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Autore: freya__    25/06/2014    2 recensioni
If you want to find Camp Jupiter, I'm not going to stop you, Reyna.
Genere: Avventura, Azione, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Reyna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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4. Mari in tempesta e incubi rivelatori
 
Hylla ormai aveva preso il comando della nave, facendo inversione per raggiungere la California, dove avrebbe attraccato e sarebbe scesa, rilasciando ai pirati nuovamente la loro nave. Ancora doveva decidere cosa fare e come continuare a proteggere sua sorella dopo che sarebbe scesa lì. Era indecisa ma non potevano continuare a vivere così.
Era notte e lei era ancora nella cabina di controllo, tentando di pilotare lo yacht, scoprendo che era una vera noia, soprattutto se messo a confronto con una vera lotta a corpo libero. Si era dimenticata quanto fosse gradevole combattere, specialmente quando si ottiene una soddisfacente vittoria.
Ad un tratto si alzarono le onde e pian piano divennero sempre più alte, sballottando la nave da tutte le parti. La povera Hylla, oltre a cercare di continuare a comandare lo yacht, non riusciva a tenere il giusto equilibrio e veniva dirottata da tutte le parti.
“Dannazione!” imprecò, cercando di lanciarsi verso i controlli ma perdendo miseramente l’equilibrio e storcendosi una caviglia, ma ciò non le procurò grandi ferite.
Trasalì e l’agonia si fece spazio nelle vene della giovane, ma lei non si perse d’animo e si sollevò, zoppicando verso i comandi.
Fece qualche manovra e riuscì a mettere una specie di pilota automatico, poi uscì dalla cabina. Qualche pirata era ancora fuori intento a fare qualche ultimo accertamento, quando lei decise di ordinare loro di andare sottocoperta, ed immediatamente.
“Tutti sottocoperta!” urlò continuando a zoppicare e stando attenta a non scivolare sul pavimento bagnato, mentre la nave continuava a sballottarli da una parte all’altra.
“Ma… mia signora, ci sono ancora molte cose da…”
“Non c’è tempo! Se vuoi rimanere vivo e non essere ammazzato da questa tempesta ti conviene seguire il mio ordine, è chiaro?” sbraitò interrompendolo e quel pirata, intimorito, seguì il suo ordine facendo il saluto tipico.
Lei anche si diresse sottocoperta, nella sua nuova e lussuosa cabina dove sua sorella, nel suo lettino sotto il suo, dormiva profondamente, russando piano e  dolcemente.
Per un attimo, Hylla dimenticò il mal di mare, i conati di vomito e i vari sballottamenti dovuti alla tormenta e si intenerì nell’osservare quella scena del tutto amabile.
Si sedette accanto a lei e iniziò ad accarezzarle dolcemente i capelli e un’ondata di nostalgia la spinse a fare una smorfia triste e una lacrima involontaria partì dall’occhio destro, spingendola a pulirsela in fretta con il palmo della mano. L’ultima cosa che desiderava era proprio quella di apparire debole.
Ma in quel momento ebbe diversi flashback.
Uno in particolare la riportò a quando erano piccole, quando suo padre tornava da lavoro per stare un poco con loro e coccolarle, cullarle e cantar loro una dolce ninna nanna, oppure raccontare una storia antica, sulle leggende romane e antiche legioni vittoriose. La sua leggenda preferita era quella di Orazio Coclite, il quale si sacrificò per Roma contro gli Etruschi.
La storia parla di un ponte: il ponte Sublicio, costruito sul fiume. Nell’antica Roma consentiva di raggiungere la città.
Gli Etruschi, guidati dal re Porsenna, cercarono di attraversarlo per assediare la città. Visto il pericolo imminente, Orazio Còclite, un giovane romano, si precipitò sul ponte ad affrontare i nemici mentre gridava ai soldati romani: “Tagliate il ponte”.
Ben presto sotto i duri colpi di scure il ponte crollò trascinando nel fiume etruschi e lo stesso Orazio Còclite. Il ragazzo raggiunse a nuoto la città, ma Porsenna era solo per il momento sconfitto. Infatti egli non si ritirò e pose l’assedio alla città.

Lei amava quei vecchi tempi.
Sapere di avere il padre accanto e sapere di avere una protezione sicura, un riparo tranquillo, qualcuno che stava sempre lì per proteggerle senza che lei dovesse minimamente preoccuparsi.
Ora non era più così, non da quando lui era morto in quell’incidente.
Ora odiava doversi sentire succube o sotto la protezione di qualcuno in particolare.
Sembra che qualcosa o qualcuno gliel’avesse fatto a posta. Il tutto era arrivato come fosse stato uno schiaffo inaspettato, un bel ceffone che suonava come un be’ ti è piaciuto stare dalla parte della ragazza dal di dietro costantemente parato? Ora vediamo che fai!
E da quel momento si era dovuta preoccupare per due.
Per sé e per sua sorella.
Era una dura lotta ma ce l’avevano fatta, per quel momento…
Era così presa e concentrata nel ragionare circa il suo futuro e quello della sorella che non si era accorta del silenzioso ma evidente arrivo della madre.
La dea era vestita con una toga rossa semplice che le arrivava solo fino a metà coscia e si stringeva sull’addome grazie ad una cinta nera. I capelli erano raccolti in una coda di cavallo semplice ed un diadema contorto, con rubini incastonati, era delicatamente posato sulla sua testa.
Il suo sguardo era sornione, privo di emozioni, gioie, dolori.
Era decisamente priva di rughe.
Una distesa piatta, priva di impurità.
Quando la giovane se ne accorse, si asciugò in fretta un’altra lacrima e si voltò per guardarla, anche se non aveva più emozioni da esprimerle.
Cosa avrebbe dovuto mai provare? Gioia nel rivederla, tristezza, rancore per l’abbandono? Non lo sapeva…
Era certa però che fosse lì solo per qualche altra dritta e poi sarebbe andata via ancora una volta, lasciandole sole.
“Fammi indovinare: piangere non fa di te una guerriera onorevole?” suonò sarcastica Hylla, continuando ad asciugarsi le lacrime e incrinando la voce in un fastidioso rumore strozzato, per trattenere il pianto.
“So che hai paura. So che non è solo il pianto a spaventarti. So come ti senti, Hylla! Hai paura, paura di cosa succederà dopo, di che fine farete tu e tua sorella, paura di perdere l’unica persona su cui fare affidamento e l’unico tesoro che tu possieda” rivelò la dea ancora fredda e neutrale.
“Paura…” riecheggiò sorridendo ancora per una volta sarcastica la ragazza, abbassando lo sguardo “parli della paura come se ne sapessi qualcosa…”
“Io ne so più di quanto tu possa credere, Hylla. E… una cosa che posso farti imparare è che tutti i migliori guerrieri hanno paura, figlia mia. Solo il più pazzo e il più assurdo non ha mai paura. Ma è proprio la paura che da un’apertura al mondo del coraggio” afferma sicura e ferrea la dea.
Hylla si sentì stranamente rassicurata a quelle parole. Sapeva che sua madre aveva ragione e che lei era solo troppo scossa e che non stava ragionando più. Era un segno della stanchezza.
“Quindi… anche tu hai paura?” domandò la ragazza mantenendo lo sguardo basso.
La madre sorrise e annuì convinta.
“Sì, Hylla. Molte volte…” ammise.
Seguirono alcuni secondi di silenzio rassicurante e in quel periodo di tempo Hylla massaggiò le mani alla sorella che dormiva tranquilla. Si accorse che effettivamente aveva ragione. Se non avesse paura, se non fosse preoccupata, non sarebbe neppure lì davanti a lei a parlarle.
“È la seconda volta che appaio qui e trovo la mia piccola Reyna dormire. Ahimè, temo che questa lettera dovrò consegnarla a te. Mi posso accertare che tu gliela riferisca?” le consegnò la carta che Hylla prese riluttante.
“C-cos’è?” si accigliò, girandosela tra le mani.
“È una lettera di presentazione per il Campo Giove. Una sorta di raccomandazione, vale anche per te, se tu vuoi entrare. Ma prima dovreste passare da Lupa. La dea vi darà una mano, è una sorta di rito di iniziazione per vedere se siete idonee.”
“Il C-campo Giove?” balbettò lei con ancora in mano la lettera.
La madre si limitò semplicemente ad annuire.
“Lì è il posto più adatto per semidei come voi, figlie mie.”
Detto ciò si allontanò lentamente e sparì in una nuvola rossa, lasciando Hylla sola, ancora colma di domande.
Il Campo Giove. Cos’è? Dove si trova? E Lupa? Queste domande non trovarono una risposta pronta ma un campanellino d’allarme le suonava in testa. Una campanella che le faceva intuire che sotto c’era qualcosa e che lei sapeva di cosa si trattasse.
Quel mare di pensieri si mischiarono con la stanchezza, a tal punto da provocarle un lancinante mal di testa. Infine decise di non pensarci molto e stendersi nel suo letto, aspettando che le sue palpebre arrivassero a pesare sino a tal punto da farla cadere in un profondo sonno, che, effettivamente, non tardò ad arrivare ma l’incubo  le fece quasi desiderare con fervore di risvegliarsi all’istante.
Si ritrovò nel bel mezzo di una foresta. Aveva il fiatone, evidentemente aveva corso.
Nel sogno sembrava più grande e più atletica. Indossava una canotta porpora, aderente al suo corpo snello e slanciato. Aveva degli aderenti leggins neri in pelle. I suoi capelli, che dovevano essere regalmente ed elegantemente legati in una treccia, ora erano disordinati con dei ciuffi che uscivano dalla treccia e un frontino diviso in due le coronava la testa. Aveva il suo pugnale stretto in mano e si girava confusa.
Hylla Ramìrez-Arellano risuonò una voce gentile e femminile.
Hylla continuava a voltarsi spaventata e confusa, vagando disperatamente con gli occhi in cerca di qualcuno che in realtà non conosceva, ma di cui avvertiva la presenza.
“Chi sei?” urlò in allerta, continuando a vorticare su se stessa cercando di afferrare qualcuno con lo sguardo, ma in realtà non vedeva nessuno.
La foresta risplendeva delle prime luci dell’alba e rendeva l’ambiente sicuramente più tranquillo, il che aiutò molto Hylla a rasserenarsi.
Sono la dea Lupa, allevatrice di Romolo e Remo. Preparo i semidei ad entrare al Campo Giove.
La voce della dea risuonò ancora una volta come una ninna nanna e calmò l’animo della ragazza, che rilassò le spalle.
Ad un tratto, tutto intorno a lei, attraverso la nebbia, iniziarono ad intravedersi dei bagliori blu, che stranamente rilassarono Hylla ma non del tutto, infatti strinse ancora di più l’elsa del suo pugnale.
Poi uscirono dei lupi allo scoperto, ma sembravano innocui. Più in là, dritto di fronte alla ragazza, si fece avanti un lupo bianco con occhi blu che non aveva affatto un’aria minacciosa.
Tranquilla, figlia di Bellona. I miei figli non ti faranno alcun male. Voglio solo parlarti. Parlò ancora in maniera gentile la dea, attraverso la mente.
Tu e tua sorella siete destinate a grandi cose, ma tu dovrai scegliere la tua strada! Puoi scegliere di venire ad addestrarti e poi giungere al campo oppure proseguire per la tua strada, ed avere un destino differente. La avvertì la dea.
Hylla non capiva se si trattasse di un invito o di qualche forma di minaccia, ma sapeva che infondo aveva ragione. C’era qualcosa che le diceva che quello che intendeva la lupa non era affatto nulla di maligno.
Era stufa di vivere sempre con qualcuno che le dava riparo. Se doveva vivere in un gruppo non voleva più sentirsi al riparo né desiderava vivere in un gruppo di gente incapace di difendersi e, soprattutto, non voleva più vivere in un gruppo con maghe o figlie di Ecate. Aveva veramente imparato a disprezzare la Magia e le sue figlie. Dopo l’esperienza con Circe…
Hylla si obbligò a non pensarci più.
Sapeva che più ci ragionava su più la cosa le faceva salire conati di vomito e brividi ovunque.
Meglio non pensarci… si ripeté.
“Quale sarebbe il mio destino se decidessi di non arrivare al campo?” domandò poi, ma non era sicura di ricevere una risposta pronta.
Mi dispiace, figlia di Bellona, questo lo dovrai scoprire a tue spese. Disse la dea.
Poi il sogno cambiò e si vide maggiorenne – probabilmente sulla ventina? – e sicuramente il suo fisico era ancora più snello e sinuoso.
Era seduta con aria regale su un trono fatto di libri e si trovava in un’immensa sala, scortata da delle ragazze che fungevano da guardie.
Indossava una tuta di pelle nera e stivali dello stesso colore. Aveva una treccia – la stessa del precedente sogno, ma più ordinata – e non portava alcuna corona, ma intorno alla vita portava una cintura fatta di maglie d’oro concatenate in un motivo tipo labirinto.
Poi d’un tratto si ritrovò di nuovo in un altro posto, ma era buio e non c’era niente.
Il tuo destino probabilmente non è quello di vivere al campo, figlia di Bellona… Lupa si rivelò di nuovo e poi il sognò finì, e Hylla si alzò dal letto così tanto in fretta che andò a sbattere la testa contro il tetto.
“Ouch!” bofonchiò massaggiandosi la testa.
Intanto Reyna rideva divertita come poche volte aveva fatto.
Hylla la osservò confusa.
“Che hai da ridere?” domandò inarcando le sopracciglia.
“Non lo so, domandalo a te stessa appena sveglia mentre va a sbattere la testa contro il tetto” rispose tra una risata e l’altra.
Hylla sollevò un sopracciglio confusa e poi fece spallucce, non volendoci pensare molto e sorrise divertita. Era ancora scossa.
Cosa significava la seconda parte del sogno? Desiderava più di qualsiasi altra cosa poter riparlare con Lupa e chiederle spiegazioni ma poi ricordò la sua ultima frase, nella prima parte del sogno.
Mi dispiace, figlia di Bellona, questo lo dovrai scoprire a tue spese.
Infine capì che lo avrebbe capito con il tempo e che non poteva ricevere la pappa pronta ogni volta.
Poi arrivò un urlo da parte di un marinaio che diceva “TERRA!”
“Capitano Hylla, siamo giunti a terra!” la avvertì un altro marinaio, un mozzo più giovane, irrompendo nella sua stanza.
Hylla si alzò freneticamente dal letto,  si catapultò fuori e si affacciò dal parapetto della nave e confiscò ad un pirata il suo cannocchiale. Vide che c’era terra a circa 500 metri da dov’erano.
Poi si tolse il cannocchiale e ammirò stupita.
“Siamo arrivati in California.”
 

Angolo dell’autrice che era sparita e che è magicamente ricomparsa (tranquilli! Ero solo a farmi un viaggio!):

 
Aloha bellissima gente!
Vi sono mancata? Ditemi di sì altrimenti vi punirò con altri quindici giorni senza un capitolo! Scherzo! Ovviamente non vi farei soffrire così tanto.
Stiles Stilinski: la modestia è una cosa che non ti viene… rassegnati!
Stilinski! Torna nel fandom dei lupi mannari.
Stiles: ma …
*lo fissa torvo* se non vuoi che ti azzanni …
Stiles: Okay, afferrato il concetto. Sei tu il capo! *sparisce con un Puff*
Okay, torniamo al fandom di Zio Rick!
Dicevo – prima di essere interrotta da quel rompipalle di Stiles, ti voglio bene rompi-scatoline –…
Comunque sia, mi dispiace dover dirvi questo e farvi soffrire, ma dovrò nuovamente assentarmi tra circa otto giorni poiché parto per Valencia per quindici giorni (YAY!) quindi in questo periodo cercherò di attivarmi più spesso e provare a “partorire” qualche altro schifosissimo capitolo (lo so che tanto vi fanno schifo e che… va beh, dai! Infondo non scrivo così male… Stiles: Yeeek! Scherzi? Secondo gli standard della tua prof di italiano sei una mediocre… ah! Nemmeno Scott il suo primo anno da licantropo faceva così schifo. Stilinski! Tornatene da dove sei venuto altrimenti ti incateno con uno strozza lupi e con un bavaglio alla bocca nello sgabuzzino, e lo faccio! Stiles: *bofonchia qualche imprecazione contro l’autrice e muove le chiappe altrove*)
Scusate ancora questi inconvenienti, ma quello è peggio di una sanguisuga quando ci si mette!
Anyway, questa settimana – intendo quella che è passata – non sono stata presente, almeno, non molto, perché sono stata a Parigi e senza connessione wifi ma, soprattutto senza il mio computer, ma avevo un quaderno (… che per altro non ho utilizzato e … Stilinski se ricompari di castro con un proiettile d’argento di Kate Argent!).
Comunque spero di esservi mancata e che il capitolo sia di vostro gradimento!
Ah, ultima cosa!
Chi di voi segue (o meglio, seguiva) Teen Wolf? Io, diciamo, che l’ho scoperta da poco come serie e mene sono innamorata. E sì, Stilinski è un personaggio di quel telefilm! (Precisazione per chi non lo sapesse).
Spero che non ci siano errori e continuerò a ringraziare sino alla nausea (in senso buono, ovvio) i miei recensori (King_Peter, Treacherouss, Darck_Angel, FoxFace00 e se ce ne sono altri), ringrazio anche i lettori silenziosi, preferiti, favoriti, ricordati e blablabla…
 
Grazie ancora e scusate i ritardi!
Fearlessmjle_
  
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