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Autore: Yumao    27/06/2014    1 recensioni
Dopo un evento drammatico, non riuscendo a reagire e a ritornare alla vita di tutti i giorni, una ragazza di ventitré anni decide di partire all'avventura. Unica regola: farsi guidare dal caso.
Incontrerà i compagni di viaggio più strani, che la accompagneranno per un po' per poi andarsene per la loro strada. Di tutte queste persone non manterrà che un nome, un volto, un ricordo.
Ma c'è qualcuno con cui la sua strada si incrocerà più di una volta.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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3/Niente

Niente cellulare?





Mi ero lavata nel minor tempo possibile, evitando di cedere alla tentazione di stare lunghi minuti a riflettere sotto l’acqua calda. Avevo l’impressione che se mi fossi fermata a riflettere sulla situazione in cui mi ero cacciata avrei pagato per potermi prendere a calci nel sedere da sola, e sarei tornata filata a casa.

Chi si ferma è perduto! Me lo ripetei più volte, come un mantra, mentre selezionavo fra i pochi vestiti che mi ero comprata un paio di pantaloni corti e una canottiera lunga, color verde e bianco sporco. Mi strofinai violentemente i capelli con un asciugamano in microfibra che avevo avuto l’accortezza di comprare, poi mi guardai allo specchio abbastanza soddisfatta. Con i capelli ancora bagnati così sparati in tutte le direzioni e quei vestiti sembravo appena uscita da una puntata di Lost. Tutto in me parlava di avventura e di viaggio e di mistero. O forse no, ma decisi di essere indulgente con me stessa e assecondare quell’illusione mettendo a tacere la parte più critica del mio cervello.
Chiusi i vestiti vecchi in una borsa di plastica, più tardi li avrei gettati in un cassone della Caritas.
Aprii cautamente la porta del bagno. Silvia e Marta stavano sussurrando, con le teste vicine. Silvia sembrava irritata e divertita e Marta le teneva le mani con uno sguardo dolce, che di solito è il preludio di un bacio. Mi sentii improvvisamente molto in imbarazzo. Richiusi la porta piano, e poi la aprii facendo molto rumore e guardandomi alle spalle, così che avrebbero avuto modo di interrompersi, se volevano. Marta alzò lo sguardo senza lasciare le mani di Silvia, che guardò altrove, imbarazzata. «Tutto a posto? L’acqua era calda?»
«Certo, nessun problema.»
«Vuoi usare il phon?»
«No grazie… mi piace avere i capelli bagnati.» Sorrisi imbarazzata. Più di una volta ero stata sgridata per il mio rifiuto di asciugare i capelli, anche in pieno inverno, ma Marta non sembrava il tipo da formalizzarsi per una cosa del genere, visto che si portava in casa perfetti estranei. «Hai bisogno di mettere sotto carica il telefono?»
«Non ce l’ho il telefono.» Marta e Silvia mi guardano con gli occhi sgranati. Ma certo: siamo in un’epoca in cui una ragazza può vagare senza meta in una città sconosciuta e farsi ospitare dalla prima persona che incontra per strada, tutto ok. Ma se non ha con se il telefono? Allora c'è sotto qualcosa di sinistro. «Te l’hanno rubato?»
«No, non me lo sono portato.» Risposi scrollando le spalle. «Come fai a stare senza telefono?»
«È stato strano all’inizio, continuavo a toccarmi le tasche e a pensare di averlo perso. Però poi mi sono abituata.»
«E come fanno i tuoi a contattarti?»
«Non mi contattano.» Abbassai gli occhi in modo che non mi potesse leggere niente nello sguardo, ma sentii le guance imporporarsi e un dolore anche troppo familiare pungermi lo stomaco e il petto come centinaia di spilli.
Marta mi guardò preoccupata. Dovevo avere una strana espressione, perché anche lei esitò prima di farmi ancora delle domande. «Facciamo così. Se non vuoi dirmi perché te ne sei andata di casa senza telefono e, immagino, senza dire a nessuno dove stavi andando, va bene. Ma almeno una cosa me la devi dire.» Esitò ancora, mentre iniziavo a pensare che mi avrebbe cacciato fuori senza darmi nemmeno il tempo di dire beh. «Non starai mica scappando dalla giustizia, neh?» Sbuffai divertita. «Andiamo, ti sembra?»
«No.» Ammise Marta ridendo di gusto. «Ma dovevo chiedere!» Silvia si limitò a sorridere, non del tutto tranquillizzata. «Non sto scappando dalla giustizia, non ho mai nemmeno fumato uno spinello o preso una sbronza. Avevo solo bisogno di cambiare aria.» Dissi decisa. In fondo era una domanda lecita: io ero una sconosciuta per loro quanto loro lo erano per me, e Marta aveva rischiato a riporre la sua fiducia in me offrendomi aiuto, avendo nulla da guadagnare e tutto da perdere. «E non ho portato il telefono perché tanto non ho nessuno da chiamare.» Dissi sperando che non mi chiedessero nulla di più. Marta e Silvia si scambiarono un’occhiata attraverso la quale avvenne un’intera conversazione, poi Silvia sbuffò, scrollò le spalle e si alzò. «Faccio il caffè. Poi se vuoi organizzare una festa qui dentro dovremo mettere a posto.»
«Sì mamma!» Rispose Marta irriverente strizzandole l’occhio. Poi si girò di scatto verso di me ostentando un’aria sconvolta. «Mai preso una sbronza?» Scossi il capo… In realtà non avevo motivo per essere imbarazzata, ma Marta con una sola occhiata riuscì a farmi sentire come se non aver mai perso il controllo per il troppo bere fosse un peccato capitale. «Questa sera rimediamo.» Promise, mentre Silvia sbuffava sulla caffettiera.
 
Passammo il pomeriggio a pulire la casa, cercando di spostare un po’ di oggetti per fare spazio agli ospiti che, iniziavo a temere, sarebbero stati troppo numerosi per uno spazio così stretto.
«Ti sei comprata solo vestiti da avventuriera?» Chiese Marta frugando senza riguardo fra le mie cose, non dopo aver espresso sgomento per il fatto che ero partita senza portarmi vestiti. Strinsi le spalle «Non pensavo che avrei avuto bisogno di altro.»
«No problema chica! Ti presto qualcosa di mio!» Così dicendo abbandonò i poveri resti disordinati del mio zaino e iniziò a frugare nel suo armadio, borbottando e tirando fuori abiti. «Te l’avevo appena messo a posto quell’armadio, possibile che sia già così?» Gemette Silvia. «La vita è breve, non c’è tempo per piegare vestiti! Tieni, prova questo. A me sta un po’ stretto ma a te dovrebbe andare.» Mi lanciò un abito chiaro che riuscii a prendere al volo per un pelo. Era un vestito stranamente sobrio per essere uscito dall’armadio di Marta, bianco sporco con degli inserti di pizzo, con una gonna svolazzante che arrivava sopra al ginocchio.
Non avevo mai messo un vestito in realtà, e mi faceva sentire strana… ma loro non potevano saperlo, quindi se mi fossi comportata come se fosse perfettamente normale magari non si sarebbero accorte che mi sentivo come se mi stessi travestendo per carnevale.
Da qualche parte nell’armadio rimediò una fusciacca multicolore che mi legò in vita, poi mi aiutò a pettinare i capelli in modo che non sembrassero troppo trascurati, intrecciandoli dietro la nuca e infilandoci degli ornamenti colorati.
Mi guardai allo specchio, cercando di nascondere il disagio: sembravo una perfetta figlia dei fiori. Incrociai lo sguardo di Silvia, riflesso nello specchio, e mi sorrise solidale, mentre Marta frugava nell’armadio piena di entusiasmo per la sua opera, allungandomi un paio di stivaletti bassi decisamente fuori stagione, ma che a suo dire sarebbero stati perfetti. Silvia mi diede una pacca sulla spalla, come se capisse perfettamente quello che stavo passando. Forse anche lei era stata oggetto dell’estro artistico di Marta.
Avevano appena finito di agghindarmi quando il campanello iniziò a suonare, e nel giro di trenta minuti la casa fu piena di persone e di cibo.

Hohey! Scusate il capitolo un po' corto. Spero che a qualcuno interessi la storia fin qui, anche se l'elemento romantico non si è ancora visto più di tanto. Ma se avete la pazienza di seguirmi (cit Neri Marcorè) presto qualcosa succederà ;) 羽毛
   
 
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