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Autore: Silver Shadow    29/06/2014    1 recensioni
Questa fanfiction inizia dopo "Lo scontro finale", ma non tiene conto degli avvenimenti dei libri "Gli eroi dell'Olimpo".
'Il mio nome è Willow Blackblood. Ho 15 anni e ho dei lunghi, lisci capelli neri che non stanno mai al loro posto. I miei occhi sono verdi “come il mare”, mi dicono tutti, sono piuttosto magra e porto l’apparecchio. Mi piace il colore nero e amo la musica rock e metal. Studio molto e ho ottimi voti a scuola. Sono una ragazza come voi, a parte il fatto che sono la figlia di Poseidone. '
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Chirone, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il viaggio fu lungo ma tranquillo, anche se i miei amici ebbero qualche difficoltà ad abituarsi alle tenebre. A volte davo per scontato che, come me, tutti lo fossero.
L’Inghilterra era diversa. Non c’erano i casinò di Los Angeles, le spiagge di Miami, i grattacieli di New York. Ogni cosa che vedevo, ogni profumo che respiravo, ogni marciapiede che calpestavo mi ricordavano immancabilmente Willow. Era già tutto difficile senza di lei.
- Sappiamo dove si trova esattamente l’accesso per il Labirinto? – domandò Percy, mentre vagavamo per la città. La faccia di Annabeth era immersa in una cartina.
- Sotto l’abbazia di Westminster – rispose sognante senza degnarlo di uno sguardo. Quando si trattava di monumenti, non c’era per nessuno.
- Manca molto? – chiesi io. Ero impaziente di iniziare a cercare Will. Avevo così paura che le fosse successo qualcosa..
Annabeth, stranamente (e finalmente) alla mia domanda alzò lo sguardo, ma non per fissare me. I suoi occhi erano puntati si qualcosa oltre me. Quando mi voltai, capii.
“Enorme” era riduttivo. Il monumento che si ergeva davanti a noi era molto più di questo, e di una magnificente bellezza. Il bianco dell’abbazia di Westminster risaltava accanto al dorato del Palazzo. Eravamo tutti senza fiato.
- No – si limitò a dire Annabeth a quel punto – Non manca molto. –

- Dov’è di preciso l’accesso? – Percy parlava a bassa voce, come di consueto nelle chiese. Inutile dire che appena entrati ci si era quasi slogato il cervello per lo stupore.
- Nella Poet’s Corner – gli si rivolse Annabeth, con lo stesso bassissimo tono di voce – dove ci sono le tombe di Shakespeare, Chaucher, Dickens.. – ma Percy la bloccò con un’occhiataccia. Aveva preso quella tonalità che utilizzava quando parlava di architettura.
- Ci siamo – dissi poco dopo, quando finalmente ci trovammo davanti alla Poet’s Corner. Ora dovevamo solo cercare il marchio.
Pensai che per i miei amici doveva essere inquietante trovare una delta in mezzo alle tombe del più famosi poeti della storia inglese, e mi sentivo un po’ in colpa per non essere nemmeno un po’ nervoso. Probabilmente fu per questo che fui io a trovare il simbolo.
- Eccolo! – stavolta non mi preoccupai di abbassare la voce, la quale infatti rimbombò sulle pareti dell’abbazia producendo un’eco spaventosa. Volevo scomparire.
Quando Percy mi si affiancò e guardò dov’era situato il marchio, sorrise.
- Un classico – mormorò, continuando a fissare la delta incisa sulla tomba di Shakespeare. La premetti senza rispondere.
Annabeth fece un salto quando la pietra si sollevò e mostrò l’ingresso di una caverna buia e tetra.
- Beh, avevano ragione – commentai con un sorriso a metà labbra – la tomba di Shakespeare è solo un monumento in suo onore – e mi infilai nel tunnel.

Stavolta, ero io a sentirmi a disagio. Percy e Annabeth erano già stati nel Labirinto, ma per me era molto strano. Era come un corridoio che cambiava continuamente, senza preavviso, e che si diramava in tante gallerie da tutte le parti. Difficile orientarsi.
- Secondo i miei calcoli – c’informò naturalmente Annabeth – dovremmo cercare di scendere il più possibile. Penso che Ade la tenga imprigionata in un posto vicino agli Inferi, di modo da poterla controllare – il suo ragionamento non faceva una piega. C’incamminammo.
I ragazzi mi spiegarono che il tempo nel Labirinto passa molto più velocemente. Avremmo potuto passare dei giorni rinchiusi lì dentro.
Iniziai a perdere le speranze quando, dopo ore di cammino, ancora non ci eravamo imbattuti in nulla di interessante. Il tunnel continuava a cambiare da pietra a fango ad erba a mattoni, senza un nesso logico. Mi stava venendo il mal di testa.
- Che ne dite di riposare? – ci salvò Annabeth, appoggiando (anzi, buttando) il suo zaino sul “pavimento”. Né io né Percy ci opponemmo.
Naturalmente, non riuscii a dormire.
Continuavo a rigirarmi nel sacco a pelo, innanzitutto perché era veramente scomodo, e poi perché ero davvero in pensiero. Ogni volta che chiudevo gli occhi iniziavano a materializzarsi orribili immagini davanti alle mie palpebre ed ero costretto a stare sveglio per non vedere Willow morire in 1001 orribili modi. Se l’odio che provavo in quel momento verso mio padre fosse stato esprimibile, l’avrei espresso.
- Incubi su Willie, vero? – Percy mi sorprese, facendomi sussultare. Mi voltai verso di lui, o meglio, verso la mano che teneva appoggiata sulla mia spalla. Ero troppo disperato per cercare di oppormi a quel contatto. A dire il vero, non volevo davvero interromperlo.
Il mio silenzio, temo, lo fece preoccupare ancora di più, o almeno abbastanza da farlo sedere vicino a me e osservare il vuoto come già stavo facendo da tempo. Non osavo immaginare quanto erano diventate profonde le mie occhiaie o quanto rossi i miei occhi. Come avrei combattuto in quello stato?
- E’ più complicato del previsto – commentò lui, rassegnato, più come se parlasse da solo. Non credo si aspettasse una risposta.
- Non so se ce la faccio – a dispetto di ciò, invece, risposi eccome. La mia voce suonava roca e spezzata perché non parlavo da diverse ore. Stare lì senza fare nulla nel posto in cui la ragazza che amavo era nascosta era una tortura. Avevo bisogno di alzarmi, correre, imboccare gallerie a caso, trovarla. Dovevo vederla, dovevo sapere che stava bene. Che cosa avrei fatto se..
- Non ci pensare nemmeno – Percy interruppe i miei pensieri – ce la fai. Io ce la faccio. Annabeth ce la fa. Noi ce la faremo. – riuscii a guardarlo negli occhi per la prima volta dopo un giorno intero. Erano sempre di quel verde rassicurante, così simile al colore delle iridi di Willow. Sentivo il mio cuore spezzarsi nel petto.
- Non mi ero mai innamorato – confessai, anche se penso che l’avessero già capito tutti. Uno come me non provava certi sentimenti tanto facilmente. Credo che quella frase esprimesse al meglio ciò che sentivo. Non c’era bisogno di lunghi e strazianti discorsi, perché con Willow non ce ne sarebbe stato bisogno. Willow non mi avrebbe permesso di dirle certe cose, mi avrebbe bloccato prima di iniziare a piangere. Willow non poteva piangere perché era la figlia di Poseidone, ed espellere in quel modo acqua dal proprio corpo non le avrebbe fatto onore. Me lo aveva confessato il giorno del pic nic. I capelli di Willow mi ricordavano tanto quelli di  Bianca. Mi vergogno a confessare che credo di essermi avvicinato a lei per questo. Ma quando ho capito, quando ho visto chi era.. Allora ho iniziato a vivere veramente. Willow. Willow..

Non mi accorsi di essermi addormentato ripetendo il suo nome nella mente finché la mattina dopo (o quello che era, non si capiva nel Labirinto) un rumore mi svegliò. Era simile a un terremoto, o qualcosa che crollava, o tutte e due le cose insieme, ma il pavimento non si muoveva e il soffitto era integro. Eppure sembrava molto vicino. Annabeth e Percy si erano già svegliati per lo stesso motivo.
- Che diamine succede? –domandò Percy, guardandosi intorno.
- Potrebbe essere un indizio – commentò Annabeth – potrebbe voleri significare che siamo vicini. –
- Oppure no – sperava Percy, un po’ inquieto.
- Dobbiamo rischiare – mi misi lo zaino in spalla e mi incamminai verso il boato.
Finalmente (o forse no..) la monotonia del tunnel s’interruppe e arrivammo in una grandissima caverna. Le rocce che la componevano erano rosse e aveva una forma a cupola. La galleria continuava dall’altro lato della sala, e qualcosa mi disse che era lì che dovevamo proseguire, il che non sarebbe stato un problema se non fosse stato per tre creature che si aggiravano volando e sgretolando il soffitto, facendo vibrare le pareti.

- Le Furie! – urlai, evitandone una che mi stava arrivando addosso. Speravo che non avrebbero attaccato almeno me, ma evidentemente avevano ricevuto precisi ordini. Impugnai la mia spada di ossidiana nera pronto a colpire, e lo stesso fecero i miei amici.
Provammo un affondo diverse volte, ma le creature erano troppo veloci. Inoltre i loro strilli non ci mantenevano esattamente lucidi e il soffitto che crollava era un evidente ostacolo (per poco un pezzo di roccia non mi colpì in testa) per tutti noi.
- Dobbiamo rallentarle! – gridò Annabeth dopo un po’, saltando fra i massi caduti. Percy era in evidente difficoltà.
- Sarebbe un gran passo avanti se ci dicessi come! – intervenne infatti, visibilmente irritato, continuando a sferrare colpi di spada qua e là.
- Ascoltate – cominciò la ragazza, ancora urlando per farsi sentire – dobbiamo sbrigarci! Se i massi creano una barriera, come facciamo a continuare il viaggio? – purtroppo, ancora questa volta il suo ragionamento non faceva una piega.
- E allora che pensi di fare? – domandai a questo punto. Ero totalmente impotente, purtroppo, davanti alle creature di mio padre.
Fu allora che me ne resi conto.
Una goccia d’acqua mi cadde sulla guancia. Un’altra. Ancora..
Sollevai lo sguardo e sorrisi.
Dal soffitto che crollava iniziava a scendere un rivolo d’acqua che s’ingrandiva sempre di più e spingeva i massi verso il basso con violenza. Non passò inosservato neppure agli altri.
- Acqua! – urlò Annabeth – dovremmo essere sotto un lago o un fiume! Il crollo si sta espandendo fino alla superficie e l’acqua filtra fin qui! – a questo punto la sua espressione cambiò nella classica “ho un’idea geniale”.
-Percy! – gli si rivolse – devi creare una bolla d’acqua e intrappolarcele dentro! Avranno meno libertà di movimento e a quel punto puoi tuffarti e ucciderle! – era, come avevo previsto, un’idea fantastica, e non perdemmo tempo a realizzarla. Io e Annabeth, senza neppure accordarci, ci lanciammo in avanti per distrarre le Furie. Quasi finimmo ammazzati diverse volte.
Poco dopo, il boato del crollo venne rimpiazzato dallo scroscio dell’acqua. Percy era concentratissimo sul suo obiettivo, teneva gli occhi chiusi e i muscoli tesi mentre l’acqua vorticava in aria fino a formare una sfera perfetta. Le creature rimasero sorprese e spiazzate quanto noi, tanto da non riuscire ad avere il tempo di scappare quando la bolla le travolse e le intrappolò. Ovviamente questo non le uccise, ma, come Annabeth aveva previsto, le rallentò di molto.
L’unico ancora capace di muoversi (noi eravamo pietrificati dallo stupore) era Percy, che corse subito verso la sua creazione e si tuffò dentro come si fa nel mare. Si muoveva in modo ancora più armonico di quanto facesse sulla terra, ed era veloce quasi il doppio del normale. Si vedeva che l’acqua era il suo elemento.
Contai circa 7 secondi fra immersione, uccisione delle Furie e ritorno coi piedi per terra. Il silenzio che seguì fu imbarazzante.
- Questa la lasciamo qui? – domandò il ragazzo, per nulla stanco o ansimante, indicando la bolla e beandosi delle nostre espressioni esterrefatte.
- Ovviamente – rispose Annabeth, che si riprese prima di me – così Ade saprà con chi ha a che fare. –
Dalla risata collettiva che seguì, nessuno avrebbe potuto sospettare che circa due minuti prima rischiavamo tutti di morire.
  
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