Febbre
«
‘on ci posso credere” biascicò Dominique
Weasley, guardando con aria a metà tra lo stupito e il
rassegnato il termometro
che aveva fra le mani.
« Chérie,
allora ? » chiese
Fleur Delacour, parandosi davanti alla figlia che stava seduta sul
divano.
Dominique alzò lo sguardo. Fleur Delacour era sempre la
stessa di vent’anni fa,
con i capelli biondissimi e liscissimi e gli occhi chiarissimi. E
ovviamente il
fisico d una ventenne. Quel giorno indossava una maglietta gialla a
mezze
maniche e dei jeans che una donna di quaranta e passa anni normale non
avrebbe
potuto indossare neanche se avesse avuto il fisico di una ragazzina. Ma
quando
ci si riferiva a Fleur Delacour, le cose cambiavano eccome.
«Trentanove e sette» borbottò,
contrariata Dominique, tornando a guarda il
termometro. 39.7 era indubbiamente febbre. Era ovvio. La cosa meno
ovvia era il
fatto che fosse pieno Agosto. E che fosse il giorno della sua partenza
per il
campeggio, insieme a tutta la famiglia Weasley.
«Oh,Cielo!» esclamò Victoire,
piazzandosi davanti alla sorella come sua madre.
Se avete ben presente Fleur Delacour, Victoire Weasley era
l’opposto. Aveva un
bel caschetto di capelli rossi, un viso perfettamente ovale, degli
occhi
castani e maliziosi e delle labbra rosee e piene, ma aveva lo stesso
fisico
slanciato della madre. Nonostante fossero completamente diverse,
entrambe erano
bellissime.
«Sono d’accordo» mormorò tetra
la secondogenita, sistemandosi meglio sul divano
e storcendo il naso.
«Allora?» chiese Bill Weasley, entrando nel salotto
in compagnia del figlio
minore.
Ma cos’è? Una riunione? –
si chiedeva
Dominique, mentre assumeva un’aria disperata.
Se Fleur e Victoire erano opposte e bellissime, Bill e Louis erano due
gocce d’acqua
– tranne per il fatto che il ragazzo non aveva nessuna
cicatrice sul volto – e avevano
un certo , come amava definirlo Fleur, charme.
«Trentanove e sette» ripeté la ragazza,
chiudendo gli occhi e posando la testa
sul poggiatesta del divano.
«Oh, mi dispiace, piccola!» disse il padre, facendo
una faccia dispiaciuta.
Già. Dispiaceva anche a Dominique, soprattutto per il fatto
che avrebbero dovuto
rimandare la loro vacanza.
«Be’, siete pronte?» continuò
poi lui, guardando le altre due con un sopracciglio
inarcato e Dominique lo guardò stupita.
Avevano intenzione di partire senza di lei?
«Dominique non ti dispiace, vero?» chiese sua
madre, guardandola con un sorriso
di scuse.
«No, figuratevi!» esclamò, con ben poca
veemenza. Non aveva più forze, ormai. «Sapete
come mi divertirò, da sola, qui, con la febbre!»
«Ehm...ci dispiace» Victoire esibì il
suo migliore sorriso di scuse, ma
Dominique la fulminò con i suoi occhi di ghiaccio e la
sorella arretrò,
timorosa.
«Dominique, ti prego, capiscici. Non possiamo annullare la
prenotazione il
giorno dell’arrivo» la fece ragionare Louis, che,
come al solito, aveva
ragione. Era insopportabile vivere con lui, che era il più
calmo, il più
posato, il più dolce e il più riflessivo della
famiglia. A volte faceva persino
venire il diabete.
«Lo so» mormorò la ragazza, ormai
sconfitta.
In quel momento la porta dell’ingresso si spalancò
e Ted Lupin, con i suoi
splendenti capelli azzurri, fece il suo goffo ingresso nel salotto,
inciampando
nel tappeto che si trovava davanti al divano e finendo in mezzo alla
stanza,
tra il divano su cui Dominique era abbandonata, senza forze, e il
tavolino,
accanto al quale si erano schierate Fleur e Victoire.
«Salve» mormorò, infine, con la voce
attutita dal tappeto e i capelli divennero
improvvisamente rosso fuoco, tanto da fare invidia a Victoire e tutti
gli altri
abitanti della casa, tranne Fleur e Dominique.
«Ciao, Ted» mormorò Victoire,
sorridendo, felice di vedere il suo ragazzo,
anche se spiaccicato per terra.
Il ragazzo in questione si alzò, leggermente imbarazzato,
mentre i capelli
tornavano del loro colore abituale – come se azzurri fossero
un colore normale.
Ma tanto non si poteva discutere con Ted. Lui amava quel colore
– e lui si
chinava un po’ per posare un bacio sulle labbra della sua
ragazza.
Bill Weasley non era affatto contento di questo e non mancò
di esprimere la sua
contrarietà con un ringhio alquanto minaccioso, ma Ted
sembrò non sentirlo e si
scostò da Victoire con un bel sorriso, mentre la ragazza
diventava di un rosso
imbarazzante.
Dominique sospirò e distolse lo sguardo con aria
indifferente. Nonostante la
cotta per Ted le fosse passata da un pezzo, non poteva fare a meno di
sentirsi
irritata davanti a quella scena zuccherosa da diabete, peggio di Louis.
Per fortuna esisteva qualcuno da lassù che odiava quanto lei
quelle scene, perché
suo padre intervenne a placare l’animo di Ted con uno
schiaffetto amichevole
sulla nuca del ragazzo.
Dominique non aveva mai voluto tanto bene a suo padre come in quel
momento.
Solo allora, voltando la testa nella direzione della porta, vide che
Ted non
era giunto da solo, ma era stato scortato da un ragazzo alto e dal
fisico
allenato, con capelli rossi su cui qualcuno aveva sicuramente lanciato
uno
Schiantesimo e degli occhi castani che la scrutavano maliziosi
– forse,
credendo che il rossore sulle sue guance fosse imbarazzo e non febbre.
James
Potter.
Ed ecco che la giornata di Dominique, da moderatamente sopportabile
– in fondo,
quando era stata ad Hogwarts, aveva sopportato molto di più - diventò
immediatamente orribile. Perché, se c’era
una sola persona che Dominique Weasley non poteva sopportarne la
presenza per
più di dieci secondi, quella era James Sirius Potter, che ,
con i suoi scherzi,
le sue battutine e i suoi odiosi sorriso maliziosi, le aveva reso la
vita
impossibile durante i sette anni che aveva trascorso ad Hogwarts
assieme a lui,
solo per il fatto che lei era un brava studentessa – e
perché era stata
nominata prima Prefetto, poi Caposcuola dei Corvonero.
James sventolò la mano nella sua direzione, con un
sorrisetto sarcastico e lei
lo fulminò con una delle sue occhiate di ghiaccio, ma sapeva
di non avere un’aria
molto minacciosa, con quell’aspetto stravolto. Il difetto di
essere così magra,
era di non poter sopportare neanche un po’ di febbre. Bastava
quella a metterla
fuori gioco.
«Salve, ragazzi!» esclamò Potter,
allegro, entrando in salotto e svendendo i
suoi sorrisi splendenti a tutti i presenti.
«Ciao, Potter» mormorò tetra Dominique,
mettendo su la sua migliore faccia
imbronciata.«Perché vieni qui a tormentare noi
poveri esseri umani con la tua
presenza?»
«Sono venuto a dirvi che io non vengo in vacanza con
voi» mormorò James, mettendo
su un sorriso di scuse e ignorando bellamente la cugina.
«Non vieni?» chiese stupito Louis, spalancando gli
occhioni castani di suo
padre.
«No. Devo studiare per il corso di Magisprudenza»
si scusò il ragazzo, alzando
le spalle.
Magisprudenza. Chi l’avrebbe mai detto che quel James Potter,
che in sette anni
scolastici aveva seguito sì e no quattro lezioni, si sarebbe
impegnato davvero
in una materia così difficile?
«Oh» disse dispiaciuta Victoire, storcendo il
naso.«Be’...in tal caso, non
sarai solo. Neanche Dominique viene»
La ragazza in questione fulminò la sorella, che sembrava
voler mettere il dito
nella piaga, con lo sguardo e lei le sorrise falsa.
«Perché?» chiese James, interessato,
posando lo sguardo su sua cugina e
inarcando un sopracciglio.
«Per cause di forze maggiori» borbottò
lei, sventolando il termometro in
risposta. «Trentanove e sette»
«In Agosto?»
«Be’, non lo decido io quando prendere la
febbre!»
I presenti alzarono lo sguardo al cielo, in attesta di uno dei famosi
battibecchi di James e Dominique, che, da che mondo è mondo,
non erano andati d’accordo
neanche a pagarli.
Poi, mentre Fleur alzava gli occhi al cielo, l’idea le
arrivò, fulminea e i
suoi occhi si illuminarono per un breve istante.
«James, perché non rimani qui con Dominique? Tu
potrai studiare e lei non sarà
sola. Sai, non ha neanche le forze per alzarsi dal divano.
Avrà bisogno di una
mano» disse, svelta, in un inglese quasi perfetto. Dopo tanti
anni, si era
abituata a quella lingua, anche se preferiva il francese.
Dominique, intanto, era rimasta senza parole, come era successo solo
raramente
nella sua vita – Dominique aveva il raro dono di avere sempre
la risposta
pronta – e James, il loquace, allegro James, era ammutolito
come lei.
«Ehm...non so, zia» disse infine James, esitante.
«Lo sai che io e Dominique
non...abbiamo mai legato molto»
Quello era sicuramente un eufemismo. Lei e James, se fosse stato
possibile, si
sarebbero presi a morsi. Era una brutta metafora, ma vera.
«Per favore, James» lo incitò Bill,
sorridendo. «Dominique non è capace neanche
di spostarsi. Non posso lasciarla sola e non possiamo disdire
un’intera villa
prenotata solo perché lei ha la febbre!»
James guardò prima Bill, poi Dominique – che gli
rivolse uno sguardo glaciale –
poi di nuovo lo zio.
«Va bene. Il tempo di prendere dei libri e sarò
qui» disse, infine, con un
sorrisetto forzato.
«Grazie, James» Fleur si esibì in uno
dei suoi più bei sorrisi e James arrossì
un po’.
Patetico –
Pensò Dominique, che,
fumava di rabbia, dovuta al fatto che i suoi genitori avevano
maledettamente
ragione.
«Ma...posso chiamare Leanne! Ti prego! Tutti, ma non
James!» esclamò,
disperata, ma sua madre scosse la testa.
«Leanne è in vacanza e io mi fido di
James»
«Ci vuole coraggio a fidarsi di lui»
borbottò tetra la ragazza, ormai
sconfitta.
«Allora,
secchia, chiariamoci: io non piaccio a te e tu
non piaci a me, ma se sono in questa situazione è solo per
fare un favore alla
tua bellissima madre chiaro?»
«Cristallino» mormorò Dominique, con una
vocina debole e le guance arrossate. «Ti
posso chiedere solo un favore?»
«Quale?» chiese James, fulminandola con lo sguardo,
mentre si sedeva il più
lontano possibile da lei – non era di certo dovuto alla
febbre, lui le stava
alla larga come se puzzasse.
«Puoi evitare di fare apprezzamenti su mia madre in mia
presenza? Sai, tendono
a disgustarmi» La ragazza provò a fare un
sorrisetto sarcastico, ma le uscì
solo una smorfia. Proprio senza forze.
«Se ti fa sentire amata, posso fare apprezzamenti su di
te» ribatté lui, con un
vero sorriso sarcastico e lei lo fulminò con i suoi occhi
azzurri.
«Maniaco» borbottò Dominique,
disgustata. «Sono tua cugina»
«Ti stavo dicendo che sei bella» osservò
con noncuranza il ragazzo e lei
arrossì un po’, ma lo fissò comunque
con gelido distacco. «E poi io ho la
ragazza»
Dominique, che stava bevendo la tazza di the che suo padre le aveva
preparato
prima di andarsene – sua madre odiava il the e non lo sapeva
neanche preparare
- si fece andare di
traverso l’intero
contenuto e tossì, per poi riprendersi sotto lo sguardo
distaccato di suo
cugino, che non era neanche intervenuto per salvarla dalla sua morte
imminente.
«Hai la ragazza? Cioè...sei fidanzato?»
chiese lei, dopo aver ripreso a
respirare, con il perfetto sopracciglio biondo inarcato. James
annuì con un
sogghigno.
«Da quanto tempo?»
«Da quando ci siamo diplomati ad Hogwarts» ammise
candidamente, con un sorriso
radioso.
«Un anno e due mesi? James, che fine ha fatto Mister Dieci
Ragazze in Due Mesi?»
«Andato via» sospirò e mise su una
faccia sognante. Dominique rabbrividì,
disgustata. Quella non era una faccia da James. Quella era
più una faccia da
Louis. «Sai, credo di essermi innamorato di
Scarlett»
«Scarlett Baston? Quella Corvonero che stava un anno indietro
a noi?» chiese la
ragazza, interessata suo malgrado. Non si era neanche accorta che lei e
suo
cugino stavano parlando più o meno civilmente.
«Sì» James era cotto. Lesso. Marcio. E
Dominique storse il naso. «E’ carina.
Certo, in confronto a te e al tuo sangue Veela non è niente,
ma io la amo
così...»
«James...» lo rimproverò.
«Sì, lo so. Ma mica è colpa mia se sei
così...» E lasciò la frase in sospeso,
indicandola, un po’ rosso in viso. Dominique sorrise a stento
– certo che era
una noia avere la febbre – e iniziò a torturare
una ciocca di capelli
liscissimi e biondissimi ereditati da sua madre.
«Sono felice per te» ammise, infine, mentre James
la fissava con un
sopracciglio inarcato. «No, davvero. Certo, non sei nelle mie
amicizie, ma sei
mio cugino e io non ti posso odiare»
«Lo stai dicendo solo perché ora stai male e stai
delirando?» chiese il
ragazzo, con un sorrisetto ironico sul volto.
«Probabile»
«James?»
Il ragazzo si voltò verso Dominique e la fulminò
con lo sguardo. Possibile che
quella incantevole quanto diabolica creatura avesse intenzione di
rendergli la
vita – oltre lo studio – impossibile? Certo che
sì. Se James non dava fastidio
a Dominique, Dominique dava fastidio a James ed ora – quando
James aveva appena
finito di punzecchiarla sul fatto che non sarebbe potuta andare in
vacanza –
toccava alla ragazza.
«Cosa c’è?» chiese,
spazientito, mentre lei si lamentava ancora un po’ e
cambiava per l’ennesima volta posizione sul divano. Al
ragazzo iniziavano a
girare gli occhi.
«Prendi piuma e pergamena. Ti detto le mie ultime
volontà» mormorò tetramente
lei, con gli occhi chiusi e un’espressione sofferente in viso.
James la guardò per un minuto buono, poi sbuffò,
irritato.
«E’ solo febbre, Dominique»
borbottò, brusco, tornando al suo tomo di ottocento
e passa pagine. Certo, non che lo trovasse migliore della cugina
– quanto a
noia e irritazione, il tomo e Dominique andavano di pari passo
– ma voleva
superare l’esame con un buon voto. Non proprio il massimo, ma
almeno andarci
vicino.
«Non dire sciocchezze, James!» protestò
la ragazza con una debole vocina e
James per un attimo si sentì intenerito da quella fragile
ragazza, così magra
che bastava una febbre per ucciderla,
dai capelli biondi sparpagliati disordinatamente sul cuscino e gli
occhi di
ghiaccio lucidi per la febbre. Gli fece tenerezza. Ma per un solo
attimo, poi
tornò al suo tomo. «Io sento che sto per morire,
Jamie»
«Vorrà dire che, se muori, spedirò per
via gufo le condoglianze ai tuoi,
contenta?» chiese il ragazzo, sarcastico, prima di sbuffare
esasperato.
«No! James, se dovessi morire...»
«E non succederà»
«Se dovessi morire, voglio che tutta la mia roba la tenga
tu» continuo
imperterrita lei, guardandolo intensamente con gli occhi sbarrati.
«Sei la
persona che sento più cara, Jamie. Nonostante io e te
litighiamo di continuo,
ti voglio bene»
«Mi fa piacere sentirtelo dire, Dominique, ma potrai dirmelo
meglio quando
starai bene»
«Io non starò mai bene!
Morirò!» pigolò lei, con una voce da
far stringere il
cuore. «E’ febbre!»
«Appunto, è febbre!» esclamò
James, esasperato. «Hai la febbre e stai
delirando! Perché non dormi un po’?»
Dominique lo guardò. Era leggermente furioso e lei si
sentì piccola piccola.
«Scusa» mormorò, dispiaciuta, mentre il
viso di lui, prima teso, ora si
scioglieva in un sorriso.
«Non fa niente»
La ragazza chiuse gli occhi e cercò di mettere su
un’espressione rilassata,
mentre James tornava a leggere il suo tomo.
Silenzio.
«James?»
«Che altro c’è?”»
«Vorrei dormire in camera mia»
«E vacci»
Silenzio.
«James?»
Un ringhio.
«Non ho forze»
James si alzò, disperato, dalla poltrona e si
avvicinò al divano di sua cugina.
Dominique lo guardava implorante, con gli occhi azzurri che lo
pregavano di
aiutarla.
Il ragazzo sospirò, poi si chinò e la prese fra
le braccia, mentre lei si
lamentava un pochino e portava le sue braccia dietro al collo del
cugino,
posando la testa sul petto allenato.
James le scostò le coperte e la lasciò dolcemente
nel letto, coprendola con le
lenzuola fresche di bucato.
Stava proprio per andarsene, quando Dominique lo chiamò di
nuovo e lui la
guardò infuriato. Lei ridacchiò
debolmente.
«Grazie»
Il ragazzo rimase stupito, ma sorrise e le si avvicinò. Si
chinò su di lei e le
posò un bacio sulla fronte rovente, mentre Dominique
diventava un po’ più rossa
e non certo per la febbre.
«Figurati»
Cari
zii, cugini e nonni,
non vi preoccupate per la vostra nipotina prediletta. Ha ancora qualche
linea
di febbre, ma le passerà presto, visto la foga con cui mi
rompe le scatole
mentre studio.
Non temete, ancora non ci siamo uccisi a vicenda, ma non dubito che
succederà quando
lei starà bene.
Vi
voglio bene e anche Dominique ve ne vuole,
James.