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Autore: Fuck Duck    27/06/2014    3 recensioni
E se tutte le cose che abbiamo letto, tutte quelle in cui abbiamo creduto, fossero reali? Sarebbe fantastico. Però di storie ce ne sono tante. Allora come stabilire quale di queste sia reale? Stabilire se esita Hogwarts oppure Panem, demoni o divinità, il Conclave o il Ministero della Magia, i distretti o le fazioni, il Campo Mezzosangue o gli Hunger Games? E se fosse vero che tutte le storie sono vere? Se tutte convivessero, fondendosi i un’unica, incredibile realtà?
Questa storia è un crossover: Shadowhunters, Harry Potter, Hunger Games, Percy Jackson, Divergent.
*Perdonate il titolo banale*
PROBABILI SPOILER PER CHI NON HA LETTO LE SAGHE
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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SEBASTIAN POV

Il cielo era grigio e cupo, di una tonalità deprimente, che tendeva al grigio topo e contribuiva a rendere il luogo, già scuro e opprimente, ancora più soffocante. Tuttavia era un cielo terso e privo di nubi, che diffondeva la sua luce grigiastra su ogni cosa che gli occhi di Jonathan Morgenstern, o Sebastian, come ora si era autoproclamato, riuscivano a scorgere. Il freddo era paralizzante. Se non fosse per l’orgoglio che lo infiammava –e qualcosa di più profondo che gli scorreva nelle vene- probabilmente avrebbe iniziato a lamentarsi come un bambino. Ma Sebastian non poteva apparire debole adesso, nemmeno con sé stesso, non dopo aver subito una sconfitta simile. Al pensiero il ragazzo si appoggiò alla ringhiera di ferro, l’unica cosa che lo separava dal mare in tormento, e abbassò le palpebre. Una brezza gelida gli scompigliò i capelli argentei, quasi come la carezza di una mano paterna. Se chiudeva gli occhi, il ricordo era stampato a fuoco sulle palpebre: i capelli rossi, gli occhi color smeraldo, la spada in pugno, un vortice rosso che colpiva il ragazzo che amava e contemporaneamente gettava all’aria il piano di suo fratello, ovvero lui stesso. Allora aveva pensato di tenere Clary per sé, una volta portato a termine il tutto. Aveva creduto che se non altro col tempo sarebbe riuscito a catturare il suo affetto. Conosceva bene quel sentimento, perché suo padre l’aveva istruito per anni sulle emozioni umane, sapeva quanto era facile ed efficace sfruttare un sentimento come l’amore e quanto potere aveva sull’uomo, ma non l’aveva mai provato in prima persona. Tutto ciò che era in grado di provare era odio, rabbia e rancore, orgoglio, soddisfazione e furore. Ma non riusciva a provare nient’altro. Quello nei confronti di Clarissa era solo una smania di possedere, la sensazione che quella cosa era sua, e l’avrebbe riavuta. Se la sarebbe ripresa, di questo era certo. E poi…e poi lei avrebbe supplicato fino a lacerarsi le corde vocali per quello che lui le avrebbe inflitto. Far fuori quel biondino cotonato sarebbe stato il supplizio più facile da sopportare, forse sarebbe stato persino piacevole in confronto a ciò che aveva in serbo per lei. Sorrise e si allontanò dalla ringhiera. Il mare era agitato come non mai, nero e torbido. Una folata di vento quasi lo spazzò via. Il gelo si insinuò sotto gli abiti invernali e con suo disappunto lo fece rabbrividire. Il suo sguardo era dritto verso l’orizzonte. Sebastian si trovava a Wales, in Alaska, nella città più occidentale del continente americano. Era qui che le cartine dei planisferi si fermavano, prima di ricollegarsi al continente Russo nell’estremo opposto. Ma guardando in là per lo stretto di Bering Sebastian sapeva che, esattamente come Idris, c’era qualcosa che nessun planisfero segnava. Un continente che era in mezzo; a lui piaceva considerarlo come il confine del mondo. Nessuno Shadowhunter e men che mai nessun mondano era consapevole di un secondo triangolo delle Bermuda, ben più pericoloso di quello noto ai turisti e ai falsi avventurosi. Restò a guardare impaziente la distesa d’acqua che borbottava minacciosa, consapevole di non poter accelerare l’incontro con colui che l’aveva chiamato in quel posto desolato. Quando fu quasi totalmente spazientito, eccola arrivare, quasi da lontano, poi sempre più presente e più costante. Una musica ormai nota invase l’aria tutt’intorno a lui. Sembra quasi la sigla di una serie televisiva, incalzante e insistente. E poi eccola lì, la sagoma di un uomo, sempre più tangibile; una proiezione o qualcosa di simile. L’uomo era non troppo alto, con candidi capelli e un elegante abito bianco, una rosa bianca fuoriusciva dal taschino. L’unica nota stonata in quell’armonia di colori era il nero degli occhi, che ricopriva anche quella parte che normalmente sarebbe stata bianca.
«Whitelaw! Ma che piacere incontrarti, o quasi. Forse ora dovrei chiamarti “Presidente Snow”, preferisci? Certo che un cognome più originale potevi anche trovartelo» capitolò Sebastian con un ghigno, ponendosi davanti alla proiezione. La spiaggia era deserta, e non si udiva alcun rumore fatta eccezione per il rimbombare cupo delle onde.
«Jonathan Morgenstern, ringrazia l’amicizia che mi legava a tuo padre, perché è solo quella che mi consente di sopportare con tanta clemenza la tua insolenza!» ribattè indispettito il Presidente Snow, rosso in viso. Sebastian lo osservò un secondo prima di rispondere. «Non credo che tu sia nella posizione di lamentarti, vecchio. Devi ringraziare solo me per quella tua maledetta pellaccia! Fatto uccidere da una ragazzina, non riesco a credere che tu abbia perso tanti colpi, Whitelaw!». Sebastian avvertì la proiezione irrigidirsi e quasi gonfiarsi e arrossarsi ancor di più. Quando aveva conosciuto quell’uomo, anni prima, l’aveva visto solo di rado e sempre sottoforma di proiezione. Un ribelle, con gli stessi ideali e obbiettivi di Valentine Morgenstern, più debole e ugualmente ostinato. Ma non si potevano avere due capi; ben presto nacquero degli scontri. Gli era parso un uomo grintoso e ambizioso, desideroso di potere, avido. I dissapori si estinsero con una stretta di mano. Dopo aver scoperto quel luogo che oggi era chiamato Panem, totalmente distrutto dai demoni, il patto stretto tra Snow e suo padre era stato chiaro: il paese sarebbe stato per sempre nascosto alle cartine geografiche -mondane e non-, assoggettato alla guida e al controllo di un unico uomo: uno Shadowhunters, decaduto, un capo, rinato e potente. Quell’uomo aveva spezzato la discendenza del suo cognome, Whitelaw, che ora sopravviveva solo in linea femminile, modificandolo in “Snow”. In cambio Valentine avrebbe avuto la certezza che nessun altro rivale al di fuori del Conclave avrebbe ostacolato la sua ascesa al potere, e delle forze armate provenienti da Capitol City pronte al suo servizio per qualsiasi evenienza. Ma quando aveva scelto come propria sede quel territorio, c’era una cosa che Whitelaw non sapeva e Sebastian sì. Un territorio pericoloso, addormentato ma quanto mai letale.
«Ringraziarti?! Hai idea di ciò che quelle bestiacce hanno fatto al mio corpo? Hai idea di cosa ho dovuto passare per riavere qualcosa di solo lontanamente simile alla vita?! E ora, guardami, sono una specie di ibrido, mezzo mo..» si interruppe, rendendosi conto della persona che aveva di fronte. Sebastian serrò i pugni, ma prima che riuscisse ad aggredirlo l’uomo lo precedette: «Non importa, Jonathan. Ti ringrazio per questa possibilità. Riconquisterò Panem, ristabilirò l’ordine e Katniss Everdeen sarà eliminata, una volta e per tutte. Avremmo dovuto farlo tempo fa, ma Seneca Crane ha avuto troppa paura o troppo cuore. In entrambi i casi, è stata la rovina del mio sistema e io…».
La pazienza di Sebastian era agli sgoccioli, e il rumore costante e ripetitivo delle onde che si infrangevano sugli scogli sommato alle parole sprezzanti del decaduto Nephilim non avevano giovato all’umore del ragazzo. Quell’uomo era davvero peggiorato, rifletté Sebastian.
«Che cosa vuoi, Whitelaw? Non credo tu sia qui solo per parlarmi della tua tormentata esistenza» tagliò corto.
Snow rimase per un momento stordito dalla brusca interruzione, ma immediatamente si riscosse. «Sono qui per avvisarti, Morgenstern. Un gruppo di quei cosi, di quei demoni, cel’ha fatta. E’ arrivata a Capitol City. Erano in dieci; otto sono stati sedati, resi inoffensivi ed utilizzati come rifornimento per l’energia demoniaca che consente l’utilizzo di tutta la tecnologia di Panem. Ma due non sono stati ritrovati. Non credi che siano riusciti a trovarci, vero?» la faccia del presidente era impallidita come un cencio.
«E’ impossibile, Whitelaw. Tutti i demoni sono sotto il mio controllo» ribattè Sebastian, punto sul vivo. Quell’omuncolo dubitava del suo potere?
«Non ne dubito, fatto sta che dieci demoni sono stati ritrovati a Panem e questo non era nei patti» la proiezione vibrò «non ho più tempo; accertati dei termini del patto e fai in modo di rispettarli. Io rispetterò i miei: le forze di Panem schierate per te, nella tua battaglia per il potere» Snow chinò il capo e, mentre lo rialzava verso Sebastian, la proiezione svanì.
Il ragazzo si strinse nel cappotto pesante: possibile che Snow avesse ragione? Dei demoni erano davvero sfuggiti al suo controllo? Impossibile. Eppure, doveva essere per forza così. Anche perché l’alternativa era decisamente più preoccupante. Più pericolosa e distruttiva, ma, Sebastian ne era consapevole, di gran lunga più probabile.
Quel luogo da secoli addormentato, in profonda pace, quel luogo su cui Panem parassitava e si sviluppava sempre più si era davvero risvegliato? E se così fosse, sarebbe stato tanto distruttivo da disintegrare la Terra stessa?


 

Buongeorge a tutti voi! Questa è la mia prima fan fiction in assoluto, e spero che non stia venendo troppo, troppo male. Da ossessionata di libri e di saghe fantasy quale sono, non sono mai riuscita a rispondere alla domanda “se potessi scegliere un libro in cui vivere, quale sceglieresti?”. No, ragazzi, non vi so rispondere. E allora mi sono detta: perché diamine non potrei vivere in una realtà in cui tutto si fonde, in cui tutto è reale allo stesso tempo? Spero che questo prologo vi abbia incuriosito, perché ho già scritto il primo capitolo!
Ho avuto tante di quelle idee da impazzire, comunque mi sono divertita molto ad immaginare come si potrebbero incastrare tutte le saghe che amo. Mi farebbe piacere ricevere le vostre recensioni e i vostri pareri sulla storia, anche critche costruttive o consigli.
Ah, una piccola nota per i prossimi capitoli: ho cercato di riprendere la scrittura di ciascuno scrittore, a seconda della saga di cui parliamo. Spero che le parole siano in grado di trascinarvi nella storia e di farvela vivere, anche se non sono così sicura di essere riuscita nell’intento. Grazie per aver letto questo prologo e se avrete voglia di sapere come continua la storia: Buona lettura!
Prongs (è il mio soprannome, sì)


 

  
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