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Autore: tusike6speciale    21/08/2008    5 recensioni
>>AGGIORNATA 22/3<< “Dov'è tuo fratello?” La bocca di Sam si torse un po', si morse il labbro inferiore per cercare di non dire quello che doveva dire, Sophia posò il bicchiere e si alzò lentamente andando verso di lui... Lo guardò dritto negli occhi... “Dov'è quell'idiota di tuo fratello?” Sam si trattenne ancora un attimo, strinse i pugni e poi rispose al suo sguardo... “All'inferno...” ----- Dopo il season finale mi è venuta l'ispirazione...Dovendo aspettare la quarta serie, intanto ho deciso di buttar giù la mia... Dean è ormai all'inferno e Sam sta cercando di andare avanti per conto suo...Fortunatamente non è completamente solo come crede, ha ancora al mondo qualcuno che può aiutarlo... Un nuovo personaggio, venuto dal passato dei due fratelli, lo aiuterà nell'impresa di affrontare l'inferno per riportare Dean dalla parte giusta...Attraverso lei, non solo il futuro, ma anche il passato di Dean e Sam verrà svelato, tutta la parte della loro vita che finora è rimasta taciuta... La storia è un continuo alternarsi di scene presenti e flashback (in corsivo)...Per rendere realistico il legame tra i protagonisti tirerò in ballo anche altri personaggi della storia (vedi jessica, john ecc ecc)...Per il resto, ho inventato tutto io!! Spero che il risultato non sia troppo incasinato...Se mai leggete, e se vi piace, lasciatemi un commento...Aggiornerò appena possibile...
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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capitolo12

CHAPTER 12


(5th step) ...Would you keep it for me?



QUALCHE MESE PRIMA

CHICAGO


Benvenuta in Equilibria, Josephine Eden Spencer.”

Esordì Byron porgendole un grosso libro foderato di pelle

su cui spiccava un luccicante pentacolo d'oro

Da oggi, per tutta la vita ed oltre, anche tu sei una di noi.”

Lei sfogliò le prime pagine riconoscendo il greco antico in quei caratteri,

quelle parole non avevano alcun senso nella sua testa,

inarcò le sopracciglia


Cos'è Equilibria?”



Risollevando piano la testa Dean si guardò intorno, fino a qualche secondo prima immaginava che sarebbero stati sepolti dalle macerie di quel postaccio, ma fortunatamente doveva essere ancora vivo. Si sollevò appena liberando Sophia dalla morsa in cui l'aveva tenuta stretta per tutto il tempo della scossa, lei si passò una mano sulla faccia cercando di dare un senso ai capelli che le avevano coperto tutto il viso “Sei tutta intera?” Inginocchiato accanto a lei Dean la guardava con aria preoccupata, Sophia si mosse appena per controllare che ancora le funzionasse tutto “Sì, credo di sì...” Rispose piano “...E tu?” Dean affacciò la testa fuori dal tavolo dando un'occhiata intorno “Intendevi questo quando hai detto 'qualcosa di brutto'?” Ribatté sarcastico venendo fuori da quel piccolo rifugio e facendo una prima stima della situazione.


Contro ogni più ovvia previsione, sembrava che il soffitto non gli fosse ancora caduto sulla testa, benché le travi fossero visibilmente provate. L'angolo di destra invece era venuto giù di netto, portando con sé gran parte del piano superiore. Intorno a loro regnava il caos. Macerie. Vetri rotti. Mobili ribaltati. “La prossima volta prendo una suite all'hilton, giuro!” Esclamò cercando di recuperare il salvabile tra le sue cose sparse per la stanza.


Sophia venne fuori un tantino più timorosa di lui “Almeno non siamo morti!” disse scansando un po' di polvere dai suoi vestiti. A quelle poche parole gli occhi di Dean si illuminarono di colpo “Sam!” Esclamò cercando frettolosamente il cellulare nella tasca della giacca, premette il pulsante e se lo portò all'orecchio visibilmente in ansia – Ti prego, rispondi.. --




Da più di cinque secoli questa società segreta

raccoglie i più grandi uomini di potere in tutto il mondo.

Maghi, streghe, alchimisti, veggenti, filantropi...

Nessuno a parte i membri sa della sua esistenza,

ed il silenzio è la nostra prima regola.

E' meglio morire che rivelare ad altri il segreto

di Equilibria...”


*****



Sam venne fuori lentamente da sotto il tavolo della caffetteria, scosso di per sé le urla della gente intorno non lo aiutavano di certo. Si tirò su controllando che tutto fosse a posto. Le vetrine erano letteralmente esplose durante il sisma e tutti i vetri rotti erano schizzati per il locale, investendo i poveri sfortunati che non erano riusciti a ripararsi in tempo. I mobili si erano ribaltati e perfino il bellissimo juke box del '62 che fino a poco prima suonava Tammy Wynette, adesso se ne stava morto, gambe all'aria in angolo. Il panico stava dilagando, in quel posto e in tutte le strade di Casper.


Raggiunse di fretta una ragazza che giaceva ancora tremante sotto il tavolo accanto al suo “Hey, tutto bene?” Chiese inginocchiandosi vicino a lei, quella alzò gli occhi spaventatissima e scosse la testa senza riuscire a parlare. Sam allungò una mano verso di lei “Non preoccuparti, è passata! Adesso puoi venire fuori.” Lei gli afferrò la mano un po' riluttante, poi lasciò che il suo tocco rassicurante la tirasse su “Stai bene?” Le chiese ancora, lei si diede un'occhiata veloce “Credo di sì...”

In quel momento Sam si rese conto che qualcosa gli vibrava nella tasca. Nella foga del momento non aveva nemmeno avuto il tempo di pensare a suo fratello, né a Sophia, e adesso veder lampeggiare il nome di “Dean” sul display era una doppia liberazione.


Dean?!” - “Sammy, stai bene?” Chiese lui tutto agitato “Sì, sto bene e voi?” - “Anche noi! Il motel ci è quasi caduto addosso, ma è tutto a posto ora... Tu dove sei?” Chiese ancora, mentre il rumore di sottofondo e le interferenze rendevano difficile la comunicazione “Sono in una caffetteria in centro. C'è qualche ferito qui, ma io sto bene!” Dean si ritrovò di colpo senza parole. Adesso che aveva appagato il suo primo bisogno di assicurarsi che Sam stesse bene, non aveva idea di come andare avanti. Sophia lo raggiunse da dietro “Il terremoto!” Esclamò costringendo Dean a voltarsi verso di lei con lo sguardo confuso. Sophia afferrò allora il telefono strappandoglielo letteralmente dalle mani “Il terremoto Sam! Potrebbe essere quello che stavamo aspettando!” Sam si guardò intorno ancora una volta constatando come il panico stesse prendendo possesso delle persone, più che rilassarsi continuavano a vagare allarmate senza meta “Dici che c'è il demone dietro?” Sophia ci pensò un secondo “Non ne sono sicura Sam, ma se fosse così vorrebbe dire che siamo vicini alla fine...” Si interruppe all'improvviso per scansare Dean che cercava di riprendere il suo telefono “...Devi andare da quell'oracolo, adesso!” - “Adesso?” - “Sì Sam, devi andare subito da lei. Controlla che stia bene e spera che possa aiutarci!” Sforzandosi di essere più agile di lei Dean riuscì finalmente a riprendere possesso del suo cellulare “Sam?”


Sam tirò fuori dalla tasca il foglietto su cui aveva scritto l'indirizzo di quella fantomatica Pandora e lo scrutò per qualche secondo “Sophia ha ragione, è meglio che vada subito a controllare! Se le fosse successo qualcosa avremmo perso la nostra unica pista.” Dean annuì tra sé e sé “113, Madison Street, giusto?” - “Esatto Dean.” Il fratello maggiore si guardò di nuovo intorno nella tristezza della sua stanza, un Bip improvviso lo riportò però alla conversazione. La batteria del telefono stava per abbandonarlo. “Ok Sam, facciamo così. Tu vai a cercare Pandora, noi ti raggiungiamo appena usciamo da qui!” - “Ok! Allora io vado... A dopo.” Dean esitò un attimo prima di abbassare “Sam?” - “Sì?” - “E' tutto a posto, vero?” Chiese quasi imbarazzato riferendosi al litigio furioso che avevano consumato poco prima, Sam sospirò “Certo Dean. E' tutto a posto.” Concluse chiudendo il cellulare, senza poter dire se fosse davvero stato onesto. Quello non era il momento per certe cose.



*****


...Immagino che tu già lo sappia Sophia,

il bene ed il male non sono altro che le due facce della realtà.

Non ci sarebbero buoni, se non ci fossero cattivi

e non ci sarebbero cattivi se non ci fossero buoni.

La realtà è che bene e male si appartengono,

sono parte l'uno dell'altro

e non potrebbero esistere se non fossero coesistenti e contrastanti.

Solo un perfetto equilibrio tra bene e male garantisce

la sopravvivenza di questo mondo

così come noi lo conosciamo...”



Rimettendo il cellulare nella solita tasca, Dean rivolse gli occhi seri a Sophia “Non farlo mai più.” - “Ok, scusa!” Rispose lei per niente intimidita, girovagando per la stanza costretta a scavalcare continui ostacoli. Dean sospirò cercando di sistemarsi alla meglio i capelli “Sarà meglio uscire di qui adesso!” Esclamò intraprendente “...Non sono sicuro che questo posto regga ancora per molto.”


Sophia, che era vicina alla porta, inaspettatamente anche quella ancora in piedi, si fiondò sulla maniglia “E io ho bisogno d'aria.” Disse piano mentre faceva pressione. Provò a spingere una volta. A tirare un'altra volta. Di nuovo a spingere e poi a tirare. Si voltò incerta verso Dean “Credo che la porta sia bloccata.” Ipotizzò incerta. Già pronto a sfoderare l'arma della virilità, Dean arrivò presto al suo fianco e provò a sua volta ad aprire quella porta. Niente. Allora fece qualche passo indietro “Lascia fare a me.” Disse facendosi vanitoso, quelle manovre lo facevano sempre sentire un po' come un agente segreto in un film d'azione. Prendendo quel po' di rincorsa che bastava, si buttò sulla porta sperando di sfondarla con un calcio ben assestato. Tutto ciò che ottenne fu un piede incastrato nella porta.


Mentre lo tirava fuori, come il legno si ruppe, scricchiolando rumorosamente, le pareti prossime iniziarono di nuovo a tremare facendo presagire il peggio. Istintivamente si tirarono indietro, di nuovo vicini.


Finita la minaccia Sophia si scansò di colpo realizzando che in quelle circostanze aveva passato fin troppo tempo appiccicata a lui “Bene!” Esclamò ironizzando con gli occhi sulla porta, mentre lui cercava di capire cosa ci fosse intorno. Affacciando gli occhi tra le crepe del legno non vide altro che un indecifrabile quadro, ma era chiaro che le altre stanze e forse anche quelli che c'erano dentro, non erano stati fortunati quanto loro. Probabilmente proprio il legno crollato bloccava la loro porta.


Biascicando qualcosa si tirò indietro ed invitò Sophia con un gesto della mano “Avanti!” Lei aggrottò la fronte “Avanti cosa?” - “Fa il tuo numero di magia! Abracadabra, Bibidi bobidi bu, qualsiasi cosa tu debba dire, dilla e tiraci fuori di qui!” Disse quasi umiliato dal mancato successo del suo tentativo, lei alzò un sopracciglio “A parte il fatto che non sono David Copperfield, credi davvero che sia una buona idea? Il soffitto potrebbe crollarci in testa!”


Dean trascinò con un po' di sforzo il tavolo davanti alla porta “Ecco, puoi farlo da qui sotto?” Sophia annuì raggiungendolo di nuovo sotto il tavolo. Non aveva idea di quanta forza usare, né di dove indirizzare il colpo. Aveva però un certo timore di veder l'albergo che le cadeva in testa.


Ok...” Sussurrò caricando il colpo con il polso mentre lui la guardava quasi in contemplazione. Mordendosi il labbro superiore, sentendosi più che incerta, Sophia fece il suo solito movimento con la mano. Un movimento breve, netto e deciso. Quando riaprì gli occhi, dovette però rendersi conto che pressoché nulla si era mosso, mentre Dean la fissava con le sopracciglia inarcate per la serie - Tutto qui? - “Non guardarmi in quel modo! Non posso certo far crollare l'hotel!” Rispose a quello sguardo, lui venne fuori dal tavolo “Dovevi solo farci uscire in realtà.” Rispose acido al punto giusto, mentre lei lo seguiva “Guarda che c'ho provato, non è colpa mia se non è cambiato niente!”


Non appena finirono di guardarsi come due ragazzini che litigano per le caramelle, un nuovo scricchiolio raggiunse le loro orecchie. Prima ancora che potessero muoversi un gran pezzo del soffitto venne giù di botto, insieme alle conseguenti macerie, ostruendo oltremodo la porta e restringendo ulteriormente il loro spazio vitale “Sei contento adesso?” Domandò Sophia restituendogli uno sguardo sarcastico, lui scosse la testa guardandosi nuovamente attorno “Mai fidarsi di una strega..” Mugugnò girovagando per quei due o tre metri quadri instabili.



...Sin dalla sua fondazione Equilibria si occupa proprio di questo,

garantire l'equità tra le parti, preservare il mondo dal caos.

Ognuno dei membri usa il suo talento

in funzione dello Scopo.

Nessuna eccedenza può essere tollerata,

da nessuno dei due fronti...”



Sophia raggiunse invece il letto, il pezzo di letto che ancora era accessibile e scansando via un poco di polvere – più un riflesso incondizionato che un gesto funzionale – ci si sedette sopra “Dovresti chiamare Sam. Dovresti dirgli che non lo raggiungeremo tanto presto!” Disse incapace di trattenere un mezzo sorriso ironico. Dean sembrava invece molto più agitato “Non c'è niente da ridere!” Rispose stizzito cercando il cellulare nella tasca. La scritta lampeggiante Low Battery fu il colpo di grazia. “Grandioso!” Esclamò nervosamente prima di scagliare il cellulare contro il muro facendolo in mille pezzi.


Era necessario?” Con un ghigno in faccia Sophia girò il coltello nella piaga, lui si passò le mani sulla faccia trattenendosi a stento dall'imprecare “Era scarico, ovviamente!” Sophia poggiò lo sguardo su di lui “Ti ricordi di mia madre?” Chiese sistemandosi meglio sul suo angolo di letto, lui aggrotto la fronte davanti ad una domanda che sembrava essere del tutto fuori luogo “E come potrei dimenticarla? Era più spaventosa di qualsiasi demone abbia mai visto!” Lei si dipinse una smorfia in viso per qualche istante poi riprese il filo del discorso “Bè, lei diceva sempre che i cellulari vanno ricaricati quando hanno ancora due tacche, e non quando sono già scarichi. Così non si corre il rischio di non poter telefonare! Credo sia una delle poche cose utili che mi ha insegnato..” Lui accennò appena un sorriso nervoso “Tua madre era una paranoica psicopatica!” Esclamò ripensando a quanto profondamente lo odiava, mai capito perché “Immagino che lo sia ancora, ma almeno il mio telefono non è mai scarico!” Dean le si avvicinò velocemente “Allora dammelo. Devo chiamare Sam.” Disse allungando la mano, ma Sophia si vide costretta a mimare un sorriso sollevando le spalle “Te lo darei volentieri, se non fosse morto e sepolto nella mia stanza!”


Dean spalancò la bocca facendo il punto della situazione, poi buttò la testa indietro emettendo un suono a metà tra un sospiro ed un lamento “Non ci posso credere..” Disse scuotendo la testa. Sophia lo guardò sull'orlo della sua crisi di nervi. Eh sì, stava decisamente per dare di matto. Fortunatamente lei poteva ancora vantare un certo autocontrollo, non che le circostanze la entusiasmassero anzi, avrebbe potuto facilmente definirsi “terrorizzata”, ma cinicamente era in grado di riconoscere che quella situazione poteva volgere a suo vantaggio. Purtroppo per lei ignorava che Dean sarebbe arrivato alle sue stesse conclusioni.



Il potere va sempre usato nella stessa misura,

contro i malvagi così come contro i puri di cuore.

Tutto ciò che conta è lo Scopo,

ed ogni sacrificio in suo onore può essere tollerato,

per quanto appaia ingiusto ad occhi inesperti.


Ma non temere,

capirai ben presto di cosa sto parlando...”




Io e te chiusi in una stanza di motel... Destino ironico, no?” Chiese lei accavallando le gambe, mentre lui cercava ancora una possibile via d'uscita “Più che altro direi che il destino ha un pessimo tempismo.” Rispose quasi atono mentre testava la resistenza delle pareti, ma come avevano già sperimentato, qualsiasi movimento lì dentro avrebbe potuto rendere la situazione ancora più spiacevole. Meglio essere cauti.


Alla fine dovette rinunciare ai suoi intenti e lasciandosi scivolare contro la parete, finì seduto a terra con la testa poggiata al muro ed una prossima esasperazione negli occhi. Sophia rimase a guardarlo per un po' tamburellando con le dita sulle sue stesse ginocchia, alla fine sbuffò anche lei “Qualche idea su come ammazzare il tempo?”



*****



Dall'altro canto nemmeno Sam era poi così convinto di cosa stesse facendo. In tutto quel trambusto rubare una macchina era stato facilissimo ed altrettanto semplice era stato trovare Madison Street. Adesso doveva solo arrivare alla casa giusta e decidere se bussare subito o aspettare suo fratello e la sua amica.


Quando arrivò davanti all 113 dovette però aggrottare la fronte mentre frenava. Dopo il terremoto ben poche abitazioni erano rimaste intatte, e comunque si sarebbero visti vetri rotti, persone in panico, rami spezzati... La casa dell'oracolo se ne stava invece perfettamente integra nel mezzo del suo piccolo giardino, le foglie dei suoi alberi sembravano perfino non muoversi al soffio del vento. Sam scese dall'auto e fece qualche passo avanti guardandosi intorno, la piccola villetta stile inglese se ne stava lì, con le sue tendine bianche, inquietante per quanto accogliente ed esteticamente piacevole.


Calpestando il verde prato, meravigliandosi di quanto fosse verde, si rese conto di essere quasi davanti alla porta di Pandora e pertanto, optò per la prima opzione ovvero bussare – Dean e Sophia arriveranno prima o poi... a meno che non si uccidano nel frattempo – Allungò timidamente la mano verso il portone di un bel marrone lucido e, stringendola in un pugno mentre stringeva anche le labbra, finalmente riuscì a bussare. Cautamente.


Nessuna risposta gli arrivò, proprio come pensava, allora bussò di nuovo e mentre valutava se fare il giro della casa per magari entrare dal retro, notò con la coda dell'occhio che una tendina si stava muovendo. Pandora era in casa. Bussò di nuovo e attese, fin quando la porta non si aprì lenta cigolando “Che cosa vuoi?”


Una ragazza esile, all'apparenza quasi adolescente, sussurrò quelle parole puntando gli occhi su Sam. La luce le dava visibilmente fastidio per cui se ne stata rintanata nell'angolo della porta, lasciando solo intravedere i suoi lunghi capelli biondi ed il vestito bianco. Sam esitò davanti a quella creatura, si sarebbe aspettato una donna anziana, magari parecchio eccentrica, ma non una ragazzina. “Salve, io sono Sam Winch..” - “Lo so chi sei...” Lo interruppe la ragazza “...Ti ho chiesto che cosa vuoi.” Sam annuì appena imbarazzato “Vorrei parlare con te... Ho bisogno che tu mi dica cosa sta succedendo..” A quelle parole Pandora allargò lo specchio della porta lasciando che la luce del sole sbattesse sulle sue delicatissime iridi azzurre, quasi trasparenti in quella circostanza. Guardò Sam dritto negli occhi senza un accenno di espressione sul viso, liscia e glaciale. “Ti stavo aspettando.” Concluse infine abbassando lo sguardo e rientrando in casa, lasciando libero il passaggio anche a Sam.



Purtroppo il Male ha una naturale tendenza ad eccedere.

Il bene invece ha lo straordinario talento dell'invisibilità.”

Finalmente Byron si fermò a prendere fiato e le porse una

busta gialla dall'aria professionale

Da qualche tempo una minaccia aleggia nell'aria,

ma purtroppo non si tratta di un semplice sbilanciamento.

Il male prepara la venuta del suo messia sulla terra,

il male si prepara alla lotta per la supremazia assoluta...”



Perché mi stavi aspettando?” Chiese timidamente Sam guardandosi intorno in quello spazio particolare, stile inglese anche all'interno, ma all'apparenza una casa normalissima. Lei lo guardò di nuovo “Conosco il tuo destino da ancora prima che nascessi. Non molti riescono a sovvertire ciò per cui sono nati.” Sam deglutì scoprendo che lei sapeva, e poi quella frecciata sul suo destino l'aveva già costretto ad alzare le antenne.


Cosa vuoi sapere adesso Sam?” Il viso di Pandora si fece quasi gentile tutto di colpo e pian piano gli si avvicinò con tutta la freschezza della sua età apparente fino ad afferrargli una mano. Sam dovette abbassare la testa per poterla guardare, quella situazione e quell'apparenza erano inquietanti... Come poteva una ragazzina essere uno dei più potenti oracoli viventi? “Tu... Tu sei...” Esordì Sam ma le parole gli si bloccarono tra le labbra, come poteva chiedere ad un'entità superiore quanti anni avesse, o il perché di quell'aspetto? Pandora allora sorrise sapendo di già cosa lui volesse dire “Ho 1300 anni Sam, ma sono un oracolo, il mio aspetto non muta nel tempo. Quando venni scelta perché ero la ragazza più bella del mio villaggio, avevo solo 15 anni. I custodi del tempio di Sìfone mi hanno iniziato a quest'arte e da allora vivo così, attraverso le epoche e le dimensioni.” Sam inarcò le sopracciglia visibilmente stupito, in vita sua aveva visto di tutto, ma purtroppo o per fortuna, non finiva mai di imparare.


Pandora lo scrutò ancora “Una gran confusione ti affligge Sam. Non sai cosa fare, non sai di chi fidarti.” Sam annuì piano cercando di staccarsi da quella morsa per non farsi leggere ulteriormente. Pandora lo lasciò andare mentre scivolava verso il divano di pelle rossa “Non è per me che sono qui.” - “Ne sei sicuro Sam?” Lui la guardò deciso mentre qualcosa dentro iniziava a tremare, annuì “Sta succedendo qualcosa là fuori... Devo sapere chi c'è dietro tutto questo, e come andrà a finire.” A quelle parole Pandora gli fu di nuovo vicina in tutto il suo angelico aspetto, gli si inginocchiò di fronte per guardarlo negli occhi “Prima di avere le tue risposte dovrai dirmi la verità Sam... Vuoi sapere come finirà per il mondo... O vuoi sapere come finirà per te?”



*****



Come temevamo hanno messo le mani sul Compendium Defunti.

Se non li fermiamo subito, ben presto i morti si rialzeranno dalla tomba

e il figlio del male assoluto sorgerà per portare scompiglio e morte.

Tutto ciò per cui abbiamo lottato finirà...”



Con la schiena poggiata a terra, i piedi tirati su appoggiati al muro per via degli stivali che iniziavano a darle fastidio, Sophia se ne stava con la testa sul pavimento, mentre il caldo iniziava a farle brillare la pelle appena umida. Dall'altro lato della stanza Dean era ancora appoggiato al muro, adesso con le gambe allungate, e giocherellava con le cianfrusaglie sul pavimento.


Con la coda dell'occhio notò la sua “compagna di stanza” che alzava ed abbassava rapidamente la maglietta nel tentativo di rinfrescarsi ed un primo pensiero gli balenò per la testa. Un primo intimo eccitante pensiero. Per la prima volta aveva il tempo e il modo di fermarsi a pensare a lei, di guardarla semplicemente e di notare quanto fosse bella. Ancora di più adesso che era impolverata e scompigliata. In altre circostanze lui e Sophia in una stanza di motel avrebbero fatto faville e solamente pensarci gli faceva scorrere un brivido lungo la schiena, ma infondo era stato tanto tempo fa, troppo, e lui se ne rendeva conto benissimo.


Bastava guardarla... Era diventata una donna, una bellissima donna di venticinque anni lontana anni luce dalla ragazzina che aveva conosciuto lui. La Sophia che conosceva lui non se ne sarebbe mai stata così serena in un angolo. Probabilmente avrebbe avuto un attacco di panico. Forse avrebbe pianto Sicuramente avrebbe chiesto aiuto a lui, e gli sarebbe scivolata piano tra le braccia, senza che lui nemmeno se ne rendesse conto. E invece eccola lì, lei giaceva in silenzio sul pavimento, toccata apparentemente solo dal caldo della stanza. Sul suo viso non c'era timore, né paura, né bisogno di lui. A guardarla così, improvvisamente si accorse di non saperne niente, di non conoscere affatto la donna che se ne stava in quell'angolo. Avrebbe dovuto sapere tutto di lei, la sua storia, le sue abitudini, il suo gelato preferito, ma la realtà è che ricordava ben poco, perché anche quando erano stati insieme non l'aveva mai ascoltata davvero. Lui non aveva tempo per ascoltare, non ne aveva mai avuto.


Tutt'ad un tratto qualcosa nella sua mente si accese, ad un tratto capiva bene perché non riusciva a fidarsi di lei, perché non la vedeva come un'amica, perché ne aveva quasi paura. La sola ragione a tutto questo è che lui non la conosceva. Tutto ciò che ricordava della sua ragazza è che teneva sempre la finestra della stanza aperta, che leggeva classici d'autore e che troppo spesso aveva gli occhi rossi, come se avesse pianto per ore. Ma non le aveva mai chiesto perché... Ricordava la notte in cui si era preso la sua verginità, il modo in cui si era sentito, muovendosi come se avesse davvero paura di romperla. Ricordava di averla sentita respirare forte. La strana sensazione che si provava a tenerla stretta tutta la notte. E tutte le volte che aveva riso di lei quando gli diceva di stare attento. Ricordava le serate con lei e Sam, ma non sapeva chi fosse. Non lo sapeva più.


Improvvisamente qualcos'altro illuminò i suoi pensieri, qualcosa che era sempre stato lì, ma che lui si era sempre rifiutato di vedere. Sam. Sam e Sophia. Sophia e Sam. Lui sapeva che lei adorava i waffel, che non si perdeva un episodio di Buffy e che da piccola era terrorizzata dalle lucertole. Sam sapeva che Sophia voleva studiare antropologia e lei sapeva che Sam voleva fare l'avvocato, molto più che il cacciatore. Mentre la guardava ancora gli si torse lo stomaco di fronte alla realtà, ecco perché loro due facevano sempre fronte unico contro di lui, perché Sam l'aveva seguita, perché tutt'ora suo fratello avrebbe messo le mani nel fuoco per lei. Perché si conoscevano bene, molto meglio di quanto lui conoscesse loro. Questo pensiero bruciava, e si faceva tagliente adesso che poteva vedere come erano andate le cose. Quanto si era perso? Quante cose non aveva capito? Credeva di aver sempre mantenuto il controllo, di essere sempre stato una roccia , di aver fatto bene a non lasciarsi mai scalfire da quegli occhi azzurri, ma adesso poteva accorgersi che in realtà non aveva mai controllato niente. Perché non aveva mai avuto niente.


Una smania inaspettata lo pervase di colpo, una sorta di urgenza mista alla paura. E alla gelosia, il risentimento per quel fratello di cui tutti si fidavano e che tutti amavano, a differenza di lui. Sam aveva gli occhi da cucciolo, la sensibilità, le parole giuste e la possibilità di sbagliare. Sam aveva qualcuno che gli copriva costantemente le spalle. E lui invece non aveva niente.


Tirò su le ginocchia e si schiarì la voce trovando il coraggio di guardarla apertamente “Potremmo parlare.” Disse un po' intimidito, Sophia girò la testa verso lui con le sopracciglia inarcate a sottolineare lo stupore per la proposta “Vuoi parlare??” - “Perché no? Non c'è molto di meglio da fare qui!” - “E di cosa vorresti parlare?” Lui finse di pensarci per un paio di secondi “Di te per esempio.” Sophia rivolse di nuovo lo sguardo al soffitto con una strana espressione seria sul viso “Se proponi una conversazione, dovresti almeno scegliere un argomento interessante!”

Guarda che dico sul serio. Tu sai tutto di noi, ogni singola cosa che ci è successa in questi anni. Non dovresti raccontare qualcosa anche tu?” Sophia sospirò tirandosi su, raccolse i capelli sulla spalla sinistra ed incrociò le gambe all'indiana rivolta verso di lui “Vuoi sapere cosa ho fatto in questi anni?” Lui inclinò la testa “Comincia pure da dove vuoi!” - “Ok...” Iniziò sistemandosi meglio “...Dopo la vostra partenza sono tornata a Stanford, mi sono laureata e poi mi sono trasferita di nuovo a Lowell. Ho affittato un bilocale e ho iniziato a lavorare come cameriera, ho tenuto qualche conferenza a Denver, qualcuna a Chicago e infine ho ottenuto una cattedra all'università di Charlotte. Tutto qui!”


Sentendo nominare Chicago Dean si ricordò improvvisamente della lettera che ancora teneva nella tasca interna della giacca, e insieme con quella dei suoi sospetti. Era più forte di lui, non poteva farne a meno. “Chicago eh?” Sophia annuì “Già.. Qualche volta ancora ci torno, la Chicago University ha una biblioteca molto fornita!” In quegli istanti Sophia aveva un'espressione così serena e tranquilla che Dean non sapeva più quale strada seguire, se continuare ad indagare o semplicemente parlare con lei.


Hai degli amici lì?” Chiese cedendo alla sua natura e Sophia scosse piano la testa “No, direi di no...” Rispose senza apparente rammarico “...Non ho molti amici in realtà.” - “Come mai?” Rispose lui d'istinto anche se l'invadenza non era nelle sue corde “Non lo so, credo sia perché non avere nessuno rende tutto più semplice...” Si interruppe guardandolo annuire con una certa amara compiacenza “... Me l'hai insegnato tu, ricordi?” A quelle parole Dean alzò subito gli occhi incrociando i suoi, non era amara, né rancorosa, sembrava convinta di ciò che diceva. E improvvisamente somigliava un pochino alla Sophia di tanti anni prima.


Hai sempre Sam.” Le rispose lui con mezza rassegnazione e mezza ironia, Sophia allora buttò indietro la testa senza poter trattenere un sorriso “Ti prego, non dirmi che vuoi ricominciare con la solita storia!” - “In realtà non voglio litigare.” Lei lo guardò di nuovo “Davvero?” Lui annuì buttando gli occhi sul pavimento polveroso, quasi impacciato nelle sue parole “Sam ti adora sai? Crede che tu sia una specie di mito, si fida di te ad occhi chiusi... E dovresti vedere come ti difende in ogni situazione! A volte penso proprio che il mio fratellino abbia una gran cotta per te!” Pur volendo mantenere un tono scherzoso la sua voce si era fatta spigolosa, incapace di nascondere l'amarezza con cui parlava.


Sophia iniziò a guardarlo senza più dare importanza al seguito della conversazione. Quel ragazzo riusciva ancora a toglierle il fiato e a farle battere forte il cuore. Era talmente bello, perfetto nei suoi lineamenti e nei segni lasciati dal tempo e dall'esperienza. Il suo distacco, il suo controllo, la sua freddezza, ogni cosa lo rendeva ancora più speciale, ancora più attraente, nella speranza un giorno di riuscire a vedere cosa ci fosse dietro il suo silenzio. Ricordava ogni cosa di lui, la prima volta che l'aveva visto, la sua pizza preferita, il modo in cui sorrideva quando suo padre tornava a casa. Ricordava le loro conversazioni in cui parlava solo lei, e la sua espressione mentre dormiva. Il tono della sua voce quand'era ubriaco e il modo in cui la toccava. Ricordava la sensazione del suo peso addosso e il modo in cui alla fine si accasciava su di lei, lasciando che per un po' fosse lei a tenerlo stretto. Ricordare tutto questo adesso le faceva male, non perché volesse dimenticare, ma solo perché sapeva di non potersi più avvicinare, di dover tenere tutto il controllo del mondo.



Ti starai chiedendo perché abbiamo scelto te...”

Sophia respirò profondamente

Avevamo bisogno di un grande soldato,

che non solo avesse grandi poteri,

ma anche la possibilità di usarli.

Troverai nel rapporto ogni risposta alle tue domande,

anche se purtroppo non saranno le risposte che ti aspetti...”



Ma in fin dei conti erano soli, chiusi tra le macerie di una stanza, senza sapere se qualcuno li avrebbe mai tirati fuori, sicura che nessuno avrebbe mai saputo cosa avevano fatto o detto lì dentro. In quel buco lei era solamente Sophia, senza poteri o incarichi, solamente la donna che per tanto tempo aveva sperato di dimenticare Dean Winchester. E che, chiaramente, non ci era mai riuscita.


E tu?” Le parole vennero fuori da sole dalle sue labbra con il tono più sincero che aveva mai usato da che era riapparsa nella vita di Dean, mentre lei avrebbe solo voluto rimangiarsele. Lui spalancò gli occhi risentendo le sue ultime parole – Le stava forse chiedendo se anche lui era innamorato di lei? - Iniziò ad annaspare cercando qualche parola da dire, e Sophia si rese conto di dover rimediare al doppio senso della sua domanda “Intendevo dire cosa pensi di me... Se anche tu ti fidi di me.” Si corresse incespicando tra le parole, mentre lui tornava a respirare. Non che questa domanda fosse più semplice. Ripensò nuovamente alla busta che teneva nascosta e ai mille modi in cui aveva cercato di indagare su di lei, cosa doveva fare adesso? Mentire spudoratamente? O dire la verità e passare ancora una volta per quello cinico e asociale?


In realtà io non so niente di te.” Rispose secco cercando di restare sul vago, Sophia aggrottò la fronte stupita “Che cosa?...” Esordì “...Puoi tranquillamente dire che non ti fidi, ma non dire che non sai niente di me! Tu sai cose di me che nessun altro al mondo conosce.” - “Nemmeno Sam?” Ribatté lui spontaneamente, Sophia si imbronciò quel tanto che bastava per formare due piccole

rughe verticali sulla sua fronte, non riusciva a capire perché lui ci tenesse tanto a tirare in ballo suo fratello, con quel tono poi! Sembrava quasi che fosse nervoso, dispiaciuto... geloso... Geloso?!! Scosse la testa per scacciare quell'insano pensiero “Nemmeno lui.” Concluse a mezza voce.



*****



Facendosi strada nel seminterrato che fungeva da tempio, Sam respirò forte quell'odore strano ed antico. Dean e Sophia non erano ancora arrivati, e in tutta sincerità lui cominciava ad esserne contento, come se da solo potesse vivere meglio quella situazione, approfittando di una ragazzina capace di dare finalmente una risposta a tutti i suoi quesiti. Seguì Pandora nella stanza in penombra e finì per trovarsi proprio nel mezzo, davanti ad un piccolo tavolo a tre piedi e ad un grosso vaso di rame coperto. Da un lato ardeva un piccolo fuoco alimentato d'abete e sopra quel fuoco se ne stavano appese grandi corone di alloro che profumavano l'aria.


Sai qual è la prima legge dell'uomo Sam?...” Parlò finalmente lei raggiungendo il tavolino, ci si sedette sopra e rivolse lo sguardo al suo “...Conosci te stesso.” Gli chiarì mentre Sam iniziava a sentir caldo in quella bizzarra atmosfera “E tu conosci te stesso Sam?” Chiese ancora mentre lui non trovava nessuna risposta adatta. Non aveva idea di chi fosse. Un umano o un demone? Un amico o un innamorato? Un fratello devoto o un ingrato traditore?


Pandora chiuse gli occhi respirando profondamente “Inginocchiati Sam, e lascia che io trovi le domande nella tua mente.” Sam sentì per un secondo la tentazione di scappare, ma una forza più grande piegò le sue gambe e lo lasciò cadere sulle ginocchia, senza che potesse ribellarsi. Pandora assorbì il suo dolore e la sua confusione come fossero aria, in un solo respiro. Mosse piano le braccia poi riaprì gli occhi “Troppe domande, poche risposte. Troppe domande, poche risposte..” Ripeté nervosamente costringendo Sam ad una sorta di timore nei suoi confronti, il fuoco dietro di lei scoppiettò d'improvviso e l'oracolo cambiò espressione in volto “Tu hai un grande ruolo nel futuro di questo mondo Sam Winchester, ma io non posso dirti cosa farai.” Sam corrugò la fronte “Sono qui per questo, per sapere cosa sta per succedere!” Pandora gli sorrise con tutta la delicatezza che la sua apparente età ancora le regalava “Il futuro non è scritto Sam. Il tuo futuro è la conseguenza delle tue scelte e nemmeno io posso sapere cosa sceglierai.”




Ti insegneremo ad usare i tuoi poteri al massimo,

a livelli che non hai mai pensato di poter raggiungere.

La magia alchemica ti renderà forte e resistente,

quasi invincibile,

e per tutto il tempo potrai contare sull'appoggio

dell'associazione. Qualsiasi tipo di appoggio...”




Non capisco, cos'è che devo scegliere?” - “Tu devi ancora scegliere tutto.” - “Tutto??” Lei sorrise ancora “Esatto Sam, decidi tu come finisce la storia. La storia del mondo e la tua. Io posso solo mostrarti i possibili finali.” Sam cercò di rialzarsi incapace però di riuscirci, si vide costretto a guardarla “Io continuo a non capire!” Esclamò ora quasi spaventato, ma il candore di Pandora non si scompose affatto “Capirai Sam, quando verrà il momento capirai.” Concluse un secondo prima di alzare il pesante coperchio del vaso di rame.


Dal metallo si alzò lento un leggero vapore grigiastro che dondolando piano raggiunse i loro nasi. Impossibile non respirare quell'odore acre. Pandora respirò a pieni polmoni e lasciò che quel vapore intossicasse le sue vene, quando riaprì gli occhi le sue iridi erano completamente bianche e quando aprì bocca, la sua voce sottile parlò una strana lingua sconosciuta. Quello strano vapore raggiunse anche Sam ed iniziò a fargli battere forte il cuore, la vista gli si annebbiava come se stesse per svenire. Pandora allungò allora le mani su di lui “Eta emis essorti venis volat!” Non appena emise l'ultimo suono Sam sentì che la forza lo abbandonava, e prima ancora che potesse accorgersene, svenne cadendo pesantemente sul freddo pavimento di marmo.


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Quando riaprì gli occhi la prima cosa che sentì fu il caldo abbraccio di una coperta, aveva la testa poggiata su un cuscino non troppo comodo e sicuramente doveva essere in un letto. Ma quale letto? Tirandosi su si guardò intorno e non riconobbe nulla di quella stanza, lui non era mai stato lì. D'improvviso la porta della stanza si spalancò e Dean entrò di corsa “Meno male che ti sei svegliato! Dobbiamo andare via subito!” Esordì suo fratello tutto agitato mentre prendeva al volo le sue cose “Andare dove?” Chiese Sam incerto stropicciandosi gli occhi “Ovunque lontano da qui. Loro stanno arrivando... Direi di andare verso nord ovest, anche perché il resto del paese è distrutto! Andiamo Sam, muoviti!” Lo spronò concludendo quella frase che alle orecchie di Sam era insensata, si alzò cercando lì intorno qualcosa da mettere “Loro chi?” Osò chiedere sapendo che molto probabilmente avrebbe fatto una gaffe, e difatti Dean sgranò gli occhi “Sei sicuro di essere sveglio?” Lui annuì chiedendosi come poter capire ciò che gli stava succedendo. L'ultima cosa che ricordava era la voce di Pandora che gli diceva come sarebbe andata a finire la sua vita e adesso eccolo lì, tanto per cambiare in un universo alternativo.

Si infilò la felpa al volo e decise di seguire suo fratello. Quando la porta del motel si aprì anche i suoi occhi si spalancarono davanti a quella vista: la città sembrava essere disabitata, come se tutti se ne fossero andati almeno da un po', il cielo era grigio intenso e l'aria che tirava appena sapeva di zolfo; gli alberi avevano i rami secchi e l'asfalto della strada era crepato, come se anche lì ci fosse stato un grosso terremoto.

Mantenendo un'espressione a cavallo tra il terrorizzato e l'ebete, Sam salì in macchina e guardò Dean, lui non sembrava affatto terrorizzato anzi, una specie di sorriso eccitato solcava il suo viso, come se fosse in attesa di qualcosa di grosso. “Che succede Dean?” Chiese ingenuamente valutando che la domanda era abbastanza generica per essere posta, suo fratello si voltò verso di lui mentre ingranava la marcia “Sei pronto per il gran finale fratellino?” Disse visibilmente caricato dall'adrenalina un secondo prima di sfrecciare via.


Che cosa sta succedendo Dean?” Chiese di nuovo Sam, reso nervoso dal tono del fratello maggiore, Dean lo guardò di nuovo “Stai bene Sammy?” - “Sto benissimo! Voglio solo sapere che cosa sta succedendo!” Dean riposò gli occhi sul parabrezza, intorno a loro regnava ancora la desolazione “C'abbiamo provato Sam, in tutti i modi, ma stavolta erano troppi, anche per noi... Mi conosci, non mi piace arrendermi, ma sai cosa ci aspetta vero?” Concluse rivolgendogli gli occhi, Sam corrugò la fronte sempre più confuso, si guardò intorno cercando qualcosa di familiare, ma ogni cosa sembrava diversa. Anche la macchina, adesso era piena solo di armi, non più tenute nascoste nel portabagagli, ma lasciate in bella vista ovunque. Nemmeno la musica dalla radio.


Dov'è Sophia?” Chiese allora Sam preda dell'ansia, cercando di capire se stesse solo immaginando o se era rinchiuso in quell'orribile realtà alternativa, a quella domanda però Dean rispose non con le parole, ma spingendo a fondo il freno, inchiodando l'auto nel bel mezzo del niente “Che cosa hai detto?” Domandò con le sopracciglia inarcate e Sam capì di aver sbagliato domanda di nuovo “Ho chiesto dov'è Sophia.” Ripeté comunque e Dean sospirò dando qualche colpetto al volante “Senti Sam, non so cosa ti stia succedendo, ma non ho certo tempo di giocare allo psichiatra con te!” Sam lo guardò allora con lo sguardo spaventato, qualunque cosa stesse per venir fuori dalla bocca di Dean non sarebbe stata buona “Puoi dirmi ancora una volta che cosa è successo Dean? Per favore..” Suo fratello lo guardò col viso serio e la mascella serrata “Sophia è morta Sam. L'abbiamo vista morire davanti ai nostri occhi, non puoi non ricordarlo... E' stato uno dei demoni ombra ad ucciderla, a Huston, un paio di mesi fa.” Sam spalancò la bocca mentre il cuore gli saliva in gola. Sophia morta?? Dean lo guardò di nuovo con aria severa “Sei tornato in te stesso ora?” Chiese ironico guardando la sua bocca spalancata e gli occhi sgranati “...Spero di sì visto che mi servi integro per lo scontro finale! Il mondo sta per finire Sam..” Riaccendendo il motore Dean sospirò mentre Sam lo fissava allarmato “Vuoi dire che abbiamo fallito?” Chiese ancora spaventato “Esatto Sam, abbiamo fallito. Il male ha vinto, il mondo è distrutto e tutti gli umani rimasti moriranno. Compresi noi.” Mentre Sam cercava di metabolizzare anche quest'ultimo apocalittico concetto, il motore scoppiettante dell'impala li riportò sulla strada, Dean accelerò con un ultimo sospiro prima di stamparsi di nuovo l'eccitazione in faccia “Sarà comunque un onore morire combattendo al tuo fianco.” Concluse serio sfrecciando via verso l'oscurità che li attendeva a braccia aperte.



*****



...Avrai al tuo fianco Blake, il tuo supervisore.

Lui ti aiuterà e ti consiglierà da dietro le quinte. Solo a lui,

esclusivamente a lui, dovrai riferire ogni progresso della tua ricerca.

E non dimenticarti che sarà anche il tuo controllore.”

Si arrestò un secondo con amara fermezza


Nemmeno la tua vita è più importante dello Scopo...”



Sophia si alzò da terra cercando di sgranchire le gambe, girò un po' in tondo evitando di scontrarsi con Dean e poi si fermò portando le mani alla vita. Una certa paura mista ad agitazione iniziava a raggiungere anche lei. Lo guardò decisa “Dì la verità, credi che qualcuno ci troverà?” Dean alzò la testa notando che la sua espressione iniziava a lasciar trasparire un certo timore “Sam verrà a cercarci, puoi stare sicura.” Sophia annuì rimanendo però in quella stessa posizione, e Dean rimase a fissarla “Che c'è?” Dovette infine domandare sentendosi osservata, lui sollevò le spalle “Sembri diversa.” Lei aggrottò appena le ciglia “Che vuoi dire?” - “Che sembri diversa.” Lei rispose con un cenno come a dire 'grazie dell'eloquenza' poi tornò a sedersi per terra, stavolta togliendosi gli stivali di pelle marrone. Dopo un minuto abbondante di silenzio fu Sophia a poggiare gli occhi su di lui, quella strana situazione la stava facendo impazzire e tutt'ad un tratto si chiedeva se fosse il caso di essere sincera, anche perché andava maturando la convinzione nella sua mente che sarebbero morti lì dentro, schiacciati o di stenti.


Non sono per niente diversa in realtà...” Disse secca aspettando che lui le rivolgesse gli occhi “...Ho provato a cambiare, ma non ne sono stata capace.” Dean si tirò un po' su visto che anche le sue gambe iniziavano a formicolare “Io non credo che sia così.” Rispose con tono vago sperando di non degenerare in una di quelle conversazioni profonde che odiava, ma Sophia continuò “Ho sempre paura dei tuoni. Cancello i messaggi di mia madre dalla segreteria senza ascoltarli, perché ancora non riesco a mandarla al diavolo. Mi butto in progetti che so già non porterò mai alla fine. E poi sai...” Esitò per qualche istante “... Ancora vorrei tanto che tu riuscissi a parlare con me.” Mentre la sua voce si spegneva in un alone di imbarazzo, Dean la guardò di nuovo un po' sconcertato “Non è forse quello che stiamo facendo?”


Lei scosse piano la testa “Tu parli, ma non mi dici niente.” Sentenziò mentre le labbra le tremavano appena e si stringeva nelle braccia come per difesa. Dean non sapeva cosa dire, stando lì a fissarla le veniva solo in mente che quel viso l'aveva già visto, quell'espressione vergognosa e intimidita, quelle labbra arrossate, quell'atteggiamento di timorosa difesa. Aveva ragione lei, non era cambiato quasi niente. Come sempre lei aveva paura, paura delle sue stesse intenzioni e dalla sua reazione. Come sempre lui non sapeva come darle quello che lei voleva, anzi, proprio non aveva idea di cosa volesse da lui. Tutto ciò che lui sentiva quando Sophia lo guardava in quel modo era un brivido nella schiena, e nelle mani. Dieci anni fa esattamente come ora. Tutto ciò che quel viso da angelo impaurito risvegliava in lui era l'irrefrenabile desiderio di toccarla... Di afferrarla... Stringerla. Possederla. Violarla. Mentre il sangue iniziava a scorrergli veloce nelle vene cercò di ritrovare un po' di contegno e magari anche una risposta plausibile “Non sono bravo con le parole, lo sai.” Disse abbassando lo sguardo, mentre Sophia si lasciava sfuggire un sospiro. Si sentiva una stupida ragazzina alle prese con un prolisso inconcludente discorso adolescenziale, sapendo che non avrebbe ottenuto le risposte che voleva. O forse sì, solo che ancora non lo sapeva.



Cercherai le risposte di cui abbiamo bisogno,

valuterai il pericolo per noi

e ci terrai informati di ogni sua mossa.


Questa è la tua missione.

Questo è il tuo ruolo in Equilibria.

Questa la salvezza del mondo...”



Si sollevò in ginocchio cercando di attirare di nuovo l'attenzione di Dean “Lo so....” Disse sommessamente, mentre lui cercava di evitare i suoi occhi per non rischiare di perdere il controllo e fare qualcosa di stupido. Leccandosi le labbra Sophia sentì che era il momento giusto per sferrare il suo attacco “...Ma se volessi parlare, se volessi parlare davvero intendo, allora potresti dirmi a cosa stai pensando adesso...” Lui sollevò lo sguardo inarcando le sopracciglia “...O quali sono i tuoi progetti per il futuro...” Continuò lei imperterrita “O cosa ti è successo quand'eri all'inferno.” Concluse mentre la voce sfumava, consapevole di per sé di non aver toccato un tasto semplice. Sentendo nominare quel posto Dean buttò la testa indietro - possibile che nessuno riesca a pensare ad altro?? - sospirò allargando le braccia “Non potremmo parlare di cose stupide invece?” Esordì riaprendo gli occhi verso di lei “Magari facciamo un po' di gossip...” Disse sarcastico “...Pare che sia il nuovo passatempo del millennio!”


Sophia si risentì nel suo tentativo respinto, si morse le labbra nervosamente zittendo la voglia di prenderlo a schiaffi per il suo essere sempre così schivo e noncurante “Ok...” Disse con un cenno del capo decisa a prendere la palla al balzo, inarcò la schiena e lo guardò decisa “Vuoi fare gossip? Allora dimmi di Cassie!” Lui aggrottò la fronte “Chi?” - “Quella di cui ti sei innamorato.” Rispose secca con una punta di gelosia, mentre lui spalancava la bocca “Ah...quella Cassie.” Concluse sorpreso di sapere che lei sapesse certe cose. Opera del suo fratellino, ovviamente.


Dean prese fiato come se stesse per rispondere qualcosa, ma quando venne il momento di tirar fuori la voce, mollò la presa “Sai che ti dico? Meglio se non parliamo affatto!” Sentenziò mentre il nervosismo prendeva possesso di Sophia. Lei si alzò in piedi e spalancò le braccia sfoderando un tono agitato ai limiti dell'isterico “Certo! Preferisci morire di noia oltre che di caldo piuttosto che dirmi qualcosa, giusto?” Lui sospirò dalla sua posizione senza proferire parola, quella situazione l'aveva già vissuta decine di volte e sapeva bene che non c'erano risposte giuste alle domande di Sophia. Soprattutto quando aveva quel tono. Meglio tacere.


Sophia non sembrava però essere dello stesso parere. Girovagò per la stanza a passi veloci, come un leone in gabbia, prese fiato più e più volte, ma non riuscì a calmarsi. Iniziava a sentirsi stretta in quel poco spazio, iniziava ad avere paura che non ne sarebbe uscita, le sembrava di non poter quasi più respirare e per di più, il suo compagno di sventure era sempre il solito insensibile bastardo. Mentre una vampata di calore le attraversava il corpo, sollevò le spalle “E ancora mi chiedo perché le cose siano andate in questo modo!” Disse rivolta a sé stessa fissando il muro e gesticolando, lui intanto la seguiva con lo sguardo consapevole della sua imminente crisi di nervi “E' così ovvio!” Disse ancora lei tra sé e sé riprendendo a camminare e a mugugnare. Dean sospirò incapace di sopportare a lungo quel sottofondo di mezze parole incomprensibili “Ma di che cavolo stai parlando?” Sbottò infine.


Lei gli rivolse uno sguardo tagliente “Di te!...” Esclamò con tono acuto “...E di quanto sei idiota.” Aggiunse poi cercando di controllarsi. Lui si alzò lentamente con un sospiro, pronto a testare le sue capacità negoziatorie “Ok, lo so che sfogarti su di me in questo momento sembra la cosa più giusta da fare, ma credo che dovresti calmarti.” Disse con tono gentile cercando di raggiungerla “Calmarmi? Dovrei calmarmi?” Lui annuì cercando di afferrarla “Esatto.” Disse piano poggiandole le mani sulle braccia in modo da fermarla “E perché non dovrei? Infondo stiamo solo per morire!” Disse lei ironizzando con gli occhi bassi. Dean scosse la testa “Non non moriremo, capito?” Aggiunse poi con quello stesso tono gentile , Sophia alzò lo sguardo verso di lui con una certa incertezza negli occhi. Benché i loro tentativi di comunicare non andassero mai a buon fine, Dean riusciva comunque a farla sentire al sicuro. Era certamente un disastro con le parole, ma era un talento con tutto il resto. Sapere che lui era lì con lei era una garanzia che avrebbero lottato fino alla fine, qualunque cosa fosse successa. Era un idiota, ma pur sempre un eroe. Un bellissimo eroe per giunta.



Hai solo poche regole a cui attenerti,

poche ma importatissime regole.

Primo, non fare mai parola con nessuno di Equilibra,

Secondo, lo Scopo viene prima di tutto il resto,

Terzo, non lasciare che emozioni e sentimenti interferiscano

col tuo compito...”



Fissandolo negli occhi le venne quasi da arrossire. Più si arrabbiava con lui e più realizzava di esserne ancora immensamente attratta, tanto da sentire una fitta tagliente nella pancia. Tanto da desiderare di potergli saltare addosso - Ma che cavolo mi viene in mente!! - Urlò a sé stessa un attimo prima di abbassare gli occhi. Dall'altro canto anche per Dean le cose non erano semplici, sembrava che le sue mani si fossero letteralmente incollate su di lei, incapaci di mollare la presa. Ascoltando i suoi insulti, per l'ennesima volta in quel lasso di tempo, tutto ciò a cui riusciva a pensare era il sesso. Non il pericolo, non la morte, non l'apocalisse. Solo il sesso. Cercò di respirare per riportare il sangue al cervello – Dovresti pensare a come uscire Dean, non certo a come “entrare”.. - Discutendo brevemente con l'omino nel suo cervello, mollò la presa schiarendosi la voce “E poi siamo già morti tutte due almeno una volta...” Ricercò un tono scherzoso mentre si allontanava “...In fin dei conti non è poi questa gran cosa.” Concluse tornando serio. “Già...” Rispose lei piano indietreggiando a sua volta.


Non appena toccarono simultaneamente le pareti opposte, un rumore leggero ma acuto raggiunse le loro orecchie. D'improvviso la terra sembrò voler tremare ancora, iniziando a sussultare sommessamente sotto il loro piedi. Con uno spavento non proprio proporzionale alla scossa, Sophia spalancò gli occhi lasciandosi sfuggire un lamento di troppo. - Noi non moriremo. Le ultime parole famose! - Prima ancora che potesse essere presa dal panico, Dean la raggiunse immediatamente come aveva fatto anche la volta prima, spingendola contro il muro, pronto a proteggerla di nuovo.


Ma stavolta non successe niente. Così come era iniziato, quel leggero tremore smise da sé. Senza far danni. Lasciandoli praticamente abbracciati contro il muro. Esitando qualche secondo più del dovuto in quella posizione sorprendentemente piacevole, Dean si tirò su restando però con le mani poggiate al muro “Immagino fosse solo una scossa di assestamento.” Disse piano ritrovandosi a pochi centimetri di distanza dal suo viso. Sophia respirò poggiando le mani contro il legno dietro di lei “Grazie comunque.” Rispose a mezza voce, consapevole di essere abbastanza vicina che le sarebbe bastato solo alzarsi sulle punte per riuscire a baciarlo. E avrebbe tanto voluto farlo.

Tutto a posto?” Insistette lui senza però spostarsi, notando che un po' di polvere era caduta giù dal soffitto, direttamente su di lei. Sollevò una mano dalla parete per passarla tra i suoi capelli scompigliati e farla cadere. Sophia sussultò realizzando che stava più o meno inavvertitamente sfiorando il suo viso, ottenendo come risultato una specie di leggerissima carezza. Dovette respirare forte “Credo di sì...” Disse con la voce tremante per via della situazione, lui riportò gli occhi nei suoi poggiando di nuovo la mano sul muro, chiudendola in una morsa del tutto inoffensiva. Sophia avrebbe potuto giurare che in quegli occhi c'era la stessa sensazione che provava lei. La stessa voglia di fare la cosa più sbagliata per entrambi.


Consapevole di dover al più presto rompere quell'atmosfera prima dell'irreparabile, ma pressoché incapace di farlo, Sophia sollevò le mani dalla parete e se le passò sul viso nel tentativo di ricomporsi, costringendo anche lui ad indietreggiare. Dean sollevò le mani dal muro e buttò giù le braccia facendo un passo indietro “Hai un fazzoletto per caso? Credo di avere qualcosa nell'occhio.” Gli chiese lei bugiarda, mettendo insieme le prime parole che le erano venute in mente, lui fece un altro passo indietro realizzando che forse aveva calcato un po' troppo la mano. Annuì ricercando un certo contegno ed iniziò a frugare nelle sue tasche.


Preda del momento, ancora impegnato nel tentativo di riportare il sangue dove effettivamente gli sarebbe servito, infilò la mano nella tasca dei jeans alla ricerca di quel piccolo pezzo di stoffa bianco che teneva per le emergenze (il che solitamente voleva dire fasciare qualche arto sanguinante). Sophia lo guardò con un mezzo sorriso in faccia, non era semplice neanche per lei, ma almeno era più brava a salvare le apparenze. Se solo avesse potuto farlo, fregarsene del mondo fuori e cedere alla tentazione. Se solo avesse potuto per un po' dimenticare chi era ed abbassare la guardia. Se solo avesse potuto amarlo ancora un po'.



Non dovrai lasciarti coinvolgere, mai,

in nessun momento.

Non importa se dovrai rinnegare tua madre,

tradire l'uomo che ami

o uccidere amici e fratelli,

lo Scopo è tutto ciò che conta...”



Eccolo.” Disse lui riportandola alla realtà. Tirando fuori il fazzoletto dalla tasca interna della giacca poggiata sul tavolo non si rese però conto che stava tirando fuori anche il resto del suo contenuto. Insieme alla stoffa anche la piccola busta bianca piegata si affacciò all'orlo della sua tasca e alla fine cadde a terra, senza nemmeno fare rumore.

Mentre lui le porgeva il fazzoletto, lei teneva gli occhi bassi e quindi non poté non notare che aveva perso qualcosa. Si inginocchiò d'istinto e allungò la mano per raccoglierla “Ti è caduto questo.” Disse piano nel frattempo, proprio mentre lui realizzava che il vero finimondo stava per arrivare proprio in quel momento e in quella stanza , troppo in ritardo com'era per poterla anticipare.

Mentre prendeva tra le dita il piccolo involucro bianco, Sophia non poté non notare qualcosa di familiare in quella carta. Corrugando la fronte la prese tra le mani e la avvicinò al suo sguardo – Non è possibile - Disse a sé stessa mentre la girava nella sua presa. Dall'altro lato un simbolo fin troppo conosciuto colpì i suoi occhi. Realizzò in pochi secondi la situazione e fu come se tutto quello che era successo fino a quel momento non fosse mai capitato. Ogni buon intento, ogni emozione, ogni pensiero si cancellò di netto dalla sua mente. Anche i ricordi sembrarono abbandonarla. Al loro posto la netta consapevolezza di avere di fronte solamente un bugiardo opportunista e calcolatore. Al loro posto solo la netta consapevolezza di dover essere anche lei solo una bugiarda opportunista e calcolatrice.



E non dimenticare mai la cosa più importante.

Non fidarti mai di nessuno,

tu sei la sola persona su cui puoi contare...”



Quando rialzò gli occhi ogni imbarazzo ed ogni emozione erano spariti. Il suo sguardo sembrava letteralmente fiammeggiare. Dean deglutì immaginando cosa lo aspettava – Adesso sono davvero fottuto



*****



Guardando Sam tremare sdraiato sul pavimento, Pandora non sembrava affatto preoccupata delle sue condizioni anzi, continuava ad alimentare quei fumi perché lo raggiungessero. “Monit esili eta vobis ennaco” Continuando nel suo sussurro senza senso sollevò di nuovo le braccia su di lui.



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Riaprendo di nuovo gli occhi a Sam sembrò di essere tornato indietro nel tempo. Era di nuovo in un letto, di nuovo avvolto tra le coperte all'alba di un nuovo giorno. Si sollevò di getto pronto a vedere Dean che entrava come una furia, ma scoprì ben presto di non essere nella stessa visione di prima. Stavolta era in un letto matrimoniale con morbide lenzuola di cotone, anche se vicino a lui non c'era nessuno.

Si alzò stando attento a non fare rumore e si avvicinò alla finestra, sbirciando tra le tapparelle. - Almeno in questa realtà c'è ancora il sole. E gli alberi hanno le foglie. E il mio vicino falcia l'erba del prato - Sospirando sperò di essere finito finalmente in un bel mondo alternativo. Facendosi coraggio decise di venir fuori dalla stanza e scoprire dove fosse. Appena aperte la porta un dolcissimo odore di caffè e pan cakes raggiunse le sue narici, alimentando quella sensazione positiva che veniva formandosi nel suo petto. Si fece strada nel breve corridoio dalle pareti color crema seguendo quel profumo e finì per indugiare sulla porta della cucina. Un ultimo passo e non poté non pietrificarsi sulla soglia della stanza.

Non poteva non riconoscere quella sagoma indaffarata ai fornelli. Lei armeggiava con la spatola ignara del suo sguardo sconcertato e a dirla tutta sembrava perfettamente a suo agio, come se avesse già preparato i pan cakes milioni di volte. Voltandosi per prendere il piatto dalla tavola, notò la sua presenza sulla soglia ed accennò un sorriso “Hey...” Sam cercò di sorridere a sua volta mentre faceva qualche passo avanti “...Pensavo stessi ancora dormendo. Volevo portarti la colazione a letto, ma visto che sei qui..” Aggiunse poggiando il piatto con i pan cakes caldi sul tavolo con un cenno del viso. Sam avanzò quasi timoroso verso la sedia gialla “Stai bene?” Gli chiese lei avvicinandosi e Sam annuì mentre si sedeva. Stava ancora cercando di capirci qualcosa. Appena si fu seduto, lei si avvicinò ulteriormente abbracciandolo dolcemente da dietro “Sei sicuro di stare bene?” Sussurrò al suo orecchio facendolo quasi rabbrividire, Sam si voltò verso di lei con lo sguardo sconcertato. Non era possibile. Questo futuro non era possibile.

Lo so che questo è un giorno orribile per te...” Disse ancora con quel tono delicato “...Ma ricordati che io sono qui per te...” Esitò facendogli una carezza leggera “...E che ti amo.” Concluse stringendo la presa sul suo viso mentre si avvicinava. Le sue labbra si posarono su quelle di Sam con tocco leggero, ma deciso. Avrebbe potuto dire che era un bacio sincero.

Quando lei si allontanò, Sam trasalì col cuore in gola. Baciare lei era esattamente come l'aveva sempre immaginato. Stupendo. Ma pur sempre ingiusto. “Sophia..” Aggrottando le sopracciglia tutto ciò che venne fuori dalle sue labbra fu il suo nome, stressato quel tanto che bastava per lasciar intravedere che non era tranquillo. Ma anche se lui ancora non lo sapeva, in quel giorno del suo futuro, non sarebbe comunque potuto essere tranquillo e felice. Tutt'altro.


Tutto iniziò a farsi più chiaro dopo il loro lungo viaggio in macchina. Sophia guidava il loro SUV grigio metallizzato e lui aveva preferito non dire una parola, preso com'era a chiedersi come avesse fatto a finire con lei. E soprattutto dov'era suo fratello in tutto questo. Dalla precedente esperienza aveva capito che non è sempre il caso di fare domande dirette, e quindi stavolta avrebbe aspettato di capire un poco alla volta, mettendo in ordine tutte le tessere del puzzle spazio temporale in cui stava vivendo.


Davanti al grosso cancello di ferro del cimitero, una fitta gli attraversò il cuore. Perché erano andati proprio lì? Con gli occhi lucidi e lo sguardo a metà tra il triste e l'apprensivo, Sophia lo raggiunse stringendogli dolcemente la mano “Andiamo.” Disse piano guidandolo attraverso l'ampio prato verde. A spezzare l'atmosfera solo le lapidi di pietra su cui cercava di leggere i nomi impressi e qualche mazzo di fiori colorati che spiccavano tra l'erba. Non trovava il coraggio di chiederle su quale tomba stessero andando. Sperò con tutto il cuore che fosse la tomba della madre di Sophia, o magari di qualche sua amica, per quanto blasfemo ed egoista.


Quando Sophia mollò la presa sulla sua mano, davanti ad una lapide che non aveva all'apparenza niente di diverso da tutte le altre, a Sam mancò il coraggio di alzare gli occhi. Qualcosa dentro la sua testa gli diceva che mai avrebbe voluto vedere quello che c'era davanti a lui. Sophia lo avvicinò di nuovo sfiorandogli piano il braccio “Non riesco a credere che siano già passati quattro anni..” Disse a mezza voce col tono spezzato dalla commozione, continuava a guardare davanti a lei, mentre lui ancora non ne trovava la forza.


Quando riuscì a convincere se stesso che in fin dei conti stava solo vivendo una fantasia, finalmente alzò lo sguardo verso quella lapide. E per un attimo gli mancò il respiro. Quel mondo perfetto si era trasformato nel suo incubo peggiore. In un solo secondo. Solo il tempo di leggere il nome di suo fratello scolpito nella pietra. D'istinto si tirò indietro con gli occhi sgranati “Non può essere!” Esclamò a sé stesso non riuscendo più a scollare gli occhi da quella scritta, Sophia lo raggiunse immediatamente “Calmati Sam.” Lui si divincolò dalla sua presa leggera ed alzò la voce “Questo non è possibile!” Insistette mentre lei lo guardava quasi spaventata. Gli fu vicina di nuovo, cercando di trovare i suoi occhi “Che ti succede Sam? Ti comporti come se l'avessi appena scoperto!” Come poteva spiegarle che effettivamente l'aveva appena scoperto? Sam scosse la testa nervosamente “Mio fratello non è morto, lui non è morto... L'abbiamo salvato noi, proprio tu l'hai riportato in vita non ti ricordi?” Sparò rapidamente una gran raffica di parole inconsistenti mentre Sophia lo guardava col viso sconcertato “Non ti ricordi più che cosa è successo?” Gli chiese scrutando il suo viso sconvolto. Sam sapeva che gli mancavano parecchi capitoli di quella storia, e che molto probabilmente in quella realtà la morte di Dean aveva un senso assoluto, ma semplicemente non poteva accettarlo. Si lasciò cadere sulle ginocchia davanti alla sua lapide, fissando il bassorilievo sulla pietra, come se potesse fonderlo con lo sguardo.

Sophia lo raggiunse quasi con le lacrime agli occhi, inginocchiandosi piano accanto a lui, fissando la pietra tombale quasi al suo stesso modo “La morte di Dean ha fermato la fine del mondo...” Esordì cercando di mantenere un tono che potesse calmarlo, anche solo minimamente “...Lui ci ha salvati tutti.” Concluse poi raggiungendolo con la mano sulla schiena. Ma non c'erano parole che Sam volesse sentire, voleva solo venir fuori da quella specie di incubo, sperando fosse solo frutto del suo subconscio e delle droghe di quel maledetto oracolo.


Si fece in piedi di colpo, portando lo sguardo al cielo “Questo non è il mio futuro!” Urlò allargando le braccia “Tutto questo non succederà mai, capito?” Insistette mentre Sophia lo fissava allibita come si guarda un fidanzato impazzito, senza sapere come intervenire. Sam continuava a girare su sé stesso imprecando contro il cielo “Dean non morirà! Lui non morirà!” Insistette aumentando il tono della voce “Devo svegliarmi da tutto questo!” Urlò fissando il sole “Devo svegliarmi!” E ancora “Devo svegliarmi!” E ancora, e ancora...



*****



Per te Equilibria non è solo un impegno,

non è solo un onore,

né solamente un dono...


Anche se non ne sei ancora consapevole,

Equilibria è la redenzione per i tuoi peccati.


Non avrai un'altra occasione...”



Credi di essere furbo, vero?” Chiese Sophia con un tono che aveva già sconfinato nella rabbia, Dean fece un passo indietro cercando la strategia migliore. Di certo non aveva scuse credibili. Sophia lo fulminò sventolando a mezz'aria la busta “Pensi di sapere qualcosa in più su di me adesso?” Iniziò “Pensi che frugando tra le mie cose potrai capire finalmente chi sono?” Aggiunse poi, mentre si colorava in viso di nervosismo. Dean cercò di dare in quei pochi secondi una spiegazione razionale della sua reazione, mai nella sua vita aveva visto un così repentino cambio d'umore. Quella lettera doveva davvero contenere qualcosa di importante.


Sei riuscito a leggerla?” Domandò Sophia con un tono che diede immediata conferma alla sua supposizione, ma lui non c'era riuscito e adesso più che mai era pronto a maledire la sua scarsa attitudine per le lingue straniere. “Per tua fortuna le lingue antiche non sono il mio forte.” Rispose allora seccamente, cercando di dare l'impressione che comunque aveva fatto i suoi conti.

Sophia strinse forte le labbra mentre strappava la carta con dei gesti nervosi delle sue mani sottili, sembrava davvero furibonda. E lo era, pronta anche a dimostrarglielo. Gli si fece subito sotto colpendolo con una spinta inaspettata quanto violenta “Sei solo un bastardo!” Gli urlò in faccia mentre Dean barcollava all'indietro cercando di attutire il colpo, ancora non riusciva ad immaginare che cosa avesse scatenato il lei tanta ira.


Lui sorrise spontaneo e tagliente riempiendosi il petto col suo stesso cinismo soddisfatto, infondo nemmeno gli importava troppo di sapere quale messaggio era contenuto in quel foglio, tutto ciò che gli bastava era avere una valida ragione per non fidarsi di lei. La conferma che aveva ragione lui, che chi ti ha lasciato in quel modo non torna da te a braccia aperte, pronto a salvarti la vita. A meno che non abbia un buon motivo per farlo.

E tu sei una bugiarda.” Esordì sentendo che anche i suoi nervi iniziavano a tendersi. Non sopportava essere preso in giro. Né che si prendessero gioco del suo fratellino. Lei gli stava immobile davanti, dritta, rigida, col petto che si alzava ed abbassava ritmicamente con i suoi respiri brevi ma profondi. “Perché sei tornata?” Domandò lui tagliando corto, era sicuro di avere il coltello dalla parte del manico e in più la mancanza di vie d'uscita, gli permetteva di credere che avrebbe presto fatto cedere le sue difese. “Cos'è che vuoi?” Incalzò facendosi vicino alla sua esile figura “Qual è il tuo piano?” Aggiunse girandole intorno affinché s'innervosisse. Ma Sophia se ne stava ferma, sembrava non aver alcun timore, almeno non di lui. Con quell'aria spavalda in viso sembrava davvero essere qualcun altra, come se d'improvviso avesse lasciato cadere una maschera che copriva da sempre il suo vero essere. E Dean non era da meno, pronto a rinnegare ogni ragionevole dubbio pur di inchiodarla, come se nient'altro più contasse.


E' per me forse? Stai cercando un modo per farmela pagare?” Domandò infine cedendo alla tentazione. Lei le rispose dapprima con un mezzo sorriso canzonatore che alimentò oltremodo la sua rabbia, poi schiuse le labbra per parlare “Quante volte devo dirtelo Dean, il mondo non gira intorno a te.” Quelle parole acide furono l'interruttore che accese definitivamente la sua ira, con forza la afferrò alle spalle e la spinse con cattiveria contro la parte “E allora perché?” Alzò la voce fissandola dritta negli occhi con tutta quella collera “Chi ti manda quella roba?” Insistette strattonandola “Chi c'è dietro di te??” Urlò infine davanti al suo inintaccabile silenzio.


Lei scosse la testa con un movimento teso “Non ti dirò quello che vuoi sentire Dean. Non ti dirò niente.” Dean strinse i denti sentendo quelle parole, le sue mani si strinsero forte intorno alle sue spalle riuscendo a sentirne le ossa sotto le dita. Aveva ragione lei. Lui voleva solo sentirla confessare, non importa cosa, non importa come, qualsiasi cosa purché spiegasse il suo ritorno. Qualsiasi cosa che desse una ragione al gesto estremo che aveva compiuto per lui. Dover credere che l'avesse riportato in vita solo per salvarlo, che davvero sarebbe morta per lui, era un pensiero che dentro non riusciva a sopportare. Perché lo faceva sentire in debito. Perché lo teneva legato a lei. Perché nel petto tagliava più forte di una lama d'acciaio.


Strinse ancora un po' la presa fregandosene di quanto potesse farle male, l'avrebbe perfino torturata pur di tirar fuori qualche parola da quelle labbra perfette. “Parlerai invece.” Sophia deglutì rispondendo a quello sguardo di sfida. Non riusciva ad averne paura. Anche se le dita che premevano contro le ossa le facevano un male del diavolo, allo stesso tempo una sorta di piacere masochista scendeva lento lungo la sua spina dorsale. Ribaltando i ruoli sul palcoscenico, adesso era lei a straziarlo col suo silenzio. Lo stava facendo impazzire.


Parlerò se lo farai anche tu.” Lo sfidò alzando il mento in un gesto provocatorio, lui scosse la testa mollando appena la presa “Non sono io quello che nasconde dei segreti.” Sophia sollevò gli occhi languidamente verso i suoi, Dean non se n'era ancora accorto, ma quella era decisamente una battaglia ad armi pari “Tutti abbiamo dei segreti.” Sussurrò sicura divincolandosi dalla sua presa senza troppa fatica, fece due passi avanti e poi si voltò verso di lui “Tu per esempio...” Esordì a metà tra il misterioso ed il preoccupato “...A giudicare da quanti tranquillanti prendi, il tuo mal di testa avrà come minimo la stazza del Texas!” Dean inarcò le sopracciglia spalancando appena la bocca. A quanto pare anche Sophia aveva fatto i suoi conti.


Sophia respirò stringendo le mani intorno al busto, il suo viso si fece appena accigliato “E non è la sola cosa che nascondi, vero?” Disse riportando il tono alla sua più consueta tristezza. Non finì di inspirare quell'aria satura, che sentì un dolore forte proprio all'altezza dei polmoni. Era Dean. Con tutta la forza che aveva, acceso dalle sue illazioni, la afferrò prepotentemente e la sbatté energicamente contro il muro. Faccia alla parete.

Sophia si lasciò sfuggire un lamento di dolore, ma fu solo un secondo. Il peso di Dean le impediva di muoversi, il braccio torto dietro la schiena le faceva male e il modo in cui le stringeva il polso era tutt'altro che confortante. “Tu non sai niente.” Disse lui secco spingendo il viso tra i suoi capelli scompigliati. Sophia decise di ignorare la parete fredda premuta sulla sua guancia. Dean aveva reagito decisamente peggio di lei alla violazione della sua privacy, ma poteva capirlo. Sfortunatamente lui non poteva capire lei.


Dean si meravigliò per un attimo di sé stesso e della sua reazione. Aveva ceduto all'istinto senza nemmeno pensarci un secondo, aveva rischiato di farle davvero male ma non gli era importato affatto. Aveva solo voluto colpirla. Farla stare zitta. Smettere di vedere quel viso che non sapeva riconoscere. Lei non sapeva nulla, non poteva sapere e lui ne era sicuro. Non aveva mai detto una parola ad anima viva. Si spinse ancora più forte su di lei cercando le parole giuste per farla confessare, comunque sempre attento a non spezzarle il braccio. Affondò il viso nei suoi capelli mentre le intimava “Tu non sai niente.” Avrebbe voluto continuare, ma il profumo dei suoi capelli lo bloccò. Per quanto sentisse di doverla disprezzare, ogni cosa di lei era sorprendentemente piacevole. L'odore. Il tocco. Il polso esile tra le sue dita. Il suo respiro che si infrangeva contro la parete polverosa. Il suo corpo quasi perfetto che si strusciava contro di lui. Non riusciva a fare a meno di desiderarla.


Dean si morse il labbro cercando di scacciare quell'insano pensiero. Adesso doveva solo preoccuparsi di capire che cosa stava succedendo, districare quella maledetta matassa di segreti mal celati, verità taciute ed inspiegabili cambiamenti di identità. Ma Sophia se ne stava zitta, senza ribellarsi alla sua morsa, incapace di dargliela vinta. “Tu sei solo..” Iniziò col tentativo di dirle qualcosa, ma dovette fermarsi non trovando le parole. Lei però finalmente si mosse, tentanto un movimento che lui non le permise “Cosa volevi dire Dean?” Esordì con un tono indecifrabile “Che sono una bugiarda?” Gli suggerì cercando lo spazio per respirare “Una stronza forse?” Aggiunse rinunciando al suo tentativo di fuga. Dean le si spalmò addosso avvicinando le labbra al suo orecchio, sembrava volesse dire qualcosa, ma ancora non parlò. Sophia lo sentì attaccato a lei, così tanto che il suo respiro addosso le fece scorrere un brivido addosso. Chiuse gli occhi cercando di non pensarci. Decise di ritrovare la sua gelida facciata “Ti prego, non dire 'una puttana'... Quello proprio non lo merito.” Disse abbandonando però l'idea dell'ironia. Tirò la testa indietro per respirare e sentì di nuovo lui. Il contatto venne però interrotto da un nuovo movimento di Dean, aveva mollato il suo polso e con un rapido cambiamento di fronti, la spinse nuovamente contro il muro, solo che stavolta erano faccia a faccia.


Sempre pericolosamente vicini, il petto di Sophia premeva contro quello di lui con un ritmo sempre più frenetico. Se sentirlo addosso era eccitante, guardarlo in faccia era perfino straziante. Dean continuava a fissarla senza darle tregua. Le sue mani la sfiorarono lentamente prima di poggiarsi contro la parete. Era finalmente libera di muoversi eppure non provava alcun desiderio di farlo. Sebbene tutti i suoi sforzi stessero per crollare in quell'istante, copertura e missione comprese, non poté non impedire alle sue mani di risalire piano fino a lui. Gli sfiorò il torace senza troppo indugiare, e continuò fino al suo viso. Al primo tocco lui ebbe l'istinto di ritrarsi, ma le sue dita sottili e fredde lo raggiunsero senza scampo. Non erano carezze, era come se Sophia stesse cercando di ricordarsi com'era fatto il suo viso, passandogli piano i polpastrelli sulla mandibola tesa, scivolando lenta fino al collo. Si fermò lì e sollevò gli occhi verso quelli di Dean con un timore appena accennato “In realtà sono solo io...” Esordì a voce bassa riprendendo il suo discorso “...E tu sai meglio di chiunque altro cosa voglia dire.” Concluse lasciandolo interdetto davanti alle sue labbra socchiuse.


A Dean bastarono due secondi per decidere. Non aveva più la forza di contenere l'istinto animalesco che dal primo secondo gli infiammava corpo e cervello. Voleva solo che lei stesse zitta. E così i suoi dubbi. Voleva solo che il suo cuore smettesse di battere così forte contro le costole. Voleva zittire la sensazione di non conoscerla. Voleva prendersela con lei. Con suo fratello. Con i suoi segreti. Col suo stupido destino. Voleva. Punto.

Le fu addosso in un momento, premendo le labbra contro quelle di Sophia, schiacciandola al muro con tutto il suo peso. La sentì irrigidirsi sotto di lui e le portò le mani alla vita, tenendola stretta perché non osasse scappare. Non adesso. Si rese però conto che la sua preoccupazione era superflua non appena Sophia rispose al suo bacio, lasciandogli libero accesso tra le sue labbra. Le dita di lei si strinsero intorno al suo collo mentre quelle di Dean scorrevano piano sui suoi vestiti umidi, intuendo la freschezza della pelle che c'era sotto. In un secondo fu chiaro che non sarebbe stato solo un bacio.



*****


Devo svegliarmi! ...Devo svegliarmi!” Sam continuava a ripetere quelle poche parole, ormai preda di quel delirio mistico si rotolava ancora incosciente in una pozza di sudore. Pandora lo guardava assorta, la tenacia con cui si opponeva alle sue visioni era qualcosa di sorprendente. Avevano ragione a dire che Samuel Winchester non era un uomo normale. A giudicare dalla sua forza e dalla sua resistenza, nascondeva doti che non erano proprie della sola natura umana, ma di mondi superiori. E la sua lealtà, la sconcertante umiltà con cui si opponeva alla resa, con cui rinnegava la morte di suo fratello, rinunciando così anche agli aspetti di quel futuro che in cuor suo tanto desiderava. Sarebbe stato un grande soldato. Peccato che avesse già scelto da che parte stare.


Con uno sforzo estremo riuscì infine ad aprire gli occhi, e tossendo il fumo fuori dai suoi polmoni, riprese possesso della sua vera realtà. Si tirò su in ginocchio spostando con un colpo secco il vaso di rame, raggiunse l'oracolo appoggiandosi alle sue gambe piegate e facendo forza la fissò in viso, ancora sconvolto “Che cosa mi hai fatto?”

La magia si spezzò in un secondo mentre gli occhi di Pandora si rifacevano azzurri, abbassò lo sguardo su di lui “Ho solo intessuto i miei pensieri ed i tuoi Sam. Ti ho mostrato ciò che volevi vedere.” Disse accarezzandogli piano il viso, lui scosse la testa infastidito da quel tocco e parlò ancora, con tutta la rabbia e la paura che aveva in corpo “Quello che volevo vedere?! La fine del mondo? La morte di Dean?!” - “Sono solo visioni Sam, devi riuscire a leggere tra le righe della tua mente.” Sam strinse i denti, voleva solo scappare da quel posto, ma non se ne sarebbe andato senza le sue risposte “Io non voglio leggere tra le righe!” Urlò facendosi forte sotto il viso di quella ragazzina “Voglio sapere chi c'è dietro tutto questo... Dimmi chi devo fermare!” Lei rimase immobile a guardarlo con un velo di tristezza “Devi dirmelo, perché ti assicuro che non succederà niente di quello che ho appena visto! Io non lo permetterò.” Insistette più che deciso a farla parlare.


Pandora sospirò facendosi seria “Sei sicuro di volerlo sapere?” Lui rimase gelido ed impassibile “Non me ne andrò finché non parlerai.” Lei chiuse allora gli occhi respirando profondamente “Non potrai scappare dalla verità.” Disse allungando le mani verso di lui. Poggiò i gelidi polpastrelli sulle sue tempie e sollevò le palpebre mostrandogli l'azzurro più profondo delle sue iridi. Non aveva bisogno di strani incantesimi per rispondere a quella domanda.


Quando le dita di Pandora lo toccarono, fu come se tutto il corpo di Sam venisse attraversato da una scossa elettrica. Un dolore lancinante sembrò spaccargli in due il cranio, ma fu solo un istante. La scena nella sua mente invece, sembrò durare un'eternità.


------


La prima cosa che Sam vide fu se stesso. Dritto. Immobile. Gli occhi spalancati e le labbra tese in una smorfia di rabbia e dolore. Tra le mani una pistola, stretta forte tra le dita quasi potesse rompersi. Seguendo il filo del metallo luccicante, la visione lo portò all'altro lato della scena, dove la sua vittima attendeva.


Anche lui immobile, teso nei muscoli e nel viso, se ne stava ad attendere la morte davanti a quel grilletto. Era Dean. Suo fratello. Il suo amato fratello. Aveva un'espressione terribile, la faccia stravolta, gli occhi arrossati iniettati di sangue. Eppure sul suo viso un ghigno insolito regnava sovrano. Un ghigno senza senso.


Dietro di lui l'orrore di quel momento continuava. Per terra, stesa sul gelido pavimento, se ne stava anche la sua migliore amica. Ma a differenza loro non aveva in viso alcuna espressione. I suoi occhi erano ancora aperti ma opachi. La sua pelle così bianca. Il suo petto non concedeva alcun respiro. Era morta, ed il piccolo rivolo di sangue che scorreva lento dal buco di proiettile all'altezza del suo cuore, ne era l'amara conferma.


Sam strinse forte il metallo, il dito sul grilletto tremava appena, ma il suo viso non lasciava speranza. Senza dire alcuna parola di commiato premette il dito con decisione, lasciando che il rumore dello sparo squarciasse il silenzio come un fulmine che si infrange sull'asfalto. Il proiettile scorse dritto nell'aria in un momento. Dean non ebbe alcuno scampo. Prima che potesse anche solo urlare, un fiotto di sangue rosso scuro iniziò a colar giù dalla sua fronte. Cadde a terra in un tonfo sordo.



------



Sam riaprì gli occhi di getto, con un'espressione in volto che lasciò interdetta perfino Pandora. Era terrorizzato. Tremando si alzò da terra senza dire una parola, inciampò nel tavolo, ma proseguì senza fermarsi e si diresse più veloce che poteva verso l'uscita. Aveva bisogno di respirare.


Pandora sentì una stretta al cuore. Il futuro ha uno strano modo di mostrarsi e lei sperava che Sam conservasse abbastanza razionalità da ricordarlo. Nonostante sapesse che poteva finire male non lo bloccò, non ci provò nemmeno.



*****



Sophia soffocò un gemito nell'orecchio di Dean, e a lui sembrò di impazzire. La teneva ancora stretta contro il muro, quasi che “spremendola” potesse far venir fuori un'altra persona. Magari quella stessa persona che si augurava lei non fosse. Le sue mani si erano fatte strada sotto la maglietta sottile e proprio come immaginava, quella pelle fresca ed umida era un sollievo sconvolgente per le sue dita. Gli sembrava di toccarla per la prima volta, forse perché era passato troppo tempo dall'ultima, ma il modo in cui lei si contorceva ed il suo respiro forte lo rimandavano direttamente indietro nel tempo. Solo che adesso non aveva tra le mani una fragile ragazzina, al suo posto c'era una donna che meritava tutto il suo desiderio, così come tutto il suo sospetto. Ma ora non aveva importanza, ci avrebbe pensato dopo.

Sophia cercò un po' di ossigeno aggrappandosi con le unghie alla schiena. Inarcò il collo mentre lui la tormentava con baci e carezze. Non riusciva ancora a capire se Dean volesse fare sesso, o solo farla impazzire. Sorrise nel vuoto per un secondo realizzando che le due cose combaciavano perfettamente, poi decise di ricambiare il favore. Anche lei infilò le mani sotto la sua maglia, raggiungendo finalmente la pelle nuda ed i muscoli tesi. Lasciò scivolare lentamente le unghie su di lui, lungo tutta la spina dorsale, e sorrise di nuovo sentendo la sua reazione. Risollevando la testa cercò allora i suoi occhi e ci si buttò dentro. Quel tipo di espressione non le era mai venuta bene, forse perché i tratti delicati smorzavano le sue intenzioni peccaminose, eppure decise di provare. Si morse il labbro inferiore mentre scorreva il suo torace con le piccole dita, arrivò infondo e le intrecciò con la sua cintura, pronta ad attaccarne la fibbia. Da una parte voleva provocarlo, sfidarlo dimostrando che era più che pronta, ma dall'altra... Dall'altra parte voleva solo che finisse il più presto possibile.


Dean la sollevò prima che completasse la sua opera, si fece carico di tutto il suo peso e staccandola finalmente dalla parete, poggiò il suo corpo su una superficie più idonea, benché non meno scomoda. Più dolce e delicato di quanto non fosse stato prima la adagiò sul massiccio tavolo che era rimasto al centro della stanza. Sorrise con sé stesso ricordando come avesse sottovalutato l'utilità di quell'oggetto, notando inizialmente solo la sua “bruttezza barocca”, poi riposò gli occhi su di lei.

Sophia si vide costretta a contenere un brivido davanti a quello sguardo. Non era cambiato niente in tanti anni, fu costretta a pensare. Ogni volta che erano soli, ogni volta che erano a quel punto, Dean la guardava in quel modo, come se lei fosse una preda di caccia, piuttosto che una semplice donna. Come se volesse prendersi la sua vita, la sua anima invece che solo il suo corpo. Si era sempre chiesta se fosse così con tutte. O solo con lei.


Con un agile movimento Dean si sfilò la maglietta prima di piombare di nuovo su di lei, non prima che Sophia potesse notare il suo tatuaggio. Si estraniò un attimo dalla situazione chiedendosi se un pentacolo potesse proteggerlo davvero, poi dovette soffocare un gemito quando si accorse che le sue labbra avevano raggiunto quel piccolo punto del suo collo, lì dove la clavicola sfuma verso spalla. Incredibile che Dean ricordasse ancora esattamente quali corde suonare per farla vibrare al massimo delle sue potenzialità.

Sophia affondò le mani tra i suoi capelli mentre Dean iniziava a scivolare su di lei, più veloce di quanto lei fosse pronta a sopportare. Indugiò sul suo seno quel tanto basta, poi fece scorrere le mani e la bocca sulla pelle ancor più chiara del suo stomaco. Seguì la linea curva tra le sue costole fino all'ombelico e poi si sollevò per guardarla, mentre le sue mani le sbottonavano abilmente i jeans.

In quel momento Sophia buttò la testa indietro pur di non guardarlo. Dentro di lei era in atto un vero e proprio ciclone ormonale eppure non riusciva a vivere quel momento, sentiva che i suoi muscoli erano tesi e che se lui avesse fatto cadere anche quell'ultima barriera tra loro, non le sarebbe rimasto altro da fare che arrendersi. Arrendersi a lui e alle conseguenze della resa.


Dean afferrò energicamente i lembi dei jeans pronto a sfilarli in un attimo, quando le sue orecchie captarono un rumore indistinto, vicino abbastanza, ma comunque fuori dalla stanza. Per un momento temette di morire così, senza nemmeno realizzare il suo ultimo desiderio.

Un improvviso colpo distinto contro la parete fece sussultare anche Sophia, improvvisamente conscia che qualcosa stava accadendo intorno a loro, proprio mentre erano troppo occupati per accorgersene.


Hey!” Si udì una voce urlare da fuori e poi un altro colpo sordo contro il muro “C'è qualcuno lì dentro??” Chiese con tono deciso quella voce sconosciuta. Sophia si tirò su scatto tendendo gli addominali, ritrovandosi faccia a faccia con Dean, ancora lì in piedi davanti a lei. Lo guardò seria mentre la sorpresa ridimensionava la sua eccitazione ed il suo battito cardiaco, gli occhi di Dean erano visibilmente più incerti dei suoi e sembrava che le stessero dicendo di aspettare, come se, incredibilmente, per lui fosse più importante rimanere con lei che uscire finalmente da lì.


Siamo qui!” Urlò Sophia senza staccare gli occhi da quelli di Dean. Anche a lei bruciava un po', ma la sua unica priorità era uscire di lì, possibilmente prima che lui si ricordasse come erano arrivati fino a quel punto. “Quanti siete? State bene?” Chiese ancora la voce, e stavolta Sophia si rivolse direttamente al muro “Siamo in due e stiamo bene!” - “Ok ragazzi, adesso vi tiriamo fuori!”

Dean guardò Sophia ancora per un secondo, poi decise di riassorbire tutto il suo cinismo e tornare alla realtà. Si tirò indietro e al volo indossò di nuovo la maglietta. Lei intanto saltò giù dal tavolo e riabbottonò i jeans, prima di ricomporre la maglietta ed i capelli.

State lontani dalla parete. Adesso entriamo!” Urlò di nuovo il salvatore. Entrambi in silenzio fecero qualche passo indietro. Sophia si accorse che Dean la guardava di colpo come l'aveva guardata fino ad un'ora prima e capì che non avrebbe potuto contare sulla sua noncuranza. Né sulla sua fiducia, ovviamente. Respirò forte e trasalì quando un rumore improvviso squarciò la parete di legno.


Vigili del fuoco e paramedici allarmati si riversarono nel loro spazio non appena lo stralcio nel muro fu abbastanza ampio da passarci in mezzo. La luce che li accompagnava trafisse i loro occhi costringendoli a perdere il contatto con tutto ciò che avevano attorno per una manciata di secondi.

Si sente bene signore? Ha sbattuto la testa? Ha qualche ferita?” Un giovane paramedico in tuta blu travolse Dean con la sua raffica di domande da manuale, il suo tono preoccupato era più fastidioso della sua voce stridula. Con chi credeva di aver a che fare? Dean si tirò fuori da quella morsa scansando le sue attenzioni e si guardò finalmente intorno.


Facendo qualche passo l'aria fresca del tramonto gli riempì i polmoni e Dean poté finalmente apprezzare la sua liberazione. Stirò le braccia e si preoccupò per un attimo solo di sé. “Salve Signore, sono l'agente Roberts. Vorrei farle qualche domanda.” Quella voce roca gli fece immediatamente tendere i nervi. Prima di tutto non voleva essere disturbato, secondo la parola 'agente' faceva presupporre che si trattasse di polizia, e lui odiava la polizia; terzo era sicuro di non avere alcuna risposta da dargli. Si voltò di scatto verso il tizio incravattato “Guardi che sono la vittima.” Disse sarcastico per metà e quello si risentì “C'è in corso un'indagine sullo stabile crollato. Ovviamente non rispettava alcuna norma antisismica. Mi chiedevo se pensasse di sporgere denuncia contro il proprietario.” Dean aggrottò le sopracciglia sollevando le spalle “Denunciare quel simpatico grassone con le pantofole degli yankees? Non ci penso nemmeno!” - “Ne è sicuro signor..?” Dean strinse i denti cercando di ricordare con che nome si fosse registrato alla reception, poi fece spallucce rendendosi conto che anche l'agente se ne fosse accorto, lui sarebbe ben presto sparito nel nulla “O'neill. Signor O'neill.” L'agente aggiustò il colletto della camicia “Bene signor O'neill, è sicuro che sia tutto a posto?” - “Sicurissimo. Voglio solo andare via di qui.” Concluse Dean uscendo dal raggio d'azione del poliziotto.


Si riavvicinò alle macerie notando che lo sciame di pompieri e medici si era dissolto. Guardò intorno a sé per un po' poi si avvicinò a uno dei paramedici in tuta blu che ancora smaneggiava intorno all'ambulanza “Dov'è la mia amica?” Chiese odiando anche se stesso per dover usare quel termine, quello alzò gli occhi verso di lui “Quale amica?” - “La ragazza che avete tirato fuori con me.” Davanti a quel viso ebete Dean si vide costretto a calcare la mano “Alta così, capelli castani, occhi azzurri...” Aggiunse un po' scocciato mentre il paramedico sfogliava una cartella “Grace giusto? Anche lei era a posto per fortuna. Sarà qui intorno da qualche parte.”


Una strana sensazione punse Dean all'altezza dello stomaco mentre si voltava per scrutare l'area circostante. Fece qualche passo avanti e poi roteò su sé stesso cercando quella figura minuta che era Sophia. Di lei non c'era ombra. Digrignando i denti strinse i pugni e guardò un'ultima volta, mentre l'ambulanza, il camion dei pompieri e la volante della polizia se ne andavano lenti. Nel giro di pochi secondi si rese conto di essere rimasto solo. Anche stavolta Sophia era stata più furba di lui, ed era scappata alla velocità della luce portandosi dietro i suoi segreti, e non solo quelli. “Dannazione!” Urlò verso il tramonto, sperando che almeno la sua Impala, parcheggiata dietro l'angolo, non l'avesse abbandonato.



*****



Sbattendo forte lo sportello della modesta utilitaria che aveva rubato qualche ora prima,Sam scivolò sul sedile sentendosi ghiacciato e buttò la testa indietro cercando di inspirare più aria che poteva. Anche se aveva detto a sé stesso di rilassarsi prima di iniziare a valutare la situazione, niente dentro di lui sembrava voler trovare pace. Non solo i fumi tossici gli facevano ancora girare la testa, ma ogni tassello del suo puzzle personale sembrava roteare impazzito nella sua testa, alla ricerca del posto giusto da occupare. L'oracolo, il terremoto, le visioni, l'apocalisse, Sophia, la morte di Dean, quella pistola, suo padre, Yellow Eyes. Si batté forte sulla fronte cercando di fermare i suoi pensieri e in un certo qual senso quel gesto funzionò, perché in un solo terrificante istante tutto gli sembrò di colpo chiaro. Allungò la mano verso lo specchietto retrovisore e lo torse in modo tale che potesse guardarsi. Era stravolto. E purtroppo era solo l'inizio.


Rivedendo ancora e ancora l'ultima visione nella sua testa, quella in cui sparava a suo fratello, non riuscì a formulare nessun altra ragione che potesse dare senso ad una simile azione. Fulminò sé stesso nello specchio “Sono io.” Fu tutto ciò che riuscì a sussurrare facendo orrore alle sue stesse orecchie.


Dette quelle due parole ogni cosa sembrò davvero prendere senso. Fissò il vuoto per qualche secondo mentre lo stomaco gli si chiudeva prepotentemente. Non aveva altre spiegazioni. Non aveva altra scelta. Girò veloce le chiavi nel quadro ignorando che in quello stato probabilmente non avrebbe dovuto guidare e per un secondo si fermò di nuovo a pensare. Dean e Sophia non erano mai arrivati, avrebbe dovuto preoccuparsi, ma in quelle circostanze ringraziò qualsiasi cosa li avesse trattenuti. Se loro fossero stati lì, non avrebbe mai potuto fare ciò che doveva.


Spinse pesantemente sull'acceleratore e sperò che quei pochi cavalli lo portassero fuori da Casper il più veloce possibile.

*****



Nella grande sala dall'acustica rimbombante

Byron rimase finalmente in silenzio.

Fece forza sulle ruote della sedia e si tirò un po' indietro.

Sophia prese coraggio sperando che il contenuto della busta,

stretta ormai da più di mezz'ora tra le mani,

avrebbe chiarito il surreale monologo appena ascoltato.

Strappò via il bordo e tirò fuori il piccolo fascicolo.

Sospirò sfogliando la prima pagina,

aggrottò le sopracciglia mentre scorreva le righe,

torse la bocca arrivata alla terza pagina

e infine sollevò gli occhi sconcertati verso il suo mentore


Lui?”


Un brivido gelato scorse veloce lungo tutto il suo essere.


°°°°°




Per Scarlett89
: Che dire? Grazie davvero per il tuo apprezzamento! Spero davvero che ti sia piaciuta anche questa seconda parte. A dire la verità non è stato facilissimo scrivere, ma alla fine io lo dico sempre "le vacanze uccidono!" Grazie ancora davvero e alla prossima! Non mi restano molti capitoli da scrivere, quindi spero che finirò al meglio.. Sono sempre aperta ai suggerimenti ovviamente! Ciao ciao -Martina-

Per Niet88: scorgere un nuovo nome tra le recensioni è sempre una grande gioia! Specialmente in un periodo come questo, dove sono tutti ancora al mare o a riprendersi dalle vacanze! Sono contentissima che la mia storia ti piaccia e ancora più felice che tu abbia apprezzato Sophia e i flashback! Ultimamente mi sono concessa qualche sguardo agli spoiler, forse tenteranno con un nuovo personaggio femminile... Speriamo che sia all'altezza! Spero tanto che anche questo capitolo ti sia piaciuto e spero di risentirti presto! Ciao ciao -Martina-


  
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