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Autore: Tomocchi    28/06/2014    10 recensioni
Prendete un vampiro, il classico vampiro bello e tenebroso. Fatto?
Bene, ora lanciatelo via!
Niklas, vampiro per necessità, nerd a tempo pieno e con seri problemi d'immagine, è quanto di più lontano possa esserci dai vampiri scintillanti dei libri per ragazzine. Scontroso, musone e fissato con i giochi per pc.
Addizionate all'equazione Jackie, una bimbaminkia fan di Twilight, One Direction e testarda come un mulo.
Niklas vorrebbe conquistare la bella della classe e Jackie renderlo un "vero" vampiro.
Riusciranno nell'impresa?
"Niklas! Sei un vampiro! Dovresti essere un figo della madonna e invece guardati! Sei brutto, scusa se te lo dico, davvero brutto!"
"Ma a te cosa importa? Sarò libero di fare quello che voglio!"
"No! Cavoli, no! Non posso permettere che un vampiro con grandi potenzialità si butti via così!"
"Grandi potenzialità? Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? Vattene da casa mia subito!"
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another Way- Un altro modo di essere vampiro'
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ANOTHER WAY
UN ALTRO MODO DI ESSERE VAMPIRO

 

Capitolo 35
It's time

 

 

 

Irlanda, provincia di Dublino, Casa di Niklas, Martedì pomeriggio.

 

Alla fine il pomeriggio era arrivato, inesorabile.
Aveva atteso quel momento per tutto il tempo e invece, in quell’attimo, desiderava che non fosse mai arrivato.
E se fosse stato sì? E se fosse stato no?
Erano seduti sul divano di casa sua, lui e Jackie vicini, con lei che gli stringeva la mano tremante nella sua più piccola e smaltata di rosso.
“Perché il rosso?”, domandò, a un certo punto, per sviare i propri pensieri su qualcosa di più leggero e stupido.
“Perché il rosso è il colore portafortuna per questa occasione! Rosso come l’amore, la passione! Rosso come il filo del destino di cui parlano tanto nei manga! Rosso come il sangue che succhiano i vampiri! Andiamo, Nik, è ovvio!”
Certo, ovvio.
Ovvio sto cavolo fritto.*
Sospirò, voltandosi verso Stoyán che camminava su e giù per il salotto come un leone in gabbia, in attesa della fatidica telefonata.
Avevano detto nel pomeriggio, ma non l’ora.
Quell’attesa era ancora più lacerante di quando aveva aspettato il discorso del maestro prima di mettersi insieme a Jackie, doveva ammetterlo.
A un certo punto una suoneria monotono molto squillante iniziò ad attirare l’attenzione dei presenti, che si concentrarono sulla tasca dei pantaloni del bulgaro.
L’uomo prese il telefono e lo passò al suo pupillo, che lo afferrò con la mano tremante. Dannata agitazione.
Premette il tasto verde e trattenne il respiro, ansioso: “P... pronto?”
“Ciao, Pupillo! Sono io, Jordan, come va?”
Oh, no. Quel Jordan. Quell’americano da strapazzo che lo aveva preso in giro – e in fondo un po’ aiutato – durante la riunione dei vampiri avvenuta la settimana scorsa, quasi cinque giorni prima.
Strinse le labbra, prima di sospirare ancora e parlare.
“Ciao.”, salutò, scocciato. “Insomma, va.” Voleva farlo morire di attesa? Meno male che era immortale.
“Perfetto! Perché la persona che dicevi può essere trasformata in vampiro!”
Niklas sgranò gli occhi e Jackie, seduta talmente vicino a lui da poter sentire, lanciò un gridolino e abbracciò il ragazzo, così felice da avere le lacrime agli occhi: un po’ per la tensione, un po’ per il sollievo.
Il vampiro più giovane tirò un sospiro di sollievo: “Perfetto, sì...”
Jackie sarebbe stata un vampiro!
Avrebbero davvero potuto passare l’eternità insieme...
“C’è altro? Tutto qui?”, domandò, decisamente più rilassato. Insomma, Stoyán gli aveva spiegato sommariamente come avveniva la trasformazione, ma preferiva ricevere istruzioni precise.
“Sì, in effetti c’è altro...” Jordan continuò, con una voce calma e ferma: “Queste sono le condizioni: non sarai tu a farlo, dovrai lasciare l’Irlanda e tornare in Austria, al tuo paese.”
In un attimo, il tempo sembrava essersi fermato.
Forse non aveva capito molto bene.
“Come, scusa?” Sì, aveva sicuramente capito male.
Jackie, al suo fianco, aveva rialzato la testa con la bocca aperta.
“Hanno deciso che questa persona che proponi potrà essere trasformata in vampiro, ma non da te e dovrai andartene via. Mi dispiace, amico.”
Quella notizia face male.
Mille pensieri iniziarono ad affollargli la mente, mille pensieri singhiozzanti e uno più triste dell’altro.
Già sarebbe stato difficile ricominciare da zero con Jackie... ricordarle che stavano insieme...
Ma così... così l’avrebbe persa per sempre.
Si sarebbero visti solo alle riunioni e lei non si sarebbe ricordata di lui. Non avrebbe saputo chi era, chi era stato. Non lo avrebbe degnato di attenzione.
Solo lui si sarebbe ricordato per sempre e avrebbe sofferto per sempre.
Quell’ultima frase lo lasciò senza alcuna energia, senza altri pensieri.
Si abbandonò sul divano, porgendo il telefono al suo maestro senza dire una parola.
Senza riuscire a dire una sola parola, completamente svuotato.

 

***

 

Stoyán si portò il cellulare all’orecchio, preoccupato per la faccia del suo allievo.
Non l’aveva mai visto con quell’aria da funerale e soprattutto così pallido.
“Jordan, cosa gli hai detto?”, domandò, notando che anche la signorina O’Moore si era accasciata sul sofà con lo sguardo vacuo.
“Mi dispiace, ma non la fanno trasformare da lui e dovrà tornare in Austria... perché era la ragazzina che lo aspettava fuori dalla villa dopo la riunione, giusto? È la punizione per essere fuggito e aver disertato per così tanto tempo...” L’americano era davvero costernato.
“Ho capito...” Aveva capito eccome.
Quella era certamente la punizione più crudele che avessero mai dato.
“Non posso fare proprio nulla? Una mia buona parola, qualcosa...”, tentò di intercedere l’uomo, mordendosi il labbro inferiore con i denti.
“Nulla di nulla, amico. Vicolo cieco. È così e basta.”
“Ci sono! Non voglio più diventare un vampiro! Io voglio Niky qui, voglio Niklas qui!”, esclamò Jackie, battendosi le mani sulle cosce.
“Io non voglio più diventare un vampiro! Problema risolto!”
“Dì alla ragazzina che non funziona così... Anche se non vuole più essere trasformata, il tuo pupillo se ne deve andare comunque. È la punizione.”, spiegò con pazienza Jordan, per l’ennesima volta.
Stoyán guardò la brunetta dispiaciuto, prima di tornare a rivolgersi al suo interlocutore.
“E io? Devo seguire Niklas o..?”
“No, no, tu rimani con la ragazza finché non arriva Roberto, come avevamo deciso in riunione, o finché non avrà deciso cosa fare... beh, io ho riferito tutto... ci sentiamo, fatemi sapere quando parte e se invece la tipa vuole ancora essere trasformata.” Con un click la chiamata terminò e nella stanza calò un silenzio assordante.
Stoyán non si era mai sentito così in colpa come in quel momento.
Se non avesse ritrovato Niklas, se non lo avesse trascinato alla riunione... forse il suo ragazzo, il suo bambino, sarebbe stato ancora felice e tranquillo con la ragazza che amava.
Invece li aveva involontariamente divisi per sempre. Letteralmente.
Mise via il cellulare e si chinò su di lui, scuotendolo per le spalle.
Doveva farlo riprendere, doveva ricordargli ciò che gli aveva spiegato.
“Niklas. Non è la fine. Ok? Magari si tratta di una punizione temporanea... e in ogni caso tu e la signorina O’Moore vi rivedrete durante le riunioni. Potrai vederla ancora, potrai provarci ancora.”, mormorò, stringendo la presa, sperando di fargli male, di ottenere una reazione, perché vederlo così inespressivo lo stava opprimendo.
“Giusto, Niky. Ci... ci siamo già innamorati una volta, perché non potrebbe accadere una seconda?”, propose con una risatina nervosa la bruna, cercando la sua attenzione a sua volta.
“Perché non è possibile. Non accadrà ancora. Ci siamo ignorati per quattro anni di scuola Jackie, perché non parlavamo e non ci conoscevamo. E sarà così anche quando diventerai un vampiro. Ti farai altre amicizie, troverai qualcuno più figo di me con cui passare l’eternità e anche tu sarai più figa e non ti abbasserai a parlare con me per stare con quel gruppo di vip vari...”, blaterò, a voce bassa, come se fosse in uno stato catatonico.

Sembrava uno straccio con cui pulire i pavimenti.

 

***

 

La brunetta strinse le labbra e gli mollò uno schiaffo poderoso sulla guancia, arrabbiata oltre ogni modo.
Quello era un insulto e quello non era il Niklas che conosceva!
Anzi, non era il Niklas che aveva cresciuto con tutti quei giorni passati a seguire il programmino!
Ehi, non era niente male quello stampo rosso a forma di mano.
“Tu sei un idiota! Faremo qualcosa! Potremmo scappare, potremmo...”, tentò di scrollarlo e dargli qualche speranza, ma lui le prese la faccia tra le mani e la bloccò con un bacio, un bacio umido colmo di disperazione e tristezza.
Non lo aveva mai visto piangere ma, nell’accarezzare le sue guance, le scoprì bagnate, rigate dalle lacrime amare di un qualcosa di perduto.
Quando si staccò, lui appoggiò la fronte contro la sua, un gesto che facevano spesso e che era solo loro.
“Tu hai sempre sognato di diventare una vampira, non tirarti indietro. È così e basta. Non farlo per ripicca di chi ci divide, perché l’unica a rimetterci sarai tu.”, sussurrò, guardandola con una faccia contratta in una smorfia.
Stava accadendo tutto troppo in fretta, troppe cose stavano per cambiare e lei non aveva alcuna voce in capitolo.
La ragazza scoppiò a piangere, singhiozzando senza potersi fermare abbracciata al suo vampiro, abbracciata a quell’unica persona che era riuscita a farle provare sentimenti che andavano oltre all’ammirazione per i suoi idoli stampati sui poster.
Lo stava perdendo, lo avrebbe perso e non poteva fare nulla.
Anche fossero fuggiti, lei sarebbe morta perché mortale e lui avrebbe passato l’esistenza come reietto, in fuga, di nuovo.
Ecco perché l’aveva bloccata, ecco perché le aveva suggerito di inseguire il suo sogno e di lasciarlo perdere, anche se avrebbe fatto male.
Non voleva dimenticarsi di lui, di ciò che avevano passato... non voleva in nessun modo!
Si stupì dei propri pensieri, sicura di non averne mai avuti di così profondi.
I due giovani si guardarono ancora, riappoggiando ancora la fronte l’uno contro l’altra.
Per quanto dolorosa, la decisione era stata presa e loro ne erano le vittime, le marionette usate per puro e sadico divertimento.
Passarono alcuni minuti, sempre in silenzio, prima che una frase rompesse quel silenzio.
“... Ti va di... aiutarmi a fare le valige?”, domandò l’austriaco, senza aver il coraggio di alzarsi dal divano, atono.
Jackie annuì, riabbracciandolo ancora, se possibile, più forte di prima.
“Io ti aiuto, ma poi passiamo la passata la serata a pomiciare come se non ci fosse un domani.”
“Andata.”

 

***


Stoyán palesò la sua presenza con un colpetto di tosse.
“Lŭzhliv, il domani ci sarà eccome…”
“Maestro, era tanto per dire.”, ribatté piccato il vampiro più giovane, alzandosi con lentezza dal sofà.
Si sentiva vuoto, ancora più vuoto.
Ma non voleva sprecare gli ultimi momenti con Jackie: no, non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinarglieli. Eccezion fatta per una bella partita a The War of Past. Forse.
Si recò nella propria camera e aprì il baule con la chiave che conservava nel suo posto segreto –sotto il letto… che fantasia! – per poter iniziare a buttarci dentro alla rinfusa il più possibile.
“Nik, un po’ di ordine…”, lo riprese Jackie, mentre riprendeva i capi che lui buttava per stenderli sul letto e piegarli malissimo.
Lui la occhieggiò e sospirò.
“Se li sistemi così, si stropicceranno meno se io li butto…”
La brunetta gonfiò le guance e gli mollò un pugnetto forte sul braccio, ma non forte come suo solito. Evidentemente per quella decisione ne stava risentendo parecchio anche lei.
“E se ci dicessimo una parola d’ordine per riconoscerci? O scrivessi un diario delle mie memorie…”, propose la ragazza, pensierosa, ma Niklas scosse il capo: “Quando vieni trasformata dimentichi tutto e una volta vampira devi recidere i legami con la tua vita precedente. Stoyán mi fece prendere il minimo indispensabile e mi fece bruciare un pupazzetto di stoffa che aveva probabilmente cucito mia madre. Chissà cosa ti farebbe bruciare il tuo creatore…”
Il pensiero che qualcun altro avrebbe messo mani e bocca su Jackie oltre a lui, lo fece arrabbiare e ingelosire da matti. Ringhiò basso tra sé e sé, lanciando con ferocia il paio di scarpe eleganti dentro il baule con talmente tanta forza da ribaltare il forziere con un tonfo pesante.
Alla riunone avevano scelto Roberto, quel donnaiolo sfigato ma con un certo charme. Anche se andava dietro a Vaishali, non si risparmiava certo le altre donne, facendo il cascamorto con tutte.
Italiani. Non poteva aspettarsi altro che idioti.
Quanto avrebbe voluto scuoiarlo vivo…
“Beh, spero che non mi facciano bruciare i cd dei miei One Direction o, peggio, i miei libri o dvd di Twilight! Oh, non lo sopporterei e poi avevo promesso a Lee che se fossi morta a qualche concerto di Bieber le mie cose sarebbero passate a lei!”, piagnucolò la brunetta, stringendosi la camicia di Niklas al petto.
Quella frase lo riportò alla realtà e lo fece, doveva ammetterlo, un po’ sorridere, distraendolo dai quei pensieri per nulla felici.
“E poi, Nik! Mannaggia a te!”, squittì, facendo sobbalzare l’altro.
“Cosa?”
“Sei il mio secondo ragazzo e pure tu sei durato solo una settimana! E io che speravo di stare con te di più e donarmi completamente…”, pigolò, arrossendo sulle guance.
Era quasi carina, così, se solo non avesse avuto quel broncio da bimba delle elementari.
Ma aspetta, aspetta…
“Sono il tuo… secondo ragazzo?”, domandò, incredulo. Com’era possibile?
Jackie lo guardò stranita. “Certo. Secondo. Vuol dire che prima di te c’è stato un altro.”
“Jackie, guarda che sognare di essere la fidanzata di Ernest Curling non vuol dire…”
“Non è immaginario!”, sibilò feroce la ragazza, mollandogli un calcio nello stinco, che procurò un gemito di dolore all’austriaco. “ ed è Edward Cullen!”, precisò.
“Il mio primo ragazzo è stato Kevin! Kevin era davvero carino, alto, capelli neri, occhi verdi… così dal nulla mi chiese di metterci insieme e io dissi di sì.”
“Era? Vuol dire che è morto? E vuol dire che ti sei messa insieme a uno sconosciuto?”
Un altro calcio si aggiunse all’altro.
“Ahia!”
“No, è ancora vivo! Ed era in classe con me alle medie.”, spiegò lei, prima di gettare la camicia nel baule.
E così pure Jackie era stata con qualcuno, che era durato solo una settimana.
“Perché vi siete lasciati?”, domandò, sospettoso.
Non riusciva a immaginare Jackie che mollava un ragazzo così meraviglioso, quindi doveva per forza averlo fatto lui…
“L’ho mollato io perché diceva che Justin faceva schifo.”
“…ma dici sul serio?”
“Certo!”
Niklas si passò una mano sulla faccia, stravolto. Ok, era plausibile.
“E non vi siete mai baciati.”
“No.”
Un sorriso compiaciuto increspò le labbra del vampiro.
Il loro primo bacio era stato schifoso e non desiderato, ma era comunque stato il primo.
Questo lo riempì di orgoglio, prima di avvertire di nuovo la tristezza.
Avrebbe dovuto dividersi da lei, la persona per cui provava un sentimento così forte.
Sospirò, rassegnato, prima di sentirsi spingere in avanti dalla brunetta, che lo fece mettere sul letto, steso.
“Jackie, cosa..?”, farfugliò, disorientato da tanta intraprendenza da parte della ragazza, che gli posò l’indice sulle labbra per zittirlo.
“Io e te, ora…”
No, non poteva davvero chiedergli quello
“Prima che tu vada via dobbiamo farlo!”
Non era pronto!
“Tu ora bevi il mio sangue e zitto! Devi berlo almeno un’ultima volta!”, esclamò, prendendo il colletto della maglia e tirandolo verso la spalla per scoprire quanto più possibile il collo.
Niklas la guardò tra il preoccupato e il sollevato: da una parte era contento di non essere forzato a fare certe cose, ma dall’altra parte era terrorizzato. E se non si fosse fermato?
Certo c’era anche Stoyán e la ragazza aveva la rosa canina, però…
Non riuscì a sottrarsi perché Jackie gli infilò le mani nei capelli e gli fece appoggiare il viso contro l’incavo del suo collo a forza.
“Bevi, dannazione!”, lo pregò, con un tono triste, quasi fosse stato di vitale importanza.
“Voglio vivere al massimo i miei ultimi ricordi e so che il mio sangue ti piace, perciò bevi finché puoi!”
Lo sentiva, lo sentiva quel liquido cremisi pulsare nelle vene, chiamarlo a gran voce invitandolo a procedere. E Niklas non gli resistette.
Piantò i denti nel collo della ragazza con forza, famelico, sentendo il gemito di dolore di Jackie come se fosse stata una voce lontana.
Iniziò a succhiare con veemenza, sentendo il calore scorrere nel suo corpo e quel sapore dolce che gli ottenebrava i sensi, facendogli provare un piacere inimmaginabile.
Chiuse gli occhi, rallentando appena la bevuta per ciucciare più tranquillo come un cucciolo che beveva il latte dalla madre, sentendo la mano di Jackie accarezzargli i capelli con dolcezza.
Quel gesto lo riportò alla realtà e lui si staccò, ansante, fissando la ragazza negli occhi, più pallida del solito.
“Piaciuto?”, domandò lei con un filo di voce e lui annuì, prendendola tra le braccia per coccolarla un po’.
Gli era davvero grato per quella premura, quell’ultimissima premura.
Le loro ultime ore insieme.
Sospirò ancora, lasciandosi cadere all’indietro sul letto e tenendo Jackie stretta a sé, come se non avesse mai voluto lasciarla.
Lei era sua. Sua, sua e sua.
Si erano conosciuti tardi, si erano messi insieme tardi, eppure lui aveva sperato di poter recuperare tutto il tempo perduto.

Ma non era così. E mai lo sarebbe stato.
“È tempo.” disse con voce roca, ma senza muoversi.

Il baule era pronto, zaino sulle spalle e borsone nell’altra mano.
Gli stessi bagagli con cui era arrivato in Irlanda, gli stessi bagagli che mai avrebbe abbandonato e che avrebbero continuato a fargli compagnia per il resto di quella “vita”.
Stoyán lo salutò con un forte abbraccio e qualche pacca, stritolandolo talmente forte che Niklas boccheggiò e lo pregò di lasciarlo; l’uomo lo fece solo dopo avergli posato un bacio affettuoso tra i capelli.
Jackie lo lasciò andare solo dopo una soddisfacente pomiciata, come si erano promessi quello stesso pomeriggio, e qualche lacrima amara per quella separazione avvenuta troppo presto e ingiustamente.
“Stammi bene, fai attenzione e non correre dietro alle troccole dai capelli rossi, è chiaro?”, lo raccomandò con gli occhi gonfi dal pianto, ma con un sorriso triste un po’ ironico che lui capì.
“Certo. Passerò tutto il tempo al pc come sempre.”, promise, rubandole un ultimo bacio prima di voltarsi verso la porta.
“Vado. Ci vediamo… alla prima riunione che capita.”, disse con voce piatta, trascinando i bagagli fuori dall’abitazione.
La sera era tranquilla, c’era giusto una leggera brezza che gli scompigliava i capelli e accarezzava le guance.
L’aria non sarebbe più stata la stessa.
Daniel sarebbe stato felice di non vederlo più lì…
Sbuffò, divertito dal fatto che il suo ultimo pensiero era per quel maledetto nano biondo.
“Ciao, Niky.”
“Ciao, pupillo mio. Ti raggiungerò presto.”
Lanciò una veloce occhiata alle due persone sull’uscio di casa e annuì muovendo appena il capo, prima di dirigersi verso la fermata dell’autobus.
La sua vita stava per ricominciare di nuovo.
E, di nuovo, in solitudine.

 

 

 


 
 

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*omaggio a Mojita_Blue e i suoi “cavoli fritti!” che mi fa sempre morire dal ridere x°D

 

Parla Tomocchi: Uhm, le accette e i mitra sono da quella parte. :°D
Io so, lo so che ci odierete, ma come detto capitoli fa, la storia prende pieghe che non ci aspettiamo. È giusto così. A tutto c’è una conseguenza e una punizione. E insomma, non potevamo farla passare liscia a Nik. Salutatelo, che la seconda parte è tutta dedicata a Jackie- un altro modo di essere bimbaminkia, in questo caso. Quest’idea è venuta, come potete –o forse no- intuire dal titolo, dalla canzone “It’s time” degli Imagine Dragons, bellissima canzone che mi fa piangere ogni volta. Ma continuo a parlar io… è tutto superfluo, non saprei che altro dire. Ditemi voi, io mi sento a pezzi. .___.



 

 

   
 
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