Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: lunadelpassato    24/06/2014    2 recensioni
"Le urla disperate provenivano da sotto di loro, così abbassarono la testa nello stesso momento verso la dura terra che si estendeva oltre il cancello. Davanti, un piccolo fagotto informe si muoveva energicamente, mentre urlava a più non posso.
Elsa era paralizzata dal terrore. Anna, invece, si chinò lentamente a terra, inginocchiata proprio accanto al fagotto, e scostò un lembo di quello che sembrava un vecchio straccio scuro.
Intanto il cielo brillava più che mai."
"- Oggi fa più freddo dell’ultima volta delle luci- notò sussurrando tristemente al cielo.
- È quello che penso anch’io- le rispose una voce ignota.
Aprì gli occhi di scatto e si girò indietro, sorpresa. Dietro di lei, solo la stanza ghiacciata illuminata dalle luci mistiche.
-Anna?- chiese tremante frugando con lo sguardo ogni angolo della stanza in penombra.
-Mi senti?- riprese la voce meravigliata.
Elsa fece qualche passo indietro e si rigirò di scatto verso la finestra, le mani pronte a sferrare un’ attacco.
- E mi vedi?- sussurrò il ragazzo."
Jelsa con un bambino abbandonato e il suo fratellastro. presenza di Kristanna e accenni di altre opere.
Nata da una frase di Let it Go: I'm one with the wind and sky
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Pronto?
Damio teneva un bastone tra le mani, così come Josè, che lo stringeva a malapena a causa del peso.
-Ma non è troppo pesante?
Damio alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente.
-Se non vuoi combattere e vuoi fare il pappamolle dillo subito, la prossima volta.
Il bambino si sentì punto sul vivo. Diventò tutto rosso, e con un riflesso felino (almeno dal suo punto di vista) puntò il bastone mirando al cuore del fratello.
-Sono pronto!
Damio preparò uno dei suoi colpi migliori portando il bastone tra il collo e la spalla ad imitazione del più audace cavaliere. Immaginò di avere la più letale spada mai costruita nella faccia della terra, pronto a sconfiggere il suo peggior nemico e, con un urlo, si buttò su Josè, che parò il colpo freddamente. Non per niente aveva preso la prontezza di riflessi dal padre.
Damio iniziò a sentire l’adrenalina che gli scorreva nelle vene. Strinse il bastone tra le mani, preparò un altro colpo e si lanciò nuovamente sopra il bambino che aveva davanti.
Non registrò affatto che tra le mani stringeva qualcosa di molto più pesante di quello che doveva essere, ma si lasciò semplicemente prendere dall’entusiasmo tipico dei bambini di sette anni che giocano con i loro fratelli.
Appena vide in cosa di era trasformato il bastone che teneva tra le mani il fratello, Josè  mollò il suo e indietreggiò di un passo, spaventato. Prima che potesse pensare o dire qualcosa tra le sue mani si formò un fiocco di neve grande quanto il suo palmo che schizzò verso l’ affare di metallo che ora teneva in pugno Damio.
La lama si congelò. Il peso della spada, aggiunto a quello del ghiaccio che la ricopriva, fece sbilanciare Damio che cadde all’indietro battendo forte la testa. Josè era impietrito.
 
-Damio! Vuoi giocare insieme a me? Daaaai... ti prometto che non ti faccio più gli scherzi!
Josè stava davanti alla porta della camera di suo fratello. Tra le mani aveva una palla di neve, che fremeva di essere lanciata appena Damio avrebbe aperto la porta.
Ma stranamente il fratello non rispondeva.
Dentro la stanza, Damio piangeva. Era scappato lasciando la spada a terra e tenendosi le mani strette al petto rifugiandosi nella sua cameretta, per poi chiudere la porta a chiave per paura che Josè potesse entrare. Il bambino l’aveva seguito in silenzio e aveva aspettato davanti alla porta così per qualche minuto. Dopo quel po’ di tempo, si era messo a chiamare il fratello senza ottenere risposta, per poi  smettere di bussare e andarsene sconsolato e frustrato. 
Lo incontrò Elsa poco più in là, mentre stava andando ad un'importante riunione tra paesi marittimi.
-Josè! Che ci fai qui? Non stavi giocando con Damio?
Il bambino fece spallucce. Aveva i capelli argentei corti e irti e due occhi vispi e grigi, cosa che gli dava un' aspetto selvatico e ribelle; infatti aveva preso il carattere del padre, e non passava giorno che ne combinasse una. Che dicesse una bugia non era raro.
Elsa si abbassò al livello del piccolo.
-Avete di nuovo litigato?
I due fratelli litigavano spesso per via dei caratteri diversi, e non era raro che Damio uscisse dai giochi ricoperto di neve oppure che Josè si ritrovasse un bruco che gli risaliva pigramente nel  braccio. Il più piccolo infatti aveva un sacrosanto terrore di quei piccoli animaletti, e il fratello amava ricordarglielo con piccoli “regalini” (come diceva lui).
Josè scosse la testa.
-No, ma lui non vuole uscire dalla stanza. Ho provato anche con le buone maniere, ho pure bussato! Ma lui non mi risponde.
Elsa sentì un leggero deja vù  farsi strada tra i pensieri. Ricordò anche la frase che le aveva detto Granpapà : Fai quello che ti dice il cuore, ma ricorda gli errori del passato. Non dovranno ricapitare.
I suoi genitori avevano messo sempre il regno prima della famiglia, e la conseguenza era stata catastrofica. Lei non voleva fare lo stesso terribile errore.
-Portami da Damio. Gli voglio parlare.
Josè le prese la mano e incominciò a guidarla.
La porta era chiusa a chiave. Elsa provava a strattonare invano la maniglia della camera invano, e incominciò a chiamare il figlio adottivo.
-Damio apri, sono io! Mamma!
Il bambino alzò la testa e guardò verso la porta chiusa davanti a sé. Non voleva che nessuno oltre Josè sapesse cosa aveva involontariamente creato. Si era andato a sedere a fianco al letto, nascosto, ed era scoppiato in lacrime.
Ma non era scoppiato in lacrime solo per quel piccolo incidente.
Aveva rivissuto le parole che gli aveva detto Granpapà. Doveva imparare a controllarlo per non fare del male a nessuno, e doveva farlo da solo. Nessuno aveva un potere simile, nessun’altro che lui stesso poteva aiutarlo.
Forse doveva scappare dal castello. Una volta nel mondo, avrebbe potuto incontrare qualcuno capace di aiutarlo con il suo potere, in modo che una volta imparato a controllarlo sarebbe tornato a casa per governare il regno, da buon primogenito.
Diresse lo sguardo verso la finestra dal bel vetro colorato opera di illustri mastri vetrai ormai morti da secoli.
-Mi dispiace dover rovinare il lavoro di tutta una vita di tante persone, - sussurrò tra sé e sé,
-Ma devo farlo se non voglio fare del male a mio fratello.
Piccoli fiocchi di neve incominciavano a scendere dal soffitto, segno che Elsa era preoccupata. Sentiva dei rumori sinistri provenire al di là della porta di Damio.
-Ti prego, apri. Mi fai paura quando non rispondi.
Un rumore di vetri infranti si sparse lungo il corridoio.
I nervi di Elsa si ruppero a quel rumore. Si inginocchiò davanti alla porta e sfiorò la porta con le mani, incapace di liberarsi dallo stato di trance in cui era finita.
-Damio! –Urlò totalmente nel panico.
Dietro di lei la neve era sempre più abbondante.
Josè avanzò verso la porta chiusa, premendo le mani verso il legno lavorato, e subito il ghiaccio ricoprì la superficie facendo sbloccare la porta, che si spalancò facendo cadere il piccolo dentro la stanza.
Quando il figlio della neve alzò la testa dalle macerie, non vide altro che una finestra rotta e una stanza vuota.
-Mamma.
La regina si alzò e rimise Josè in piedi, ma il bambino si svincolò veloce e corse al centro della stanza, sicuro di trovare Damio nascosto da qualche parte, pronto a fargli uno scherzo. Solo quando arrivò davanti alla finestra ridotta in mille pezzi capì che il fratello non c'era. Si girò verso Elsa.
-Dov'è andato Damio?- chiese innocentemente.
Una lacrima di ghiaccio scese nel volto della regina, che sbatté gli occhi per mandarla via.
-dov'è andata Elsa?
Aveva sbirciato dalla fessura tutta la scena. Anna con il suo vestito migliore e la nuova ciocca candida racchiusa in una delle codette che amava tanto farle la mamma. Lo sguardo che si erano lanciati suo padre e sua madre alla domanda, era stata una delle cose peggiori da sopportare, ma l'espressione di Anna alla risposta era stata mille volte peggiore.
-Elsa sta un po' male, penso che oggi non verrà a giocare.
 Aveva rivolto un solo, lungo sguardo nella sua direzione, poi aveva tirato dritto diretta verso il salone in cui, solo la notte prima, era successa la tragedia. Solo quando aveva visto svanire l'ultima piega del vestito di Anna aveva avuto la forza di chiudere anche quell'ultimo spiraglio, certa che non avrebbe mai più potuto giocare con lei.
Elsa si riscosse dai pensieri e fissò Josè, che la ricambiava perplesso dalla stanza, e seppe qual'era la cosa giusta da fare. Per l'ennesima volta si fece guidare dall'istinto.
-Andremo a cercarlo. Ma adesso spiegami bene la causa di questo. So che la sai.
 
Damio correva a perdifiato. Voleva allontanarsi più che poteva dal castello e da Josè. Non voleva fargli del male.
Correva senza nemmeno guardare dove andava, senza nemmeno notare che sopra di lui il cielo andava rannuvolandosi, e i primi fiocchi il neve incominciavano a toccare il suolo leggeri come piume. Trovò un sasso che rischiava di farlo cadere, ma ritrovò subito l'equilibrio e lanciò le braccia davanti a sé, in preda a qualcosa che non riusciva a controllare. Arrivò senza accorgersene al porto. Le navi colorate ondeggiavano pigramente sulle onde, ignare del bambino che correva sul molo, diretto verso il mare. Dietro di lui, dal legno della passerella sospesa, spuntavano fiori di ogni genere e colore, mentre il mare ribolliva di pesci di ogni genere che saltavano fuori dall'acqua. Chiuse gli occhi mentre correva, certo che il molo fosse ancora lungo, ma pochi secondi dopo sentì il vuoto sotto i piedi e l'acqua fresca lambirgli la pelle.
Almeno adesso so che non posso camminare sull'acqua, pensò cercando di rincuorarsi. Mentre cercava di risalire in superficie, sentì una mano forzuta che lo afferrava per il colletto e lo tirava su, e presto poté sentire il duro della passerella sotto la schiena. Appena la sensazione dell'essere sulla terraferma lo pervase alzò la schiena e tossì l'acqua che aveva bevuto nella caduta. La mano ora gli teneva la schiena.
-Tutto bene piccolo? Mi sono preoccupata a vederti arrivare lanciato qui al molo.
Damio girò la testa per guardare la sua salvatrice. Era una donna sulla trentina, la pelle olivastra e i capelli corvini, vestita di scuro. I suoi occhi invece erano misti: erano di base castani, ma all'interno dell'iride si muovevano tanti riflessi rosso fiamma, che li rendevano inquietanti.
-Come ti chiami? Vorrei sapere il nome del bambino che ho salvato.
Damio si alzò in piedi e si passò le mani sui vestiti, come per togliere l'acqua in eccesso, poi rispose alla donna.
-Io mi chiamo Damio. Anch'io credo di avere il diritto di sapere il nome della mia salvatrice.
La donna ridusse gli occhi a due fessure. Non poteva mentirgli, ma nemmeno dirgli la verità. Lei non ricordava il suo nome.
-Puoi chiamarmi come preferisci. Ma adesso dimmi: perché scappavi in quel modo? Hai per caso rubato qualcosa?
Il bambino scosse la testa.
-Cerco qualcuno che abbia poteri magici. Devo...devo chiedergli una cosa.
La donna ebbe un sussulto. Squadrò Damio con maggior interesse, certa di averlo già visto da qualche parte.
-Ma tu sei Damio, il figlio della regina Elsa?
Il bambino la guardò spaventato. Non conosceva molte persone della città per via del motto “meno persone sanno che esisti meglio è”, creato da Elsa per via della successione al trono, che in quel caso era piuttosto difficoltosa. Era già successo che un regnante adottasse un bambino, ma mai che avesse figli naturali dopo questo, e poteva creare qualche polemica.
-Dipende da cosa vuoi sentirti dire.
La donna scoppiò a ridere. Era una risata gradevole ma tuttavia malsana, come se avesse qualcosa di sbagliato.
-Caro, per me non ha importanza chi sei. Sappi soltanto che la tua ricerca è finita prima di cominciare, perché io -modestamente- pratico la magia da molto, molto tempo.
Gli occhi di Damio brillarono di speranza, mentre la donna gongolava di felicità.
Sicuramente  il principino Josè ha manifestato i suoi poteri, e lui vuole qualche spiegazione a caldo da qualche mago, mentre l'avrà da una strega.
Damio gli mostrò la mano, impaziente, sperando che la donna fosse anche indovina così da non dover esprimere a parole il suo problema. Purtroppo per lui, la donna non lo era, anzi, gli rivolse un'espressione stupefatta e interrogativa. Damio provò a darle qualche indizio.
-è un potere molto potente ma che devo imparare a controllare. Questo almeno secondo i troll; qualche ora fa però ho colpito senza volerlo mio fratello, Josè, e questo mi ha fatto venire paura.
La donna rimase spiazzata. Anche Damio ha poteri magici? La curiosità la sopraffò, e rischiò di mandare all'aria tutto lo spettacolo che aveva messo su.
-Fammi vedere un po' cosa sai fare. Così vediamo qual'è la cosa migliore per te.
Non era nemmeno finita la frase, che nel palmo del bambino si materializzò un piccolo ciondolo di pietra levigata. La donna spalancò gli occhi. 
La profezia non diceva che il mio peggior nemico e il figlio della neve erano fratellastri!
-Tu... possiedi il dono che crea, non è così?
La donna aveva assunto improvvisamente un'aria minacciosa agli occhi di Damio, che non poté far altro che annuire. Sul viso della strega apparve l'ombra di un sorriso gelido.
-Vieni con me. Prometto che non ti troverà nessuno.
Perché sarai sotto tre metri di terra fresca, tesoro.
Damio prese la mano della donna, che reagì sorpresa. Le due mani insieme sembravano irreali, come se non facessero parte della realtà circostante.
Il bambino sembrava impaziente.
-Allora, quando si parte?
La donna sogghignò, mostrando i denti leggermente ingialliti e strizzando gli occhi al cielo coperto di nuvole scure.
-Anche subito. Non vorrei che peggiori il tempo, e quelle nuvole non mi sembrano di buon auspicio.
 
Faceva sempre più freddo. Elsa teneva le mani di Josè, che era in piedi sopra la base della finestra. Era scalzo, e i capelli argentei gli ondeggiavano al ritmo del vento sempre più forte.
-Tranquilla mamma, non succederà niente. Troverò Damio e presto torneremo tutti e due a casa. Non ti accorgerai nemmeno che sono uscito.
Elsa non era dello stesso parere. C'era un motivo se non aveva ancora lasciato andare il bambino nel vento.
-Non sappiamo nemmeno se puoi volare. Stai rischiando troppo. E se nessuno dei due dovesse far ritorno? Perderei tutto.
-Giuro che lo troverò ovunque sia!
Una lacrima calda sfuggì dall'occhio destro della regina.
-Adesso lasciami andare!
Josè stava urlando per cercare di superare l'ululo del vento, che si era triplicato andando di pari passo con l'angoscia che serpeggiava tra le viscere di Elsa.
La regina lasciò i polsi di Josè.
Non ebbe il coraggio di guardarlo cadere verso il vuoto, ma il suo sollievo fu immane quando vide il bambino volare tra le correnti.
-Ha preso il dono dal padre. - sussurrò soltanto, prima di cadere svenuta davanti alla finestra spaccata.
Jack non aveva sentito il rumore del vetro che si rompeva. Era nel castello di ghiaccio creato anni prima da Elsa, intento a provare a creare un golem di neve vivente uguale a Marshmallow per non farlo sentire solo. Intanto il gigante se ne stava seduto nel pavimento di ghiaccio intento a rimirare la corona che aveva trovato per terra tanti anni prima. Adorava pensare che  fosse diventata sua dopo che la regina aveva abbandonato il suo castello, distrutto da quei stessi soldati che si erano permessi di tagliargli la gamba (che grazie all'acqua che aveva fatto da colla era riuscito a riattaccare) e che lui aveva con tanta cura rimesso a posto.
-Mi dispiace piccolo, ma proprio non ci riesco.
Era ormai il quindicesimo tentativo dello spirito senza risultati, e si sentiva stanco di stare in mezzo a tutta quella neve e quel ghiaccio.
Marshmallow annuì con la sua enorme testa di neve e lo salutò con la sua voce cavernosa.
Jack ricambiò con un gesto della mano, due attimi prima che prendesse il volo e si disperdesse nel vento.
C'è più vento di quanto dovrebbe esserci, pensò sospettoso quando vide le immense nuvole e la neve fuori stagione farsi strada nella sua traiettoria, così che dovette prendere quota più volte per non finire contro qualche punta.
Quel giorno, per la prima volta, entrò dall'ingresso principale. La prima persona che lo accolse fu Anna, intenta a cercare la sorella per tutto il castello a causa della tempesta che aveva creato.
-Per fortuna questa volta il regno era preparato. Dopo l'ultima crisi di Elsa, hanno sempre a portata di mano gli abiti invernali.
-Va bene, tutto molto interessante, ma dov'è adesso?
Anna lo fulminò con lo sguardo, scrollò le spalle e corse a cercare in un'altra stanza.
Jack andò nella direzione opposta a quella della principessa.
Aveva qualche idea su dove poteva essere la regina.

 
 
 
 




Scusate il ritardo... colpa di troppe cose da fare ^-^
se trovate errori sui periodi o sui verbi, o se volete semplicemente dare nuovi spunti alla storia non avete che recensire, come anche se non avete capito un passaggio o cose del genere. Il prossimo capitolo sarà molto importante, quindi non garantisco che esca tra quattro giorni. Ci vediamo tra...?
Baci, l'autrice (mi sento importante ad autochiamarmi così. Capitemi.)
  
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