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Autore: Nereisi    24/06/2014    3 recensioni
Nel bel mezzo di una caotica metropoli, persone dotate di poteri conducono la loro vita nascoste. Celata dietro una barriera vi è il GEA, un istituto che accoglie maghi adolescenti per proteggerli e istruirli, dandogli una protettrice, la Madre, e una sola regola: mai uccidere.
La pace e le spensierate risse verranno brutalmente interrotte da una tremenda guerra per il possesso di un ragazzo senza memoria che si ritroverà, suo malgrado, ad avere a che fare con gatti parlanti, piromani e un improbabile gruppo di attaccabrighe.
"Avete presente quando, senza alcun motivo apparente, vi sentite improvvisamente tendere verso qualcosa o qualcuno, come se ci fosse un qualche tipo di legame che vi unisce? Quando abbiamo degli scatti improvvisi che non ci sappiamo spiegare? Di solito li si lascia perdere e non gli si da importanza, continuando a fare quello che stavamo facendo prima, ritornando alla vita di tutti i giorni.
A volte invece ci si lascia guidare da quell'istinto. Può succedere che si scoprano mondi interi e nuove realtà; e spesso possono far sembrare falsa e strana la quotidianità che prima ci sembrava vera e normale."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Terzo: Primi Passi nel Nuovo Mondo
 
 
 


 
                                      
La ragazza dai capelli azzurri aprì la porta della stanza. Come se fossero stati un una camera isolata acusticamente, appena socchiuse la porta un frastuono che prima non era minimamente udibile irruppe nella stanza.
Schiamazzi, grida, rumore di oggetti sbattuti, urla festose, insulti e persino qualche piccola esplosione salutarono l’inizio della sua nuova vita.
Alissa si piazzò di fianco al rettangolo di luce che era la porta, invitandolo ad attraversarlo.
 
- Benvenuto al GEA. –
 

 




 
 
 
Erech si fece coraggio e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo ad Alissa, entrò nel rettangolo di luce della porta.
Un’incredibile quantità di luce gli ferì gli occhi costringendolo a compiere qualche passo alla cieca coprendosi le iridi con le mani. Al contempo, le sue orecchie captarono grande agitazione nell’aria. Le esplosioni che aveva sentito fino a poco prima si arrestarono; al contrario, lo schiamazzo causato da quella che sembrava una grande quantità di persone non accennava a diminuire, anzi: alla sua apparizione era aumentato esponenzialmente.
Erech, divorato dalla curiosità, cercò di far abituare più in fretta possibile gli occhi alla luminosità del luogo; poi, con uno scatto impaziente, tolse la mano, divorando l’ambiente circostante con lo sguardo.
 
 
Davanti a lui, almeno un centinaio di ragazzi e ragazze, tutti adolescenti. Alcuni lo fissavano e lo additavano, scambiandosi ad alta voce commenti e gridandosi l’un l’altro parole che Erech non riusciva davvero a capire visto l’incredibile frastuono, altri non lo prendevano nemmeno in considerazione e si facevano gli affari propri, sempre facendo chiasso. Poco più avanti riuscì a scorgere distintamente quella che aveva tutta l’aria di essere una rissa che nessuno aveva anche solo in mente di fermare. Anzi.
Solo un pugno di persone in prima fila lo guardavano parlando con un tono di voce normale. Uno di loro, un ragazzo dai capelli castano scuro e leggermente mossi dall’aria gentile, intercettò il suo sguardo e gli indirizzò un sorriso incoraggiante a cui Erech ricambiò senza nemmeno pensarci troppo.
Non ebbe nemmeno il pensiero di sentirsi imbarazzato per essere al centro dell’attenzione, tanto era preso a scrutare a propria volta tutta quella gente, per poi estendere il proprio orizzonte.
 
Si accorse con sgomento che tutte quelle persone e lui stesso erano in quello che sembrava un giardino, con tanto di erba e qualche pianta. Al centro faceva bella mostra di sé un gigantesco albero dal tronco immenso che arrivava fin quasi alla cupola e che, con le sue grandi foglie, ristorava con la sua ombra le persone che cercavano riparo dalla calura sotto di lui. Spostò lo sguardo ai lati e si dovette ricredere: era un edificio. Erano dentro a delle mura, con finestre per tutti e quattro i lati. Si vedeva che non era di certo una catapecchia, ma nonostante continuasse a irradiare un alone quasi mistico, la struttura non era certamente curata. Si potevano notare senza sforzo le bruciature annerite e le numerose crepe che correvano su per i muri, come se fosse appena scampata ad un attacco armato. Riuscì persino a scorgere una finestra senza vetri al secondo piano del blocco di destra, riparata alla bell’e meglio con un telo verde di plastica.
Tuttavia non lo trovava per niente un posto lugubre, anzi. Dava un’idea di calore e protezione che Erech trovò quasi nostalgica.
Seguendo con lo sguardo l’innalzarsi dei quattro piani dell’edificio arrivò al tetto. O meglio, alla cupola.
Come ebbe modo di vedere infatti, una cupola di vetro a forma di diamante sovrastava le loro teste, inondando direttamente l’interno dell’edificio con la brillante luce del sole che prima lo aveva accecato.
Sentì all’improvviso la presenza di Mizu al suo fianco e riportò l’attenzione vicino a sé. Si accorse così di essere su di una specie di balconata, collegata al prato sottostante da una breve gradinata di pietra bianca, delimitata da una ringhiera alta poco più di un metro.
 
- Beh? Che te ne pare? – Erech si riscosse, posando lo sguardo su un’evidentissimamente orgogliosa Mizu.
- E’… come posso dire… -  Si guardò intorno, cercando una parola che potesse andare bene - … Accogliente? – azzardò, guardandola di sottecchi.
Shingo non lo degnò di uno sguardo ma Erech sentì chiaramente il suo sbuffo scocciato.
Lei rise piano. – Non sforzarti. So bene come può apparire ad un primo impatto, ma ti assicuro che ci farai l’abitudine in men che non si dica. – rivolse uno sguardo dolce alla folla davanti a noi. Alcuni nelle prime file si accorsero della sua presenza e le rivolsero grandi sorrisi, altri gridarono a gran voce il suo nome, altri ancora si sgomitarono tra loro. Persino la zuffa venne interrotta. Il ragazzo che prima lo aveva salutato fece un cenno del capo a Mizu che lo ricambiò con un sorriso – Sono dei bravi ragazzi. E, da oggi, la tua famiglia. Ora te li presento. –
Fece qualche passo sulla balconata arrivando quasi sugli scalini, mente il silenzio calava man mano che avanzava. Mizu dedicò un sorriso a tutti i presenti; poi, con tono deciso e forte per farsi sentire da tutti senza aver bisogno di alzare eccessivamente la voce, pronunciò solamente:- Buongiorno, GEA. –
Per tutta risposta, la folla esplose in un coro di voci festose.

- Madre! –
- Buongiorno, Madre! –
 
Erech restò impressionato e guardò con meraviglia tutte quelle persone che manifestavano il loro appoggio.
Gli tornarono in mente le parole di Mizu: - Questo e il GEA!  Qui accogliamo e proteggiamo quelli come noi, i maghi.
Quindi, tutte quelle persone…
 
- Sono tutti maghi. – Fenice gli si affiancò, tenendo lo sguardo puntato sulla figura di Alissa. – Ma credo che tu ci sia arrivato da solo, giusto? –
Erech stirò un sorriso, contento che finalmente qualcuno gli attribuisse dell’intelligenza. – Già. –
- Cosa sta facendo? –
- Bah, la solita arringa patriottica che fa ogni mattina più una tua presentazione, giusto per far sapere che la “Madre” ha un nuovo “figlio”. –
Erech lo guardò strano, strabuzzando gli occhi. – Figlio? –
Fenice rise, imbarazzato. – Sì. Guarda, lascia stare. E’ un’altra delle sue stramberie: ha uno spirito materno molto forte ed è iperprotettiva, perciò ogni studente è come se fosse un suo “bambino”. È per questo che quella ciurmaglia la chiama Madre. -
Ci fu un momento di silenzio. Poi: - Li ha portati qui lei. Uno ad uno. Personalmente. –
Sorpreso, il suo sguardo saettò con la coda dell’occhio  fino a Fenice, per poi tornare a posarsi sulla ragazza dai capelli turchini che stava parlando animatamente con la folla.

Il rosso continuò – Questa cosa è meglio che te la dico io; se puoi, cerca di non parlarne con lei. Non è un argomento di cui parla volentieri. – Erech si girò per ascoltarlo con più attenzione.
Fenice prese un bel respiro. – Questa è una delle prime cose che devi tenere a mente qui: non menzionare la famiglia. Di nessuno, in nessun caso. Mai. Soprattutto, non chiedere informazioni a essa connesse a nessuno. E, soprattutto, non a lei. – disse, indicando Mizu con un cenno del capo.
Erech annuì, ma indirizzò uno sguardo confuso a Fenice, che si grattò la nuca sospirando, a disagio.
- Guardati intorno. – gli indicò con il pollice la folla alle sue spalle – Qui ci sono solo ragazzi. E sai perché? – chiese. Erech negò con il capo. – I “poteri”, come li chiama Mizu, si manifestano durante lo sviluppo adolescenziale. Quando il corpo si sviluppa, una bassissima percentuale di ragazzi e ragazze non ancora adulti si ritrova fra le mani un determinato potere che non sanno usare né controllare. Rischiano di far male a se stessi oppure… ad altri. – scoccò un’occhiata veloce a Mizu, un velo di tristezza negli occhi. Scosse la testa e riportò l’attenzione sul ragazzo di fronte a lui, che lo guardava con preoccupazione negli occhi.

- E quindi… cosa succede a questi ragazzi? Vengono portati qui? – chiese.

- Fosse così semplice… no, purtroppo no. Entrano in gioco molti fattori e sono tutti complicati… il primo tra tutti è proprio la questione della famiglia. Sono pochissimi i casi in cui anche uno solo dei genitori accetta la situazione perché anch’esso dotato di poteri. Il GEA è stato fondato solo da dieci anni, per cui questi ipotetici genitori non sono stati “fortunati” e hanno dovuto affrontare da soli il risveglio dei loro poteri e sono stati costretti a convivere con delle abilità di cui non sapevano niente, nascondendosi dalla società; quindi, quando sanno che loro figlio ha l’occasione di crescere imparando a controllare i propri poteri in un istituto pensato apposta per quello, ce lo affidano praticamente subito. Ma questi casi sono rarissimi. Noi maghi siamo una minoranza della società ed è ancora minore la probabilità che un mago abbia un figlio con poteri. Un po’ più frequente è il caso in cui un genitore non-mago accetti il figlio per quello che è e acconsenta alla sua “istruzione”. – gettò uno sguardo verso Mizu e, constatando che stava finendo il suo discorso, si affrettò a concludere il proprio.

- Purtroppo, la maggior parte dei casi comprende passati che non vogliono essere menzionati come, per esempio, l’aver ferito qualcuno… In alcuni casi abbiamo dovuto procedere con la rimozione della memoria di alcuni testimoni. – Erech lo guardò spaventato.
– Non fare quella faccia! – sbottò Fenice, irritato. – Cosa pensi succederebbe se la nostra esistenza venisse sbandierata alla società? Nel suo stato attuale, il mondo non è pronto. Ancora i popoli di una stessa terra si ammazzano in nome del proprio credo, molte persone vengono discriminate per il proprio orientamento sessuale o il colore della loro pelle… addirittura per i loro gusti musicali. Pensi davvero che accetterebbero la nostra esistenza? Siamo una minoranza, ricordatelo. Potrebbero sterminarci, usarci come armi umane, fare esperimenti su di noi… non oso nemmeno immaginarlo. E sai che c’è? Molto probabilmente, da qualche parte, sta succedendo. – Lo guardò con uno sguardo carico di frustrazione e impotenza – Forse, da qualche parte, un ragazzo che non siamo riusciti a salvare in tempo è sottoposto a tutti questi supplizi. –
Erech fu scosso nel profondo da quelle ultime parole, come se lo avessero toccato personalmente.

Fece per chiedergli qualcosa, ma il tonante ed improvviso rombo della folla coprì le sue parole.

Fenice gli diede un paio di pacche sulla schiena e gli urlò – Dacci dentro! È il tuo momento! –

 
Come se qualcuno gli avesse appena fatto esplodere un palloncino in faccia, Erech, che fino a qualche secondo prima era totalmente concentrato sulle parole del rosso e sull’assimilare quante più informazioni possibili, si ritrovò scaraventato davanti ad una marea di persona che schiamazzavano e gridavano, mentre Mizu lo guardava soddisfatta con le mani sui fianchi.
Si sentì le guance andare letteralmente a fuoco, imbarazzandosi come non mai.

Anche se era al centro dell’attenzione di tutta quella gente, non aveva la minima idea di cosa dovesse fare. Doveva salutare? Doveva sorridere? Erech ci provò, ma il risultato fu un ghigno tiratissimo che spaventò pure lui.
(S)Fortunatamente , sopraggiunse Shingo con la sua naturale gentilezza: - Mizu, questo novellino se la sta facendo sotto. Andiamo, su. –
Indeciso se essergli riconoscente o no, Erech non poté fare altro che seguire la ragazza dai capelli azzurri, dopo che questa gli aveva indicato con un cenno del capo di starle appresso.

Scesero la breve gradinata che univa la balconata con il terreno, che Erech constatò essere effettivamente erba, portandosi allo stesso livello della folla che si apriva per lasciarli passare. Con Fenice dietro, Erech si incuneò nel mezzo della ressa.
Si sentiva spiaccicato da ogni parte come una sardina, certi momenti non riusciva nemmeno ad avanzare ed era costretto a spingere come un ossesso per riuscire a farsi strada. Mizu, invece, sembrava non accorgersi di nulla. La ressa si divideva  per farla passare, mentre lei distribuiva sorrisi e parlava animatamente con molti di loro, per poi chiudersi immediatamente dopo il suo passaggio. Ora che era in mezzo a loro, il caos era ancora più frastornante. Molti gli gridavano frasi incomprensibili, a volte riusciva a captare qualche saluto rivolto nella sua direzione. I botti e le piccole esplosioni erano tornate a farsi sentire e Erech avrebbe quasi scommesso che la rissa che prima aveva subito una pausa per ascoltare Mizu ora era tornata in piena attività. Il ragazzo si trovò a pensare che, effettivamente, molti dei presenti non avevano propriamente l’aspetto di persone affidabili.
Se all’inizio tutta quella gente allegra ed esuberante gli era risultata simpatica e gli aveva dato una sensazione di calore, ora era un filino preoccupato.
Quando gli avevano parlato di “istituto” e “istruzione”, nonché di passati il più delle volte tristi e per nulla piacevoli, si era aspettato di incontrare persone serie e relativamente composte; ma le sue aspettative erano state miseramente sbriciolate al primo approccio: erano una banda di scalmanati e delinquenti!

Proprio mentre pensava queste cose, un ragazzo che sarà stato almeno il doppio di lui gli impedì il passaggio, piazzandosi di fronte a lui di spalle e discutendo animatamente con un altro ragazzo, che non si faceva scrupoli a rispondergli per le rime. E rime non proprio candide.
Sconfortato, Erech si girò per cercare appoggio da Fenice ma non lo trovò. Probabilmente la folla doveva averlo diviso dal gruppetto.
 

Come ultima ancora di salvezza, lanciò uno sguardo verso Mizu, che neanche se ne accorse, troppo presa a discutere con un’altra ragazza con lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo.
A corrispondere il suo sguardo, invece, fu Shingo che, scrutandolo con occhi penetranti di felino, prima sbuffò con fare irritato, poi balzò dalla spalla di Mizu, saltò su arti e teste varie e infine atterrò sulla spalla di Erech, non facendosi scrupoli ad artigliare la maglietta del ragazzo e facendo affondare le unghie nella carne per tenersi in equilibrio. Si sedette con fare regale e altezzoso e, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo, fissò ostinatamente verso la schiena della ragazza dai capelli turchini che continuava imperterrita a camminare.
Erech lo fissò come se fosse un alieno, totalmente spiazzato.
I presenti invece, che avevano seguito gli spostamenti del gatto nero con lo sguardo, appena lo videro atterrare sulla spalla del moro e guardare avanti, si ammutolirono. Il gigante che gli aveva impedito il passaggio e il suo compare, appena videro che Shingo li stava fulminando con lo sguardo, fecero un salto sul posto e si affrettarono a fare spazio. Per la prima volta da quando era arrivato, Erech riuscì a percepire solo un flebile brusio terrorizzato dalla folla che continuava a scrutare il felino, in attesa.
 
Una sola parola mosse impercettibilmente le vibrisse dell’animale. – Spostatevi. –
Come un sol uomo, ragazzi e ragazze si spostarono velocemente lasciando libero il passaggio fino a Mizu, che Erech si affrettò a raggiungere dopo uno stimolo sotto forma di unghiata da parte del suo inatteso “salvatore”.
Mizu, accortasi dell’improvviso silenzio, si girò verso di loro con aria di rimprovero.
- Shingo. Li stai terrorizzando di nuovo! –
- Tsk!- esclamò lui con sufficienza. – Pappemolli! È ora che imparino un minimo di disciplina! Se fosse per te, che li vizi in questo modo, regredirebbero fino allo stato di cavernicoli. – Un brusio indispettito si levò leggero dalla folla. -Questo posto non è un parco giochi! – affermò Shingo alzando leggermente la voce e di nuovo tutti si ammutolirono.
 
- Terribile come sempre eh, micetto? – lo salutò la ragazza che fino a qualche secondo prima stava parlando con Mizu. Erech spostò la sua attenzione su di lei proprio mentre la ragazza allungava la mano e rifilava una delicata pacchetta sul capo dell’animale.
 
Gli risultò simpatica a prima vista. I capelli erano biondi e legati in una alta coda di cavallo; non erano lisci ma leggermente mossi, come se li portasse spesso in forma di treccia. Aveva grandi e brillanti occhi marrone chiaro, un viso piccolo e luminoso e un sorriso allegro e determinato. Indossava dei pantaloncini sportivi e una canotta blu chiaro che faceva risaltare la carnagione leggermente abbronzata.
 
Shingo gettò un basso ringhio d’avvertimento, evidentemente irritato dal gesto della ragazza che, per tutta risposta, rise non prendendolo sul serio. Ritirò la mano e si girò, puntando i lucenti occhi nocciola su Erech.
 
- Ciao! Tu sei quello nuovo vero? – Lei gli tese la mano – Io sono Ambra. Benvenuto al GEA! – disse, sorridendogli. Erech ricambiò la stretta, che notò essere sicura e ferma.
- Erech. – rispose semplicemente lui, tentando un sorriso.
 
La presa della stretta di mano si fece improvvisamente rigida. Ambra lo fissava sgranando gli occhi, pietrificata. Erech aggrottò le sopracciglia. Ritirò la mano e si guardò intorno, ricevendo come risposta gli sguardi inorriditi di Fenice e Mizu. Intercettò un veloce scambio di sguardi, poi Fenice gli venne meccanicamente vicino e gli batté una mano sulla spalla, indicando Ambra.
- Non dargli troppe confidenze, amico! Lei è quella che ti ha quasi incenerito con un fulmine! – disse, e rise. Dal tono di voce palesemente nervoso Erech capì due cose: la prima era che Fenice non era bravo a fingere, la seconda che voleva cambiare argomento senza darlo troppo a vedere. Decise di spostare la sua attenzione su Ambra per reggergli il gioco, sebbene non ne capisse il motivo e perché, effettivamente, era sorpreso.
 
- Tu…? – chiese, squadrandola intimorito.
Lei arrossì e girà lo sguardo, imbarazzata. – Q-Quello non era nei programmi, in effetti. – balbettò. – Ero presa dal sedare la rissa tra quei due – Indicò il gigante che prima aveva impedito il passaggio a Erech ed il suo compare i quali, accorgendosi dello sguardo della bionda su di loro, si affrettarono a confondersi con la folla – E non ho fatto troppa attenzione alla mira. – Sospirò. – Scusa. – Concluse, imbronciata.
- Ah… tranquilla. Alla fine non è successo niente, no? – azzardò.
Ambra gli sorrise, riconoscente, per poi puntare a sua volta il dito su Fenice – E comunque – ruggì – tu lo hai quasi arrostito, quindi non fare tanto il santarellino! –
Fu il turno di Fenice per arrossire, mentre la biondina si portava le mani ai fianchi sorridendo vittoriosa.
- Eh sì, di questo mi ricordo! – le diede man forte Erech. Non voleva ammetterlo ma lo divertiva parecchio vedere Fenice raggiungere la stessa colorazione dei suoi capelli. Ambra scoppiò a ridere.
 
Una voce scocciata nella spalla riportò Erech alla realtà.
- Bene, basta così bambini. – esclamò Shingo dalla spalla di Mizu, con tono palesemente irritato. – Muovetevi, siamo in ritardo. –
Erech non fece in tempo a chiedere “In ritardo per cosa, esattamente?”  che il felino alzò il tono di voce, rivolgendosi a tutti i presenti. – A chiunque decida di non presentarsi alla lezione… - assottigliò lo sguardo, rendendolo tagliente. – Complimenti per l’audacia. –
 
 
Mentre un brivido di terrore correva per le schiene della folla, Mizu sollecitò il gruppetto a farsi strada fino ad arrivare dall’altra parte del cortile interno, entrando nell’edificio opposto a quello dell’infermeria dove si era svegliato Erech.
 
Appena entrati, si trovarono in quella che aveva tutta l’aria di essere un’aula. Era gigantesca, evidentemente pensata per contenere  un largo gruppo di persone; in compenso, la mobilia era scarseggiante. A parte qualche banco malmesso e qualche sedia traballante sparsi per la stanza, le uniche cose che sembravano essere curate e integre erano una lavagna che copriva gran parte di uno dei muri e una piccola e alta cattedra di legno posta davanti ad essa. Ai due lati della lavagna, nel muro, si potevano vedere due scale, che con tutta probabilità salivano al piano superiore.
 
Si spostarono di lato, lasciando passare il resto delle persone che si distribuì nello spazio dell’aula. Alcuni rimasero in piedi, altri si sedettero per terra. Ci fu qualche piccola scaramuccia per accaparrarsi i pochi banchi o le sedie ma in una manciata di minuti tutti avevano preso posto. E, stranamente, erano tutti in silenzio.
Erech spostò lo sguardo da una parte e dall’altra, in cerca del “professore”. C’era una cattedra, una lavagna e degli alunni in attesa. Mancava solo il docente e poi sarebbe sembrata una normale (si fa per dire) classe.
Con sua sorpresa, a muoversi verso la pedana della cattedra fu Mizu. Ma fu con sommo stupore che vide che chi prendeva posto sulla cattedra altri non era che Shingo.
Mentre Mizu tornava verso il gruppetto, il felino scrutò i presenti con i suoi profondi occhi verdi, per poi miagolare un – Buongiorno. –
Alcuni risposero al saluto, altri fecero un cenno con il capo.
 
Erech era seriamente sconvolto. In quelle ultime ore la sua esistenza e tutti i punti fermi della sua vita, per quanto pochi e confusi, erano stati miseramente sbriciolati.
Aveva appreso dell’esistenza della magia e dei maghi, era stato curato con un canto, aveva scoperto l’esistenza di un istituto che conteneva tutte quelle follie insieme ai suoi rumorosi abitanti e, ultimo ma non meno importante, era stato preso in giro da un gatto parlante. Un gatto parlante. E, a quanto sembrava, era temuto e rispettato da tutti. Forse più temuto che rispettato.
E fin qui, per quanto folle, la situazione poteva anche essere capita.
Per quanto esile ed evanescente, aveva un suo filo logico.
Ma da qui a vedere quello stesso gatto parlante tenere una lezione a quel gruppo di esaltati come se fossero in una normalissima scuola… Ne passava di acqua sotto i ponti!
 

Shingo cominciò a parlare.
 
- Come tutti avete avuto modo di vedere, oggi si unisce a noi un nuovo membro. Per ripassare e per fare chiarezza tra le sue poche e confuse idee, vediamo di ribadire i concetti fondamentali. – Erech accusò la frecciatina, ma non replicò all’occhiata tagliente del felino.

– Se non sapete chi sono e quello che faccio, o siete stupidi o non avete ascoltato le mie lezioni. In entrambi i casi, morirete presto. Questo è il GEA. – pose una zampa in avanti per sottolineare il concetto. - Qui accogliamo, cresciamo e aiutiamo lo sviluppo educativo di noi cosiddetti maghi. In questo istituto, io insegno teoria di base. Significa che ogni parola che dico, sia qui che fuori, vi sarà utile per tenere il culo al caldo e non schiattare prima del tempo.  Ciò comprende le nozioni basilari ed essenziali per vivere nel nostro mondo, alternate a quelle per vivere nel mondo normale, ovvero nella società, dove verrete reintrodotti al termine dei vostri studi. La durata di tali studi dipende esclusivamente da voi e dalle vostre capacità. Sia ben chiara una cosa: non ho mai spedito là fuori dei somari. E non intendo cominciare ora. – Nuovamente trafisse Erech con lo sguardo. Il ragazzo si indispettì.

- Ehi! Mi sta praticamente dando dell’idiota davanti a tutti! – sussurrò ad Ambra. Lei ridacchiò.
- Tranquillo, tratta tutti così. Guarda. –
 
Erech incontrò lo sguardo di alcune persone che lo guardavano con compassione, ragazzi e ragazze che comprendevano cosa stesse passando e che intimamente tifavano per lui. Quasi si commosse.

- Puoi anche non credermi, ma sotto sotto ha un gran cuore. Tiene molto a ciascuno di noi. – aggiunse Ambra. Sebbene scettico, Erech sperò che fosse vero.
 
La voce di Shingo tornò a farsi sentire. – In questo istituto, che lezioni che frequenterete durante tutto l’anno sono solo le mie. Potete immaginare i vari corsi come fasi del vostro apprendimento: una volta completata una si passa a quella successiva. Per questo ho detto che la durata dei vostri studi dipende dalle vostre capacità. Ora passerò a presentarvi le altre persone da cui dipenderà la vostra vita da ora in avanti. – fece un cenno con il capo in direzione del gruppetto. – Avvicinatevi. –
 
 
Dalle prime file si alzò un ragazzo che prese posto di fianco alla cattedra. Quando si girò, Erech riconobbe il ragazzo che gli aveva rivolto un sorriso gentile quando si era trovato improvvisamente ritrovato faccia a faccia con tutti gli studenti dell’istituto.  Lo squadrò con attenzione. Aveva corti capelli castano scuro, limpidi occhi azzurri e, anche se emanava un’aura modesta, si ergeva con sicurezza al fianco di Shingo.
Shingo che, Erech notò con un pizzico di invidia, indirizzò quello che sembrava un sorriso al nuovo venuto, prima di girarsi di nuovo verso la folla.
- Fammi un favore  e presentati al novellino. –
Il ragazzo castano face un passo avanti e sorrise educatamente ad Erech. – Il mio nome è Dorlas. Felice di conoscerti. – l’interpellato rispose con un cenno del capo, ricambiando lo sguardo.

Shingo riprese la parola. – Come tutti voi saprete, Dorlas è uno dei primi insegnanti al quale ci si deve rivolgere poco tempo dopo l’entrata al GEA. Insieme a lui imparerete a controllare i vostri poteri, che è una delle cose essenziali per riuscire a tornare nel mondo esterno. Se non li sapete controllare, siete un pericolo per voi e per chi vi sta attorno: per questo motivo, lui sarà il primo insegnante con cui avrete a che fare. Se non superate questa fase, non sarete ammessi alle mie lezioni: poteri incontrollati in uno spazio ristretto con molte persone sono molto più che pericolosi. Dopo il Controllo, abbiamo il Potenziamento. Losille, vieni avanti. –
 
Si sentì uno strano fruscio dal soffitto.
L’attenzione di Erech fu catturata da una ragazza decisamente singolare, tant’è che si chiese come diavolo avesse fatto a non notarla. Doveva avere qualche problema agli occhi.
Era vestita in un modo che Erech trovò… stravagante, a dir poco. Portava un lungo vestito  che ricalcava il modello di quelli dei nobili dell’Ottocento Europeo. Le maniche erano staccate dal corpo principale dell’abito, legandosi al braccio sotto all’attaccatura delle spalle con una striscia di pizzo bianco, lo stesso che ornava il bordo superiore e inferiore dell’abito. Un collare di raso nero le stringeva il collo diafano, un fermaglio a forma di rosa raccoglieva parzialmente di lato i boccoli nocciola che a malapena raggiungevano le clavicole. Sottili occhi verde prato scrutavano la folla sottostante con uno strano luccichio.
Dei rami che entravano dalla finestra, attorcigliati fra loro, avevano creato una specie di altalena ancorata al soffitto, sulla quale lei era seduta. Si allungarono in direzione della cattedra, depositandola di fianco a Dorlas per poi ritirarsi e uscire dalla finestra.
 
- E ora che abbiamo finito l’entrata in scena per impressionare i nuovi arrivati… -  le ringhiò sommessamente Shingo
La ragazza ghignò, tirò fuori da una delle larghe maniche un ventaglio, lo aprì e nascose le proprie labbra dietro di esso, assottigliando maliziosamente gli occhi – Oh, suvvia. Un po’ di distrazione non ha mai fatto male a nessuno. Vero, Dorlas? –
L’interpellato annuì nervosamente, avvicinandosi leggermente alla cattedra.
- Tsk. Comunque, costei è Losille. Si occuperà di potenziare il vostro controllo sui poteri, insegnandovi come utilizzarli per scopo difensivo e offensivo. Insomma, con lei imparerete a combattere. – disse sbrigativamente.
 
Losille individuò Erech nella folla e gli fece un occhiolino da dietro gli occhiali. Il malcapitato sentì un involontario istinto che gli gridava di scappare ma si trattenne e si limitò a guardare da un’altra parte. Quella che con tutta probabilità era una pacca si solidarietà si abbatté sulla sua schiena e vide Fenice alzargli il pollice, incoraggiante.
 
- E ora, l’ultima. Autodif – un lampo si scagliò nello tra Dorlas e Losille, facendosi prepotentemente spazio tra i due.
- Ambra! – ruggì Shingo – Disgraziata! Se mi rovini l’aula ti disintegro! –
 
La luce ridacchiò e prese le sembianze della ragazza – Oh, ma dai. – disse, attaccandosi al braccio di Dorlas – Lo dici sempre ma in fondo sei un tenerone! –
 
Mentre il ragazzo moro le sorrideva velocemente e i presenti si lasciavano andare a delle lievi e sommesse risate per poi essere ferocemente zittiti da un imbarazzatissimo felino, Erech, sconvolto, fece scattare lo sguardo vicino a sé dove, fino a qualche  istante prima stava la ragazza, per poi riportarlo verso la cattedra.
- Non esserne sorpreso. Dopotutto, lei è un fulmine. – gli bisbigliò Mizu. Erech arrossì, sentendola così vicina.
- V-vuoi dire… che l’elettricità è il suo potere? –
Lei gli sorrise – Vedi che Shingo si sbaglia su di te? Sei un tipo sveglio. – disse, dandogli una pacchetta in testa.
 
Il gatto nero riportò l’ordine, tossicchiando perentorio. – Questa testa vuota… -
- Ehi! – protestò Ambra
- … insegna Autodifesa. – continuò imperterrito Shingo – Ovvero, lotta corpo a corpo. Autodifesa e Potenziamento vengono insegnati simultaneamente: ciò vuol dire che potrete decidere quale delle due lezioni frequentare e quindi quale disciplina approfondire. Ci sono tuttavia un numero minimo di presenze richieste. Così come svilupperete i vostri poteri, così dovrete allenare il vostro corpo, altrimenti sarete sopraffatti da essi. Inoltre, non tutti i poteri esistenti sono portati per i combattimenti. Ognuno di voi dovrà essere in grado di difendersi da solo. Più il corpo è forte, più i poteri sono meglio controllabili. Come si dice, mens sana in corpore sano. -
 
Shingo prese un respiro, continuando il suo discorso. – Questi sono i vostri insegnanti. Loro vi educheranno e vi cresceranno per il periodo di tempo in cui starete in questo istituto. –
 
 
Erech li osservò, indeciso se sentirsi intimidito o ammaliato.
Erano ragazzi, più o meno della sua età, ma la fierezza e la dignità con cui svettavano davanti a tutte quelle persone gli conferiva una maturità che lui in quel momento poteva solo sognare di avere. Come aveva detto Fenice, probabilmente molti di loro avevano dei brutti passati. Eppure, avevano trovato il coraggio per diventare forti e ora guidavano ed educavano un esercito di pericolosi scalmanati.
Non poté fare a meno di ammirarli.
 
 
Un picchiettio nervoso e febbrile sulla punta di una scarpa lo spinse a guardare verso il basso. Un paio di ragazzi terrorizzati seduti per terra incrociarono il suo sguardo, indicandogli convulsamente con il dito la direzione della cattedra. Erech seguì con lo sguardo il verso da loro indicato, trovando ad aspettarlo più o meno pazientemente un felino che ostentava calma, sebbene la sua nera coda stesse sbattendo sul piano ligneo troppo velocemente.
 
- Hai del fegato a distrarti mentre io sto parlando. –
 
Il ragazzo si pietrificò sul posto, abbassando lo sguardo con il viso in fiamme.
Fenice gli si avvicinò. – Consiglio spassionato: mai, e dico: mai farsi trovare disattenti da lui. –
- Sì, l’avevo capito. – gli ringhiò di rimando, scocciato. Cos’era, un istituto o una caserma?!
 
- Stavo dicendo… - riprese Shingo – Questi sono i vostri insegnanti. Però, c’è un’altra persona che voi tutti conoscete che sarà importante, per non dire vitale, durante i vostri giorni al GEA. Per molte persone, è stata la prima figura legata a questo mondo che hanno incontrato. –
 
Davanti agli occhi di Erech, la folla seduta per terra si mosse e fece spazio, lasciando un passaggio fino alla cattedra.
 
- Non è solo la nostra guaritrice. È anche la persona insieme alla quale scoprirete di che tipologia sono i vostri poteri. –
 
Alcune ciocche di capelli azzurri gli svolazzarono davanti al naso, mentre una figura sinuosa percorreva il sentiero che l’avrebbe portata di fianco al felino che, con evidente orgoglio, la annunciava.
 
- Colei che ha donato una nuova casa ed una nuova famiglia a ciascuno di voi delinquenti. Ringraziate di averla incontrata sul vostro cammino! –
 
Alissa si girò, regalando un sorriso a tutti i presenti.
 
- Eccomi qua! Come al solito, Shingo, sei troppo severo con loro e troppo poco con me. – si rivolse a Erech. – Come Shingo ha appena detto, insieme a me i nuovi arrivati scoprono di che natura sono i loro poteri. Esistono tre classi di suddivisione: Eterei, Mutaforma e Next. Gli Eterei sono coloro che hanno il potere di influenzare l’ambiente esterno, gli elementi e la natura in generale. Io, assieme a tutti i vostri insegnanti, rientriamo in questa categoria.
Dopo, ci sono i Mutaforma. Costoro sono in grado di mutare la loro forma corporea e trasformarsi in animali. Come certamente saprete, il vostro qui presente docente di teoria di base è egli stesso un Mutaforma. –
 
Shingo dedicò a Erech uno degli sguardi più sprezzanti che il ragazzo avesse mai visto, sillabandogli “Mutaforma” . Imbronciato, Erech si girò verso e gli fece il verso, scimmiottando l’atteggiamento del felino.
 
- Ehi, lo sai che se ti vede sei finito? –
Erech alzò lo sguardo verso Fenice. - Ma cosa pretende?! Io sono nuovo di qui, queste cose non potevo saperle… è ovvio! Forse è proprio lui che ha “una ristretta capacità celebrale”. -
Il rosso soffocò una risata tra i denti, incassando la testa tra le spalle.
- Beh… è un tipo molto orgoglioso. Molti lo sottovalutano vedendo la sua forma mutata, ma non sanno che ha parecchi assi nella manica… primo tra tutti, il suo polso d’acciaio! – condivisero una risata, non curandosi delle occhiatacce di Shingo.
Un paio di ragazzini seduti per terra davanti a loro che avranno avuto al massimo dodici anni li guardavano ammirati.
- Siete coraggiosi per ignorare il professore a quel modo! – disse uno.
- Già! – rincarò l’altro – Soprattutto tu, che sei uno nuovo! – fece all’indirizzo di Erech – Ma si può sapere chi sei? –
Il moro ricambiò lo sguardo sorpreso. Non si aspettava tanta ammirazione: in fondo aveva solo messo in chiaro che quel gatto non gli andava a genio. Sorrise al suo interlocutore. – Io? Ah, mi chiamo… -
Un braccio intorno alle spalle per poco non lo soffocò, strozzandolo.
 
- Ah! Guarda, sta finendo la sua spiegazione. Ti conviene stare attento e ascoltare! – gli sussurrò animatamente Fenice, per poi fissare insistentemente lo sguardo su Mizu.
A quella reazione i due ragazzini sembrarono ridestarsi e si affrettarono a girare di nuovo la testa verso il fondo dell’aula.
Erech guardò Fenice, spaesato; poi decise di fare come gli era stato detto e riportò lo sguardo sulla ragazza dai capelli turchini.
 
- Come ultima categoria abbiamo i Next. Sono persone che hanno parti del corpo o funzioni vitali super sviluppate. Sono abbastanza diffusi, perciò molti ipotizzano che siano l’anello che congiunge esseri umani normali e noi maghi. Ci sarebbe un’altra categoria, ma sono talmente rari… - Mizu lasciò la frase in sospeso, captando lo sguardo di Fenice. - … Fa niente, ne parleremo un’altra volta. Ragazzi, vi lascio alle vostre rispettive lezioni. Buona giornata!  -
 
 
                                                                                                            + + + + +
 
 
 
- Dove stiamo andando? – chiese Erech.
 
Appena Mizu aveva finito di parlare, lei e Fenice lo avevano portato fuori dall’aula insieme a loro. Ora stavano attraversando di nuovo il giardino. Una volta arrivati al centro del giardino interno, di fianco all’imponente albero, la coppia si girò.
 
- In effetti, a causa della confusione di prima ci siamo dimenticati di una cosa molto importante… in questo istituto non userai il tuo nome. Te ne verrà assegnato uno nuovo, che utilizzerai durante tutto il periodo in cui soggiornerai qui. Anche se al GEA siamo quasi come una famiglia, non sai mai cosa potrebbe riservarti il futuro una volta usciti da qui. Per questo motivo, per tutelare e tenere segrete le sue origini, ogni studente viene ribattezzato. –
 
Erech rimase di sasso. Adesso capiva i precedenti comportamenti di Fenice e la strana reazione di Ambra quando lui si era presentato.
 
 - … Allora è per questo motivo che tu – chiese, puntando lo sguardo su Mizu – hai cambiato nome? Non era perché eri in una situazione pericolosa? –
- No, quello che ti ho detto era vero. Dopotutto, che motivo avrei di preoccuparmi riguardo possibili minacce nel mondo esterno se io non esco mai dal GEA? –
- Non esci mai? – ripeté sconvolto – Come puoi non uscire mai? –
- Beh, i mei ragazzi mi danno molto da fare. – disse, lanciando uno sguardo dolce verso l’aula dove Shingo, si poteva udirlo grazie alle finestre spalancate, stava animatamente spiegando ai suoi alunni. – E poi… - continuò, prendendosi una ciocca tra le dita – Non credo che una ragazza con i capelli azzurri passi così inosservata sai. –
 
Erech stette un attimo in silenzio. Strinse i pugni, fissandosi i piedi.
Comprendeva le motivazioni dietro a quelle decisioni, ma…
 
- Però… - mormorò. – Pero… ! – alzò il capo – Il mio nome è l’unica cosa che ricordo del mio passato! Non so niente di me! Non so chi sono! L’unica cosa che mi ricordo con sicurezza sono queste cinque lettere. Se me lo portate via… Magari, a forza di essere chiamato con un altro nome, scorderò il mio! –
 
Una risata cristallina si librò nell’aria.
 
- Ehi! È quello che ripeto sempre anche io a  Fenice! – rise Mizu mentre si asciugava un occhio.
– Non temere. Grazie alla tua impulsività, sia io che Ambra siamo a conoscenza del tuo vero nome; senza contare questa qui. – disse Fenice, battendogli sulla schiena e indicando Mizu con il pollice – Ora che ha trovato qualcuno nella sua stessa condizione non lo mollerà più. Inoltre… - la sua espressione diventa improvvisamente seria – Se non ti tuteli, perderai qualcosa di ben più prezioso di un nome. –
 
Erech lo fissò negli occhi a lungo.
Il rosso lo guardò di rimando senza problemi, sostenendo il suo sguardo.
 
- Va bene. –
 
 
Mizu fece un piccolo applauso, l’altro gli diede una pacca su una spalla.
 
- E adesso – fece la turchina, girandosi verso il tronco dell’albero – Vediamo di… -
 
Un improvviso boato fece tremare il terreno  facendo interrompere a metà la frase alla ragazza, che con occhi sbarrati cercò lo sguardo di Fenice. Il rosso ringhiò, avvicinandosi a lei.
Fulmineamente i due presero i ciondoli delle loro collane, che Erech si accorse in quel momento essere uguali, e se li portarono alle labbra. Con sua grande sorpresa, i piccoli cerchietti dorati si illuminarono flebilmente e da essi scaturirono delle voci.
 
- Sono loro. –  
 
- Tch, proprio adesso.– Fenice si voltò verso Mizu – Tu torna in infermeria. Erech – l’interpellato alzò la testa al suono del proprio nome – Veloce, vai dalla palla di pelo e digli di mettere in sicurezza gli studenti. – si voltò, cominciando a correre e sparendo velocemente alla vista.
 
Erech si voltò verso Mizu – Che succede? Chi sono “loro”? –
Lei gli rispose con un sorriso forzato guardando il terreno. – Sebbene noi maghi siamo una minoranza, è numericamente impossibile che gli studenti dentro al GEA siano tutti i maghi di questo paese, non ci avevi pensato? –
Erech scosse la testa.
La ragazza lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, improvvisamente svuotata della sua allegria.
 
- A volte capita… che ci sia un mago che non riusciamo a prendere in tempo. –
 
I boati tornarono a farsi sentire.
 
- E se non lo prendiamo noi… -
 
Le vibrazioni dell’aria fecero tremare le ossa a Erech come un oscuro presagio.
 
- … Lo fa qualcun altro. –
 
 Alissa sollevò verso di lui i grandi occhi blu, in quel momento velati da amarezza mentre uno strano vento, certamente non il soffio forte e gentile che lo aveva aiutato a sfuggire allo Zwire e sicuramente non la brezza che la avvolgeva mentre cantava, le entrava nei vestiti e le scompigliava i capelli. Il cielo si fece improvvisamente cupo.
 
- Non siamo soli. –
 
 

 
Angolino dei Funghi
Finalmente! Eccomi qui con il nuovo capitolo!
Mamma mia, è stato un vero e proprio parto… avevo detto che avrei aggiornato ogni due settimane, ma da quando è finita la scuola sono successe molte cose… alcune non proprio felici… spero possiate capirmi.
Spero di riuscire a farmi perdonare con questo capitolo, secondo i miei standard, lunghissimo! È un capitolo decisamente importante. Vengono introdotti gli altri personaggi primari e viene spiegato meglio cosa effettivamente si fa al GEA.
Ho trovato sul web un character maker che mi ha dato la possibilità di “creare” il viso delle nostre protagoniste femminili (non maschili, ahimè… se mi consigliate un buon character maker maschile sarò supercontenta! ç_ç ).
Grazie a questo, ecco a voi Alissa, alias Mizu! (spero si veda bene)

 

 
Come al solito ringrazio chi ha lasciato commenti e chi li lascerà: lo sapete che sono il mio pane!
Detto questo… arrivederci al prossimo capitolo!
Baci
animelover
  
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