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Autore: The_winter_honey    28/06/2014    3 recensioni
"-Oh, bene! Ma tu sei messa proprio bene! Ti addormenti a lezione, perché di pomeriggio combini
chissà cosa a casa di DUE RAGAZZI, che per altro sono fratelli e tra cui uno è un playboy
e l’altro è un buon samaritano (che poi alla fine si rivelano i peggiori)! Ed io devo stare tranquilla! Ovviamente, giusto?
-Sì! - sorrise divertita dalla reazione dell’amica -Certo che sì!"
Se vi ho incuriosite leggete e per favore recensite,
per me questa storia è davvero importante...siate clementi! ;)
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Problemi
 

 
Correva.
Correva a perdi fiato, con la cartella che sbatteva lievemente sulle sue spalle e i piedi rapidi che imboccavano
il solito corridoio. Era in ritardo, in uno stramaledettissimo ritardo e la porta della sua classe era già chiusa.
Jess si fermò un attimo a prendere fiato e si piegò sulle ginocchia per calmarsi, passandosi una mano sulla
fronte, mentre con l’altra reggeva l’ombrello.
Fuori il cielo era plumbeo e diluviava ormai da tre giorni.
Non sapeva se fosse un bene o un male.
Da una parte le piaceva la pioggia, lo scrosciare dell’acqua che tintinnava in modo dolce sul vetro e le
imperlava i lunghi capelli scuri  che le ricadevano sciolti lungo la schiena esile. Aveva l’orlo dei jeans lunghi
bagnati e la cartella era zuppa, perciò si ritrovò a pregare in silenzio che i libri al suo interno fossero asciutti.
Sua madre la sgridava ogni mattina, dicendole che era troppo pigra e che per colpa sua arrivava sempre tardi a
lavoro, mentre suo padre le ripeteva che se avesse dovuto prendere il pullman lo avrebbe perso ogni giorno,
ancora prima di aprire gli occhi. Suo padre era un amante della puntualità quanto la ragazza ne era
completamente allergica… Non riusciva a percepire il problema del tempo, non sapeva regolarsi e non aveva
mai la stramaledetta voglia di alzarsi dal letto. Non ce la fa faceva, era più forte di lei.
Cercò di sistemarsi i capelli dietro alle orecchie ma alla fine lasciò perdere e bussò alla porta per poi entrare.
La classe era completamente deserta e a Jess prese un colpo.
Oddio, cos’era successo? C’era una gita di cui non sapeva l’esistenza? Un’uscita a Teatro?
Si sporse a guardare oltre il primo banco e sospirò di sollievo appena i suoi occhi videro uno zaino rosso
buttato lì di fianco alla sedia della sua compagna di banco. Poi si ricordò della conferenza con quel giornalista
di cui  aveva parlato la sua insegnante di italiano il giorno precedente. Posò la propria cartella vicino al suo
banco e si levò il giubbotto completamente fradicio.
-Dannazione…dovevo anche copiare gli esercizi di matematica…- poi scosse la testa, allontanando quel
pensiero con un cenno infastidito della mano –Tanto non controlla mai!
Uscì dalla stanza e si scontrò con un suo compagno.
-Ma che cazzo…?
-Sono appena arrivata!- alzò le mani per scusarsi e il ragazzo lanciò un’occhiata all’orologio.
-Cazzo…oggi sei più in ritardo del solito…traffico, sveglia rotta o gomma bucata?
Sorrise, scuotendo la testa e giocherellando con l’orlo della sua felpa:
-Nah…esami del sangue!
-Davvero? E tua mamma te l’ha firmata?
-Per forza! Le abbiamo usate tutte!- esclamò la ragazza, appoggiandosi allo stipite della porta e sbuffando.
-Magari svegliarti prima, non sarebbe meglio?
-Lo sai che non ce la faccio, Martino!
Il ragazzo dai capelli scuri  rasati sui lati e pettinati in una cresta sorrise, dandole una pacca lieve sulle spalle
per poi superarla e recuperare in classe dei fogli per prendere appunti.
Jess lo aspettò e poi insieme si recarono in Aula Magna, che in realtà non era affatto una stanza ampia come
il suo stesso nome suggeriva, ma era la più grande che avevano a disposizione e la scuola la utilizzava come
tale. Una volta arrivati la ragazza notò che tutti i posti riservati alla sua classe erano stati tutti occupati e che
per questo doveva sedersi in fondo insieme alla classe parallela alla loro.
Non conosceva nessuno, eppure la ragazzo accanto a cui si sedette sembrava simpatica, aveva un viso
familiare…le guance tonde, gli occhi chiari, quella ciocca rossa che gli accarezzava la guancia destra…
Annika.
Dannazione, non era solo vagamente familiare. Era la ex del suo migliore amico.
L’aveva vista in casa dei gemelli (o per meglio dire in brevi momenti in cui non era chiusa in camera con
Guglielmo) e non ci era mai riuscita a parlare più di tanto…poi dopo una settimana era scomparsa. E ora
scopriva che veniva nella sua stessa scuola. Non ci poteva credere…
Jess non aveva mai provato interesso verso le molte ragazze che Gugu si portava a casa, sperando solo che
non si beccasse nessuna malattia venerea o non lasciasse incinta nessuna…ma ora si sentiva un idiota a non
essersene accorta prima. Annika era cambiata molto dall’ultima volta in cui l’aveva vista a casa dei gemelli…
Aveva un’aria più da dura, si era tinta delle ciocche disordinate di capelli e i suoi vestiti color pastello erano
stati sostituiti da jeans scuri e felpe larghe…di certo aver perso Gugu l’aveva sconvolta, ma Jess non
sopportava le  ragazzine che lasciavano che un ragazzo le sconvolgessero la vita.
Perciò si concentrò al massimo sul gesto di prendere appunti e aspettò impazientemente che la campanella
suonasse.
Quando quel suono invase l’aria e troncò di netto una frase di quella donnetta che aveva parlato a raffica per
tutta quella prima e durissima ora, Jessica esultò silenziosamente, alzandosi e aspettando la sua migliore
amica fuori dall’aula.
Qualcuno la prese dentro, facendola cadere a terra e scivolare dalle mani il suo taccuino lungo il corridoio. La
ragazza levò i suoi occhi castani sul viso pallido di quella che aveva identificato poco prima come Annika e
che in quel momento la stava fissando attentamente.
-Tu sei quella ragazzina che gironzola sempre a casa di Guglielmo…vero?
Jessica la guardò chiedendosi dove volesse andare a parare, ma decise di darle conferma.
Non aveva niente da nasconderle, era solo una loro amica, non le aveva mai parlato e certamente non sapeva
per quale motivo l’avesse spinta. La ragazza dalle ciocche rosse la osservò attentamente per un lungo istante
e poi scosse la testa.
-Sta attenta a dove ti vai a cacciare…
Jess seguì la figura scura di Annika con lo sguardo, chiedendosi cosa le avesse voluto dire.
Era come se le avesse detto che molto presto sarebbero arrivati dei guai e la causa dei suoi futuri problemi
sarebbero stati appunto i ragazzi…
 






 
 
La palla continuava a rimbalzare sulla parete con ritmo cadenzale e lo aiutava a concentrarsi.
Quel giorno avrebbe avuto da fare mille cose…
Osservò l’orologio sulla sua scrivania e sbuffò, infastidito dall’ora.
Quel giorno la sua migliore amica era in ritardo, suo fratello si era chiuso a studiare per quella noiosissima
verifica che avrebbero avuto il giorno dopo e lui come al solito stava palleggiando. Decise di alzarsi e di
allenarsi un po’. Avrebbe avuto gli allenamenti di basket quella sera e di studiare non aveva proprio testa.
Era sempre stato bravo negli sport, gli piaceva farsi notare e il modo più facile non era solo mostrare il suo
bel faccino, ma anche tenersi in forma e trovarsi sempre al centro dell’attenzione.
Doveva essere il migliore.
Almeno facendo così avrebbe avuto l’approvazione di qualcuno, la soddisfazione di avere molti amici e le
ragazze…sì, le ragazze non guastavano mai.
Lasciò scivolare per terra il pallone da pallacanestro e raccolse la sua chitarra, strimpellando qualche accordo
di Bob Dylan. Adorava quel cantautore, voce saggia, voce piena di speranza…
Le sue mani accarezzavano dolcemente le corde, mentre i suoi occhi si chiudevano da soli, lasciando che la
musica lo trascinasse via. Adorava quel modo di estraniarsi e avrebbe tanto voluto poter vivere solo di quegli
attimi, di quelle melodie, delle use mani ormai abili e capaci di creare quella meraviglia, come le mani di Bob,
di Jimi…le mani dei più grandi.
Ecco, avrebbe parlato di Bob Dylan a Jess, dopo aver finito con i Beatles…lo sapeva che la cosa era un po’
campata in aria, ma lui agiva sempre d’istinto, anche se non sempre era stata una buona cosa.  
Ma che ci poteva fare? Amava la musica, amava le scelte affrettate, amava le sorprese e…amava divertirsi.
Erano poche le cose che potevano frenare Guglielmo Saporiti e tra queste di certo non c’era la paura di
sbagliare.









 
  
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