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Autore: xAcacia    26/06/2014    1 recensioni
Cassie sa una cosa che in pochi sanno: i vampiri esistono, e sono pericolosi.
È proprio dopo un attacco di vampiri che Cassie scoprirà di non essere una comune mortale, bensì una Whitesun: una ragazza che con un pugnale specifico può uccidere tutti i vampiri e i lupi mannari che vivono su questa terra.
Però ora deve pensare a salvarsi. Le notizie corrono veloci quando si parla di Whitesun e lei è in pericolo. Dovrà andare in un Istituto pieno di ragazzi che combattono i demoni. Là capirà che a volte le persone non sono così male e che si può avere una famiglia anche senza legami sanguigni.
Come se non bastasse scoprirà anche che l'amore può essere per sempre, perché esistono le anime gemelle e lei ha trovato la sua. Si chiama Jeremy, ma il loro è un rapporto molto strano. Sembra una battaglia senza fine quella che si fanno loro due, soprattutto perché lei ha sempre visto la semplicità nei ragazzi come una caratteristica bellissima e lui invece cerca sempre la bellezza esteriore nelle ragazze. Per non parlare poi di come, lo stesso destino che li ha fatti incontrare, cerchi continuamente di separarli, in un modo o nell'altro.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2
L'Istituto
 
Sto dormendo in macchina quando sento un botto; mi alzo di scatto, ormai è mattina e un uomo sta davanti alla mia macchina. Sono stanca ma l’adrenalina entra subito in circolazione e niente sembra più lo stesso. Sono già pronta per uccidere qualche vampiro, come quello davanti alla mia macchina, per esempio.
– Chi sei? – urlo io abbassando il finestrino, un secondo dopo me lo ritrovo davanti a me. Cerco di non sussultare, di non sembrare spaventata ma questo vampiro mi sta rendendo le cose difficili. Dopotutto sono dentro una macchina, devo riuscire a prendere la pistola accanto al mio sedile senza farmi vedere ed è praticamente impossibile.
– Non è questo il problema – sghignazza guardandomi negli occhi, aggrotto la fronte. E allora qual è il problema? Sono io? E perché? Forse ha fame. Forse la bestiolina ha fame, ma non m’interessa. Non sarò io il suo pasto, anzi non ci sarà nessun pasto perché se continua così lo ammazzo.
– Lasciala stare – ringhia il vampiro che conosco.
– Ma che ti sei impazzito?! – chiede l'altro vampiro, arrabbiato. Va dal vampiro che conosco guardandolo in un modo che non mi piace, così esco di scatto dopo aver preso una pistola.
– Toccalo e ti ammazzo – lo minaccio io. Cosa? Ma perché stavo facendo tutto questo? È un vampiro! È uno delle creature che ha ucciso mia madre!
C’è un momento di silenzio dove il vampiro sconosciuto non fa altro che guardare prima me e poi l’altro vampiro, poi lo sento ridere. – Oh, mio Dio – esclama indietreggiando. – Tu – dice indicandomi, – vieni qua e prendi la sua mano. – Aggrotto la fronte non capendo il motivo, ma lo faccio. Vado da lui e prendo la del vampiro che conosco. Un brivido scorre su tutto il corpo: è paura. – Oh, mio Dio.
– Cosa? – chiede il vampire che conosco, perplesso tanto quanto me.
– Vi sentite strani quando state insieme? Vi piacete? Sentite una connessione? – chiede, sembra quasi eccitato. Ma cosa sta dicendo?! Questi vampiri oltre ad essere degli assassini sono anche fuori di testa. Devo dire che lo sarei anch'io; ammazzare gente tutti i giorni e fare una vita del genere... è facile diventare matti. Soprattutto se sai tutta la verità su cosa, cioè che non ci sono solo i mortali qua, sulla Terra.
 – Ma che stai dicendo? – chiede l'altro vampiro.
 – Rispondetemi – urla, arrabbiato. Vorrei andare là e ammazzarlo, spezzargli il collo e poi bruciarlo. Ma non posso, se è amico del vampiro che conosco forse aiuterà anche lui Iris.
– Si, ok – ammette il vampiro. – Cioè non lo so...
Oh, mio Dio. Vabbè che c’entra?! Cassie, non ti puoi innamorare di uno schifoso vampiro! Non puoi! Sei stata addestrata ad odiarli! Non puoi... Ritorna nel mondo reale! Ora. Subito.
– E te? – chiede l'altro vampiro passando lo sguardo dal vampiro che conosco a me.
M’indico con il dito. – Io? – chiedo. Il vampiro che non conosco alza gli occhi al cielo e sono quasi tentata di farlo fuori una volta per tutte, ma non lo faccio ovviamente. Ci penso su e non arrivo a nessuna conclusione, il ché mi da fastidio. Ricordo quando ero innamorata del mio primo - e ultimo - ragazzo, l’avevo capito quasi subito, ma adesso non so proprio cosa pensare. Forse è perché stanno succedendo troppe cose in troppo poco tempo. – Non lo so – dico io andandomene.
 Il vampiro si mette davanti a me senza nemmeno esitare. – Questo non è un gioco, ragazzina – ringhia, arrabbiato. I suoi occhi diventano rossi, indietreggio ma un secondo dopo il vampiro che conosco è davanti a me.
– Non ci provare nemmeno – borbotta lui. Mi metto dietro di lui posando la mia mano con la pistola sulla sua schiena, sento l'altro ridere mentre lui trattiene il fiato, sicuramente avrà capito che se il suo amichetto continua così non rimarrà mezzo-morto per molto.
– Oddio – esclama il mezzo-morto che tra un po’ passerà a morto, continuando a ridere. Vorrei farlo smettere e avrei un idea su come fare, ma continua ad essere amico del vampiro che conosco. – Siete destinati!
– Cosa? – chiedo io. Destinati? E ora che significa questo? Mi sta venendo mal di testa. Stanno succedendo veramente troppe cose. Di solito uccido un vampiro a settimana. Di certo non ci faccio amicizia! Devo mettere fine a tutto questo, ma come faccio se la mia migliore amica è stata appena trasformata?
– Siete destinati a stare insieme – risponde il vampiro ridendo. È più matto di quello che pensavo, lo dovrebbero mettere in un manicomio. Un manicomio per vampiri… Quando succederà mi devo ricordare di dare fuoco all’edificio. – Amico mio, sei in un bel casino.
– Con lei? – chiede il vampiro che conosco mentre mi stringe la mano. Non so se lasciarla o stringerla ancora di più, perché la verità è che ci sto capendo sempre di meno. – Non è possibile... No, io sono di un'altra epoca.
– Non c’entra niente questo, le nostre anime gemelle possono pure venire dall'altro capo del mondo o magari nascere cent'anni dopo di noi. Sono sempre e comunque le nostre anime gemelle.
Il vampiro si distacca da me lentamente ed io non so se sentirmi meglio o peggio. Mi sento così sola in questo momento che vorrei prenderlo e stringerlo a me. Devo tornare da mio padre e parlargli, non posso vivere da sola; non ce la posso fare.
– Ma è lei, vero? È lei la Whitesun – chiede il vampiro che conosco.
Aggrotto la fronte. La che? Ma questi sono del tutto impazziti! Non esistono solo i vampiri, ma anche le anime gemelle e ora anche queste Whitesun. Sono del tutto impazziti e se rimango qua lo diventerò anch'io. Aspetta... ma – Dov'è Iris? – chiedo cercando di cambiare discorso, così da prendere Iris e andarmene. Posso insegnarle da sola come funziona il mondo dei vampiri, li ho studiati per anni, di certo so di cosa si nutrono e per ora questo è l’importante.
– Sta mangiando – risponde il vampire che conosco, come se fosse tutto normalissimo. Dopotutto sta bevendo sangue, è una cosa normalissima! Mi viene da vomitare.
– Si, è lei – continua il discorso l'altro vampiro guardandomi. – Lo percepisco. Percepisco il pericolo.
Lo percepisci? Scommettiamo che percepisci pure il mio pugno dritto in faccia se non mi dici che stai dicendo?! – Cosa sono? Che cosa diavolo sta succedendo? Ditemelo subito, perché mi state facendo innervosire. Se è una cosa che dovrei sapere allora me la dovete dire, soprattutto se è su di me! – sbotto, preoccupata.
– Una Whitesun – risponde il vampiro che conosco girando il viso verso il mio.
Deglutisco cercando di non pensare a lui. È carino. Ha dei capelli biondi chiari e degli occhi quasi neri. – Cioè? – chiedo, ma sento l'amico ridere e la rabbia inizia a bollire nelle mie vene.
– Siete molto rare, ne nasce una ogni mille o duemila anni e tutti i demoni non hanno nessun potere su di voi. Siete come uno scudo naturale ed esistete perché siete le uniche persone che possono uccidere tutti i vampiri – risponde il vampiro sconosciuto.
Perché proprio io? Poi tutto questo non ha senso! Sono nata per ammazzare tutti i vampiri, ma sono destinata a stare con un vampiro?! Dov'è la coerenza?! – No, ok, tutto questo è da matti! – esclamo, arrabbiata. – Non posso essere io!
– Si, lo sei, credimi – dice l'amico.
L’unica domanda che continua a ronzarmi nella testa è: Perché dovrei fidarmi di un vampiro? – Non ha senso. Tutti possono uccidere i vampiri – continuo io.
Il vampiro sconosciuto alza gli occhi al cielo ed io faccio per andare da lui, stringendo la pistola nella mano, ma il mio “amico vampiro” mi ferma mettendo un braccio davanti a me. – Nel senso che se tu uccidi un vampiro, uccidi tutti gli altri – risponde.
Lo guardo sbalordita. – Ma io ho già ucciso vampiri in passato, eppure siete tutti qua – sospiro io.
– Forse perché serve un pugnale specifico – aggiunge l'amico con aria superiore.
Rido. – Ok, tutto questo non può essere vero – esclamo io andando avanti, per entrare in macchina; il vampiro sconosciuto si avvicina e così abbasso il finestrino. – Non ha senso! – continuo. – Io esisto per ammazzare tutti i vampiri, quando sono destinata a stare con un vampiro.
– Non c’entra niente. Il destino "inizia" quando una persona nasce, una persona non nasce vampiro.
Lo guardo. In effetti ha ragione. Cavolo... non può essere più intelligente di me, dopotutto il suo cervello è morto. – Non posso sopportare tutto questo – rispondo guardandolo. – Devo andare a vedere come sta mio padre – annuncio accendendo la macchina. Guardo l'altro vampiro, non voglio nemmeno sapere il suo nome. – Vi prego, badate voi ad Iris.
 
Parcheggio la macchina davanti casa mia e scendo. Cerco di sembrare almeno presentabile, ma è impossibile dopo un’intera nottata in macchina e una lite con un vampiro. – Papà, sono a casa. Senti, mi dispiace per quello che è successo, ma volevo vedere… —mi fermo quando vedo tutto sottosopra. Il mio stomaco si contorce mentre prego con tutta me stessa che mio padre stia bene. – Papà – urlo io, in preda al panico. Vado in cucina e trovo tutto in subbuglio. – Papà – urlo con ancora più forza andando in camera sua. Mi fermo e quando vedo un uomo a terra; mi copro la bocca con le lacrime agli occhi. – Papà! – urlo andando da lui, lo giro e vedo che è ferito. Lo chiamo scuotendolo, ma sembra svenuto.
Apre gli occhi per cinque secondi e poi tossisce, richiudendoli. – Sono arrivati – mormora lui con gli occhi chiusi. – Vattene, Cassie! Cercano te.
– No, io non me ne vado senza di te – piagnucolo. Può essere pure un ubriaco fradicio ma rimane comunque mio padre. E non lascio mio padre da solo a morire, lo devo aiutare in qualche modo. Non può morire, non così, non per colpa mia. Non può succedere un’altra volta. Non posso perdere anche lui.
– È troppo tardi per me – dice lui con una voce strozzata.
– No, no, no, non è vero! Puoi diventare come loro! Puoi controllare la fame e continuare a vivere – esclamo io. I miei pensieri viaggiano troppo velocemente, il ché mi fa capire che sono sotto shock. Non posso perdere pure mio padre. È davvero troppo.
– E diventare come quei mostri che hanno ucciso tua madre? – Tossisce. – Mai. – Mi guarda per un po’ e prende la mia mano, la stringe un po’. – Mi dispiace per non essere stato un bravo padre.
– No – dico io piangendo. – No, papà, non dire così! Te non morirai.
– Si, invece... Mi dispiace averti detto tutte quelle cose brutte. Tua madre ha fatto una scelta e la sua scelta è stata quella di… – Fa un sospiro profondo, – proteggerti. – Abbassa le palpebre un po’ alla volta, il suo respiro si fa sempre più irregolare fino a quando non vedo più nemmeno il suo petto alzarsi. Nemmeno un po’, nemmeno poco. Niente. Lo scuoto un po', in preda al panico, quando in verità peggioro solo la situazione.
– No, no, papà! – Ma non risponde più. Non respira più. Il suo cuore non batte più. Le sue palpebre non si aprono più.  – No, papà – urlo. – Pure te no, ti prego.
Sono passate non so quante ore, forse è pure sera, ma io non lo so, perché sto ancora qua, ad accarezzare mio padre. Continuo ad accarezzarlo fino a quando non vedo una sagoma davanti a me, alzo lo sguardo e vedo il vampiro che conosco a bocca aperta. – Oddio – balbetta lui, scioccato.
– Aiutalo, ti prego – lo prego io guardandolo negli occhi e piangendolo. – Fallo diventare come te, ti prego, fallo diventare come te – continuo alzandomi e prendendolo per la maglietta. – Ti prego, fallo diventare come te – ripeto continuando a strattonarlo per la maglietta.
– Non posso – sbotta lui prendendomi le mani. – Ormai è morto, Cassie! – esclama lui guardandomi negli occhi, senza un minimo di tatto. – È troppo tardi.
Lo lascio ed indietreggio fino a quando non vedo mio padre, a terra, attorno a una pozza di sangue. Non pensavo ci fosse così tanto sangue in un corpo umano. – È tutta colpa mia – ammetto. – Ha detto che cercano me, lo hanno ucciso per me.
– Cosa? – chiede lui, preoccupato. – Stanno cercando te?
– Non m'importa niente – balbetto guardando mio padre. – Mi possono pure uccidere adesso... anzi, mi farebbero un favore – ammetto io accarezzando mio padre.
– No, no – ribatte lui alzandomi. – Te non morirai, ok?! – esclama lui, convinto. – Io non ti lascerò morire – mormora facendo alzare il mio viso con una sua mano, chiudo gli occhi, stanca.
– Basta – dico io piangendo. – Sono stanca di tutto questo. – Sento le sue forti braccia attorno alla mia schiena. Mi sta abbracciando veramente? Però mi fa sentire meglio, non tanto però, ma cosa pretendo? Mio padre è appena morto.
– Ti aiuterò io – risponde lui stringendomi ancora di più.
 
Arriviamo davanti casa sua e bussa alla porta, quindi vive insieme a qualcuno, magari il suo amico. La porta si apre e mostra una ragazza con dei capelli che arrivavano a metà schiena; il mio cuore si ferma per un secondo in più del dovuto. O magari vive insieme ad una sua amica.
– Ehi – saluta lei. – Entrate. – Si fa da parte e il vampiro mi fa avanzare per farmi entrare. Per l’ennesima volta mi chiedo se mi posso veramente fidare di questo vampiro. Sento la ragazza sospirare. – Oddio, sento il pericolo da qua – annuncia sedendosi su una sedia di legno, vicino al tavolo. – Sei la Whitesun, vero?
– A quanto pare – mormoro sedendomi, non ho nemmeno la forza per rimanere in piedi, figuriamoci di litigare con lei. Non mi va di parlare di questa storia, sono troppo stanca per fare qualcosa.
Lei strizza gli occhi. – Alaric si sbagliava – annuncia lei continuandomi a fissare in un modo abbastanza inquietante. – Non siete destinati – continua, accavallando le gambe. – Come immaginavo.
– Davvero? – chiede il vampiro, incredulo e felice.
– Già – risponde la ragazza guardandomi, fissandomi. Vorrei dirle di smetterla, che non c’è bisogno di guardarmi in questo modo, che mi sta dando ai nervi… ma rimango in silenzio anche questa volta.
– Bene – sospira lui. – Avere una Whitesun come ragazza non sarebbe stato il massimo.
 Sorrido. Come se a me avesse fatto piacere. – Come per me non sarebbe stato il massimo avere un ragazzo vampiro – ribatto guardandolo.
– Sono praticamente sicura al cento per cento che sei destinata a stare con un Cacciatore – si intromette la ragazza, che non smette un secondo di fissarmi.
– Un cacciatore? – le faccio eco, confusa.
– Già... non come te e i tuoi amichetti. Intendo un vero Cacciatore.
– Ehi! – esclamo, arrabbiata. – Lasciali stare, loro. Sono morti ieri, per l’amor di Dio. Sai cosa significa “avere tatto”? Erano brave persone, e non mi fissavano, cosa che stai facendo te da quando ho varcato la soglia da quella maledettissima porta.
Alza le mani in segno di resa. – Tranquilla – borbotta per poi prendere una sigaretta. – Sei mai stata all'Istituto? – chiede, tra un rito e l'altro.
Questa volta sono io a fissarla. Sto cercando di capire che essere è. Non mi sembra un vampiro, respira e anche se alcuni vampiri lo fanno per abitudine non credo che lei lo faccia per lo stesso motivo. – Che? Quale Istituto? – chiedo io.
Ride e fa altri due tiri. – Dobbiamo portarla là – ribatte lei, guardando il vampiro dietro di me dopo aver buttato un'altra volta il fumo fuori, – se vuole rimanere intatta.
– Dov'è Iris? – chiedo io guardando il vampiro.
– Chi è Iris, Derek? – si intromette lei guardandolo. Eccolo, il suo nome. Derek... che bel nome. L'ho sempre amato questo nome.
– Una sua amica che è diventata vampira – risponde lui guardando l'amica, ma non sembra molto interessato all’argomento. - Comunque sta dormendo in camera mia.
– Ok, noi dobbiamo andare – annuncia lei alzandosi. – Dobbiamo avvertire l'Istituto, te rimani qua con Iris – continua lei, per poi spegnere la sigaretta. Che spreco, potrebbe fare ancora cinque tiri; o almeno uno spreco di soldi, di certo ha fatto un favore ai polmoni. – Ah, e – aggiunge voltandosi, – non aprire a nessuno, se vuoi rimanere viva. – Apre la porta e guarda Derek. – Queste voci corrono come il vento – borbotta tra sé e sé.
– Ci vediamo tra un po' – mormora Derek guardandomi, sorrido e annuisco. Continuo a non fidarmi di lui, non tanto almeno.
La porta si chiude così vado da Iris e la guardo mentre dorme, appoggiandomi allo stipite della porta aperta; sorrido ancora una volta. Andrà tutto bene, lei continuerà a vivere ed io non la lascerò mai sola. È la mia vita questa ragazza, è tutto quello che mi rimane.
Sento la porta aprirsi, così aggrotto la fronte e vado più vicino alla porta d'ingresso. All’inizio non vedo nessuno, perciò mi giro… e faccio un passo indietro: c'è un uomo.
– Chi sei? – chiedo. Ride e subito dopo sento un dolore inspiegabile al collo. Cado sulle ginocchia con il sangue che mi esce dal collo, ma Iris si alza e spinge l'uomo. Tossisco e cado a terra del tutto senza riuscire a respirare.
Niente panico, Cassie! Niente panico! Respira, è il panico che non ti fa respirare, respira! Cerco di fare dei respiri profondi e quando il panico si attenua vedo la mia pistola per terra. Mi trascino fino a quando non riesco a prenderla. Mi giro per guardare quello che sta succedendo: Iris sta cercando di tenerlo fermo, ma lui è più forte di lei. L'uomo la spinge, facendola sbattere alla parete opposta. Sobbalzo e l'uomo, che molto probabilmente è un vampiro, viene verso di me. Mi stringe a lui, pronto a mordermi un’altra volta. Sorrido e carico la pistola con una sola mano.
– Dì “ciao ciao”, stronzo! – Premo il grilletto e così indietreggia. Cade a terra e scompare in cenere. Cerco di alzarmi ma cado subito; guardo Iris negli occhi e mi accorgo che sono tutti rossi. – No, Iris – dico io guardandola, cerco d'indietreggiare trascinando le mie gambe. – Iris, ce la puoi fare. – Ma lei avanza tranquillamente, c'è l'orrore sul suo viso. Urlo sentendo il mio sangue uscire ed entrare nella bocca di Iris e subito dopo vedo tutto nero.
 
Apro gli occhi, ma vedo tutto sfogato, così sbatto le palpebre più volte e riesco a vedere meglio. Aspetta... questa non è casa di Derek. Mi ha preso qualcuno? Ma l'ho ucciso quel vampiro!
– Ah, buongiorno! – dice una voce. Giro la testa a sinistra e vedo l'amica di Derek, Caroline.
– Che è successo? – chiedo, sedendomi sul letto con delle coperte di lusso. – Dove mi trovo?
– Iris ti ha tolto tutto il sangue nel tuo corpo, sei morta e poi sei ritornata nel mondo dei vivi – risponde Caroline, tutto sembra normale per lei, ma per me no. Sono morta e sono tornata nel mondo dei vivi? Questo non è per niente normale. Eppure so che è vero.
– Com'è possibile? – chiedo. La guardo e mi accorgo che è veramente una bella ragazza. Sarà sui vent’anni e quei suoi capelli neri s'intonano benissimo con la sua carnagione scura, gli occhi sono scuri quasi quanto i capelli e devo dire che sono proprio belli.
– Sei una Whitesun – ribatte lei. – Puoi morire solo in situazioni naturali. – Aggrotto la fronte e lei sospira. – Per esempio, se vieni uccisa da un umano. – Rimane a pensare per un pò e poi aggiunge: – La regola non vale se è stato soggiogato da un vampiro.
– Buongiorno – sento un’altra voce che non riconosco, così alzo lo sguardo.  Un uomo entra nella stanza. – Te devi essere Cassie – esclama lui avanzando.
– Si, sono io. Tu chi sei? – chiedo io, sulla difensiva. Ride, spiazzandomi del tutto. Perché ride?
– Sono il preside dell'Istituto – risponde lui, mi sorride come se fossi una stupida ragazzina che non capisce niente e che deve ancora sapere molte cose, e questa cosa m'infastidisce molto. Però... aspetta, ha detto “Istituto”?
– Aspetta – lo fermo io, anche se si è già fermato da solo. – Sono nell'istituto? – chiedo, l'uomo annuisce. Vorrei che mi spiegasse un po', non può semplicemente annuire! Che cavolo di preside è? Ho bisogno di risposte. Adesso, se è possibile.
– Si, e ci rimarrai – aggiunge la ragazza.
– Perché? Nemmeno li conosco – ringhio io. Di certo non mi possono obbligare a restare. Chi sono per dirmi cosa devo fare? Non mi possono segregare nell’Istituto ed io non so nemmeno chi sono, non so se stanno dicendo la verità… non so niente di niente!
– Perché devi diventare una Cacciatrice – risponde il preside. Lo guardo negli occhi, sono verdi ma io non posso fare a meno di pensare a quante frottole stia dicendo.
– Già lo sono – dico io, seria. Eppure la ragazza scoppia a ridere e la rabbia sale dentro di me.
– Fidati, se adesso lo sei, tra un po' lo diventerai ancora di più, e comunque... questo è un posto veramente sicuro. Qua ci sono un sacco di Cacciatori, non Whitesun come te, ma anche loro hanno un sacco di poteri.
Lo guardo incredula. – In che senso “poteri”? – chiedo.
– Non sono demoni ma nemmeno umani, sono fatti per cacciare – risponde lui. Mi devo aspettare dei mostri che pensano solo a cacciare i demoni? Carino. Dal male in paggio proprio. L'uomo ride. – Non sono dei mostri. – Lo guardo sbalordita. Ma come ha fatto? – Già, alcuni di noi possono leggere nella mente, a volte. Ora, se mi volete scusare, devo avvertire tutti gli altri Cacciatori che abbiamo una nuova Cacciatrice. Raggiungimi tra cinque minuti nel soggiorno – annuncia, per poi andarsene.
Rimango sola con la ragazza, che sinceramente non sopporto più. E sto con lei da quanto? Cinque minuti?
– Ehi – esclama lei, avvicinandosi a me. – C'è la tua anima gemella qua, la percepisco.
– Ma te cosa sei, esattamente? – chiedo, incuriosita.
Sorride e accavalla le gambe, orgogliosa. – Una maga – risponde lei, giocando con l'accendino.
Sto per scoppiare a ridere, ma credo sia più per isteria che per altro. – Una maga che fuma? - chiedo, cercando di non scoppiare a ridere. Mi mordo il labbro inferiore per non ridere, ma è più forte di me.
– Mica siamo nei telefilm, dove le maghe sono delle pazze che non fanno nient'altro che stare in camera loro a fare incantesimi! – Sorrido. - Ah, e prova a chiamarmi strega e ti ammazzo. Posso farlo, sappilo. – Incrocia le braccia con un espressione piena d'orgoglio. Deve essere veramente orgogliosa di essere quello che è e deve piacerle veramente quello che fa; si vede.
La guardo con le sopracciglia alzate. – No, non puoi – la provoco ridendo. Mi guarda con aria di sfida. – Comunque... devo andare – borbotto alzandomi. Esco dalla camera, ma mi fermo appoggiandomi alla porta. – Grazie per essere stata qua con me – la ringrazio io. Alla fine glie lo devo.
Sorride. – Di niente.
E così me ne vado, anche se non so dove andare. Attraverso un corridoio enorme e vedo una cartina che ritrae l'intero Istituto. La guardo attentamente per un bel po’ di tempo, non sono mai stata brava ad interpretarle e quest’Istituto è veramente enorme. Per fortuna devo solo prendere l'ascensore e scendere al piano terra, dovrebbe stare là davanti.
– Esattamente – esclama qualcuno, faccio un balzo e mi giro. Una ragazza con dei capelli biondo rame e lunghi sta accanto a me.
– Come... – cerco di parlare ma lei mi ferma subito.
– Come ho fatto? Leggo nella mente – risponde lei, per poi farmi l’occhiolino. Ok, va bene. Non è normale nemmeno lei. – Ti sento – canticchia lei premendo il tasto dell'ascensore, sbuffo. Dov'è finita la privacy?! – Purtroppo qua non c'è – risponde lei. La mia rabbia si fa sentire sempre di più. – Dai, andiamo – dice lei. Alzo gli occhi al cielo e la raggiungo.
Appena esco dall'ascensore vedo un sacco di ragazzi. – Già – esclama la ragazza guardando avanti dopo aver sicuramente sentito qualche mio pensiero. Sbuffo, lei invece mi sorride e scompare tra la gente. È stata abbastanza gentile, ma non credo di riuscire a sopportare nemmeno lei.
– Mi raccomando, è nuova quindi bisogna darle un caloroso benvenuto. – Louis alza lo sguardo e mi vede. – Eccola! Vieni, Cassie! – Probabilmente tutta rossa, attraverso tutto il salone mentre i ragazzi si fanno da parte per farmi passare e vado accanto al signore. – Lei è Cassie ed è una Whitesun. – Tutti iniziano a bisbigliare. – Ragazzi, tranquilli! – Mi accarezza la schiena. Abbasso lo sguardo per non incontrare tutti quegli occhi, che dicono "oddio è lei". – Ok, ora potete andare – annuncia Louis Dempson.
Sento i passi di tantissime persone farsi sempre più lontani, così alzo lo sguardo ma cado praticamente dentro gli occhi di un celeste fantastico. Però non è solo celeste, è celeste con delle sfumature blu, come se fossero delle scintille. Sono fantastici. Una scossa fortissima percorre tutta la mia schiena fino ad arrivare sulle punte delle mani e dei piedi. È lui, penso, ne sono sicura.
– Emh – inizia il signore per catturare la mia attenzione. – Comunque io mi chiamo Louis Dempson – si presenta lui porgendomi la mano, glie la stringo subito. – Benvenuta all'Istituto dei Cacciatori. – Sorride e così mi sento quasi costretta a ricambiare. – Comunque quel ragazzo si chiama Jeremy Ruterful e si, lo penso anch'io – afferma. Se ne va ed io rido, nervosa. Mi giro per vedere se c'è ancora quel ragazzo ma è come scomparso nel nulla.
– Così sei te la Whitesun. – Accanto a me c'è la ragazza di prima. – A chi sei destinata?
Faccio spallucce. – Non lo so – mento, ma alla fine non è una bugia. La verità è che non ho la minima idea di cosa stia succedendo. Non so cosa significhi avere un’anima gemella, non so cosa siano questi Cacciatori, non so che strani poteri abbiano… Non so niente.
– Mmh... comunque io sono Ivy – si presenta lei, porgendomi la mano. – È un piacere conoscerti, Cassie Whitesun.
Le stringo la mano. – Piacere mio – borbotto, po' infastidita. Mi sfoggia il suo ultimo sorriso e poi se ne va. Sono rimasti in pochi in questo salone quando decido di prendere l'ascensore per andare in camera mia. Sono già stanca morta.
Entro e c'è un sacco di gente. Fantastico, penso cercando di non sbuffare. Appena l'ascensore arriva al mio piano vengo praticamente investita da tutte le persone che stavano là dentro. Faccio passare tutti e sbuffo per l’ennesima volta in un solo giorno. Sono passata dalla nuova ragazza in una scuola normale alla nuova Whitesun in una scuola per Cacciatori. Trova le differenze.
Sento una risata dietro tutte quelle chiacchiere e mi chiedo perché dovrei sentire solo questa risata dentro questo corridoio di chiacchiere e risate. Avanzo fino a quando non decido di girare la testa… ed eccolo là. O meglio, eccoli là, quei occhi. Un'altra scossa percorre tutto il mio corpo facendomi rabbrividire. Quando mi accorgo che mi sta guardando anche lui sussulto e, a passo veloce, torno nella mia nuova camera da letto.
Dopo aver passato un’ora in camera da sola sento una voce uscire da una cassa che sta attaccata alla parete, proprio accanto alla porta. – Sono pregati tutti gli studenti di raggiungere la sala armi. – La prima cosa che penso è: sala armi?! Ok, devo dire che mi piace una sala piena di armi, ma io sono stanca morta!
Esco dalla camera e non vedo nessuno, il ché significa che sono già tutti in quella sala ed io non so nemmeno dove si trovi. Dopo aver attraversato tutto il corridoio vedo la cartina, ma proprio non riesco a trovare la sala armi. Continuo a guardare la mappa con gli occhi ridotti a fessura.
– Serve una mano? – chiede una voce fredda, forse così fredda che è la colpa per cui un brivido ha appena attraversato tutto il mio corpo. Ma no, mi giro per vedere di chi sia questa voce e capisco che non è per la voce, ma perché è Jeremy, il ragazzo con gli occhi celesti.
– Non trovo la sala armi – balbetto perdendomi ancora una volta nei suoi occhi. Sono fantastici. È molto più alto di me - non che ci voglia tanto eh -, ha dei capelli di un castano chiaro che s’intona con quei suoi occhi celesti. Tutto in lui è caloroso; o meglio, tutto tranne la sua voce che è distaccata e fredda come il ghiaccio.
– Seguimi – mi ordina avanzando verso l'ascensore. Lo raggiungo praticamente correndo, i suoi passi sono tre dei miei. Chiama l'ascensore, che arriva subito, ed entriamo. Lui sta dietro di me, appoggiato allo specchio e io gli do le spalle. – Perché hai fatto tardi? – chiede dopo un lungo momento di silenzio.
Aggrotto la fronte. – Appena ho sentito sono uscita – mi giustifico io, continuando a dargli le spalle. So che mi dovrebbe far piacere parlare con lui, ma mi sta dando fastidio invece e non so perché.
– No, non è vero, perché sennò staresti già nella sala – risponde lui.
Quando mi giro per guardarlo male vedo il suo corpo irrigidirsi un po’. – Mi sono dovuta vestire, ma ci ho messo meno di cinque minuti – borbotto, guardandolo negli occhi. Non è il momento giusto per queste smancerie.
Ride. – Si vede che sei nuova – esclama, per poi poggiare il suo sguardo sulle sue scarpe. Ma il suo non è un gesto di timidezza o altro, semplicemente per lui la conversazione è chiusa. Bé, si sbaglia. La conversazione finisce quando anch’io non ho più niente da dire.
– Bé, anche te hai fatto tardi, se è per questo – ringhio io sputando acido.
Alza lo sguardo, sorpreso. – Forse io me lo posso permettere – ribatte, con aria di sfida.
Rido, nervosa. Sento la rabbia salire sempre di più, così mi giro per guardare avanti un'altra volta. Presuntuoso del cavolo, i tuoi occhi saranno pure fantastici ma non c'è niente di fantastico nel tuo comportamento. L’ascensore si ferma e le porte si aprono mostrandomi un altro corridoio. Avanzo ma dopo pochi passi mi fermo, indecisa sul da farsi.
– Puoi andare più avanti? Sai com'è... ci sono pur'io – borbotta Jeremy. Alzo gli occhi al cielo e faccio un paio di passi in avanti. – Grazie – esclama con un tono presuntuoso. Mi giro per fargli capire che sono arrabbiata, ma mi perdo un'altra volta nei suoi occhi e questa volta non riesco a girarmi per non guardarlo. Non riesco a distaccare i miei occhi dai suoi. Niente. È frustrante come cosa.
– La seconda porta a sinistra – mormora, e grazie a Dio riesco a distogliere gli occhi dopo che mi ha parlato. La porta è chiusa, mi giro per guardarlo, un po' preoccupata. – Che è? Hai paura? – chiede ridendo. – Dio, stiamo messi bene qua! – mi prende in giro aprendo la porta. – Una Cacciatrice che ha paura addirittura di aprire una porta – borbotta, andandosene.
Calma, Cassie... Calma. Vedo tutti girarsi verso di me. La sala è enorme, con teli rossi e davanti ad essi ci sono tante armi appese. Non ho mai visto così tante armi in vita mia. La sala sarebbe completamente sgombra se non ci fossero tutte quelle armi appese alle quattro pareti enormi della stanza.
– Ah, eccovi – esclama Louis. – Allora stavamo dicendo... – dice continuando a parlare su cose di cui non sapevo nemmeno l'esistenza fino a pochi secondi fa. – Questa – inizia indicando un'arma, – è per i lupi mannari. – Spalanco gli occhi. Lupi mannari? Esistono? Davvero? – Qualcuno però vuole ricordare qual è una legge molto importante, che noi vogliamo tenere sempre a mente? – chiede.
Alzano tutti la mano. – Non uccidere nessuno, a meno che non si è obbligati, o meglio... non uccidere nessuno se non ha fatto niente di male – risponde Jeremy. Il mio cuore si ferma un secondo in più del dovuto. Però non ha nemmeno chiesto il permesso o alzato la mano, questo conferma che è veramente un fanatico presuntuoso. Non mi piace.
– Esattamente, Jeremy, ma la prossima volta alza la mano come tutti gli altri – lo rimprovera Louis. Non posso fare a meno di sorridere. Gli sta bene.
Ma Jeremy non sembra affatto triste. – Va bene – risponde lui, per poi girarsi e guardarmi. Lo guardo anch'io, lo sfido a non distogliere gli occhi dai miei, ma ad un tratto vedo solo i suoi capelli e non mi sento nemmeno un po’ felice per aver vinto la nostra prima gara di sguardi.
– Ok, andiamo avanti. Questa invece serve per uccidere i demoni – aggiunge Louis indicando una spada, sembra una spada come tutte le altre ma l'impugnatura è di un rosso scuro e sopra c'è un segno strano, non l’ho mai visto prima d'ora, come non sapevo l’esistenza di altri demoni. – Qualcuno sa dirmi cosa significa questo segno? – chiede Louis, indicando proprio quel segno. Alzano tutti la mano ma il preside sceglie un ragazzo di nome – Diego? – chiede Louis.
– È il nostro segno, significa "cacciatore fino alla morte" – risponde il ragazzo.
Inquietante.
– E quest'altro? – chiede Louis, gira la spada e fa vedere un altro segno.
– Demoni – risponde il ragazzo.
Dopo un’ora di spiegazioni non ce la faccio più; mi sento stanca e soprattutto mi gira la testa. Ad un certo punto mi gira così tanto che non riesco a reggermi in piedi, perciò mi appoggio ad un muro. Sento le lame fredde dietro di me, ma non m'importa, sto troppo male.
– Tutto bene? – chiede una ragazza, il problema è che ne vedo tre uguali. – Signore. – Le ragazze uguali si girano. – La Whitesun è pallidi...
Non finisce la frase che cado a terra, o meglio sto cadendo a terra quando delle braccia fortissime mi sorreggono, e il proprietario di quelle braccia ha degli occhi celesti, quei occhi che amo.
Fantastico, prima figuraccia: fatta.
 
Apro gli occhi e li chiudo subito, voglio andare a casa e mangiare tutta la nutella possibile. Cerco di non pensare al fatto di essere svenuta davanti a tutto l’Istituto, dove, a quanto pare, d’ora in poi vivrò. Non posso crederci. Non sono mai svenuta, proprio oggi doveva accadere?
– Ti ho vista – canticchia una voce, apro gli occhi e vedo Louis Dempson. Sbuffo. – Non ti muovere. Avrei dovuto pensarci, dovevi essere davvero stanca – dice lui alzandosi dalla sedia.
– Voglio andare a casa – borbotto sedendomi.
– Non puoi – risponde lui con quello sguardo che non accetta un “no” come risposta.
Lo guardo. So che se lancio la bomba del funerale mi dirà sicuramente di si. Perciò glie lo devo dire. Mio padre ha bisogno di un funerale. – Devo preparare un funerale – ringhio io, e diventa pallido. Proprio così.
– Per chi? – chiede lui, incredulo.
Perché l'amica di Derek non gli ha detto quello che mi è successo? Non mi va di raccontare tutta la mia storia. E poi dov'è finita? –  Per mio padre – rispondo io dopo un po'.
Rimane in silenzio per un po’, continuando a guardarmi, un po’ come faceva prima la maga quando ero entrata in casa sua. – Ok, allora facciamo così: andrai, ma ti dovrai portare una pistola e un Cacciatore.
Sbuffo. – Non ne ho bisogno – ribatto. Mi alzo, mi gira la testa ma faccio finta di niente. Non mi farò accompagnare da nessuno, non sono una bambina. Devo stare da sola per un po’, questa cosa devo farla da sola, è di mio padre che stiamo parlando.
– Si, invece – risponde Louis. – Sei ancora stanca, calcolando che sei morta e poi resuscitata è una cosa abbastanza plausibile, non credi?
Qualcuno bussa alla porta e, senza chiedere il permesso, la apre. – Si è svegliata, non è vero? – Vedo quei suoi capelli castani cadere perfettamente sulle tempie mentre fa capolino dalla porta.
– Si – risponde Louis girandosi verso di lui. – Allora andrai te con lei.
– Cosa? Dove? – chiede lui entrando e guardandolo, arrabbiato. Anch'io lo sarei se fossi in lui. Veramente lo sono anche nel mio corpo, perché già voglio fare questa cosa da sola, figuriamoci con un ragazzo strafottente come lui.
– Deve andare a casa sua fino a sta sera – risponde Louis, più serio che mai.
Jeremy alza il sopracciglio destro e poi scoppia a ridere. – Perché dovrei andarci io? Non è abbastanza coraggiosa? – Gli lancio un’occhiataccia ma lui fa finta di niente e guarda Louis Dempson.
– È stanca, a malapena si regge in piedi – mi anticipa Louis, un po’ irritato.
–  E allora? – chiede Jeremy ridendo. – Lasciala qua!
Questo è troppo. La rabbia bolle nel mio sangue fino a farmi scoppiare. – Ok – sbotto indicandolo, –  io mi rifiuto di andare a casa mia con un cretino del genere!
– Disse quella che aveva paura di aprire una porta – ribatte lui fulminandomi con lo sguardo.
Faccio per dire qualcosa, quando Louis mi anticipa un’altra volta. – Ok, basta così! – esclama lui. Lo guardo, sperando in un suo “cambio di programma”.  – Questo è un ordine, Jeremy, e Cassie... non hai altra scelta. – Lo fulmino con lo sguardo ma anche a lui non sembra fare molto, anzi continua a guardarmi come se niente fosse, e questo mi da ancora più fastidio.
– Ma perché io? – chiede Jeremy, arrabbiato. Sfoggio uno dei miei sorrisi migliori, mi piace vederlo così. Almeno non sarò l’unica a soffrire oggi, e questo mi fa sentire meglio, soprattutto perché quello che soffrirà sarà un ragazzo vanitoso e presuntuoso.
– Perché te sei uno dei cacciatori più bravi e fate una bella coppia insieme, visto che sono praticamente sicuro del fatto che siete destinati – risponde subito Louis con un tono irritato.
– Vado a prepararmi – borbotta dopo un po’ Jeremy. – Non fare tardi, ci vediamo giù nel salone tra cinque minuti – ringhia guardandomi, detto questo se ne va sbattendo la porta.
Mi giro verso Louis. – Mi devo cambiare – annuncio io, arrabbiata.
– So che sei arrabbiata ma lo sto facendo per te. Non hai la minima idea di quello che potete fare insieme – ribatte Louis, accenno un sorriso. Sembra eccitato all’idea di vederci insieme, combattere insieme, e questo mi mette ancora più ansia.
– Perché? Perché siamo destinati? – chiedo io, pronta a ridere.
– Non ci credi? – chiede. – Lo vedrai – dice. Quando se ne va mi tolgo il pigiama e mi metto i soli jeans scuri che ho e una maglietta a casaccio con le mie solite scarpe. Chiamo l'ascensore per andare nel salone. Appena le porte si aprono Jeremy si gira e mi guarda, ha una pistola in mano.
– Tieni – borbotta dandomi la pistola. – La sai usare una pistola, vero? – Alzo gli occhi al cielo e annuisco senza aggiungere nient’altro. – Ok, allora andiamo. – Inizia a fare i suoi passi da gigante e usciamo. Non mi era mai venuto in mente di guardare fuori la finestra per vedere dov’era situato l’Istituto e me ne sono subito pentita: di sicuro avrebbe attutito il colpo… perché siamo in mezzo al nulla.
– E noi come ci andiamo a casa mia? – chiedo guardandolo, un po' confusa.
– Con i cavalli – risponde. – Con una macchina, che credi?! – ribatte, avanza fino a quando non vedo una macchina. È enorme e nera. Tipico dei Cacciatori di demoni. Tutto troppo ovvio, veramente.
Una volta arrivati davanti casa mia scendiamo, mi fermo là davanti non riuscendo a fare un passo in più. La sto guardando da lontano e già mi sto sentendo male. Qua è morto mio padre.
– Allora? Vogliamo andare oppure vogliamo rimanere qua a guardare il panorama? Perché se è così io me ne vado e ti lascio qua da sola – si intromette Jeremy. Gli lancio un’occhiataccia e lui mi sorride, sfidandomi. Lo odio, è ufficiale.
– Ma perché devi essere così antipatico?! – chiedo io avanzando. Guardo le strisce rosse davanti la porta principale, i poliziotti sono stati qua dentro. – No, fermo – aggiungo io, mettendo il braccio davanti. Va sbattere contro di esso e un’altra scossa percorre tutto il mio corpo. Mi giro per guardarlo sbalordita e lui fa la stessa cosa.
– Che c'è? - chiede lui dopo un po'. Non si sta riferendo alla scossa ma al perché mi sono fermata. Ma la risposta mi sembra così ovvia, è proprio davanti a lui. Quelle strisce rosse di certo non vorranno dire “prego, entra! Questa casa è aperta a tutti!”.
– È inutile entrare – rispondo. Mi giro ed entro in macchina, vedo lui sbuffare e seguirmi, ma faccio finta di niente. Mi sento abbastanza in colpa, dovevo fare una sola cosa e ora sono in ritardo anche per quella. Mio padre sarà in ambulatorio adesso, lo staranno facendo a pezzi per capire cosa l’ha ucciso.
– Ma spiegami il perché siamo qua – borbotta lui accendendo la macchina. – Se non vuoi entrare per colpa di quelle strisce rosse non ti devi preoccupare. Possiamo benissimo toglierle e rimettere una volta che abbiamo finito di fare qualsiasi cosa tu debba fare in questa insulsa casa.
– Questa era casa mia, cretino – ringhio io. Come risposta fa spallucce, mi giro verso il finestrino per non perdere il controllo e ucciderlo di botte. Faccio un sospiro e dico: —Vai alla stazione di polizia – con una voce così autoritaria che mi viene voglia di darmi il cinque da sola.
– Perché? – chiede, sfidandomi. Vuole una risposta, ma io sono più testarda di lui. O forse no.
– Perché è la che devo andare, devo chiedere di mio padre – rispondo con le lacrime agli occhi. Continuo a guardare fisso fuori dal mio finestrino per non far vedere le lacrime che minacciano di uscire. Non posso assolutamente farmi vedere in questo stato da lui, si metterebbe a ridere o peggio.
– E perché dovrebbe stare là? – chiede Jeremy, continuando a non capire. – Per caso ci lavora?
Povero ragazzo ingenuo. – Lui non sta là – rispondo. – Ormai starà all'obitorio.
Per la prima volta rimane in silenzio e fa come gli chiedo senza aggiungere altro. So che mi dovrei sentire bene, perché l’ho fatto azzittire, ma il fatto di aver detto ad alta voce che mio padre è morto non fa altro che confermare il tutto. Questo non è un sogno, mio padre è morto sul serio e non tornerà mai più.
Il viaggio è stato molto imbarazzante e silenzioso. Quando vedo la stazione di polizia mormoro: — Eccoci qua. – Slaccio la cintura di sicurezza e scendo. – Te rimani qua, ok? – gli chiedo tenendo lo sportello aperto solo per parlargli. Annuisce senza dire niente, così chiudo lo sportello ed entro.
Tutti mi guardano, non capita tutti i giorni di vedere una ragazzina entrare in una stazione di polizia, credo. C’è solo un unico uomo che non mi guarda ed è proprio l’uomo che cerco. È  un amico di mio padre che sa tutta la verità su mia madre, su mio padre, sui vampiri. – Jack – lo chiamo io.
Lui alza lo sguardo e fa un sospiro abbracciandomi. – Ma dov'eri finita? Ti stavamo cercando dappertutto – mi rimprovera lui, si distacca da me e mi squadra dalla testa ai piedi per vedere sto bene. – Che è successo?
– Avrei dovuto chiamarti, lo so, ma ho scordato il cellulare a casa. – Annuisce, ansioso di sapere tutto e di dire tutto. – So che papà è morto – aggiungo.
La sua espressione si fa ancora più addolorata. – Mi dispiace così tanto – mormora lui abbracciandomi un’altra volta. Mio padre e lui andavano molto d'accordo prima che mio padre si desse all’alcol. Lui provava a farlo smettere, provava a dirgli che mia madre di certo non avrebbe voluto questo, ma non è servito a niente. Ad un certo punto si sono semplicemente persi di vista.
– Mi è morto tra le braccia – mi lascio sfuggire, cercando di non piangere.
– È in un posto migliore adesso – mormora baciandomi i capelli. Annuisco, anche se non so se crederci o no. – Il funerale lo posso organizzare io – aggiunge dopo un po’. Annuisco un'altra volta. So che sto per piangere quindi non mi conviene parlare o la mia voce non sembrerà la mia. – Quando lo posso fare?
– Dopo domani va bene – mormoro io.
– Dove andrai adesso? – chiede, si da una botta sulla fronte e fa per prendere il telefono per fare una chiamata. So benissimo chi vuole chiamare. – Devo chiamare i tuoi nonni.
– No, fermo – lo precedo prendendo il telefono. – Ho già trovato un posto – rispondo. – Emh... è una lunga storia, ma io devo rimanere là.
Aggrotta la fronte e così gli si formano delle piccole rughe. – Perché? – chiede, contrariato. Non posso fare a meno di pensare a quanto io e papà lo prendevamo in giro perché con quei baffi neri sembra uno sceriffo. Per non parlare dei suoi capelli e di come si veste. Gli voglio così bene...
– Perché ci sono vari vampiri che mi vogliono uccidere – rispondo io.
– Perché dovrebbero? – chiede lui, disperato.
Faccio un sospiro e mi metto indietro i capelli. – Sono una Whitesun, in pratica... - mi ferma.
– So cosa significa – mormora, sbalordito. – È per questo che hanno ucciso tua madre, volevano te. – Si tocca quei suoi baffi che in questo momento non fanno più tanto ridere. Annuisco e lui fa un altro fa un sospiro. – Dove starai?
– In un istituto che ha l'incarico di proteggermi – rispondo subito. Mi avvicino a lui per non farmi sentire dagli altri. – Quello che sapevamo noi non è niente in confronto alla realtà.
– Che vorresti dire? - chiede, un po' impaurito.
– Ci sono lupi mannari, cacciatori e streghe - dico io guardandolo mentre lui è pallidissimo. Ad un certo punto ho paura che svenga proprio davanti a me, nella stazione di polizia. – Ma non sono tutti cattivi, un vampiro mi ha aiutata, è grazie a lui se ora sono là.
– Cosa? – chiede lui. – Ti ha aiutata?
Annuisco prendendogli le mani per farlo tranquillizzare un po’. – Io ora devo andare, non mi cercare, ok? – Lui annuisce, anche se non sembra molto contento di quello che gli sto dicendo. Come posso dargli torto dopotutto? In teoria sta andando contro la legge, dovrebbe chiamare i miei nonni e farmi venire a prendere. Anche se prima credo che dovrei andare in una casa famiglia. Rabbrividisco solo all’idea. – Hai un cellulare da darmi?
– No, vattelo a comprare. –  Mi da dei soldi. – Chiamami ogni tanto, ok?
Annuisco. – Ciao e grazie – lo saluto abbracciandolo. Cerco di non piangere, ma è veramente difficile.
Mi stringe a lui e poi mi da un bacio sui capelli. – Ciao, tesoro – mormora lui lasciandomi andare. Mi guarda preoccupato ma faccio finta di niente e me ne vado.
 
Una volta arrivati all'istituto, dopo aver comprato il cellulare, andiamo da Louis Dempson. Entriamo in una stanza, una volta entrata mi rendo conto che è un ufficio. È molto elegante, tutta la parete destra è occupata da una libreria piena di libri di stregoneria e altro, al centro c’è un scrivania molto vecchia con la tre sedie (una da un lato e due dall’altro), una finestra è proprio dietro alla sedia, ma non è tanto grande se calcoliamo il fatto che invece l’ufficio lo è.
– Signore – lo chiama Jeremy fermandosi accanto a me, proprio davanti alle due sedie. Lo guardo mentre lui sembra intento a guardare Louis, che appena ci vede chiude una telefonata.
– Ah, ci avete messo pochissimo! – esclama Louis. – Trovato qualche vampiro o demone? – Jeremy scuote la testa e così Louis sorride. – Benissimo. Allora, com'è andata?
– Il funerale si farà dopo domani – rispondo io, fredda.
– Mi dispiace molto, Cassie – mormora Louis.
Annuisco e cerco di non scoppiare a piangere. – È in un posto migliore adesso – ripeto io, come se lo stessi facendo più per crederci che per altro. Sento i passi sempre più lontani di Jeremy e poi sbatte la porta, andandosene. Aggrotto la fronte cercando di capire il perché se ne sia andato in questo modo.
– Lui non crede – risponde Louis. Annuisco, vorrei andare da lui e chiedergli il perché, perché non crede a niente. – Vai – m'incita Louis, dopo avermi letto nel pensiero.
Accenno un sorriso, giusto per sembrare più cortese di quanto sono in verità. – Grazie, a domani – lo saluto io, per poi andarmene e percorrere tutto il corridoio a passo veloce. – Ehi! – lo chiamo quando riesco a vedere i suoi capelli, lui si gira, infuriato. – Grazie per avermi accompagnata.
– Mi hanno obbligato – risponde lui freddamente, e inizia a camminare un'altra volta.
– Perché... – chiedo io, cercando di tenere il suo passo. – Perché sei così scontroso? – Mi pento subito di aver detto una cosa del genere. Di solito non sono così, di solito penso a quello che devo e non devo dire, ma questo suo comportamento mi spinge a dire le prime cose che mi vengono in mente solo per il gusto di dire qualcosa, il ché è un vero sbaglio.
– Sono fatto così, e sinceramente non mi stai tanto simpatica – risponde Jeremy continuando ad andare avanti, facendomi capire benissimo che non vuole continuare a parlarmi.
Mi fermo, esausta. – Nemmeno mi conosci – esclamo io alzando le mani al cielo. La risposta che mi ha dato poco fa mi fa veramente imbestialire. Non può dire una cosa del genere, dopotutto non sono stata io ad essermi comportata male con lui. Cosa si aspettava? Che non gli avrei risposto a tono? Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, io.
Con questa mia esclamazione riesco a farlo fermare, ma non pensavo di aver catturato la sua attenzione così tanto da vederlo tornare indietro. – Conosco quelle come te. Siccome siete speciali allora vi sentite forti e potenti, ma alla fine non lo siete. E soprattutto te che sei una ragazzina. Quanti anni hai? Eh? Quattordici? – sbotta guardandomi dalla testa ai piedi con disprezzo.
– Quindici – ringhio, arrabbiata. Odio quando mi dicono che sembro più piccola, so di essere bassa, so di avere una faccia da ragazzina, non c’è bisogno di ricordarmelo in questo modo. Mi sta ferendo e di certo io non mi faccio ferire da un ragazzo come lui.
– Ecco, appunto. Sei una ragazzina e non tanto per l'età quanto per il tuo comportamento – ringhia lui avvicinandosi a me solo per farmi arrabbiare ancora di più.
– Non sai niente di me – sbotto io, spingendolo con tutta la mia forza.
– E te non sai niente di me – risponde lui, avvicinandosi un’altra volta a me solo per farmi arrabbiare ancora di più.
– Sai che ti dico? – chiedo io, spingendolo più lontano da me. – Volevo conoscerti, ma alla fine sei solo uno stronzo presuntuoso e questo mi basta - fidati, mi basta - per mandarti a fanculo e a dirti che hai un comportamento schifoso. – Gli do un’ultima spinta e me ne vado.
– È stato un piacere conoscerti – urla lui ridendo e quindi prendendomi in giro.
– Anche per me – ringhio andandomene in camera mia. Entro e chiudo la porta a chiave, la guardo e le sferro un cazzotto, troppo arrabbiata per fare altro. Faccio per prendere il cestino e lanciarlo da qualche parte quando sento il mio nuovo cellulare vibrare, segno che mi è arrivato un nuovo messaggio. Il messaggio dice:
"Puoi uscire dall'Istituto? Sono qua sotto."
Aggrotto la fronte, non ho la più pallida idea chi sia questa persona e di come faccia a sapere che io sono in un Istituto. Così rispondo, scrivendo:
"Ma chi sei?”
In poco tempo mi arriva un altro messaggio:
"Il vampiro che ti ha salvato la vita.”
Sorrido ed esco dalla camera. Passo davanti alla camera con su scritto “Jeremy Ruterful” e rabbrividisco. Vorrei tanto sfondare la sua, di porta. Una volta uscita vedo un ragazzo aspettare fuori, con le mani dentro le tasche dei jeans: Derek.
– Ehi – mi saluta lui, venendomi incontro. Non so se avere paura o no. Ancora non mi fido molto dei vampiri. E, anche se mi ha salvato la vita, continuo ad essere un po' scettica a riguardo. È nella mia natura, sono stata cresciuta in questo modo. Non è colpa mia.
– Che ci fai qua? - chiedo io.
– Bé, volevo sapere come stavi e poi ti volevo dire che Iris sta bene e che è molto dispiaciuta per quello che è successo. Voleva venire a trovarti, ma ho pensato che forse avevi paura di lei.
Solo ora mi ricordo che Iris è ancora da lui, che mi ha uccisa e che se non fossi stata una Whitesun a quest’ora il funerale l’avrebbero dovuto organizzare sia per mio padre che per me. – E come fai a sapere che non ho paura anche di te? – chiedo io. Fa una smorfia addolorata e quasi mi fa ridere. È un bel ragazzo, infondo.
– Scherzi? Ti ho salvato la vita! Che senso avrebbe ammazzarti? – chiede lui.
Rido e abbasso lo sguardo, un po' timida. – Grazie – rispondo guardandolo, mi sorride. Sono sincera, gli sono grata per quello che ha fatto e che sta facendo. Non so come farò a sdebitarmi con lui, veramente. Iris sta bene solo grazie a lui e infondo io sarei morta ieri se lui non mi avesse salvata urlando semplicemente “no”.
– Allora? Com'è andato il tuo primo giorno di scuola? – chiede lui, cambiando discorso per alleggerire la situazione che di certo non è molto a nostro favore.
Rido. – Ho appena litigato con un tipo – rispondo ripensando a tutto quello che è successo oggi. È stata una giornata abbastanza movimentata, non me la scorderò molto facilmente, ma credo sia meglio così. Non posso dimenticare niente, ora come ora, e non voglio.
– Ah, bene! E chi è? – chiede ridendo.
Non voglio dirgli che dovrebbe essere la mia anima gemella. Non so perché, ma non mi va di dirglielo. – Uno troppo presuntuoso per presentarsi – rispondo io, pensierosa. Perché in verità non si è nemmeno presentato, il nome me l’ha detto Louis Dempson.
– Ah, ecco – esclama ridendo. – Dolcissimo ragazzo, immagino!
– Senti, è tardi ed io devo andare a dormire, anche perché sinceramente non so nemmeno se posso uscire di notte – borbotto io guardando l’Istituto dietro di me. – Questo posto è una prigione.
Ride. – Va bene, allora ci sentiamo. Ti faccio sapere appena ho notizie di Iris, se ci sta qualche progresso o no. Cose così, insomma.
– Si, si – rispondo io, non sapendo cos'altro dirgli. Continuo a non sentirmi molto a mio agio con un vampiro amichevole davanti a me. È strano, sono sempre stata pronta ad ucciderli, ma mi farebbe stare male se lui venisse ucciso.
– Va bene, allora ciao – dice per poi andare verso la macchina. - Ah, e ti saluta Caroline, la maga!
– Salutala – esclamo io. Lo saluto un'ultima volta mentre se ne va in macchina e poi entro dentro l'Istituto, un po' infreddolita. Salgo su e attraverso il corridoio cercando di non fare troppo rumore, per fortuna il legno del pavimento non è per niente rovinato o vecchio, quindi è abbastanza facile non fare rumore.
– Sai, in verità non si potrebbe uscire dall'istituto. - Mi giro di scatto e vedo Jeremy appoggiato allo stipite della sua porta.
Mi ha spaventata, ma non voglio farlo vedere così alzo un po’ la testa e il busto. – Ma gli affari tuoi? - chiedo, irritata. Non so che altro dire, nemmeno a lui. Pensavo che ormai stesse dormendo, di certo non pensavo che mi avrebbe spiata dalla finestra!
Ride. – Carino il tuo amichetto, comunque – mi sfida ancora una volta lui.
– Ripeto, ma gli affari tuoi? Non ti stavo antipatica? – chiedo, sputando acido.
– È il tuo ragazzo? Coppia fantastica! Il vampiro e la Whitesun: perché l'amore è più forte – Ride passandosi una mano sui capelli. – Dovrebbero farci un film.
– Molto divertente – ringhio guardandolo negli occhi, infastidita.
– Lo so – esclama ridendo. – La prossima volta fallo entrare nella tua camera – aggiunge, afferrando il pomello della porta. – È divertente farlo con un vampiro, io l'ho fatto con una vampira. – Si ferma per vedere la mia reazione, ma rimango impassibile, mentre dentro di me mi ordino di non essere gelosa di un ragazzo del genere, invano. – Figuriamoci qua dentro poi, quando è vietato far entrare sconosciuti. – Ride ancora una volta. – Dovrei provarci – afferma, pensieroso. Rido nervosa andandomene. Non voglio rimanere qua un secondo di più mentre questo stupido mi prende in giro. – Buonanotte, Whitesun, e sogna il tuo bel vampiro! – mi saluta lui prima di chiudere la porta.
Chiudo la porta dietro di me e sono tentata di dargli un altro cazzotto. Quel ragazzo mi manda veramente il sangue al cervello, è impossibile! Ma devo stare calma. È solo un presuntuoso che vuole rovinarmi la serata, e di certo io non glie lo voglio permettere. Devo respirare e dormire. Dormire. E dormire. Perché sono stanca, non sono arrabbiata, sono così stanca che mi si stanno chiudendo gli occhi.
Dormi, Cassie. Dormi e sogna di ammazzare quel cretino.


Angolo Autrice:
Ed ecco il secondo capitolo! Non so bene cosa pensare, ancora non ho capito se mi piace o no, quindi vi chiedo anche oggi di recensire e farmi quindi sapere che ne pensate. Accetto anche i commenti negativi, mi serviranno sicuramente per scrivere meglio.
Riguardo a questi due primi capitoli vi posso assicurare che la storia è appena iniziata, queste esperienze sono solo le prime e più andrete avanti e più incontrerete altri personaggi; oggi è stata la giornata di Ivy e Jeremy, che avranno un ruolo fondamentale fino alla fine della storia.
Domani posterò il terzo capitolo, che s'intitolerà "credere".

 
  
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