Nulla si muoveva.
-GUARDATE! –
Alle spalle dei vichinghi vi era un enorme trono. Sembrava il più bello e il più possente che avessero mai visto.
Avrebbe attirato chiunque. Chi non avrebbe almeno voluto provare a sedersi? Hiccup lo guardò assorto. Qualcosa sembrava incantarli terribilmente.
Centinaia di spade erano incastonate a formare la seduta, il metallo brillava come se fosse appena stato lucidato.
Il capo tribù salì i pochi gradini che lo separavano dal suo vero posto. Raggiunse l’enorme mausoleo e lo sfiorò con due dita.
-Acciaio di Valirya. Il più desiderato, fabbricato soltanto dall’antica dinastia Haddock. Il più lucente, il più silenzioso. . .e resistente. – La tentazione di sedere sul trono fu forte ma riuscì a ritrarsi.
-No . . . – Sussurrò. –Non è questo il mio posto, né il mio tempo. –
Fece scivolare le mani via dall’acciaio e si voltò verso i presenti. Scese i gradini e raggiunse il loro livello, dove poteva guardarli negli occhi.
Fu allora, che inaspettatamente la porta d’ingresso si aprì. Alle loro spalle il trono era scomparso.
La casa degli eterni li stava lasciando andare.
Astrid strinse la mano di Rapunzel.
-Nessuno dei grandi lord ci è mai riuscito. – Bisbigliò Rapunzel.
-Noi siamo vichinghi. – E sottolineò includendo la Shekh, che nonostante non lo fosse per nascita, apparteneva alla loro tribù.
Quando i caldi raggi del sole li accolsero, nel mondo reale. Ci fu un boato di grida e applausi. La tribù corse incontro ai giovani, desiderosa di toccarli e di sapere cosa fosse successo.
Hiccup se ne stava in disparte, in compagnia dei suoi tre rettili, a coccolarsi e a bearsi di vederli tutti sani e salvi.
La vecchia Chiyo controllò che Astrid, Rapunzel e Bruta fossero tutte intere, mentre Tufo si inventava storie di Troll e giganti, per darsi delle arie.
-Ci ha salvati, vecchia Chiyo. Ci ha protetti. – Raccontava eccitata la vichinga dagli occhi di ghiaccio.
L’anziana accarezzò il volto di Astrid, non l’aveva mai vista innamorata come in quell’istante e si sentì tremendamente triste per lei.
-E Shekh, lei è stata fantastica. E’ grazie a lei se non ci siamo persi! –
Continuò. I gemelli divennero stranamente popolari, tutti vollero conoscere i dettagli della loro avventura nel labirinto.
Skaracchio si arrampicò sulla roccia su cui, solenne, se ne stava Hiccup, ancora sporco di fuliggine e polvere, a vegliare sulla sua gente, come stava imparando a fare da qualche tempo.
-Tuo padre sarebbe orgoglioso di te. –
Il vento mosse i capelli di Hiccup e Sdentato, il rettile nero, si strofinò al suo collo.
Tirò fuori dalla tasca un prezioso diamante, porgendolo al padre adottivo.
-Non è tutta un’illusione? – Domandò incerto mentre afferrava il gioiello.
-A me sembra alquanto reale. –
Sorrise guardando la felicità negli occhi di Skaracchio.
-Basterà per una nave? –
Hiccup porse la domanda e si alzò in piedi, insieme ai suoi draghi.
-Una piccola nave. – Rise l’altro. Hiccup ricambiò il sorriso e si rivolse alla sua tribù.
- Prendete i gioielli, l’oro, qualunque cosa abbia valore in questa città. Saccheggiatela, non lasciate niente! –
Il boato che si levò fra la folla fu d’eccitazione e speranza. Erano tornati quando nessuno l’aveva mai fatto. Il loro re aveva recuperato i suoi draghi e protetto coloro che avevano rischiato la vita per accompagnarlo. Non avrebbero sofferto la fame, perché impadronitosi dell’oro, adesso.
Il cavaliere lasciò che gioissero e che portassero via qualunque cosa, mentre coccolava i suoi draghi che strofinavano il muso squamato contro la sua pelle.
 
 
Andaksos Nord
Il regno di Ghiaccio.
 
-CHE COSA SIGNIFICA?!? –
-Ser Dracula, ci stanno attaccando da ogni lato, non siamo abbastanza potenti per respingerli! – Johnny non riuscì a trattenere una nota di timore nella voce.
Aveva visto con i suoi occhi le creature che si dirigevano verso il palazzo di ghiaccio, pronti a fare di loro dei morti vaganti congelati.
Si portò le mani alla fronte e si lasciò cadere senza più forze.
-Io non ci posso credere. Questo maledetto palazzo è protetto! –
Nonostante gli tremassero le mani tentò di sfilarsi dal petto una preziosa collana, fece in tempo a riporla fra le mani di Johnny che lo guardò stralunato.
-Porta mia figlia con te. Proteggila. Non perderla mai di vista! E dalle questa da parte mia. –
Ser Dracula sudava freddo ormai.
-Quella maledetta Frost, sapeva che il castello non poteva essere lasciato dalla sua casata! che possano le creature innominabili farla soffrire terribilmente! ORA VA’! IO LI TRATTERRO’, DIRIGETEVI OLTRE LA BARRIERA! E FATE ATTENZIONE AI BRUTI! –
Johnny corse verso le stanze di Mavis, esattamente come gli era stato ordinato.
Per Ser Dracula forse non ci sarebbe stata una speranza.
 
-Deve esserci sempre un Frost a Grande Inverno. –
La folle risata di Elsa sembrò echeggiare in tutte le lande congelate.
I non morti erano giunti, finalmente.
 
 
 
 

 
 
 
  
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