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Autore: _Kiiko Kyah    24/06/2014    6 recensioni
From the 28th chapter:
"-Sono una ragazza piena di sorprese.- scrollò le spalle, incrociando le mani sul petto.
Ray non smise di sorridere. -Non hai più paura di me?- si informò altrettanto sereno e sarcastico.
-Sì, forse un pochino.- strinse pollice e indice tra loro per mostrare l’infinitesimale spazio che aveva lasciato in mezzo alle due dita. -Ma non mi faccio mettere paura da un uomo con le manette.- sorrise, indicando le mani legate del suo interlocutore."
Ci si becca dentro, magari, sì? ♥
Genere: Fluff, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axel/Shuuya, Nuovo personaggio, Shuu, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'Orfeo [2] La piccola Lucy



Il lasso di tempo che Bianca impiegò per immagazzinare le informazioni che la sua visuale le stava offrendo fu stupefacente; fu talmente lungo che lei stessa se ne stupì profondamente.
Davanti al suo sorpreso sguardo azzurro, Luca stava tenendo fra le braccia una bambina, probabilmente della stessa età di Julia, forse poco più grande, che portava un caschetto di capelli biondi. Era minuta e carina, e la sua risata mentre il fratello la sollevava in aria apparteneva di sicuro ad una voce dolce e allegra. Alla corvina sarebbe piaciuto sapere di che colore fossero i suoi occhi, tuttavia era impossibile, al momento. Lungo tutta la circonferenza della testa, a coprire appunti i suoi occhi, la bambina portava una fascia bianca.
Non vedeva. Quella bambina non poteva vedere. Non era mai capitato, alla bruna, nella sua vita, di incontrare una persona cieca. Beh, ora Nakata e Luca l’avevano portata a fare esattamente questo, apparentemente. 
Quella bambina meritava davvero ciò che Luca aveva detto di lei? In grado di far felice chiunque. Per dir la verità, la Plus aveva i suoi dubbi a riguardo. Ovvio che un bambino sapesse far sorridere la gente, ciò nonostante la felicità era tutt’altra cosa. Guardando la piccola cieca parlare con il fratello maggiore e il suo amico, però, ebbe la sensazione di sentirsi giù più serena di quanto fosse stata fino a pochi minuti prima. Era una sensazione alquanto insolita.
Dopo una frazione di tempo che nessuno seppe definire in seguito, i due ragazzi si ricordarono della ragazza che si erano portati dietro, a quanto pare con l’intento di distrarla dai suoi brutti pensieri. Così, senza particolare motivo, una sconosciuta... chissà se era normale. Di persone così gentili era difficile trovarne- anche se c’era qualcuno che di sicuro avrebbe catalogato quella gentilezza come semplice imprudenza. Per una volta, Bianca non fu quel qualcuno.
Si sentì stranamente messa in soggezione quando Luca posò la sorellina a terra e la trascinò per la mano per farla avvicinare alla coordinatrice. -Allora Bianca,- cominciò il biondo, sempre con quel sorriso spensierato per il quale, a questo punto, la ragazza si ritrovò a provare ammirazione. -Questa è mia sorella Lucy. Lucy,- colse la corvina di sorpresa, afferrandole la mano e portandola su quella della bambina -Questa è Bianca.-
Quest’ultima non seppe cosa provare quando la piccola strinse la sua mano, ben più grande, nelle sue, piccole e morbide come quelle di un bambino dovrebbero essere. Dopo averla analizzata per qualche secondo, Lucy sorrise allegra, il viso sollevato verso l’alto, pur sapendo di non poter comunque guardare la maggiore in viso. La quindicenne percepì in sé stessa una certa tristezza al pensiero.
-Ciao, signorina Bianca!- la salutò l’altra, come se non fosse la prima volta che si incontravano.
Lo sguardo della coordinatrice si addolcì. -Ciao, Lucy.- sorrise leggermente, accovacciandosi così da poter guardare la bionda dal basso. Lei si accorse del movimento, perché spostò a sua volta la testa. -E’ un piacere conoscerti.- strinse la manina che si trovava nella propria, a suggellare meglio la presentazione.
Che perfettina. Aspetta un momento... cosa?
-Piacere mio, signorina Bianca!- fu la gioiosa replica, la quale riuscì a distrarla dai propri pensieri.
L’interpellata finì col sorridere ancora di più. -Ti va di chiamarmi solo Bianca, piccola Lucy?-
-Ma certo!-


-Te lo concedo, è davvero una bambina splendida.- Hide sollevò lo sguardo sulla sua nuova amica che, appoggiata con la mano alla stessa ringhiera a cui era appoggiato lui, stava osservando come incantata i due biondi fratelli che discorrevano di solo il cielo sa cosa, mentre giocavano insieme.
Il castano si concesse un attimo di stupore, prima di sorridere. -Sono contento che la pensi così.- ribatté gentilmente, tornando anch’egli a guardare il suo migliore amico venire completamente distrutto dal solletico che la sorellina gli stava infliggendo. Beh... non che Luca stesse facendo niente per impedirlo.
La nippoamericana spostò una ciocca di capelli nero pece dietro un orecchio, senza smettere di scrutare attentamente il tenero spettacolo che si stava svolgendo davanti a loro. Era qualcosa che effettivamente non le era mai capitato di vedere. Un fratello e una sorella, così uniti e felici di trovarsi nello stesso posto nello stesso istante, stuzzicando la capacità di trattenere le risate l’uno dell’altro. In un certo senso, era una visione che le stava rapidamente scaldando il cuore. Non era solo piacere, nemmeno spensieratezza, questo mai, era forse... commozione, sì?, poteva davvero arrivare a commuoversi per quella ragione?
Anche se si erano parlare per solo, circa, un minuto, Bianca era stata molto contenta di aver conosciuto Lucy, di aver avuto l’opportunità di parlare con lei, per quanto effimera quella conversazione fosse stata. Secondo certi punti di vista, era stata un’esperienza unica. Quantomeno, lo era stata per lei. Non aveva mai avvertito una sensazione del genere nel suo stomaco. E quello stomaco gliene aveva procurate molte, di sensazioni.
Che cosa avesse reso quel momento unico nel suo genere, o meglio, unico in generale, lei non era poi così sicura di poterlo descrivere. Non era giusto dire semplicemente che fosse stato a causa della cecità di Lucy. Perché innanzitutto, nella mentalità della bruna quella si poteva benissimo definire discriminazione. Non di tipo eccessivamente né necessariamente negativo, eppure non andava bene lo stesso. E secondo poi, non era quello il motivo, non sarebbe stato così facile e pulito capire cosa rendesse quello scricciolo così speciale.
-Com’è successo?- non poté trattenersi dal chiedere, attirando nuovamente l’attenzione del ragazzo dagli accesi occhi neri.
Questi alzò le spalle, girandosi nella sua direzione. -Cosa?- domandò, innocente. Oppure fingendosi innocente, era difficile da comprendere. Bah.
-La vista di Lucy.- specificò, vaga e precisa allo stesso tempo, l’interlocutrice.
Nakata sospirò, sorridendo. -Non lo so. Luca non ama parlarne.- le comunicò soltanto, mostrando nella sua espressione una certa ombra mesta nel pronunciare quella frase. Probabilmente gli dispiaceva un poco di non poter sapere niente riguardo quel frangente. Era anche cosa certa, per come stavano le cose, che l’italiano non gli avesse mai davvero neppure detto cosa provava nei confronti del problema della bambina.
Le iridi cerulee della coordinatrice fissarono la punta degli stivali neri da lei indossati. -Capisco.- Era normale, comunque. Alla fin fine, Bianca non faceva niente di diverso. Tenere i propri problemi per sé era una cosa che non solo lei era solita fare- tutti nascondevano almeno qualcosa. Un ricordo triste, un’azione di cui ci si poteva essere pentiti, una delusione passata, qualsiasi cosa. Era un peso che la ragazza non aveva mai visto mancare in nessuno che fosse minimamente maturo. Non erano forse i guai e i problemi del passato, a rendere maturo qualcuno? A volte pure troppo. Eh...
-Però,- aggiunse Hide, facendola quasi sussultare, -Non è più un problema.- le dedicò un sorriso saputo.
La Plus sbatté le palpebre, confusa. -Che intendi?- si incuriosì, inclinando il capo.
Il castano sollevò l’indice davanti al viso niveo della coetanea e sorrise. -Un’operazione.- rivelò.
-Operazione? ...Aspetta, Lucy sarà operata?!- saltò su, quasi scioccata, la nippoamericana.
Così giovane, e già si sarebbe trovata sotto i ferri di un chirurgo? Certo che doveva essere coraggiosa, l’italiana. Anche se da un canto la possibilità di recuperare la vista era qualcosa di meraviglioso, dall’altro lato della medaglia si trattava sempre di andare a lavorare chirurgicamente su una bambina. Non era possibile impedire alla propria mente di domandarsi quale medico avesse il coraggio di una cosa simile.
Nakata annuì tranquillo. -Veramente, è già stata operata.- corresse con un sorriso. -Anche se è uscita dall’ospedale solo ieri. Deve tenere le bende ancora per un po’ di tempo, ma dovrebbe essere in grado di vedere la partita.-
La coordinatrice sgranò gli occhi. Non se l’aspettava certo! Si voltò nuovamente verso i due italiani, che continuavano a discorrere piacevolmente, completamente inconsapevoli di ciò di cui i due giapponesi stava invece discutendo. Nonostante lo stupore, Bianca era contenta di aver ricevuto quella notizia. Forse aveva già capito cosa causasse l’unicità di Lucy. Non era più cieca oramai, eppure non era affatto dispiaciuta di doverlo essere ancora per qualche tempo a causa di quelle bende. Anzi, viveva ogni attimo con grande ed evidente gioia di vivere. Era proprio invidiabile. Quanto le sarebbe piaciuto essere come lei.
-Grazie al cielo.- l’espressione del suo viso si ammorbidì ancora, mentre le sue dita stringevano la stoffa della gonna. ...quella stoffa azzurra era letteralmente diventato il suo antistress, di recente.
-Oh, non è il cielo che dobbiamo ringraziare.- si permise di dissentire Hidetoshi, ridacchiando dalla semplice e vera allegria. La nuova amica lo squadrò con aria interrogativa. Quello sorrise per la centesima volta in una mattina, in replica a quell’occhiata stranita. -L’unico da ringraziare è colui che ha generosamente donato a Lucy i soldi per l’operazione.- le spiegò, -E’ anche venuto a trovarla in ospedale per tutta la settimana.-
Quella conversazione non avrebbe cessato facilmente di stupirla, a quanto sembrava. Che qualcuno donasse i soldi per quell’operazione ad una sconosciuta, per quanto piccola e adorabile, era un qualcosa di incredibile. Che si trattasse di un santo? Ogni tanto ne nasceva ancora qualcuno... –E... chi sarebbe?-
-In quanto coordinatrice dell’Inazuma, sono sicuro che lo conosci.- esitò un paio di secondi, volutamente creando un’atmosfera simile alla suspense. -E’ il nuovo allenatore dell’Orfeo, il Mr. D!- Cosa. -O, come ho recentemente scoperto, Ray Dark.- Cosa. -E’ giapponese anche lui, penso che tu lo sappia.- COSA?!
...
Ray Dark aveva salvato la vista di Lucy.
Ray Dark aveva salvato la vista di Lucy.
Ray Dark aveva salvato la vista di Lucy.
Ray Dark aveva salvato la vista di Lucy.
Ray Dark aveva salvato la vista di Lucy.
Ray Dark aveva salvato la vista di Lucy.
Ray, Ray Dark, il signor Dark, il “Comandante”, colui che aveva così brutalmente condannato la piccola Julia in un letto d’ospedale, aveva aiutato l’altrettanto piccola Lucy ad uscirne. Senza conoscerla. Senza motivo. Senza... tornaconti. Lui- Lui- LUI! Lui l’aveva fatto? Davvero?! No, no, diavolo... non era possibile, cioè, lui... proprio lui, che fino a poco tempo prima era stato pronto ad infortunare gravemente i giocatori dell’Orfeo pur di svantaggiare la squadra contro la propria... colui che aveva cercato ancora una volta di manipolare il povero Jude, di farlo capitolare sotto la schiacciante potenza della sua malignità...
Lui aveva salvato la vista di Lucy? Dopo tutto il male che aveva causato? Sul serio?!
-Non ci credo.- La flebilità con cui quelle tre parole furono pronunciate era schiacciante. Così come lo era la presa intorno alla ringhiera e alla gonna, strettasi al limite del possibile, così come lo erano le palpebre spalancate della coordinatrice, la quale fece fatica a non cadere in terra.
-Bianca?-
-Come può essere stato lui?!- Inutile dire che le sue gambe non ressero. Si sentì infinitamente debole quando si ritrovò in ginocchio per terra. -Per quale motivo avrebbe dovuto farlo?! Quell’uomo... Lui...- Portò i palmi delle proprie mani direttamente sotto i propri occhi cerulei, scossi e increduli.
Il moro si accovacciò accanto a lei. -Vedo che lo conosci.- Il suo tono era radicalmente cambiato. Nonostante la serietà della sua voce non ne avesse eliminato il timbro caldo e rassicurante, quel cambiamento drastico dava l’impressione che fosse un’altra persona a parlare, non lo stesso ragazzo di prima. E invece era lui.
-Io... sì, lo conosco.- ammise senza troppi giri di parole la bruna, portando due dita sotto un occhio, strofinando un poco la guancia. Percepì non lontana la voce di Lucy che domandava al fratello che cosa fosse successo, perché avesse smesso di parlare. Non se ne curò granché, anche perché Luca rispose con un semplice “Niente di particolare”, probabilmente dopo aver notato che il suo amico aveva il pieno controllo della situazione. Eh. Beato lui.
-E’ lui la causa dei tuoi incubi?- La mano della ragazza si spostò rapidamente a coprire gli occhi della proprietaria, la quale emise un verso come di dolore al solo pensiero. -Mi spiace, non avrei dovuto chiedertelo.- Hidetoshi si sedette. Forse stare accovacciato aveva cominciato a fargli male alle gambe.
-Sapevo che me lo avresti chiesto.- si limitò a mormorare la sua interlocutrice, stringendosi nelle spalle e prendendo un profondo respiro, per poi portare di nuovo le mani sulle gambe e alzare il viso verso di lui. -Sono successe tante cose.- scosse la testa, pettinando con le dita i capelli che le stavano sulla fronte.
-Devi odiarlo molto.- osservò il ragazzo, ancora serio.
-Non l’ho mai odiato.- Quella risposta fu così repentina che la Plus ebbe la tentazione di controllare se per caso non le fosse venuta di nuovo la febbre. Si trattenne, perché in fondo sapeva di essere sana come un pesce. La verità era che... quella era la verità. -Ho pensato varie volte di odiarlo. Io vorrei odiarlo. Sarebbe tutto più semplice.- sospirò pesantemente. -Però non lo odio. Non me ne ero... mai accorta.- Prese la fra le dita una ciocca di capelli al di fuori di una treccia, e cominciò a giocarci con le dita, assorta nelle proprie parole. Lei non odiava Ray Dark. Questo era molto strano. Lei voleva odiarlo. Eccome.
L’ex capitano dell’Orfeo inclinò la testa. Bianca si accorse subito dell’ombra consapevole che copriva quei grandi occhi neri, e se ne chiese il motivo. -Come puoi non accorgerti di non odiare qualcuno?- inquisì, abbastanza indelicato, il coetaneo. Sei troppo diretto, la coordinatrice non udì sé stessa dire.
-Penso che lui meriti di essere odiato.- unì le proprie mani. -Non ho mai... voluto concepire l’idea di non provare odio per lui. Dopo tutto quello che ha combinato... I crimini che ha commesso...- Dopo l’incidente di Julia, lei non aveva mai dubitato un attimo che quell’uomo meritasse tutto l’odio del mondo.
-Evidentemente non lo pensi davvero.- la interruppe sicuro il castano, lasciandola di stucco.
-Siamo sicuri che sei lo stesso Nakata di prima, sì?- inarcò un sopracciglio l’interpellata, quasi seccata.
Hide sorrise; sbatté le palpebre e scosse la testa. -Parlando seriamente.- evitò con cura quella domanda sarcastica, -Se tu pensassi davvero che lui meriti il tuo odio, lo odieresti. Sei sicura che, in realtà, tu credi semplicemente di dovere provare odio per lui?-
-Con Ray Dark non funzionano i ragionamenti comuni, Hidetoshi.- gli comunicò altrettanto seria e decisa la corvina. -Se lo conoscessi come lo conosco io... se sapessi tutto ciò che ha fatto!-
-Oh, ma io lo so.-






La partita, fin da subito combattuta con fibrillazione e grande impegno da parte di tutti i calciatori presenti in campo, aveva preso una piega del tutto inaspettata. L’Orfeo che si affidava completamente all’allenatore Dark, la messa in pratica della Barricata Impenetrabile... la coordinatrice dell’Inazuma Japan ricordava di aver letto il nome di quella tecnica di squadra da qualche parte; fu una sorpresa doversene ricordare in un frangente simile. La situazione diventava sempre più strana. Dark e la squadra italiana erano come una cosa sola, così come i giocatori della squadra stessa. Si trattava di fiducia reciproca.
C’era da chiedersi se una cosa simile fosse mai accaduta prima, ad uno come Ray. No, affatto, si poteva essere certi di questo. Forse la Royal aveva in passato posto in lui completa fiducia, tuttavia lui non era mai stato altrettanto fiducioso. E ora che lo era diventato, il risultato aveva del sorprendente. L’Italia sembrava essere diventata imbattibile. E senza dubbio, era tutto merito di Paolo, numero dieci e sostituto di Nakata come capitano della nazionale italiana.
Fortunatamente, non solo quelli in panchina (o meglio, non solo Travis e Bianca) notarono qualcosa di fondamentale. Infatti, ben presto anche i giocatori si accorsero che Paolo e Jude avevano molto in comune. Grazie alla realizzazione di questo e delle ottime azioni di Sharp, il primo tempo terminò con un pareggio, 2-2. Entrambe le squadre non si erano scoraggiate per i due goal subiti, e anzi, tutti erano pronti a dare il massimo, il meglio di sé non era abbastanza per quella fondamentale e sorprendente partita.
E per motivi che le fu in seguito molto difficile definire, vedere Hidetoshi Nakata entrare nello stadio e avvicinarsi con nonchalance alla panchina dell’Orfeo non stupì Bianca più di tanto. Piuttosto, le venne quasi da sorridere, e dovette ammettere che era quasi soddisfacente vedere tutti così scioccati. Soprattutto i giocatori giapponesi, che non avevano la più pallida idea di cosa stesse succedendo.
-Chi è quello? Bianca, tu lo conosci?- le domandò Celia a bassa voce, portandosi vicino al suo orecchio.
La coordinatrice annuì appena, però non parlò, bensì le fece segno di fare silenzio portandosi l’indice sulle labbra. Non voleva perdersi un secondo di ciò che stava per succedere- perché sorpresa no, ma ansiosa sì, da morire.
Il giapponese non perse tempo a salutare gli amici che non vedeva da molto tempo; l’unica persona con cui finì con il parlare fu Dark, il quale sembrava in un certo senso... contento di vederlo. Anche se probabilmente non si erano mai incontrati in vita loro. Mentre parlavano, la corvina percepì le proprie labbra piegarsi in una smorfia preoccupata quando vide l’adulto sollevare lo sguardo in un’altra direzione.
Anche lei si sporse dalla panchina, e li vide: due fratelli biondi che aveva conosciuto molto poco tempo prima. -Luca e Lucy...- sussurrò, -...senza bende!-
-Ma è Lucy.- la Plus si costrinse a voltarsi nuovamente verso il suo ex datore di lavoro. La cosa stava cominciando a farsi molto strana... si domandò come si sarebbe sentita se non avesse parlato con Nakata poco tempo prima. Molto probabilmente sarebbe crollata al suolo, con la testa che le esplodeva per cercare di capire. Un po’ quello che stava quasi per accadere a tutti coloro che si trovavano davanti alla panchina della nazionale giapponese, praticamente. -Per quale motivo è venuta? Nakata, che cosa significa questo gesto!? Perché hai voluto portare Lucy allo stadio!?-
Era così strano. Ray Dark che perdeva il controllo della situazione. Ray Dark che non sapeva cosa fare. Ray Dark che si preoccupava della presenza di una bambina.
Le iridi chiare di Bianca sgranarono all’idea, mentre lei si alzava finalmente in piedi per osservare meglio il tutto. Era... così strano. Non se lo sarebbe mai aspettato.

-Che vuol dire che lo sai?- Ora come ora, Bianca si sentiva più confusa che altro.
-Io so tutto. Beh, non tutto nei minimi dettagli,- concesse il ragazzo, senza smettere di guardarla con immensa serietà, -Ma ho scoperto molto su di lui. Se non ne avessi saputo niente, a quest’ora non avrei mai neanche incontrato Luca e Lucy.-
-Allora saprai che quell’uomo merita davvero l’odio che vorrei provare.-
-Quello che credo io, è che sia così coinvolta in ciò che ha fatto, che non hai mai pensato a cosa avrebbe potuto fare. O aver fatto in precedenza. Sai, parti un po’ troppo soggettiva.-
-Perdonami, Nakata, ma non ti seguo.- scosse la testa lei, sincera. E anche parecchio innervosita.
-Ci sono molte cose che non hai considerato, perché sei troppo arrabbiata con lui.-
-Cose che non ho... considerato?-


-E’ stata lei ad esprimere questo desiderio.- spiegò semplicemente Hidetoshi. La corvina non poteva vederlo in volto, però sapeva che stava sorridendo. Se lo sentiva. Tutto di quella situazione le appariva bizzarro, assurdo se vogliamo, tuttavia era come se lo conoscesse già abbastanza bene. -Qualche tempo fa mi ha detto che il giorno in cui avesse recuperato la vista sarebbe voluta venire a vedere una sua partita.-
-Non credo che portarla qui sia stata una bella idea.-
Nakata sospirò leggermente. -In fondo questa potrebbe essere la sua ultima partita.-
-Che cosa?- ringhiò Ray, sussultando a quelle parole.

-Cose che non ho... considerato?-
-Proprio così.- l’espressione seria del ragazzo dalla carnagione ambrata aveva un che di austero. Con tutta probabilità, era un buon leader. E il sesto senso di Bianca non l’aveva mai tradita.
-Ha commesso crimini indicibili, e ha raggirato la legge che avrebbe dovuto punirlo ben più di una volta.-
-Certo, questo non lo nego.-


-Potrebbe essere l’ultima volta che abbiamo la fortuna di vederla in campo. O sbaglio, Mr. D?-
-L’ultima volta?- Non troppo lontano da loro, Jude si lasciò sfuggire quelle parole perplesse. Bianca si spostò velocemente accanto a lui, e accanto a tutti coloro che stavano ascoltando, sempre più stupiti da quella conversazione. Lei, invece, aveva la testa che scoppiava, sì, ma per altri motivi.
-L’ho capito guardando il primo tempo della partita,- continuò imperterrito e severo Hide, -lei non è più l’allenatore di un tempo. Forse con oggi voleva espiare tutte le sue colpe?-

-Per pulire la sua coscienza?- borbottò fra sé la ragazza, voltandosi verso Lucy, che stava ancora giocando allegramente con il suo caro fratello maggiore. -Per questo tu credi abbia aiutato la piccola Lucy a guarire?-
-Ne sono convinto.- le ripeté con decisione il coetaneo.
-A Ray Dark non è mai interessato espiare le proprie colpe.- obiettò, con scarsa convinzione.
Il castano non frenò un altro sorriso. Quei sorrisi cominciavano a darle sui nervi però. Era come se fosse compatita. Non era così, però era la sensazione che le rimaneva nello stomaco. -Sei di fronte ad un uomo diverso da quello che infesta i tuoi incubi, Bianca.- 


Un uomo diverso... un uomo diverso. Era davvero diventato un’altra persona? Quello che Nakata era arrivato a credere così fermamente era vero? Tutto ciò che Ray Dark desiderava... era sentirsi in pace con sé stesso e fare i conti con tutte le sue colpe? No... era così surreale.
-Non le è possibile fuggire da sé stesso, e da i gravi reati di cui si è macchiato.- La confusione generale non era in grado di distogliere Nakata dal discorso che stava portando avanti. Se l’inizio del secondo tempo fosse fischiato proprio in quell’istante, il giapponese non avrebbe fatto una piega, e avrebbe continuato senza badare a niente altro. La Plus desiderò di essere coraggiosa come lo era lui. -Non è riuscito a trovare un modo per sfogare il suo odio nei confronti di questo sport. Molti giocatori se ne sono fatti carico e hanno perso le chance che avevano. Lucy si era trovata coinvolta nel suo stratagemma e ha finito col ferirsi, anche se lei non ha mai avuto niente a che fare con il calcio.- Bianca incrociò le braccia e strinse forte intorno a sé stessa, frattanto che il nuovo amico proseguiva a parlare, a dire le cose che lei sapeva già. Le cose che lui le aveva detto, e che avevano fatto ingarbugliare ancora di più il cervello. -Questa cosa era diventata un peso sul suo cuore, vero, Mr. D? E’ il motivo per cui era andato a trovare Lucy in ospedale. Quel giorno ha scoperto della sua malattia agli occhi, e delle enormi spese che l’intervento avrebbe comportato. Anche quando Lucy era guarita, ha continuato a mandarle lettere e denaro per le spese mediche.- il ragazzo prese un respiro. -Qual è la ragione di tutto questo?-
Il signor Dark, che aveva ascoltato in silenzio fino a quel momento, si voltò, dando le spalle al castano. -L’ho fatto così, non esiste una ragione.-
-Mi dispiace ma non le credo.- rimbeccò prontamente, forse troppo, il suo interlocutore. -Sono sicuro che fare qualcosa per Lucy in qualche modo la faceva sentire meno in colpa. Quella colpa che aveva fatto sprofondare il suo cuore nel mondo dell’oscurità. Lei stava solo cercando di salvare la sua anima dalle tenebre, non è così?-
-E’ per questo che sei andato via?- Pentito o non pentito, certe cose di Ray non cambiavano mai. Rispondere ad una domanda diretta come quella non era qualcosa che fosse nel suo stile. -Per scoprire cosa c’è nel mio passato?-
-No. Ne sono venuto a conoscenza per caso, durante il mio viaggio. Non era mia intenzione indagare sulla sua vita.- Nessuno sicuramente si aspettava, che ad interrompere tale momento fosse la voce di una bambina. Una bambina che portava un caschetto di capelli biondi, e che sul viso aveva due grandi occhi verdi, verdi come due splendidi smeraldi. A vederli veniva quasi da piangere. Erano così luminosi da sembrare due stelle, e Bianca si dovette forzare a non fissarla come tutti gli altri stavano facendo.
-Zio, sei proprio tu?- Dark si girò ancora, e non lontano da colui con aveva parlato finora vide il viso pensieroso della bambina che finora non l’aveva mai visto.
-Lucy...-
-Quella voce! Sì, sei davvero tu zio!- esclamò entusiasta lei, ignorando il palese sconcerto dello “zio”.
L’esitazione dell’uomo era quasi inquietante. Ray Dark che esitava davanti ad una bambina. Il mondo stava girando al contrario. -Hai... riacquistato la vista?-
La bambina annuì felicemente. -Grazie al tuo aiuto sono guarita perfettamente zio, posso vedere di nuovo!-
Bianca afferrò la mano di Jude, accanto a lei, il quale aveva la bocca così spalancata per la sorpresa che qualcuno avrebbe potuto infilarci un pugno dentro. Il regista la guardò, senza parole, e ricevette un sorriso. Strinse a sua volta la presa intorno alla mano della sua amica, tornando a guardare la scena mozzafiato che aveva come protagonisti il piccolo sprazzo di sole Lucy e l’uomo che aveva fatto di lui ciò che era adesso.
-Ne sono felice.- esalò Dark, con voce incerta, -E’ una bella notizia.-
-Te ne sono molto riconoscente!- aggiunse gioiosa la bambina, avvicinandosi all’allenatore.
Il palmo aperto di quest’ultimo le impose di fermarsi. -Lucy, non devi ringraziarmi, io non sono degno della tua gratitudine, non merito riconoscenza.- fece, grave, per giustificare quel gesto.
-Ma che cosa stai dicendo?- ribatté la bionda, avanzando un altro passo. -Grazie a tutte le lettere che mi hai mandato, ho avuto la forza e il coraggio di affrontare l’operazione, tu mi hai sostenuta!- Non era possibile vederlo per via dei perenni occhiali da sole, ciò nonostante Bianca ne era sicura: in quel momento, le palpebre di Ray erano spalancate come non lo erano mai state prima d’allora. -Zio, grazie ancora.- ripeté Lucy, -Ti prometto che imparerò a giocare a calcio. In questo modo potremo trascorrere molto tempo insieme.-
-Lucy è unica, non ti sembra?- sussurrò la coordinatrice giapponese, addolcendo il sorriso che le si era istintivamente formato sulle labbra. Jude le lasciò la mano e assentì appena col capo.
Dark aveva un’aria molto strana. Se non fosse stato impossibile, si sarebbe potuto pensare a quasi felicità. -Ora la partita riprende. Ne riparleremo più tardi.- liquidò la situazione, dato che l’occasione gli si era presentata.
-Va bene.- acconsentì allegra la bambina. -Allora a dopo. Faccio il tifo per te!-
E mentre si allontanava mano nella mano con Luca, salutando allegramente il suo amatissimo “zio”, la piccola Lucy non poteva immaginare, e molto tempo poi non avrebbe saputo, che quel “a dopo” era stato vano. Lucy non avrebbe mai più rivisto quell’uomo chiamato Ray Dark.




-Signor Dark, aspetti!-
L’interpellato obbedì a quell’ordine con aria sorpresa, così come fecero anche i poliziotti intorno a lui. Gli uomini si voltarono verso la proprietaria della voce femminile che aveva fermato il loro cammino verso l’auto che sarebbe stata utilizzata per trasportare “Mr. D” nel posto che meritava.
Quando si accorsero che a chiamare l’arrestato era stata un adolescente dai lunghi capelli color pece, la perplessità sui loro visi crebbe a dismisura; l’unico che non ne diede chiara dimostrazione fu proprio Ray, che si limitò a girarsi meglio per affrontare Bianca, che finì proprio in quel momento la corsa che aveva iniziato per raggiungerlo. La ragazza si fermò infatti a circa un metro da lui, posando le mani sulle ginocchia e recuperando il fiato perduto per via della corsa.
Non poteva credere di aver dovuto correre per quasi tutto lo stadio della zona italiana di Liocott; non sarebbe mai successo se Travis non l’avesse trattenuta per tanto tempo. Per una volta, rimpianse di essere sempre così obbediente e dedita al suo lavoro. Un rimpianto insolito, per una come lei; questo comunque era un caso molto, molto più importante del suo mestiere di coordinatrice.
-Bianca, cosa ci fai qui?- le domandò Dark, senza perdere un attimo. Ovviamente.
La ragazza si mise ritta. Prese un profondo respiro e deglutì a vuoto, nervosa. Sbatté le palpebre un paio di volte e afferrò la stoffa della gonna con le dita, chiudendo così tanto le mani che praticamente raccolse la stoffa nei propri pugni. Le ci volle molto coraggio per dire ciò che pensava.
-Io volevo chiederle di perdonarmi!- quasi gridò, chinandosi in avanti.
Se ne rese conto solo dopo, ma nella prima volta in vita sua era riuscita a lasciare Ray Dark senza parole. Pur essendo, in quanto a questo, seconda a Nakata e Lucy.
Il silenzio che ne seguì quasi la spaventò. Il suo cuore batteva rapidamente e le prudevano le mani, eppure non si sentiva male. Era una sensazione alquanto strana... non l’aveva mai provata prima. Di recente, aveva iniziato a sperimentare fin troppe emozioni che non pensava di poter sentire.
-Perdonarti?- ripeté l’uomo, mentre i poliziotti, evidentemente arresi all’idea di non poter evitare quella conversazione, incrociavano le braccia con disinteresse.
-Sì!- rispose prontamente la ragazza dai capelli color carbone, chiudendo gli occhi. -Le chiedo scusa per tutto ciò che le ho detto quando mi sono licenziata da lei, signore! Ho sbagliato a dire quelle cose!-
L’uomo dai capelli biondi piegò le labbra sottili in un sorriso. -Non avrei mai immaginato di sentirmi dire questo proprio da te.- confessò tranquillamente. Lei si rimise ritta e sollevò le iridi azzurre su di lui, fissandole bene sulle lenti scure degli occhiali. Non le importava più di non vedere quegli occhi nascosti.
-Sono una ragazza piena di sorprese.- scrollò le spalle, incrociando le mani sul petto.
Ray non smise di sorridere. -Non hai più paura di me?- si informò altrettanto sereno e sarcastico.
-Sì, forse un pochino.- strinse pollice e indice tra loro per mostrare l’infinitesimale spazio che aveva lasciato in mezzo alle due dita. -Ma non mi faccio mettere paura da un uomo con le manette.- sorrise, indicando le mani legate del suo interlocutore.
Quest’ultimo non parve molto stupito. -Perché mi chiedi perdono per quel giorno.- chiese/non chiese, curioso seppur non troppo, inarcando le sopracciglia.
La Plus spostò gli occhi da un’altra parte, grattandosi la guancia con l’indice di una mano e lisciandosi la stoffa chiara del gilet color crema con l’altra. -Perché penso sia giusto porgerle le mie scuse.- Perfettina. Per-fet-ti-na. Santo cielo, quella parola le spuntava in mente ogni volta che parlava formale, ormai. Quindi spesso. Anche quando non era affatto il momento adatto... -Ho detto... delle cose di cui mi sono pentita. E’ giusto chiedere scusa per le cose di cui ci si è pentiti.- tornò a guardarlo, non sicura di cosa altro dire.
-Non pensavo che avrei mai ricevuto il perdono di Bianca Plus.- commentò quello, come divertito.
-Oh. Ma quello non lo riceverà mai.- corresse, sorridente, la ragazza. La cosa non parve sorprenderlo molto, in ogni caso. -Io non la perdonerò mai per tutto quello che ha fatto in passato. Le macchie non si lavano via così facilmente, signor Dark, e lei lo sa molto bene.- aggiunse.
L’uomo sospirò. -Sì, lo so.- poco ci volle che ridesse.
-Da me avrà solamente quelle scuse. E,- spostò il proprio peso su una gamba sola. -Una seconda possibilità. Tutti se ne meritano una, giusto?-
Dark rimase in silenzio per qualche secondo, pensieroso. -Non io, Bianca, lo sai.-
-Non sono io a decidere.- volle ricordargli colei che non dimenticava mai niente, -E’ Lucy a farlo.-
-Io non avrò una seconda possibilità, Bianca. Nessuno può darmela.- replicò ancora una volta, con aria consapevole e rassegnata. La corvina non capì, e in futuro desiderò di esserci riuscita sul momento. -Considerati perdonata. Non ho mai dato troppo peso alle cose che mi hai detto quel giorno.-
L’adolescente scosse la testa, impedendosi di sollevare gli occhi al cielo. Che razza di bugiardo... testardo fino alla fine, eh. -Volevo comunque che sapesse che anche se ho esagerato molto e detto cose guidate dalla rabbia, c’era anche della verità in quel che ha sentito quel giorno. Non se ne dimentichi.-
-Non potrei neanche volendo.- la rassicurò. Bianca sorrise ancora, serena. Non si era mai sentita così leggera, mai, non dopo la morte dei suoi genitori. Era come se un peso tremendo fosse volato via dal suo petto. L’unica cosa che poté distoglierla da quella sensazione fu il peso della mano di Ray sulla propria testa. L’altra mano ammanettata quasi a penzoloni davanti al viso della giovane lavoratrice, l’orma ex allenatore della nazionale italiana sorrise. -Sei diventata proprio come tua madre.-
-Lei non sa quanto questo mi renda felice.-
-Signor Dark, adesso dobbiamo andare.- si decise ad interromperli uno dei poliziotti. L’uomo annuì a quell’ordine e lanciò un’altra occhiata alla figlia dei suoi due vecchi e defunti amici.
Le sorrise una terza volta. -Addio.- la salutò, per poi voltarsi e incamminarsi con gli uomini della polizia.
Quando si fu allontanato abbastanza, Bianca portò le mani a coppa accanto alla bocca. -Si comporti bene in prigione!- gli raccomandò allegra. -Cercherò di venire a trovarla!- si morse le labbra, raccogliendo gran parte del coraggio che possedeva. -Grazie per aver fatto incontrare Haru Plus e Melanie Karver! Lei è l’unico responsabile della loro felicità, signor Dark!- abbassò le mani, sicura che lui avesse sentito. -Cerchi di non dimenticarlo, Comandante...- mormorò al vento, mentre l’interpellato spariva nell’auto della polizia.






 
[Era una mattinata soleggiata, l’aria era tiepida, e c’era persino qualche uccellino che canticchiava nei dintorni; a Bianca non poteva interessare di meno, però. E così nemmeno a Jude che, in piedi accanto a lei, guardava la lapide sulla quale era scritto a grandi caratteri il nome di Ray Dark.
Erano passati due anni e ancora faceva male, guardare quella pietra fredda sulla quale era stata posta una miniatura dell’ex allenatore.
E allora c’era da chiedersi perché quei due si ostinassero a visitare il cimitero, di tanto in tanto. Spesso ognuno per conto proprio, raramente insieme; non erano due persone che amavano mostrare la tristezza sui propri visi, proprio no.
La coordinatrice del club di calcio della Raimon Junior High sembrava una statua; lì, inginocchiata davanti alla lapide, incurante dello star macchiando di terra i jeans nuovi, ad osservare la fotografia sbiadita del signor Dark.
-Da quanto siamo qui?- domandò d’un tratto, risvegliando l’amico dai propri pensieri.
-Una ventina di minuti.- replicò quello, dopo qualche secondo di esitazione.
Non che avessero fatto molto, in quei venti minuti. Era sempre così. Rimanevano là, lo sguardo fisso nel vuoto, pensando a solo loro sapevano cosa. Finché uno di loro si accorgeva dell’assurdità della situazione.
La corvina sospirò, arrotolando una ciocca di capelli intorno all’indice della mano. -Sono passati già due anni...-
-A me sembrano passate nemmeno due ore.-
-Ti capisco... Non posso credere che mi manchi così tanto.- Un altro sospiro abbandonò le sue labbra mentre si alzava in piedi e si voltava verso il rasta. -Hai visto Caleb di recente?-
-Non lo vedo da almeno un mese, perché me lo chiedi?- inarcò un sopracciglio, curioso, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni, e girandosi a sua volta verso l’amica.
Quest’ultima si strinse nelle spalle. -Mah, in fondo non lo so. E’ che mi sorprende non averlo mai beccato qui in giro.- Dubitava che il moro non fosse mai andato a visitare la tomba di Dark; era escluso.
-Sai benissimo che farebbe di tutto per non farsi vedere qui da qualcuno. Figurati da me o  da te!- osservò, roteò gli occhi al cielo. Lanciò poi uno sguardo all’orologio. -Meglio che vada. Celia mi starà aspettando.-
-E invece arriverai in anticipo come al solito.- commentò sarcastica Bianca.
Sharp le diede un lieve pugno sul braccio. -Non posso darti torto. Ci vediamo presto.- Le fece un cenno con la mano, e cominciò ad allontanarsi.
La bruna sorrise e portò nuovamente gli occhi azzurri verso la pietra che sorgeva sulla tomba dell’uomo che l’aveva, anche se indirettamente, fatta nascere.
-Glielo dico sempre, ma glielo ripeto ancora, signor Dark: spero che lei sia riuscito a rivedere i miei genitori, ovunque adesso si trovi.- sospirò. E tre. -Devo andare anch’io, ho del lavoro da sbrigare.-
]



Axel non si poté impedire di sospirare tristemente. Seduto sulla panchina del campo d’allenamento dell’albergo, osservava con attenzione Bianca che, seduta a gambe incrociate poco più avanti del bordo del campo di erba sintetica, guardava il vuoto davanti a sé.
La ragazza stava stringendo le proprie caviglie quasi convulsamente, come fossero due antistress, da almeno dieci minuti. Probabilmente ora le facevano anche male. Dava le spalle a Blaze, il quale dunque non poteva vederla in viso, ciò nonostante era naturale presumere che la sua espressione non fosse affatto allegra.
Erano passati circa quaranta minuti da quando la notizia era arrivata alle orecchie della coordinatrice; sulle prime lei aveva più stentato a crederci che ad altro. Quando poi aveva preso contatto con la realtà era semplicemente corsa fuori e si era messa a correre per quel campo, tanto che ad un certo punto era crollata per terra per lo sfinimento. E ora eccola lì.
Il numero dieci dell’Inazuma l’aveva seguita per tutto il tempo. Non aveva fatto niente fino a quel momento, era semplicemente rimasto a guardarla. Quando pensò che lo sconvolgimento che la corvina stava provando si fosse appena appena sbollito, si alzò in piedi e camminò verso di lei, fino a ritrovarsi sedutole accanto.
-Tutto bene?- le domandò piano, quasi sottovoce.
L’interpellata soffiò leggermente. L’espressione del suo viso era calma, come priva di emozioni. Un po’ inquietante, a dire il vero. -No.- mormorò semplicemente. -Niente va bene.- aggiunse sincera, senza voltarsi.
Il biondo inclinò la testa per poterla vedere meglio. -Bianca...-
-Perché è dovuto morire adesso?- l’interruppe la ragazza, ostentando freddezza, pur non potendo nascondere una pericolosa incrinatura nella voce. -Proprio adesso che stavo cominciando a capirlo.- Il capocannoniere non seppe rispondere a quella domanda. Nessuno avrebbe potuto. -E’ morto, capisci? E non so nemmeno perché mi sento così male. Dopo tutto quello che è successo.-
-La morte di Dark ha scosso tutti, Bianca.- le ricordò il ragazzo, spostandole i capelli della frangia che le coprivano le palpebre semichiuse. -E’ normale che tu ti senta così.-
La bruna non aprì bocca per una lunga manciata di secondi. Il motivo non era sicuro, eppure Axel era quasi certo che la ragione fosse l’evitare di farsi sfuggire un singhiozzo. Checché ne dicesse lei, ormai la conosceva e sapeva perfettamente che non le andava proprio giù la voglia di piangere che aveva adesso.
-Vuoi che me ne vada?- le chiese gentilmente quando il silenzio si fu prolungato abbastanza a lungo.
Forse da sola sarebbe stata più a sua agio, in una situazione del genere. Non era il tipo di ragazza che amava mostrarsi fragile, tantomeno nei momenti in cui tutti sarebbero stati fragili... -No!- sbottò, quasi gridando, l’interpellata, lasciandolo di sasso. Si voltò finalmente verso il suo ragazzo, mostrandogli le lacrime che premevano visibilmente per uscire dai suoi occhi. -No.- ripeté flebile. E poi qualche lacrima le rivolò giù per le guance arrossate.
Pur non capendo perfettamente cosa aspettarsi, Blaze si sporse verso di lei per stringerla fra le sue braccia, posando il mento sulla sua spalla. Non ci volle molto che la sentì singhiozzare.
-Non lasciarmi sola.- lo pregò Bianca fra un singhiozzo e l’altro, abbracciandolo forte, proprio come una bambina spaventata.
Il biondo le accarezzò delicatamente la testa e sorrise, a metà fra la tenerezza e la desolazione, all’idea di non poter farlo altro per lei che risponderle con un semplice: -Non lo farò.-







E mentre i titoli dei capitoli sono sempre più strani...
Note di _Kiiko
Sono io che me lo immagino, o ci ho messo un altro mese per aggiornare?
Salve, people. Com’è il capitolo? Spero vi piaccia più di quanto piaccia a me. Perché diciamocela tutta, a me non può piacere. E’ una schifezza.
Vediamo un po’... Lucy. Credo non sia difficile immaginare, visto che mi conoscete, quanto io io mi senta vicina a lei ad un livello fisico, e in un certo senso anche emozionale. Comunque. Ad un tratto mi sono spaventata, perché nel doppiaggio italiano pronunciano il suo nome “Lesi”. E io avevo scritto già tutta la parte di Lucy, ahah... poi ho controllato bene e fortunatamente il nome è corretto. Cioè, sarebbe “Lucie” ma così va bene.
La dipartita di Dark è come la versione animata della sensazione di aver appena ricevuto un pugno nello stomaco, diciamo così; riguardando l’episodio per scrivere bene le battute ho quasi pianto- quasi, perché non piango mai due volte per la stessa cosa. La parte in corsivo fra le parentesi quadre è – ma si capiva, suppongo – un flashforward di due anni.
E’ il momento di prestar fede alla mia parola sotterrarmi. Un bacio! E abbiate pietà, anche se non la merito
Anna

P.S. In teoria avrei vari messaggi a cui rispondere ma sinceramente non saprei come mandare avanti le conversazioni- sarà che la mia testa sta implodendo, ahah. E niente.
  
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