POV GINNY
Non era
possibile che fosse successo davvero. Non poteva essere
così. Tutte le cose
terribili intorno a Ginny scomparvero –le luci verdi delle
maledizioni senza
perdono, i morti coperti di polvere e macerie dalle pupille come di
vetro, i
Dissennatori che vagavano rabbiosi e schiumanti, la figura scomposta
del
Signore Oscuro a terra, le grida di dolore- annullate
dall’immagine del corpo
di Draco che si afflosciava sul terreno, dalle sue parole che
sembravano troppo
un addio acerbo e prematuro. Gli occhi di Ginny, che avevano capito
subito, che
avevano registrato il pallore mortale del viso tanto amato e le labbra
bluastre,
scrutavano a fondo la pelle per cercare anche solo un fremito, un segno
di vita
e le mani cercavano a tutti i costi di convincerla che se il corpo era
caldo
allora voleva dire che stava bene. Era così sereno che
sembrava addormentato. Ginny
provò ad urlare, stretta in una morsa d’angoscia,
ma dalla sua bocca contratta
non uscì alcun suono e dalla sua gola solo un rantolo roco:
-Aiuto! Vi prego
aiutatemi! Sta male! Aiuto, aiuto…. Vi prego, qualcuno mi
aiuti…- Posizionò la
testa di Draco sulle sue ginocchia, senza badare alle lacrime che
bagnavano
copiose il ragazzo senza vita. Gridò ancora ed ancora, urla
che non avevano
nulla di umano, che sembravano più il richiamo di dolore di
un animale lacerato
da una trappola o colpito da una freccia. Gli accarezzò i
capelli, lo strinse
al petto e lo cullò, tolse la terra dai vestiti, gli
baciò la fronte e gli
sussurrò che sarebbe andato tutto bene, che non avrebbe
più sofferto. Appoggiò
la fronte sulla sua e disse, baciandogli gli occhi: -Ti amo anche io,
Draco. Mi
senti? Ti amo anche io-
Per quale
motivo il mondo non era ancora caduto dal suo asse? Perché
il sole non era
esploso nel cielo? Perché le persone intorno a lei
continuavano a vivere, a
combattere, se Draco era morto? E soprattutto, che cos’era
ora il suo futuro e
per cosa valeva la pena di soffrire ancora? Alzò il viso,
fissando per la prima
volta insensibile e apatica l’orrore che la circondava,
desiderando solo di
riavere indietro Draco. Alla sua destra c’era Blaise con gli
occhi fissi sul
corpo dell’amico come se non riuscisse a crederci.
-E’
morto,
Blaise. Non c’è più e non
ritornerà- pronunciò la prima parte della frase
guardandolo
stupita, poi si accorse che la voce era rotta, che vedeva il mondo
attraverso a
una cortina di lacrime, che Draco era andato da
un’altra parte, un luogo dove lei non poteva
raggiungerlo. Allora
lo posò a terra, lo guardò con amore e
abbracciò Blaise piangendo
disperatamente: -Se ne è andato senza di me…. Non
mi ha aspettato-
L’amico
pianse con lei, sopportando quel dolore che li stava distruggendo da
dentro,
che sembrava non avere fine, ma le prese il viso fra le mani e le disse
nel
modo più dolce e risoluto possibile: -Non è vero,
Ginevra. E’ proprio qui,
dietro l’angolo e ti sta aspettando. Ora dobbiamo andare-
-Io non lo
lascio- erano in mezzo al campo di battaglia, circondati dai morti di
entrambe
le linee ma anche tra i combattimenti furiosi dei superstiti eppure lei
non
voleva abbandonarlo un’altra volta. Blaise caricò
sulle sue spalle il corpo
rigido dell’amico e facendo scudo con il suo corpo a Ginevra
urlò: -Al mio tre,
corri ed entra nel castello. Là ci sono l’Ordine e
la tua famiglia: ti
proteggeranno. Uno, due, tr… GINNY! DOVE VAI?!- Non poteva
lasciare che
l’assassino di Draco rimanesse impunito, non poteva
permettere che il suo
sforzo andasse perduto, così a testa bassa corse attraverso
il campo, giungendo
dietro le retrovie nemiche dove i
superstiti combattevano l’ultimo duello ed Harry Potter
finiva Voldemort. Anche
il preside Silente stava duellando con Bellatrix Lestrange in una lotta
all’ultimo
sangue. Il Signore Oscuro lanciò un urlo agghiacciante da
terra e in un ultimo
gesto disperato pronunciò un Avada Kedavra che Harry non
fece in tempo a
schivare con un controincantesimo. Ginny cercò di
avvertirlo, ma fu preceduta
da Silente che, interponendo il suo corpo tra l’anatema e
Harry, venne colpito
in pieno petto e cadde, senza vita, sul terreno. I suoi arti formavano
un arco
innaturale anche se non c’era traccia di ferita sul suo corpo
accartocciato. La
rossa si mise le mani davanti agli occhi ed urlò. La
professoressa McGranitt
prese il posto del preside mentre alcuni membri dell’Ordine
della Fenice
sconfiggevano i Mangiamorte rimasti a proteggere il loro Signore. Non
si capì
bene come finì il tutto: una grande esplosione
sbalzò tutti i presenti a terra
e fece sollevare una nebbia di polvere insanguinata. Ginny dolorante
tossì,
strappando un pezzo della sua camicia per metterselo davanti alla
bocca. Gli
occhi bruciavano per la polvere e nelle orecchie rimbombava lo scoppio
dell’esplosione. Harry era in piedi davanti al corpo di Lord
Voldemort, ma
fissava il suo mentore, il professor Silente a pochi passi da lui con
le
lacrime che scioglievano lo sporco sulle sue guance. Hermione e Ron
erano al
suo fianco, entrambi commossi e si abbracciavano. Piano piano tutti i
sopravvissuti si alzarono, aiutandosi l’un l’altro.
Nessuno rideva, gioiva o
festeggiava: erano stati così tanti i morti che quella
guerra sembrava una
sconfitta perfino per i vincitori; a terra, erano troppi i corpi
immobili,
sanguinanti, irriconoscibili e deformati. Ginevra si alzò e
diede un’ultima
occhiata alle spoglie di Voldemort che si stavano sgretolando come
cenere al
vento. Non covava alcun sentimento di vendetta: il suo cuore non
c’era più, al
suo posto vi era una voragine che non si sarebbe più
riempita, o almeno così le
sembrava. La voce di Harry arrivò forte e chiara: -Abbiamo
combattuto insieme e
abbiamo distrutto Voldemort. Adesso occupiamoci dei feriti e dei nostri
morti-
La Sala Grande divenne un ospedale improvvisato, ma le vittime erano
così tante
che non ci stavano… La professoressa Sprite girava da un
ferito all’altro
aiutata da madama Chips che ricuciva tagli e spalmava unguenti, anche
per molti
non c’era più tanto da fare. Ginny raggiunse la
branda dove giaceva Draco e si
sdraiò accanto a lui, cercando di riscaldarlo come era
solita fare la sera
quando dormivano insieme e si addormentò, stretta al suo
corpo. Fu una mano a
svegliarla, scuotendola piano: -Ginny, vieni, non devi stare qui. Mi
dispiace
così tanto…- Sua madre la guardava con gli occhi
pieni di lacrime, con i tratti
addolorati. I suoi fratelli gemelli erano dietro di lei, sporchi e
mesti, Harry
accanto al letto, il capo abbassato. Blaise stringeva la mano del suo
migliore
amico. Sembravano tutti in lutto, ma nessuno di loro poteva davvero
capire come
si sentiva, nessuno di loro si era visto morire tra le braccia
l’amore della
propria vita.
-Lui mi ha
salvato, lo sai? Voldemort mi aveva colpito ed io ero a terra,
così lui si è
alzato, combattendo per darmi il tempo di rialzarmi. Gli
sarò sempre debitore e
ti capisco- Harry parlò rispettosamente e con un cenno del
capo si allontanò.
La rossa seppellì il viso nella spalla di Draco,
rifiutandosi di ascoltare. Era
uno spettacolo straziante. Alla fine fu Blaise a riuscire a
distoglierla dal
letto del ragazzo per mangiare qualcosa e riferirle i fatti. Gli Elfi
domestici
distribuirono ciò che non era andato distrutto in dispensa
dall’attacco e i
sopravvissuti si radunarono appena fuori da castello per ascoltare la
lista dei
morti e ricordarli. Una professoressa McGranitt che sembrava aver
acquistato il
peso di vent’anni in una volta sola lesse con voce stanca e
riconoscente le
parole di addio. Erano state così tante le vittime: molti
studenti, alcuni
anche piccoli che erano rimasti indietro per combattere, come Astoria
Greengrass,
Ernie Macmillan, Lavanda Brown, Lee Jordan, Theodore Nott, Colin e
Denis Canon
e rappresentanti dell’Ordine, Remus Lupin, Ninfadora Thonks,
Alastor Moody,
insegnanti, il professor Piton, Sibilla Cooman, il professor Vitious,
l’amato
preside Silente. La lista sembrava non finire più. Esempi di
coraggio… o di
idiozia? Ginny rivalutava tutti i valori che aveva appreso dalla sua
Casata:
l’intraprendenza non è spesso avventatezza? Se il
loro antenato Godric
Grifondoro si fosse sbagliato nel ritenere l’eroismo la
qualità superiore e
auspicabile? Le avevano sempre detto che gli Slytherin erano pavidi,
vigliacchi, spesso malvagi, eppure Draco era morto per permettere a
tutti loro
di salvarsi, anteponendo il bene comune prima del suo. Ginny non poteva
non
provare un minimo di rabbia, di rancore, di acrimonia verso tutti gli
altri,
che avrebbero ricominciato a vivere e anche verso Draco che
l’aveva lasciata da
sola, in un mondo che sembrava non avere senso senza di lui, ma sapeva
che le
sarebbe passata presto: non sarebbe mai riuscita a covargli rancore.
Dopotutto,
lo amava.
EPILOGO
Si dice che
il tempo non si fermi, che nulla ne trattenga l’inesorabile
avanzata e lo si
dice sempre con queste parole ormai consunte perché alla
fine è sempre questo
il succo del discorso. Si potrebbero impiegare ore a filosofeggiare su
come sia
breve la vita e su quanto velocemente il tempo scorra, ma alla fine si
giungerebbe sempre alla stessa conclusione che in tanti prima di noi
hanno
tratto: nessuno ci permetterà mai di cambiare gli eventi del
passato.
Le gioie, i
dolori, i fallimenti, i successi, gli errori, i lutti, i momenti
più dolci e
quelli più amari che costellano il nostro passato ci hanno
resi le persone che
siamo, nel bene e nel male, e non possiamo dimenticarli.
Erano
passati sei anni dalla Battaglia Finale ad Hogwarts e tutti avevano
continuato
a vivere la propria vita. I gemelli avevano realizzato il loro sogno:
il
negozio di scherzi magici Tiri Vispi Weasley ad Hogsmeade li teneva
occupati
dalla mattina alla sera. Tra un esperimento soddisfacente e una
detonazione per
una prova malriuscita, ricrearono l’ambiente che permetteva
loro di fare
davvero un lavoro che li soddisfava e per tutto il giorno saltellavano
di qua e
di là per il negozio con puffole,
Pasticche Vomitose, Crostatine Canarine, Mou Mollelingua e
Torroni
Sanguinolenti o pensavano nuovi scherzi nel laboratorio. Era da quando
il
negozio stava per esplodere che Ginny aveva iniziato ad aiutarli e a
lavorare
da loro, sistemando gli scaffali, tenendo il registro della
contabilità e
controllando la cassa, insomma, tutti quei lavori che Fred e George
ritenevano
superflui. Grazie anche al suo aiuto, Tiri Vispi Weasley si era fatto
un nome e
una clientela abituale che raddoppiava nei giorni di uscita libera di
Hogwarts
per tutti gli studenti che si rifornivano lì. Demelza invece
lavorava al
Ministero della Magia come avvocato e in particolare si occupava di
mediare tra
i babbani e i maghi dei vari stati, occupandosi dell’Ufficio
per la
Cooperazione Magica Internazionale. Quando si vedevano, era sempre una
festa.
Il famoso “Trio Magico” si era apparentemente
diviso: con lo sconcerto di
tutti, Harry ed Hermione si erano sposati, nonostante si incontrassero
giornalmente
al lavoro con Ronald, con il quale il
Bambino-che-è-Sopravvissuto aveva
iniziato la sua carriera di Auror. Hermione invece si dedicava alla
Magisprudenza ed in breve tempo era entrata a far parte del Wizengamot,
sebbene
fosse molto giovane.
Ginny aveva
instaurato un legame molto stretto con Blaise, dato che entrambi
avevano
condiviso le stesse emozioni intense; in breve tempo erano diventati
inseparabili, tanto che, dopo che sia lui che lei avevano superato
brillantemente gli esami M.A.G.O nonostante gli ostacoli e gli
imprevisti, e
avevano lasciato la scuola, affittarono insieme un appartamento sopra
la
gelateria di “Florian Fortebraccio” e divisero le
spese. Vivere con lui era
come vivere con Draco, lo rivedeva nei suoi modi di fare, nelle sue
espressioni
aristocratiche, nei loro ricordi, e in un primo tempo era come riaprire
una
ferita dolorosa che faceva fatica a chiudersi, ma poi si era resa conto
che era
uno dei pochi modi che aveva per non dimenticarlo e per non smettere di
amarlo.
Qualche anno dopo era venuto a vivere con loro un ragazzo bellissimo,
dai
capelli biondi come il miele e gli occhi castani di nome Barthelemy,
che aveva
un dolce accento francese e profumava sempre di bucato. Bart e Blaise
si
amavano e avevano deciso di passare il resto della loro vita insieme.
Barthelemy
non era il solo nuovo inquilino della casa.
Quella sera
Ginny tornava a casa esausta dopo un’intensa giornata
lavorativa passata a fare
e rifare i conti per il negozio dei gemelli. Passeggiò lungo
la via illuminata
dai lampioni, respirando l’aria frizzante della sera. Si
fermò da Florian
proprio sotto casa e prese una vaschetta di gelato (rigorosamente
cioccolato e
crema) sorridendo al vedere le luci accese al piano di sopra e
l’ombra di un
cuscino che volava per la stanza. Salendo le scale sempre con un
sorriso
divertito sulle labbra, sentì qualcuno sbellicarsi dalle
risate e degli urletti
entusiasti; osservò i caratteri eleganti sul campanello che
lei stessa aveva
fatto dipingere:
“Ginevra
Malfoy
Blaise
Zabini”
(e
Barthelemy!)
L’ultima
parte era stata aggiunta su un post-it dal suo effervescente nuovo
coinquilino,
che era come dire compagno di Blaise. Lo adorava. Aprì la
porta pesante ed
entrando nell’ingresso, mentre appoggiava le borse a terra
disse ad alta voce:
-Sono tornata! Tesoro? Dove sei?-
Si
sentì uno
scalpiccio, o meglio, un rumore di una galoppata a rotta di collo che
non aveva
nulla da invidiare a quella di un pony appena nato e una risposta
gioiosa:
-Mamma! Sono qui!- Un bambino di circa cinque anni le si
gettò addosso senza il
minimo riguardo così lei lo prese in braccio, baciandolo su
entrambe le guance.
Damon era nato il diciassette gennaio 1998, quando Ginny frequentava il
sesto
anno di studi, così inaspettato, così simile a
suo padre -perché solo di Draco
si poteva parlare- da farla oscillare tra l’inferno e il
paradiso: ogni volta
che lo guardava negli occhioni grigi, come metallo fuso, cenere
d’argento,
diamante grezzo, sentiva un fitta di dolore per quello che le ricordava
e un
moto d’amore per quello che rappresentava. Draco non se
n’era andato senza
lasciare un’impronta di sé nel mondo; le aveva
lasciato Damon che ora
rappresentava tutta la sua vita. Il settimo anno era stato molto
difficile per
Ginny; aveva dovuto dividersi tra la scuola, i M.A.G.O., suo figlio e
la sua
famiglia. Sua madre le era stata molto vicina e lo stesso i gemelli che
adoravano il nipotino, ma Ronald non aveva accettato molto facilmente
la cosa e
per questo i loro rapporti si erano irrimediabilmente guastati. La
preside
McGranitt le aveva permesso di tenere il bambino ad Hogwarts, in
un’ala del
castello che era in disuso aveva allestito una camera per loro e aveva
perfino
tenuto il neonato nel suo ufficio qualche volta. Ginny avrebbe potuto
giurare
di averle visto una lacrima colare sulla sua guancia quando aveva
concluso gli
esami. Non poteva dire che fosse stato facile e nemmeno elementare: non
sapeva
dove iniziare a mettere le mani, tante erano state le volte in cui
aveva avuto
la voglia di stare un po’ da sola, affrontava un percorso
come la gestazione,
che la maggior parte delle donne compiva aiutata e amata da un
compagno,
completamente da sola, aveva perfino pensato di interrompere la
gravidanza. Era
solo grazie a persone come sua madre, come Blaise, come Demelza che era
riuscita ad accettare la sua vita come veniva e senza rimpianti.
Comunque, ora
non poteva immaginare un mondo senza suo figlio Damon e si vergognava
di aver
solo pensato di eliminare il frutto dell’amore suo e di Draco.
Blaise e
Bart si sporsero dalla cornice della porta del salotto, abbracciati, e
li
guardarono. Blaise forse non era la figura di padre perfetta che ogni
mamma si
sarebbe augurata per far crescere suo figlio, ma amava sinceramente
Damon come
un genitore, tanto che si faceva chiamare “zio
Blase”.
Non era
stato semplice per Ginny, anzi era stata dura: aveva perso la sua anima
gemella
ed era stato come tenere perennemente in gola un ferro incandescente.
Aveva
lasciato un caro amico, vedendolo morire dissanguato sotto i suoi occhi
lo
stesso giorno. Aveva scoperto scioccata di essere incinta e sua madre
aveva
fatto di tutto per starle accanto, nonostante suo padre non avesse
ancora
trovato lavoro dopo la distruzione del ministero e non arrivassero
molti soldi.
Si era allontanata dolorosamente da suo fratello. Aveva dovuto sudare
per
superare gli esami. Aveva faticato anche per trovare un lavoro e una
casa, e
doveva ringraziare Blaise per il pagamento della maggior parte delle
bollette
della luce. Ma aveva superato tutti gli ostacoli, ed era arrivata a
questo
punto.
Ora,
guardando fisso negli occhi di ghiaccio di suo figlio, che amava tanto
quanto
il padre, riusciva a vedere non solo Draco con la sua bellezza, il suo
fascino,
la sua ingenuità di bambino, la sua dolcezza, ma vedeva
anche il riflesso di sé
stessa che era riuscita a rialzarsi nonostante tutte le cadute, che era
cresciuta, che non aveva dimenticato e che mai avrebbe dimenticato.
FINE