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Autore: Floryana    25/06/2014    3 recensioni
Io sono ShiroYasha. Io sono un demone asceso dagli inferi. Io sono un mostro sanguinario che ha tolto la vita a molti. Io sono colui che vive all'ombra della morte. Nessuno si preoccuperà se muoio. Nessuno si preoccuperà se vivo. Nessuno si accorgerà che esisto. Io non temo la morte. Io non temo il giudizio delle divinità. Io credo solo nel mio bushido perché io sono un samurai…o no?
Genere: Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gintoki Sakata, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Prima parte

Correva in un bosco, alla cieca.
Non sapeva dove stava andando e non gliene importava.
Le gambe gli facevano male e ansimava.
"Salvati!" era questo il grido che gli rimbombava nella testa.
Aveva paura, troppa paura anche solo per riuscire a guardare dove andava.
Anche solo per aprire gli occhi.
Anche solo per pensare.
Desiderava trovarsi da un'altra parte. Oh, quanto lo desiderava!
Ma ora era la, da solo, a correre via da tutto e da tutti. A lasciarsi alle spalle i suoi cari, i suoi amici,i suoi parenti...
Dietro di lui il fuoco, le cui punte tendevano verso l'alto, quasi a toccare il cielo, quasi a volerlo raschiare con i loro artigli.
Ora tingevano l'intera volta celeste di un rosso intenso, che andava via via a sbiadirsi più lo sguardo tendeva verso l'alto.
Stava distruggendo un complesso di case, forse una volta era un villaggio.
Voleva i suoi genitori; voleva i baci della madre; voleva gli abracci del padre; voleva che tutto ciò fosse solo un incubo;voleva...
All'improvviso un ramo lo ferì al braccio, interrompendo i suoi pensieri.
Non ci fece caso e continuò la sua folle corsa.
Dopo un pò, neanche lui sapeva quanto, potevano essere passati secondi, minuti, ore, le gambe non ressero e cadde a terra.
Provò a rialzarsi facendo leva sulle braccia, ma non ci riuscì.
Il corpo fremeva per l'estenuante corsa.
Calde lascrime gli rigavano le guance e, cadendo, bagnavano il terreno.
Davanti ai suoi occhi gli apparvero le immagini della madre, supina a terra e immersa in una pozza di sangue;nella sua testa rimbombavano ancora le parole del padre:
"Scappa! Mettiti in salvo!" e subito dopo  un fremito scosse il suo corpo mentre un rivolo di sangue gli usciva dalla bocca e un uomo, alle spalle, estraeva dal suo torace una katana.
Era vestito da monaco con il simbolo del Yatagarasu disegnato sopra.
Chiuse gli occhi cercando di cacciare dalla mente quelle immagini.
Si raggomitolò su sé stesso.
Tremava. Tremava e piangeva, di un pianto silenzioso, doloroso...
Dolore! Si, era questo ciò che sentiva. Il dolore, quasi una lama invisibile che trafrigge il suo cuore e lo attraversa da parte a parte.
Una fredda punta di metallo tenuta da mani ignote.
Dopo un pò di tempo che sembrò quasi un'eternità, si addormentò.
Fu una notte lunga, costellata da dolci ricordi e tristi visioni.


Seconda parte


Un anno.Era passato un anno da quella notte.
Un anno che vagabondava per il Paese senza una meta ben precisa.
Un anno che faceva quella vita, se si poteva ancora chiamare vita.
Andare per i campi di battaglia a depredare i cadaveri dei pochi viveri che avevano: era questo ciò che faceva.
Aveva solo sei anni, ma aveva già visto tanti orrori, troppi per un bambino della sua età.
Ora il suo unico desiderio era quello di sopravvivere, sopravvivere fino all'ultimo tenendo fede all'ultima promessa fatta al padre.
Quella tacita promessa che si scambiò col genitore: uno sguardo speranzoso da parte di quest'ultimo, uno sguardo di dolore da parte del bambino.


Quel giorno il sole splendeva alto nel cielo.
C'era un caldo torrido ma egli non sembrava preoccuparsene.
Indossava un leggero kimono azzurro tenuto in vita da una fascia biancastra.
Aveva i capelli anch'essi bianchi ma sporchi di fango e terra donandogli una tonalità tendente al grigio.
Un brontolio rupe il silenzio di quella mattina.
Da due giorni non metteva qualcosa in bocca e i morsi della fame cominciavano a sentirsi.
All'improvviso un odore acre gli giunse alle narici: era sangue!
Lì vicino si era svolta una battaglia.
Amanto contro umani, oramai era così da quattro anni: guerre, guerre e solo guerre che imperversavano in tutto il Paese.
Gli umani volevano la libertà, gli alieni solo depredare a discapito degli uomini.
Continuò ad avanzare e vide davanti a sè un campo di battaglia.
Si nascose dietro ad un masso per osservare meglio ciò che era successo.
Pezzi di cadavere erano sparsi un pò ovunque: doveva essersi svolta una battaglia molto violenta.
Lentamente il ragazzino uscì dal suo nascondiglio e cominciò a vagare tra i morti.
I suoi occhi sondavano attentamente il terreno quando all'improvviso lo sguardo si posò su un sacchettino attaccato alla cintola di un samurai.
Spostò la testa di lato con fare sospettoso; dopo aver osservato bene i dintorni, lentamente avvicinò la mano alla cintura, ma, all'improvviso, il samurai aprì gli occhi e,con un rapido movimento della mano, bloccò il polso del ragazzino.
Egli, dal canto suo, cercò di liberarsi dalla stretta ferrea del vecchio e, tanto fece, che riuscì nel suo intento ma perse l'equilibrio cadendo all'indietro, sbattendo con la schiena al terreno.
Il ragazzino alzò la testa tenendo fisso lo sguardo negli occhi  dell'uomo e al contempo tremando dalla paura.
Aveva tanta paura. Non come quella notte, sia chiaro, ma aveva paura.
Una risata ruppe il silenzio e il ragazzino, tremando, spostò lo sguardo alle sue spalle.
Una amanto, visibilmente divertito, tra un colpo di tosse e l'altro, stava ridendo.
Aveva la testa apoggiata a un masso, una katana infilata nell'addome e gli mancava un braccio; ma stava ridendo. E di gusto anche!
A quella vista, anche il vecchio samurai si mise a ridere; e continuarono così, a ridere e tossire.
Il ragazzino prima spostò lentamente il suo sguardo da quello del vecchio a quello dell'alieno e viceversa, poi, dopo qualche istante, si alzò di scatto da terra e urlò ai due di smettere.
Questi, anzichè dargli ascolto, continuarono a ridere e anzi alzarono il tono di voce.
"Smettetela vecchiacci!" urlò il ragazzino, al limite della sopportazione.
All'improvviso il samurai smise di ridere e, con sguardo adirato, si rivolse al bambino.
"Come ti permetti?!" cominciò "Come osi rivolgerti con questo tono a Sakata Gintoki, uno dei più forti guerrieri Joi esistenti?"
"Suvvia vecchio, non prendertela!" lo fermò l'alieno.
"Non me la sono presa, è solo che non mi va che un ragazzino mi metta i piedi in testa, tutto qua..."
"Uffa" lo interruppe l'amanto, poi, rivolto al bambino "Non farci caso, hai ragione, è davvero vecchio"
"Guarda che il commento era rivolto anche a te" lo apostrofò questi.
L'alieno scoppiò nuovamente in una grossa risata.
"Sei troppo divertente,moccioso!" disse dopo essersi calmato "Come ti chiami?"
Il diretto interessato lo guardò per qualche istante poi,lentamente abassò lo sguardo.
"Non me lo ricordo..." disse quasi con un filo di voce.
Non riuscì a completare la frase,le parole gli morirono in bocca.
Sentì un nodo alla gola mentre gli occhi bruciavano.
Una grossa lascrima gli rigò la guancia.
Strinse i pugni cercando di ricacciare indietro le lascrime che prepotentemente volevano uscire; chiuse gli occhi e tentò di cacciare il nodo che sentiva alla gola.
Inutile, le lacrime cadevano copiose dai suoi occhi, rigavano le guance, toccavano le labbre inasprite dalla mancanza di acqua e cadevano a terra.
Si era ripromesso di non piangere più, di essere forte, di non farsi più piegare...
Inutile. Era tutto inutile; per quanto cercasse di fare la persona grande, rimaneva pur sempre un bambino; un indifeso bambino a cui mancava ardentemente la vita con i suoi genitori, a cui mancavano i giochi con gli amici...


"Ehi, ragazzo!" una voce proveniente da lontano lo ridestò come da un incubo.
Aprì gli occhi e si rese conto di essere ancora nel campo di battaglia, in compagnia di quei due tizi sconosciuti.
"Ragazzo calmati, nessuno voleva farti piangere. Vero idiota?" fece il samurai rivolto all'amanto.
"Ma stai zitto!" rispose quest'ultimo "È chiaro che sta piangendo perchè ha visto la tua faccia, vecchio!"
Il ragazzino si asciugò le lacrime con la manica del kimono e abbozzò un leggero sorriso.
"E così non ti ricordi il tuo nome..."
"Io so perchè!" replicò l'amanto "Si vede che hai ricevuto un forte shock. Solitamente il cervello tende a dimenticare eventi traumatici".
"E tu come fai a dirlo con tanta certezza?" gli chiese il vecchio.
"Semplice, sul pianeta dal quale provengo ero un dottore" disse l'amanto con naturalezza.
Il samurai lo guardò qualche secondo con aria persa, a misto tra lo stupore e l'incredulità.
"Si certo" rispose con aria sarcastica "e io sono l'assistente dello Shogun"
"Guarda che è vero!" replicò l'alieno con disappunto.
"Certo... e un dottore sarebbe venuto qua per cosa? Esperienze dopo la morte?"
"Samurai, ci sono molte cose che non sai"
"A davvero? Forza dai, parla, sono tutto orecchie!"
"Allora, prima di tutto , al popolo del mio pianeta così come agli altri della galassia non importa niente di un pianeta così piccolo e insignificante ma il "Tendoshu" ha fatto tante di quelle pressioni ai governi che questi hanno deciso di accontentarli e puntare verso la Terra. Già che c'erano, hanno avuto anche la brillante idea di arruolare nell'esercito tutti coloro che avevano le capacità per combattere. E così, eccomi qui!"
"Idiota"
"Senti chi parla"
"E poi, che sarebbe il "Tendisho" o come l'hai chiamato tu?"
"Tendoshu. E comunque sono un gruppo di alieni molto potenti. Basta, non so altro!"
"Lasciamo stare, le questioni politiche non fanno per me! Allora" fece il samura rivolto al ragazzino "Non hai parenti da cui andare?"
Questi scosse energicamente la testa; purtroppo non aveva più nessuno.
"Ragazzino, ti prego, non mettere di nuovo il broncio" Lo richiamò l'alieno "Senti" disse in seguito con fare pensieroso "Ho deciso di farti un regalo. La vedi questa spada nel mio addome? Bene, devi sapere che la pelle della mia razza è molto spessa e questa katana è riuscita a tagliarmi un braccio e trapassarmi da parte a parte. Ti sarà molto utile"
Dicendo così, afferrò l'elsa della spada e la estrasse dall'addome.
Il sangue cominciò a fuoriuscire a getti andando a sporcare la terra tutt'intorno.
Con mano tremante, l'alieno porse delicatamente la spada al ragazzino per poi cadere di nuovo con le spalle sul masso.
Il samurai, dal canto suo, non rimase a guardare la scena: era troppo intento a cercare anche lui un regalo.
Guardò in giro alla ricerca di qualcosa poi, ad un tratto, gli venne un'idea: aveva trovato il suo regalo!
"Ragazzino" lo richiamò a sé il vecchio "Anche io ho un regalo per te. Mi piacciono molto i tuoi capelli! Visto che a me non serve più, ho deciso di donarti il mio nome: Gintoki Sakata! Allora, che ne dici?"
Il ragazzino guardò prima uno, poi l'altro e rimase per un istante a bocca aperta.
Lentamente abbozzò un leggero sorriso
"Grazie" riuscì a dire soltanto.


Terza parte

C'era un campo di battaglia davanti ai suoi occhi.
Si guardò attorno pensieroso.

"Un demone vi dico" stava parlando una donna anziana, sulla ottantina. Indossava un leggero kimono rosa stretto alla vita da un obi blu.
I capelli oramai bianchi, erano tenuti sopra la nuca da un stretto chignon.
Era in piedi davanti a lui e, nonostante cercasse di mantenere un'aria dignitosa, si vedeva chiaramente che era spaventata.
La voce era leggermente inclinata e le mani tremavano.
Certo, poteva essere a causa del'età, ma egli preferì pensare che fosse dovuto allo spavento.
'Ma guarda che mi tocca sentire...' pensò.
si trovava davanti all'entrata del suo dojo, in pigiama, svegliato da una vecchia che era andata a battere al suo portone alle cinque di mattina.
Aveva freddo, voleva ritornarsene a letto e invece doveva stare a sentire questa povera donna in preda ad allucinazioni riguardanti demoni bianchi, oni e strani eventi soprannaturali.
'Insomma' si trovò a pensare 'Nell'epoca degli alieni ancora credere a queste stupidaggini...'
"Vi dico che è vero" continuava nel mentre la vecchia nel suo monologo o, per meglio dire, soliloquio "Lei mi deve credere, maestro Shoyo. Io l'ho visto. L'altra notte, quando sono andata in quel campo di battaglia per cercare alcune provviste, l'ho visto.
Era seduto su alcuni cadaveri: aveva gli occhi rossi e i capelli grigi che gli donavano un'aria spaventosa.
Alle sue spalle splendeva un'imponente luna; così grande non l'avevo mai vista!
Maestro Shoyo, lei deve fare qualcosa!" disse ad un tratto con fermezza, irrigidendo tutti i muscoli del cuo corpo.
Pronunciò con così tanta enfasi l'ultima frase, che il maestro si risvegliò dai suoi pensieri.
Alla vista della donna, così trasandata e con ciocche di capelli che le cadevano ai lati, effetto dovuto all'infervoramento che aveva manifestato durante il discorso, il maestro non potè fare a meno di sorridere e biascicare qualche parola per cercare di calmarla.
Sta di fatto che la donna non se ne andò finchè non riuscì ad avere la promessa che il samurai andasse a controllare di persona l' estitenza del suddetto demone.

                                Continua...




Ed eccoci così al secondo o, per meglio dire, primo capitolo di questa storia (perchè il precedente era solo il prologo).
Spero che questo capitolo non vi annoi durante la lettura (anche se ne dubito fortemente) perchè (mi rivolgo ai pochi che lo leggeranno fino alla fine) non succede quasi nulla.
Ad ogni modo, ora che penso, nello scorso capitolo, come in questo del resto, avevo inserito dei termini in giapponese che pochi di voi avranno compreso. Quindi ho deciso di scrivere un glossario per rendervi più agevole la lettura.

                          GLOSSARIO

-ShiroYasha: lett. Demone Bianco (soprannome dato a Gintoki durante la guerra Joi)
-Joi (termine dal manga): gruppo di guerrieri con lo scopo di cacciare gli amanto dal Paese
-Amanto (ter. dal manga): lett. "gente venuta dal cielo", termine col quale vengono indicati gli alieni.
-Yukata: sorta di kimono informale indossato perlopiù in estate
-Bokuto: riproduzione in legno della katana giapponese
-Yatagarasu: corvo a tre zampe, di proprietà della dea del sole Amaterasu
-Obi: cintura tipica giapponese
-Dojo: ter. giapponese che indica il luogo ove si svolgono gli allenamenti alle arti marziali
-Oni: mostri del folklore giapponese simili agli orchi occidentali
A un certo punto, il samurai, rivolgendosi al ragazzo, gli dice che ha dei bei capelli e gli dona il suo nome, Gintoki. Letteralmente "Gin" significa "argento" e, in questo caso, il samurai si riferisce ai capelli del ragazzo che assumono sfumature argentee.

Bene, spero di aver chiarito alcuni interrogativi che potrebbero essere sorti durante la lettura.

Ora passiamo ai ringraziamenti:
ringrazio Yato kamui e izzie_sadaharu che hanno inserito la storia nelle preferite e un'altra persona molto speciale che mi ha aiutato nella correzione di tutti gli errori di questo capitolo.
Ringrazio inoltre tutti coloro che hanno letto questi due capitoli e rinnovo il mio invito a lasciare qualche commentino.

Noi ci risentiamo al prossimo capitolo
Saluti, Floryana :)





 
  
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