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Autore: Jeo 95    29/06/2014    17 recensioni
Storia OC. Iscrizioni Riaperte a partire dal capitolo 9! PER OGNI INFORMAZIONE CONSULTATE LE NOTE NEL CAPITOLO 9!
Bonsoir mes amis!!!! Ed eccomi a riproporvi -molto, forse troppo prima del previsto- la mia storia ad OC, pubblicata per un evento speciale!!
Spero che anche questa nuova versione possa piacervi, e che partecipiate alla mia storia ^^
Un bacione a tutti e grazie in anticipo per chiunque parteciperà.
Jeo 95 :3
p.s. STORIA DEDICATA ALLA MIA FANTASTICA BOSS PER IL SUO COMPLEANNO (anche se in ritardo ç.ç)
TANTI AUGURI BOSS!!!!!!!
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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THE KNIGHTS OF THE DRAGONS. 


 

CAPITOLO 3- THE CALL. -PART TWO- 

 

Okazaki, Giappone. Anno 2014. 

 

Era una piccola cittadina quella di Okazaki, un paesino molto alla mano con non molti abitanti, dove tutti si conoscevano e si aiutavano a vicenda. 

Tra le case che costituivano il paese, una in particolare era ben conosciuta dagli abitanti, per l'abituale casino e il rumore che i suoi proprietari puntualmente riuscivano a creare in tutto il quartiere, sia dentro che fuori la casa. 

E quella soleggiata mattina, non faceva differenza. 

- TI HO DETTO CHE DEVI ANDARE TU!!- 

- NON CI PENSO NANCHE, TOCCA A LUI!!- 

- EH NO! IO L'HO FATTO IERI, OGGI E IL SUO TURNO!!- 

Era la routine per quella famiglia di scatenati, prendersi a pugni e creare zuffe di proporzioni megalitiche anche per decidere una semplice cosa come fare la spesa. 

Otto ragazzoni tutti di età diverse si stavano azzuffando tra loro, mentre un esasperata ragazzina di dieci anni osservava il tutto seccata, ma anche vagamente divertita. 

Facevano sempre così, i suoi rissosi fratelloni, ma ormai questa storia stava andando avanti da una buona mezz'ora. Possibile che fare la spesa fosse così difficile?! 

Ogni volta era una guerra continua per prendere una qualsiasi decisione, e come sempre era lei quella che doveva riportare l'ordine in quella casa di matti. 

- ORA BASTAAAAAAA!!!!!- 

Il marasma si fermò, e tutti e otto i ragazzi si voltarono a guardare la più piccola tra loro con sorpresa, restando immobilizzati nelle posizioni più disparate. 

Chi mordeva teste e polpacci, che tirava pugni, che calciava e chi stritolava. La ragazzina sospirò. 

- Ma è mai possibile che dobbiate sempre fare così?!- 

Ognuno di loro ne accusò un altro. 

- HA COMINCIATO LUI!- 

La ragazzina sospirò di nuovo.  

- Siete incorreggibili.- e la rissa riprese, mentre la bambina, ormai arresa al comportamento casinista ed infantile dei suoi fratelloni, si diresse in cucina per bere un po' di latte al cioccolato e aspettare la fine della rissa. Le cose sarebbero andate per le lunghe. 

Alla fine, dopo un altra mezz'ora di lotta, era stato deciso che a fare la spesa sarebbe andato il quinto di loro, calciato fuori di casa a calci e senza la possibilità di rientrare senza la spesa con se. 

- Ehi ma questo non è leale!!- sbuffò, ma poi si mise a ridere divertito. 

Era sempre uno spasso quando dovevano dividersi i compiti, e l'unico dispiacere che provava era il non poter continuare la lotta coi suoi fratelli. Perché la spesa era solo il primo dei compiti che doveva svolgere, ce ne era ancora una lunga lista su cui discutere a suon di pugni, ed era un peccato essere uscito così presto. 

- Oh be, poco male! Più tardi gliela farò pagare a quell'idiota di Takahiro per avermi tirato un pugno allo stomaco, ma per ora credo prenderò un po' d'aria.- 

Si portò le mani dietro la nuca, a scompigliarsi i capelli corvini dalla forma piuttosto particolare. 

Erano lunghi fino alla base del collo, formati da tanti ciuffi appuntiti all'ingiù, eccezion fatta per due anomali e particolari ciuffetti posti sopra la testa, rivolti verso l'alto, come se volessero sfidare la stessa forza di gravità.  

I capelli erano corvini, di un intenso nero ebano, esclusi i due ciuffi ribelli e le punte di tutti gli altri, di color bianco neve. 

Gli occhi sempre vivaci e allegri, erano uno giallo e l'altro rosa, particolare dovuto ad un incidente avvenuto anni prima, che però lo stesso ragazzo non ricordava. 

- Aspetta Kazuo-nii-chan!!!- 

La piccola bambina corse fuori dalla casa, raggiungendo il fratellone ed aggrappandosi alla sua grande mano ridendo. 

Ogni volta si stupiva di quanto le mani del suo fratellone preferito, di diciotto anni, fossero grande e callose rispetto alle sue, piccole e morbide come dovrebbero essere le mani di una bambina di dieci anni. 

- Ehi Akiko-chan! Come mai sei qui?- senza fatica Kazuo la sollevò da terra, per farla divertire un po', ma rimettendola a terra subito dopo. 

Per un gigante di 1.93, dal fisico allenato ma non eccessivamente muscoloso, come lui, non era un problema sollevare una bambina che era un quarto di lui. 

- Voglio venire con te Kazu-nii-chan! Per favore!- il ragazzo ridacchiò annuendo, facendo sorridere la sorellina. 

- Evviva! Grazie Kazu-nii-chan!- un piccola giravolta fece svolazzare il vestitino ricamato che indossava, così come svolazzarono i lunghi capelli corvini tra i quali spiccava una ciocca bianca lunga come gli altri. I grandi e vivaci occhioni erano rosa e luminosi, capaci di sottomettere ognuno dei colossi che vivevano in casa con lei senza il minimo sforzo. 

I due fratelli si misero a camminare mano nella mano, ridendo e scherzando insieme come erano soliti fare ogni volta che uscivano loro due, che fosse per un semplice giro o per fare compere, come quella volta. 

Appena entrati nel supermercato non troppo distante dalla loro casa, una signora anziana e robusta sorrise ai due teneramente. 

- Ma guarda chi c'è! Non sono forse due dei cari fratelli Kyoishi!- 

- Buongiorno Wakabe-san!- salutò raggiante la più piccola. 

- Ohi Baa-chan! Ti trovo ingrassata ancora, lo sai che quell'aria paffuta ti dona molto?- sorrise lui, fin troppo schietto e diretto, tanto che la bambina si portò una mano alla fronte, esasperata. 

- Ma Kazu-nii-chan non si dicono queste cose!!!!-  

E se qualsiasi altra persona si sarebbe arrabbiata e l'avrebbe di certo insultato prendendolo a pugni, la signora Wakabe si limitò a ridacchiare. 

- Non preoccuparti Akiko-chan, sappiamo tutti com'è fatto Kazuo-kun, schietto e diretto ma dal cuore buono, fate pure la spesa tranquilli.- 

Preso tutto ciò che vi era scritto sulla lista s'incamminarono verso casa, con Akiko che giocherellava tranquilla sulle spalle del fratellone, mentre questi portava tra le mani quattro sacchetti ricolmi di roba. Erano dieci in famiglia contando il padre, il cibo non era mai sufficiente. 

Quando all'improvviso il fratello si fermò, Akiko ne rimase perplessa chiedendosi come mai si fosse bloccato così all'improvviso. 

Guardando oltre le larghe spalle di Kazuo, la bambina vide davanti a lei una scolaresca di ragazze, probabilmente di un collegio femminile venute a visitare l'antico palazzo che caratterizzava il loro villaggio, e storse il naso. 

Suo fratello non si era mai interessato alle ragazze, mai, allora per quale motivo si era fermato proprio lì? 

- Kazu-nii-chan?- in risposta sentì solo russare, ed allora capì.- Kazu-nii-chan!! Non puoi addormentarti in mezzo alla strada!!- 

Kazuo si svegliò di colpo, e quando realizzò cos'era successo ridacchiò nervoso. 

- Ops, ti chiedo scusa Akiko-chan, è successo di nuovo?- 

- Già, e in mezzo alla strada per giunta.-  

Kazuo ridacchiò allegro, in fondo se era narcolettico lui che ci poteva fare? 

Mentre passarono attraverso il gruppo di ragazze, tutte si voltarono ad indicare il ragazzo, rosse in volto ed estasiate, esaltandone la bellezza e la particolarità. 

Certo era un bel ragazzo, atletico, prestante e dalla pelle abbronzata, e certo i suoi vestiti esaltavano il suo aspetto. 

Indossava una t-shirt, coperta però da una camicia a quadri bianca e grigia lasciata aperta, sotto dei classici jeans e delle scarpe basse a completare il tutto. 

Anche se non tutti apprezzavano i particolari tratti dell'aspetto di Kazuo, e di cui lui puntualmente ignorava gli acidi commenti, le ragazze trovavano sempre affascinante il suo stile e il suo essere sempre allegro e spensierato, non sapendo però che nemmeno la più avvenente di loro era mai riuscita a conquistare il puro cuore del giovane. 

"Illuse, Kazu-nii-chan non vi guarderà mai, e senza il mio permesso non lo avrete." ghignò sadica Akiko, coccolando il fratellone nella speranza di far ingelosire quelle ochette che lo ammiravano con la bava alla bocca. Era una bambina dolce e tranquilla per la maggior parte del tempo, sempre gentile con tutti, ma quando si trattava del suo fratellone non c'erano ma che reggevano. 

Non avrebbe mai permesso a nessuna donna di portarglielo via. 

Superato il gruppo di oche la bambina potè rilassarsi e tirare un sospiro di sollievo, che però non durò a lungo. Improvvisamente Akiko sentì i sacchetti cadere e il suo fratellone piegarsi in due tenendosi la testa. 

- Kazu-nii-chan che cos'hai?!- scese veloce dalla schiena del fratellone e gli si mise davanti, preoccupata. 

- T-Tranquilla, va tutto bene.- le sorrise, anche se la testa gli doleva terribilmente. 

Poi, come contagiata dal malessere del fratello, anche Akiko iniziò a tenersi la testa, dolorante. 

Ma mentre quello di Kazuo era un male sostenibile, quello della bambina era atroce e sofferente. 

- A-AKIKO!- 

Gli occhi di Kazuo, preoccupati per la sorte della sorellina, si tinsero di viola, mentre il petto del ragazzo si contrasse, al ricordo di una nostalgica sensazione di cui non sapeva nemmeno l'origine. 

Quelli rosati e prima allegri della bambina, ora presa si un terribile dolore, brillarono di intenso blu notte, quasi nero, mentre una brutta sensazione le fece attorcigliare lo stomaco. 

Sentiva freddo, come se fosse rimasta chiusa fuori casa durante una notte d'inverno e aveva paura, tanta paura. 

I due fratelli vennero divisi da fasci di luce diversi, lui da uno violaceo e caldo, lei da uno blu notte, scuro, freddo e spaventoso. 

- AKIKO!- 

- KAZU-NII-CHAN!- 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

Soltanto Kazuo sentì quelle parole e in un attimo entrambi scomparvero dalla strada, lasciando solamente le buste della spesa dove prima vi erano loro. 

In questo richiamo qualcosa di oscuro aveva interferito, qualcosa che nemmeno le persone dietro a questi richiami potevano prevedere, e che presto avrebbero scatenato il caos nel mondo. 

*** 

Foresta Nera, Germania. Anno 2014. 

 

La Foresta Nera, era un'area montuosa presente nella parte sud-occidentale della Germania, ed era il più vasto massiccio della fascia dei rilievi centrali. 

Si estendeva dal Dreiländereck, ovvero l'area dove si congiungevano i confini di Svizzera, Francia e Germania, in cui il fiume Kinzig rappresentava il confine tra la Foresta Nera settentrionale e la Foresta Nera Centrale mentre il corso del fiume Dreisam separava la Foresta Nera meridionale; quest'area talvolta era detta "Alta Foresta Nera". 

Ed era proprio in questa fitta vegetazione piena di alberi alti quanto grattacieli, una figura incappucciata camminava tranquilla, silenziosa ed agile come una pantera in cerca della sua preda. 

Non era diverso da quello che stava facendo la figura incappucciata, coperta da una felpa nera provvista di zip e cappuccio, che le copriva il volto, dei jeans e delle scarpe da ginnastica nere, armata del suo fidato arco e della fodera in cui stavano riposte tre frecce dalla punta d'argento. 

Quando cacciava lei, era sempre in grande stile, d'altronde la caccia era una delle sue attività preferite, mai avrebbe potuto svolgerla con banali armi di futile creazione, sempre e soltanto con quelle costruite da lei stessa. 

Le folte chiome degli alberi impedivano alla calda luce solare di filtrare nel sottobosco fitto e pieno di sterpaglia, ma questo alla giovane ragazza non dispiaceva per nulla. 

Lei odiava il sole, con tutta se stessa, perché cercava ogni volta di ucciderla. Era il suo più grande nemico. 

Una ciocca color neve sfuggì alla copertura del cappuccio nero, mentre le mani, che impugnavano saldamente l'arco in ciliegio, e il viso lasciavano ben intendere quanto pallida e sensibile fosse la sua pelle. Soffriva della sindrome dell'albinismo, per questo non poteva esporsi troppo alla luce del sole. 

Gli occhi erano color rosso sangue, quello destro orribilmente sfregiato da una lunga cicatrice che lo divideva a metà, e che la ragazza teneva chiuso per comodità. Uno le bastava e avanzava. 

Era perfetta per lei quella parte di foresta, lontana da ogni forma di civiltà, riparata dal sole, e soprattutto vicina a tre diversi confini in cui potersi rifugiare se mai la polizia tedesca l'avesse individuata. 

Per un'assassina provetta come lei era l'ideale avere più possibilità di fuga, specialmente quando si era appena attentato alla vita di una delle più alte cariche governative tedesche e la missione era riuscita a pieno. 

Ma anche i migliori assassini in circolazione avevano bisogno di cibo, e proprio per questo ora stava cacciando in giro per la foresta, silenziosa e veloce come un ombra nella notte, non per niente il suo soprannome era appunto Shadow. 

Nessuno mai avrebbe mai potuto sospettare che la silenziosa, solitaria e fredda Layla Seeker fosse in realtà la terribile assassina Shadow, ricercata in sei diversi paesi per omicidio di grandi finanziatori, imprenditori o politici. 

Tutti grandissimi bastardi, a parere della giovane, e che non meritavano altro che la morte, in fondo se l'erano cercata, lei aveva soltanto eseguito gli ordini. 

Nel suo incessante vagare, l'albina trovò finalmente quello che stava cercando, un grasso cinghiale adulto che avrebbe potuto sfamarla per diversi giorni, proprio la preda che aveva sperato di trovare. 

Posizionò la freccia e tese l'arco, prendendo la mira sull'obbiettivo ignaro e concentrato a mangiare funghi e bacche. Non si era accorto di lei. 

Scagliò la freccia, colpendo l'albero che stava dietro l'animale e mancandolo di un soffio, a causa di un improvviso mal di testa che l'aveva colpita all'improvviso. 

Che diavolo stava succedendo? 

Gli occhi rossi si tinsero di viola, mentre la stessa pressione nostalgica che aveva colpito altri prima di lei, schiacciò il cuore di Layla, senza che lei ne capisse la ragione. 

- Che cazzo mi prende...?!- 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

Ancora quella voce, e ancora quel fascio di luce violaceo che portò via con se un ennesima ragazza, senza che questa sapesse dove stesse andando e cosa le stesse per succedere. 

*** 

Parigi, Francia. Anno 2014. 

Chiunque al mondo sapeva che Parigi non era semplicemente una città storica e piena di attrazioni come il museo del Louvre o la Tour Eiffel, simboli principali della città, ma essa era il centro stesso della moda. 

Stilisti di ogni dove si erano formati in questa città delle meraviglie, ricca di storia quanto di moda, e qui vi erano anche molte famose boutique delle più famose case stilistiche del pianeta. 

In una di queste, nel pieno centro della città, un giovane ragazzo stava attirando su di se l'attenzione di molte donne e giovani ragazze, mostrando la sua abilità nelle combinazioni e negli accostamenti in maniera teatrale e aggraziata. 

- Et voilà! Per questa splendida signorina un completo gonna e camicetta dai toni caldi e sgargianti che risalterà le sue morbide curve più di quell'orribile tubino color blu smorto.- 

Non era particolarmente alto, ma di certo si potevano notare i muscoli sotto la maglietta bianca che indossava. 

La pelle era chiarissima, quasi quanto i capelli color latte, corti e ordinati, fatta eccezione per due ciuffi più lunghi che gli ricadevano ai lati. Gli occhi erano rosa chiari, dal taglio sottile e delicato, così come lo erano i lineamenti del viso, a tratti femminili ed infantili. 

Assieme alla maglia bianca indossava anche dei jeans neri, che lo facevano sembrare più slanciato di quanto in realtà non fosse. 

- E invece per lei mia cara signora, una gonna non troppo lunga nera con annessa magliettina larga non troppo vistosa, mi creda sulla parola le darà dici kili in meno e sembrerà FA-VO-LO-SA!!- 

Nonostante i modi di fare e l'atteggiamento potessero far dubitare dei suoi gusti in fatto di partner, Ongaku Toshiro era semplicemente un ragazzo appena più sensibile della media e con una sfrenata passione per la moda, e con questo? 

Se con la sua passione riusciva a rendere felici tante persone, Toshiro non vedeva alcun motivo per cui dovesse smettere di perseguire i suoi ideali e dovesse abbandonare se stesso solamente per compiacere una società troppo ottusa per accettare geni della moda come lui. 

Ma il ragazzo non se ne curava veramente più di tanto, anzi sapeva rispondere a tono a quelle persone che avevano il coraggio di sfidarlo a spada tratta ed offenderlo, non si sarebbe lasciato insultare senza reagire. 

Lanciando un occhiata all'orologio appeso alla parete, il ragazzo sorrise alle gentili signore che stava intrattenendo, dicendo loro che purtroppo, non poteva più trattenersi con loro. 

- Mi duole mie care dovervi lasciare, ma il dovere chiama.- 

- Ma come Toshiro? Così presto?- cinguettarono in coro le nobildonne francesi, dispiaciute che il loro miglior consulente di moda dovesse andarsene così presto. 

- Sono costernato, ma oggi tocca a me andare a prendere la mia sorellina a scuola, spero di rivedervi presto.- 

Afferrò il giubbino in jeans dal colletto foderato in pelo che aveva lasciato appeso all'attaccapanni ed uscì di fretta e furia dal negozio, salutando la direttrice che ricambiò felice.  

Quel ragazzo per lei era una manna dal cielo, ogni volta che c'era lui la clientela aumentava in maniera esponenziale, e senza nemmeno che lei lo avesse assunto! 

Lui arrivava, consigliava, e le donne lo ascoltavano senza opporsi, acquistando tutto ciò che Toshiro consigliava loro. 

Anche se era uno strano ragazzo era simpatico tutto sommato, e il suo arrivo per lei significava soldi, si sentì fortunata che il negozio in cui era abituato a passare quasi ogni giorno fosse proprio il suo. 

Ongaku non corse per arrivare alla scuola della sorellina, se avesse sudato di certo avrebbe rovinato i vestiti e allora si che sarebbe stata una tragedia, tanto sapeva bene che la sua adorata Sayoko non avrebbe lasciato la scuola senza di lui. 

Quando però arrivò alla struttura, della sua sorellina non vi era traccia, e questo al giovane parve veramente molto strano. 

Sayoko sapeva che se lui o i suoi genitori facevano tardi doveva aspettarli lì o dentro la scuola, ma allora perché non era al cancello come le avevano raccomandato tante volte? 

Provò a cercarla all'interno della struttura scolastica, ma la stessa maestra disse al ragazzo che era dalla fine delle lezioni che non vedeva la bambina e che era convinta lo stesse aspettando al cancello. 

Toshiro iniziava davvero a preoccuparsi, ma non demorse, continuando a cercarla perfino nel cortile dell'edificio, sino alle gabbie dei conigli di cui la scuola di prendeva cura e che piacevano così tanto alla sua sorellina. 

Niente, non era nemmeno lì. 

- Ma dove può essersi cacciata?- 

Ancora intento a cercarla fu colpito da uno sgradevole capogiro improvviso, seguito da un altrettanto spiacevole nostalgia a nemmeno lui seppe dire a cosa. 

Gli occhi brillarono di viola. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Eh? E ora che succede?!-  

Un raggio di luce purpurea lo travolse, portandoselo via quando si dissolse tra le nuvole, senza testimoni in giro e senza che il ragazzo avesse potuto rintracciare la sua piccola sorellina. 

*** 

Isola di Mann, Mar d'Irlanda. Anno 2014. 

C'è una leggenda che vigila su quest'isola misteriosa, legata al Piccolo Popolo d'Irlanda che da sempre domina le terre di questa regione e le sue leggende. 

Il Piccolo Popolo è formato da creature magiche ed uniche, unicorni, fate, elfi, folletti, draghi, ognuno di loro fa parte di questo popolo, è parte della storia di esso così come è parte della storia dell'Irlanda intera. 

Non si può scappare, è parte di essa, è magica e reale, anche se nessuno può trovarla né vederla. Piena di luci e meraviglie, la magia del Piccolo Popolo riscalda il cuore di ogni bambino che ne ascolta affascinato le storie ed i racconti. 

Ma come ogni favola, come ogni storia antica, anche quella del Piccolo Popolo ha le sue parti oscure, frammenti che gli abitanti della stessa Irlanda vorrebbero scordare, ma che non si possono cancellare. 

- Mamma perché quella ragazza è sempre sola?- sussurravano i bambini, ma lei li sentiva bene, ogni volta. Non potevano spegnere la loro curiosità innocente e pura, presto contaminata dall'odio aspro e ingiustificato di adulti corrotti e privi di principi. 

- Non parlare con lei figliolo, è una Banshee.- i genitori invece lo facevano di proposito, a farsi sentire, pensando di abbatterla e scoraggiarla in questo modo, ma tanto non serviva a nulla. 

Ormai quegli insulti le scivolavano addosso come se nulla fosse, come acqua su uno scoglio. 

Il grido della Banshee annuncia l’aprirsi della porta 
tra il mondo della vita e quello della morte. 

- Mamma chi è la Banshee?- 

Con l’aspetto di una donna spettrale e talvolta bellissima, 
la Banshee è una messaggera che viaggia dall’Altro Regno 
a questo mondo nel momento della morte. 

Una strega malvagia che preannuncia solo morte, non chiamarla, non ascoltarla, quando sentirai il suo pianto allora sarà troppo tardi, la morte di attende e non puoi evitarla. 

Viene di notte e la si può sentire mentre urla e singhiozza vicino a una casa, 
alla finestra di una camera da letto o negli ospedali quando la morte si avvicina. 

Stai lontano dalla Banshee, non ascoltarla, non sentirla, perché se la senti non potrai più fuggire, la morte arriverà per te, e non c'è nulla che tu possa fare per scappare, se la Banshee arriva, la morte non si può evitare. 

“Pensò a quel silenzio perfetto. Anche adesso, come allora, nessuno sapeva dove lei si trovasse. Anche questa volta non sarebbe arrivato nessuno. Ma lei non stava più aspettando. Sorrise verso il cielo terso.”                                    

Chiuse il libro che stava leggendo con un sospiro, pensando quanto quelle ultime righe appena lette si associassero perfettamente anche a lei, alla sua situazione e a quanto amasse il silenzio e la tranquillità della sua modesta dimora, lontano dalla città principale dell'isola, lontano da tutto e da tutti. Solo lei ed i suoi amati libri di cui mai avrebbe fatto a meno. 

Era tutta la vita che veniva odiata da quel villaggio di rozzi barbari che erano i suoi concittadini, e ancora la giovane Rosie Miles si chiedeva cos'avesse fatto di tanto sbagliato da meritarsi tutti quell'odio da parte dei suoi stessi concittadini. 

Ma dopo tanto tempo ci si fa l'abitudine, si impara a vivere, a crescere, e non si fa più caso alle dure prove che la vita ha deciso di sottoporre alla nostra persona. Quello che aveva fatto lei dopo tanto tempo. 

Si alzò dal piccolo e comodo divanetto rosso su cui amava leggere, posò il libro sul tavolino in legno avanti a lei e si avvicinò alla finestra, osservando con occhi privi di qualsiasi emozione il mondo fuori da quelle mura. 

Si strinse nella sua maglietta celeste, ravvivata da una mela disegnata sopra, e tenuta stretta in vita da una cintura bianca in cuoio intrecciata, in cerca di un po' di conforto da quella rigida giornata che preannunciava pioggia sicura e, forse, anche un forte temporale. La lunga gonna svolazzò qua e la mentre muoveva frenetica i piedi, coperti da un paio di comodi scarponcini in pelle nera. 

Chiunque l'avesse ammirata in quel momento di perfetta immobilità e tensione non avrebbe potuto che trovarla perfetta, come una bambola di porcellana. 

Pelle diafana e liscia, irradiante un'aura austera sembrava potersi sgretolare al minimo tocco se non si usava la massima cura. I capelli bianchi e mossi, sciolti erano lunghi fino a metà schiena, morbidi e lucidi anche a causa del color calce viva che avevano, erano in quel momento tutti poggiati sulla spalla sinistra della ragazza, che giocherellava distante con qualche ciocca. 

Gli occhi, così belli e di un azzurro intenso e cristallino come il ghiaccio stesso erano perennemente puntati verso il  basso, inespressivi, a tratti tristi e malinconici, accompagnati da ciglia chiare quasi quanto lo erano i fili di seta dei suoi capelli. 

Le labbra rosee,  perennemente socchiuse, e non troppo carnose davano colore al volto altrimenti pallido, in maniera delicata ed aggraziata, insieme alle guance imporporate di un tenue rosa che donavano eleganza e dolcezza al suo viso. 

Era altra, e le gambe lunghe ed esili erano lasciate in bella vista dalla gonna lunga ma striminzita, ed il seno ben proporzionato al resto del corpo risaltava sotto la maglia celeste. 

Una così bella e delicata creatura, che da tutti veniva considerata un demone portatore di morte senza scrupoli e dal quale era meglio tenersi a distanza, ma che in realtà cercava solo conforto e qualche amico, qualcuno che le desse una mano nei momenti di bisogno e che non la lasciasse sola, che non l'abbandonasse come ormai aveva fatto tutto il resto del mondo. 

Rosie non era mai stata un tipo esigente, non pretendeva chissà quali agi o comodità, stava bene nella semplice casetta in cui si trovava, occupata solamente da lei e dai suoi libri, ma se avesse potuto avere compagnia sarebbe stato per lei il più bel dono che le potesse mai arrivare. 

Poter leggere le sue storie, poter parlare con qualcuno di qualcosa, proprio come da piccola faceva con quel bambino dal volto sfocato che ogni tanto sognava e ritrovava nei suoi ricordi, sbiadito e senza nome, ma era sicura che esisteva e che un giorno, forse, l'avrebbe anche rivisto. 

Si portò una mano alla tempia e la massaggiò, ritornando verso il comodo divano per distendersi e rilassarsi. Tutti quei pensieri le avevano fatto girare la testa. 

Gli occhi risplendettero di viola, e la giovane Rosie dovette portarsi una mano anche al petto, per cercare di placare l'infelice senso di nostalgia che l'aveva assalita. C'erano un milione di motivi per cui provare nostalgia, ma nessuno sembrava adeguato per quel caso. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Chi è?- provò a chiamare Rosie, ma nessuno rispose. 

Un fascio di luce viola la travolse, lasciando dietro di lei nient'altro che polvere ed un libro caduto a terra, aperto. Della fantomatica Banshee non rimase nulla. 

*** 

Boston, Stati Uniti. Anno 2014. 

 

- E il vincitore dell'annuale torneo mondiale di muay-thai è..... ISAAC RAXEL!!!- 

Sul podio della vittoria dopo un lungo percorso di intensi scontri, finalmente Isaac aveva per le mani la cintura del campione mondiale di muay-thai, a dimostrazione che al mondo il più forte era lui. 

I capelli neri lunghi fino alle spalle si muovevano ogni volta che il giovane ventiduenne si girava per mostrare a tutti gli spettatori la cintura, mettendo in risalto anche la perfetta e scolpita muscolatura, priva di imperfezioni tanto da sembrare scolpita nel marmo. 

Al di fuori della sua malformazione che per anni era stata causa di traumi e sofferenze, il mondo lo stava acclamando, e lui lo osservava coi suoi particolari occhi quasi del tutto privi di iride, poiché questa era talmente tanto piccola e allungata da risultare un minuscolo puntino giallo sullo sfondo bianco dell'occhio. 

Empty Heart, così era conosciuto dai più sul ring, che a causa di quegli occhi era spesso stato paragonato ad un demone, ora veniva acclamato e venerato come un Dio, e cavolo se si stava godendo quel momento! 

- Ed ora consegneremo il premio speciale al vincitore!- 

Isaac non sapeva dell'esistenza di quel premio, ma poco male, per lui era soltanto un vantaggio e di certo non si rifiutava mai un dono. 

- E il premio è..... UNA SETTIMANA SU UN'ISOLA TROPICALE!!! CON HOTEL A CINQUE STELLE PREPAGATO E DODICI MODELLE DA URLO CHE NON LO LASCERANNO MAI SOLO!!!!- 

Stava per esultare, Empty Heart, quando il suo cervello finalmente realizzò quello che il presentatore aveva appena detto. 

Isola... Hotel cinque stelle... dodici donne che non l'avrebbero mai lasciato... CHE CAZZO DI STORIA ERA QUELLA?!?!?! 

- Ehi che razza di premio..?!- 

Si ritrovò improvvisamente circondato da dodici bellissime ragazze in bikini, che si strusciavano su di lui e gli sorridevano maliziose e ferine. 

Isaac rabbrividì dal disgusto, il suo più grande sogno si stava lentamente trasformando nel peggiore dei suoi incubi, lui le donne non poteva tollerarle!!! 

- Ehi presentatore io non sapevo nulla di questo premio!! Non lo voglio!!!- 

A testa china l'altro uomo ghignò impercettibilmente. 

- Ne sei sicuro? Non puoi rifiutarti, in fondo...- improvvisamente il presentatore si tolse la parrucca che fino a qualche minuto prima erano i suoi capelli, lasciando libera una lunga chioma corvina.- Questo è un mondo di sole donne! E tu sei la nostra preda!- 

Tutto il pubblico si levò in piedi mostrandosi al ragazzo, e tra loro Isaac non vedeva altro che donne, di ogni età e tipo, un infinita distesa di esponenti del gentil sesso tutte intorno a lui e pronte ad assalirlo. 

Sbiancò all'istante, non riuscendo a credere che stesse succedendo una cosa del genere proprio a lui. Il suo incubo più grande era lì, davanti a lui, e stava cercando di denudarlo. 

- EHI COSA CREDETE DI FARE PAZZE FURIOSE?!?!?! RIDATEMI I MIEI BOXER!!!- 

- O stai calmo Punto Giallo, vogliamo divertirci un po' con te.- 

Tra le figure femminili che lo avevano accerchiato, Raxel individuò tre persone a lui ben note, che lo fecero tremare di terrore come quando aveva cinque anni. 

- S-Sorelle...- 

- Forza marmoretto, fatti mettere la gonnellina!!- 

- N-No...- 

- Su piccolo mostriciattolo, mettiamo un po' di trucco su quella faccina da schiaffi.- 

- No...- 

- Bene Isaac, è ora dell'operazione! Anche tu devi diventare una donna come noi! Di addio al tuo amichetto!-  

- NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!- 

Isaac si alzò di scatto, sudato e livido in volto, portandosi una mano tra i capelli color ebano per tenersi su la testa ed impedire che rimbalzasse avanti e indietro come una palla. 

La prima cosa che controllò era la presenza reale e concreta del suo amico ai piani bassi, e realizzare che era ancora lì e nessuna pazza fuori di testa in bikini l'aveva estirpato con un paio di cesoie da giardino era già di per se una grande consolazione. 

Riprese fiato e tentò di calmare il battito impazzito del suo cuore, regolando i respiri e tentando di non pensare mai più a quell'orribile incubo. 

Quando fu calmo sospirò appena, ed il suo primo pensiero lucido fu solo uno. 

- Le donne sono davvero gli esseri peggiori che possano esistere sul pianeta!- 

E regalò un sentito vaffanculo alle sue adorate sorellone che l'avevano portato ad una lenta e dolorosa agonia, che si era tramutata poi in esasperazione, fino a culminare in un vero e proprio sentimento d'odio puro e semplice per il gentil sesso. 

Dopo tutti quegli anni di torture e insulti, era diventato impossibile per lui convivere pacificamente con le donne. 

Si alzò piano e cercando di non barcollare troppo, con la testa che ormai era paragonabile ad una trottola tanto girava e lo disorientava, provocandogli anche un lieve voltastomaco. 

L'incubo più brutto di sempre. 

Prese dalla sedia accanto al letto la sua canotta nera e la mise, indossando poi anche la giacca rosso intenso dai ricami dorati, i lunghi pantaloni viola scuro e i suoi fidati guanti senza dita neri. 

Si sedette sulla sedia e indossò gli immancabili stivali marroni dai ricami dorati, concedendosi ancora qualche secondo per riprendersi e far passare il mal di testa. 

Gli occhi risplendettero di una luce violacea, fintanto che un senso di angosciante nostalgia gli invase il petto. Di certo non per le amorevoli cure che le sue sorelle gli avevano prestato nella sua infanzia, ma non sapeva spiegarsi per cosa esattamente provasse nostalgia. 

Un raggio viola lo colpì un istante dopo, cogliendolo di sorpresa e impossibilitandolo a reagire. 

- E che cazzo è questa luce?!- 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...-  

Dopo quella frase in lingua antica, ecco che anche un altro ragazzo fu portato via dal suo mondo, dalla sua vita, senza che potesse decidere o meno se prendervi parte. 

Nessuno poteva sfuggire al proprio destino. 

*** 

Barcellona, Spagna. Anno 2014. 

 

Nel quartiere alto della città la vita scorreva serena e tranquilla per una ragazza che nella vita aveva dovuto affrontare diversi scogli prima di trovare la felicità. 

Nuotava tranquilla nella piscina della villa in cui viveva con la sua famiglia adottiva, in vacanza dall'università prima che i nuovi corsi riprendessero il normale svolgimento annuale. 

Le era sempre piaciuto il contatto con l'acqua, e quando nuotava poteva immergersi completamente nell'elemento che preferiva, calmare spirito e mente abbastanza da non pensare più a nulla per diverse ore. 

Dopo tre vasche decise che era arrivato il momento per uscire e fare merenda, con uno dei dolci che aveva preparato lei stessa qualche ora prima. 

Strizzò i capelli castani chiari dalle punte dorate lunghi fino al bacino che risplendevano sotto il sole, illuminando anche i particolari, espressivi e grandi occhi di un indefinibile e bellissimo color viola misto ad azzurro. 

Le guance rosee e le labbra rosse e carnose risaltavano poco sulla pelle perennemente abbronzata, anche se in maniera lieve. 

Non era particolarmente alta, anche se tanto avrebbe desiderato qualche centimetro in più, e il costume bagnato fasciava sensualmente le generose forme della ragazza.  

Spostando i capelli in avanti per asciugarli il meglio possibile, lasciò libera la visuale sulla schiena, dove vi era un tatuaggio raffigurante una fata sulla parte sinistra,  ed una grande quanto profonda cicatrice che le attraversava diagonalmente tutta la schiena. 

Ferite e ricordi che preferiva dimenticare, troppo dolorosi per essere riportati alla luce, e che dovevano restare sepolti dal futuro roseo e felice che pian piano si stava costruendo con le sue stesse mani. 

Indossando le infradito azzurre che aveva lasciato poco prima sul bordo della piscina andò verso lo sdraio e prese l'asciugamano, rimuovendo le fresche goccioline d'acqua da suo corpo alla belle meglio prima di oltrepassare la porta-finestra che l'avrebbe condotta in cucina, al frigorifero, fino al tanto agognato dolce per il quale lei impazziva ogni volta. 

Tornò sullo sdraio vicino la piscina, stendendosi sotto l'ombrellone a gustarsi pacificamente il suo tanto agognato dolce. 

- Oh Lily, allora eri a casa.-  

Lilian Babic, così si chiamava la ragazza, si girò sorridendo educata all'uomo che le aveva salvato la vita e permesso un percorso di studi dignitoso e utile. 

Certo aveva faticato per arrivare a quel punto, ma molti dei meriti andavano all'uomo che ora era suo padre. 

- Ciao papà! Eh si, mi sono presa una pausa dall'università ed eccomi qui!- 

Studiava all'università di lingue particolari, principalmente giapponese e russo, e ogni tanto le era consentito rientrare a casa per le pause di studi, che sfruttava ogni volta per concedersi una nuotata nella sua amata piscina. 

- Mi fa piacere rivederti. Gli studi come procedono?- 

- Una meraviglia! Il giapponese è una lingua affascinante! Il russo è appena più complicato, ma ci sto lavorando.- 

- So che ce la farai, sei in gamba.- 

Era per quel suo carattere forte e determinato che aveva deciso di tenerla con se e permetterle di studiare ciò che più le piaceva. 

Le si avvicinò, depositandole un bacio sulla fronte e carezzandole dolcemente il capo per poi dirigersi verso l'uscita della villa. 

- Ora devo andare, il preside di una scuola media non va mai in vacanza.- e sorridendo salutò la figlia e se ne andò. 

Lilian tornò al suo dolce, incurante di tutto ciò che sarebbe potuto accaderle intorno e dimentica anche della relazione che avrebbe dovuto presentare al suo rientro all'università. 

- Cavolo mi stavo scordando la relazione sulla Russia! Devo presentarla insieme all'interrogazione la settimana prossima, sarà meglio iniziare a lavorarci.- 

Sopra il costume, senza curarsi troppo di lasciarlo asciugare per bene o di cambiarsi prima, indosso una semplice quanto canotta azzurra, con il bordo inferiore e le sottilissime spalline decorate in pizzo, degli shorts in jeans di colore chiaro, sfilacciati sull'orlo per le troppe volte che erano stati utilizzati, e ai piedi le infradito azzurre che aveva indossato anche prima. 

Un paio di occhiali da sole dalla montatura blu erano poggiati sul tavolino che affiancava l'ombrellone, ma non rimasero li ancora per molto. La ragazza li prese e li indossò a mo' di cerchietto, in modo che tenessero all'indietro gli ancora umidi capelli. 

Con il piattino del dolce ancora da finire in mano si diresse verso la sua stanza, pronta a mettersi sotto con la preparazione all'interrogazione, quando un forte capogiro le fece perdere la presa sul piatto. 

Quest'ultimo si ridusse in tanti pezzetti quando cozzò col freddo marmo che pavimentava il pezzo di giardino intorno alla piscina, mentre Lily si resse il capo con le mani cercando di porre fine al raggelante dolore che le stava facendo scoppiare la testa. 

Gli occhi persero la tonalità azzurra che li contraddistingueva, colorandosi di viola e lasciando nell'animo della castana soltanto un triste e vuoto senso di nostalgia, senza alcun ricordo con cui riempirlo o spiegarlo. Non seppe spiegare neanche come mai un fascio di luce viola l'avesse circondata e intrappolata nel suo raggio, men che meno si spiegò come mai una voce che parlava latino le stesse rimbombando nella testa. 

- Fatemi uscire da qui!- 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...-  

E anche di Lilian non rimase traccia, mentre quel rito infausto stava volgendo al termine rubando alla Terra quei ragazzi dal destino incerto. 

*** 

Ottawa, Canada. Anno 2014. 

 

Era sempre innevata e fredda la città di Ottawa, ma nonostante le temperature non raggiungessero mai picchi altissimi per calore, i suoi abitanti stavano bene ed erano felici, abituati al freddo e quindi adattatisi a vivere con certe condizioni. 

Non chiedevano un caldo afoso e desertico, anche con l'aria rigida e la neve sempre intorno vivevano bene e felici come se fosse sempre estate. 

Tra la folla che la mattina popolava il mercato cittadino, un ragazzo spiccava tra il fiume di gente che sperperava soldi in valide offerte su merce di vario genere e interesse. 

Era un ragazzo che non doveva avere più di diciotto anni, di statura media, la pelle leggermente abbronzata, dalla corporatura snella ma muscolosa. 

La bianca e folta capigliatura, già disordinata di suo, veniva scompigliata ancor di più dal saettare veloce del ragazzo tra le persone al mercato, dovendo scusarsi ogni qual volta andasse a sbattere involontariamente contro qualcuno. 

Gli occhi eterocromatici, uno verde smeraldo l'altro viola acceso, brillavano di eccitazione anche in quel momento, mentre un sorriso compiaciuto gli illuminava il volto. 

La canotta nera che indossava aderiva perfettamente al fisico asciutto del ragazzo a causa del vento, così come la felpa grigia lasciata aperta svolazzava qua e la senza controllo, mentre i lunghi jeans di colore chiaro non rendevano facile la sua corsa, sostenuta da un paio di nike blazer grigie. 

Fortuna che era veloce. 

- Fermati subito maledetto moccioso!!- una voce da dietro di lui gli fece voltare leggermente il capo per guardare i suoi inseguitori. 

- Fossi matto.- sussurrò tra se e se ghignando. 

Senz'altro il suo hobby preferito era cacciarsi nei guai e schernire le ignare persone che si trovava davanti, ma i suoi erano sempre scherzi simpatici che divertivano anche ci ne veniva burlato e per questo, nonostante fosse un amante delle risse, quasi mai succedeva che dovesse scappare per la città inseguito da un branco di motociclisti tutti ciccia e barba che tentavano volevano scuoiarlo vivo e pestarlo a sangue. 

Quella volta però era diversa la storia, poiché quelle persone erano entrate nel locale in cui stava pranzando come se fosse il loro territorio, avevano scacciato un gruppo di giovani che stavano studiando assieme e obbligato il padrone del caffè a servire prima loro e lasciar perdere gli altri clienti, troppo spaventati per ribattere. 

Non aveva fatto niente di che in verità, se non fare alcune delle sue battute più acide ed il resto era venuto da se. Loro si erano incavolati ed avevano iniziato ad inseguirlo per ammazzarlo di botte e lui, per non distruggere il locale, era corso via e li stava conducendo in un luogo isolato dove avrebbero potuto prendersi a pugni tranquillamente. 

Nonostante la differenza nel numero era sicuro, anzi certissimo di erssere migliore di loro sotto ogni punto di vista. 

- Bene bene, ora sei in trappola ragazzino. Ce la pagherai cara per averci deriso in quel modo, preparati a prenderle bastardo.- disse uno dei dieci, forse venti, motociclisti pelosi e grossi, minaccioso. 

- Suvvia, non era certo mia intenzione offendervi. Ho solo detto che secondo me i centauri barbuti non sono più di moda. Insomma, guardatevi. Con tutti quei tatuaggi e pircing sparsi per il corpo, nessuno vi riconoscerà mai come i gorilla che siete! Non volete tornare nella vostra gabbia dello zoo?- ghignò lui. 

- Ma come osi?!- si prepararono ad attaccare, prima però, quello che sembrava il capo, chiese.- Come ti chiami moccioso? Sai ci piace conoscere il nome delle nostre vittime.- ghignò poi. 

- Mi chiamo Mikoto Jin, molto piacere gorilloni cari!- sorrise lui strafottente. 

Quando stavano ormai per attaccarlo tutti insieme, e sicuramente per lui sarebbe finita male, tutti quanti gli omoni pelosi simili a gorilla troppo cresciuti svennero improvvisamente, lasciando il ragazzo basito per qualche istante. 

Era bastato che anche l'occhio verde di Jin assumesse un colore violaceo perchè il processo avesse inizio, ma il ragazzo non se ne rese conto, come invece percepì il fastidioso senso di nostalgia che gli opprimeva il petto. Cercò di non badarci. 

- Ehi ma che vi prende?- 

Un improvviso dolore alle tempie lo fece barcollare, faticò a restare in piedi ma non cadde, rimanendo sorpreso quando una misteriosa luce viola lo avvolse. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Come?!- 

E nello stesso modo degli altri, la luce divenne più intensa e prima di perdere conoscenza, Jin avrebbe giurato di sentire i piedi sollevarsi da terra. 

Al loro risveglio, ciò che il gruppo di bestioni trovarono fu soltanto un vicolo vuoto, in cui vi erano tutti e venti i membri del loro gruppo, mentre del ragazzino di nome Jin non vi era più traccia. 

*** 

Roma, Italia. Anno 2014. 

 

Vivere nella grande capitale italiana poteva non essere sempre facile, specie quando si viveva vicino alla grande e rumorosa cattedrale di San Pietro, vivace e sempre affollata di fedeli in attesa di ricevere udienza da sua eccellenza il papa. 

Certo questo poteva giustificare il rumore che riusciva a svegliare anche un sordo, ma quando a disturbare il sonno era una maledetta sveglia squillante, allora erano un altro paio di maniche. 

Rigirandosi nel letto la ragazza lasciò che l'aggeggio suonasse a vuoto, per nulla disposta ad abbandonare il suo comodo e caldo giaciglio e a restare sotto le coperte per almeno un altro paio d'ore. 

L'aggeggio infernale suonò ancora, costringendo la giovane ad alzarsi assolutamente controvoglia, mentre il suo intero corpo la pregava di restare distesa a letto e continuare ad oziare. 
I lunghi capelli bianchi ondeggiarono un po’ mentre la ragazza si alzava dal letto, fulminando con un occhiataccia terribile l’aggeggio infernale che aveva osato disturbare il suo sonno. 

Avrebbe voluto tanto distruggerlo. 

-. Sappi che ti odio.- sibilò infatti. 

Con un colpo un po' troppo secco spense l'aggeggio, perforandolo da parte a parte e compiendo così un amara vendetta. L'ennesima. 

-. Ahhhh cavolo, ne ho rotta un'altra!- si grattò il capo in qualche modo dispiaciuta. 

Sbadigliò son spense e sbadigliò sonoramente coprendosi la bocca con una mano, due lacrimucce sporsero all'estremità degli occhi, che sparirono quando li aprì, mostrando le due profonde iridi verde prato arrossate per il sonno. 

Aprì la finestra, e una folata di brezza mattutina le sferzò il viso, riempiendole i polmoni di quella fresca aria che soltanto a quell'ora di mattina si poteva assaporare. 

Avvicinandosi all'armadio decise che era giunto il momento di vestirsi e poi fare una bella colazione. Si diresse verso il bagno pronta ad iniziare una nuova giornata che sperava sarebbe stata divertente e ricca di nuove emozioni. 

Dal guardaroba aveva estratto una maglia nera larga e a maniche corte, sul cui retro era disegnata una croce a strappi. Si arrotolò le maniche fino alle spalle come al solito, in modo da farla così somigliare ad una canotta, non c'era un vero perché, semplicemente così le piaceva di più. 

Aveva poi optato per dei pantaloni grigi lunghi fino a metà polpaccio, e ai piedi le sue solite scarpe color giada. 

Quando fu pronta si guardò un attimo allo specchio, spazzolandosi i capelli che dopo la lunga dormita erano completamente sotto-sopra, poi quando fu soddisfatta del risultato si diresse verso le scale. 

Prima di lasciare la sua stanza per andare al piano di sotto andò a salutare la foto della sua adorata nonna posta sul comodino, dandole un bacio e sorridente nostalgica. 

-. Ciao nonna, mi manchi tanto sai? Anche oggi darò il massimo!-  

Shino Nakamoto viveva sola da ormai diversi anni, da quando la sua adorata nonna era morta. Non era un problema vivere sola, certo un po' triste, ma una volta fatta l'abitudine, era una ragazza forte e combattiva, non si sarebbe certo arresa per questo. 

Determinata a superare anche quella giornata, corse verso le scale, quando un terribile capogiro la colpì e poco ci volle che facesse un gran ruzzolone giù per gli scalini, ma riuscì ad evitarlo appoggiandosi al corrimano. 

Gli occhi le brillarono di un viola intenso, mentre un groppo alla bocca dello stomaco le trasmise una tremenda sensazione di dolorosa nostalgia, non da attribuire però alla mancanza di sua nonna. 

Una luce viola la colpì in pieno e di sorpresa,  nello stesso instante in cui sentì una voce rimbombarle nelle mente, amplificando così il dolore.  

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Chi diavolo sei?!- 

Non ottenne risposta e perse i sensi sopraffatta dal dolore quando la luce stava ormai per svanire. Di Shino non rimase traccia, e con lei diciassette dei convocati erano già stati richiamati, l'ultimo li avrebbe raggiunti molto presto. Ormai il quadro era quasi completo. 

*** 

Rio de Janeiro, Brasile. Anno 2014

 

La scuola non è certamente il posto preferito di uno studente, anzi molti tentano di evitare quell'edificio come se fosse infestato da strani germi e malattie di ogni sorta, senza però poterne stare lontano grazie all'intervento di genitori ed insegnati. 

Mai che si facessero i fatti loro, una volta ogni tanto. 

Chi non poteva evitare di sedere in un aula per otto ore al giorno trovava le maniere più stravaganti per distrarsi, dormire, osservare il cielo aldilà della finestra, o, perchè no, qualche coraggioso tentava anche di stare attento ed interessarsi alla lezione in modo da far scorrere più velocemente il tempo. 

Non era questo il caso di un giovane abitante del brasile, che guardava fuori dalla finestra in un evidente stato di come molto vicino al sonno. 

Era un bel ragazzo dalla carnagione dorata, alto sul metro e settantasei, con un fisico robusto ma non eccessivamente muscoloso, non per questo meno forte o resistente di un altro suo coetaneo. 

Gli scompigliati capelli castani erano corti e lisci, con qualche ciuffo ritto qua e la pronto a sfidare la gravità e ogni legge della fisica che gli si presentava davanti e stretti in una fascia bianca che rendeva ancor più ritti i capelli del ragazzo. 

I lineamenti del viso sono marcati ma senza il minimo accenno di barba, nonostante ormai fosse quasi un uomo in tutto e per tutto. Gli occhi socchiusi e assonnati erano di un caldo color miele, circondati da ciglia curiosamente lunghe per essere quelle di un maschio, sopracciglia marcate ed orecchie appuntite, forse appena un po' a sventola e labbra spesso esangui, ma non per questo meno belle. 

Stava per cedere al piacere che  un buon sonnellino avrebbe potuto concedergli, quando la squillante voce del suo professore lo fece sobbalzare sul banco e cadere dalla sedia. 

- SIGNOR YARED RETASHT LA MIA CLASSE NON E' IL LUOGO GIUSTO IN CUI SCHIACCARE UN PISOLINO!!!- 

Scattò sull'attenti Yared, riportandosi in posizione eretta con un colpo di reni. 

- Si signore! Lo so signore! Mi spiace signore! Ma le sue lezioni sono così soporifere che è un piacere dormire durante la spiegazione signore!- un risolino basso risuonò nell'aula, finchè il professore, rosso come un pomodoro e pronto a espodere di rabbia non gridò un ennesima volta. 

- SILENZIOOOOO!!!!! SIGNOR RETASHT PER PUNIZIONE SCRIVERA' UN TEMA DI DIACIMILA PAGINE SULLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE!!- si aggiustò gli occhiali e tornò verso la cattedra.- E ora riprendiamo la lezione.- Yared sbuffò. 

- Sissignore.- e tornò a sedersi, inveendo contro il professore. 

Quando finalmente le lezioni finirono, Yared ancora non potè tornarsene tranquillamente a casa, poichè dovette fermarsi all'uscita della scuola per aspettare sua sorella di un anno più piccola. 

Seduto all'entrata del cancello il ragazzo sbuffò un ennesima volta, torturandosi prima la maglietta amaranto a maniche corte, poi lo trappo che i jeans avevano sul ginocchio, per finire nei lacci delle scarpe da ginnastica bianche in tela che indossava. 

- Uffaaaaa!!! Ma dove diavolo si è cacciata Veritas?!?!?!- possibile che ogni volta quella scema ritardasse? 

Si massaggiò la testa per cercare di affievolire il mal di testa che sicuramente il suo professore aveva causato con le sue grida, quando gli occhi brillarono di una luce viola, ed una morsa nostalgica fece si che anche il petto iniziasse a dolere. 

Pensava che era proprio un rottame qual giorno, quando una luce violacea lo intrappolò nel suo raggio, impedendogli ogni via di fuga. 

- Ehi che scherzo è questo?! Non è divertente intrappolare la gente in strani fasci di luce!- 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

E anche l'ultimo dei ragazzi era ormai convocato, la riunione era compiuta, gli ingranaggi del destino avevano iniziato a muoversi finalmente, e nessuno dei giovani sapeva ancora quanto quelle cose avrebbero influito sulla loro vita. 

*** 

Foresta Viridis, Fiore. Anno x1000. 

 

Fuggire dall'imponente palazzo di Crocus nel quale si era infiltrato poco prima era stato un gioco da ragazzi. Le guardie non erano così efficienti come il re pensava e se anche l'avessero scoperto il problema non sarebbe mai esistito, perchè prenderlo era impresa assai più ardua. 

Quelli del Regno erano degli idioti buoni a nulla, mai avrebbe smesso di ripeterlo, non avevano un briciolo di cervello e prima che potessero prendere un professionista come lui sarebbero dovuti trascorrere miliardi di anni. 

Ancora non poteva credere a quello che aveva scoperto a palazzo, e mentre rielaborava le varie informazioni che aveva raccolto non riuscì ad evitare che un velo d’ansia calasse sui suoi occhi nascosti. 

Avrebbe preferito portare buone notizie, ma ciò che aveva scoperto non giocava affatto a loro favore, nè tantomeno giovava all'intera popolazione del Regno. Ormai la situazione diventava ogni giorno più grave e critica, mentre quel re buono a nulla e la sua Gilda non erano in grado di proteggere nemmeno se stessi, figurarsi un popolo intero. 

Non era possibile che quell'uomo non si rendesse conto dell'enorme disastro che stava per causare se avesse perseguito su quella strada, e trovava ancor più assurdo che nessuno dei suoi sottoposti avesse tentato di farlo ragionare. Erano davvero solo un branco di inutili pecore ignoranti, con le sue più sentite scuse verso le pecore che non meritavano tali insulti. 

Presto, nemmeno la fiorente capitale di Fiore sarebbe più stata sicura, nessun luogo lo sarebbe stato, se loro avessero vinto. 

Doveva riunirsi al gruppo ed informare i compagni il prima possibile, se avessero agito per tempo, forse avrebbero potuto evitare la tragedia. 

A distrarlo dai suoi cupi pensieri la luce viola che irradiò il suo braccialetto color giallo oro per un attimo, prima che si spense e tornasse alla normalità. Ghignò vittorioso. 

- E così hanno completato il rituale, una seccatura in meno.- 

Continuò a camminare indisturbato, quando il rumore di rami che si spezzavano attirò la sua attenzione, e il ricordo delle parole che quella donna gli aveva detto alimentò in lui un sospetto. 

"Se il bracciale si illumina, uno di loro è vicino. Ma allora..." 

Nemmeno la sua proverbiale agilità potè salvarlo dal peso che gli cadde addosso e lo fece finire a terra, depositandosi poi sulla sua schiena senza la minima intenzione di spostarsi tanto presto, e che aveva interrotto il suo pensiero. 

Sbuffò, portandosi una mano sotto il mento, per quanto possibile, a sorreggersi la testa, pensando che no, evidentemente si sbagliava, molto probabilmente le seccature erano appena cominciate. 

*** 

Chiesa Abbandonata, Fiore. Anno x1000. 

 

- F-Finalmente…- 

Con le sue ultime forze sorrise la donna, prima di cadere a terra ormai priva di forze ed energie, consapevole fin da subito che una cosa del genere sarebbe potuta capitare. Il rituale richiedeva molta energia magica, di cui ora sarebbe rimasta sprovvista per qualche ora. 

La ragazza corse in suo sostegno per impedirle un doloroso tonfo di sedere, afferrandola per i fianchi poco prima che cadesse e facendola sedere. 

- Ehi tutto bene?!- la donna mise una mano su quella della ragazza, annuendo con fatica. 

- Allora ce l’hai fatta?- 

La donna annuì ancora, e la ragazza sorrise. 

Non dubitava delle straordinarie doti magiche della donna, ma tutto ciò su cui poteva basarsi era un mal di testa ed una nostalgia che per pochi secondi l'avevano stordita, per questo non ne era ancora pienamente convinta. Dopo la rassicurazione della donna si era rilassata, concedendosi un sospiro di sollievo. 

- Non è ancora il momento di rilassarsi, questa è solo metà della prima fase del "Progetto Knights".- 

La ragazza guardò l’altra confusa. 

- Prima fase? Allora cos’altro bisogna fare?- 

- Semplice, ora dobbiamo riunirli e spiegare loro la situazione, queste sono le prossime fasi.- 

- E tu questo lo chiami semplice?! Come farai a portarli tutti qui, sei sfinita!- 

- Non lo farò io.- 

La ragazza parve ancor più confusa. 

- Questo è compito vostro, con l’aiuto dei bracciali riuscirete a riconoscerli.- 

Non servì che specificasse il secondo soggetto poichè aveva capito benissimo a che si riferisse, lanciò anche una piccola occhiata al bracciale rosso fuoco che indossava al polso incerta.  

- Trovateli e portateli al covo, io sarò io ad aspettarvi, questa è la prossima missione.- 

Sotto il cappuccio la ragazza sbiancò, sperando che quelle parole fossero tutto uno scherzo organizzato per farla impallidire di paura e che non stesse dicendo sul serio. Insomma, si aspettava davvero che recuperasse quasi una ventina di persone senza conoscerne aspetto e caratteristiche?! Era una cosa impossibile e assurda! 

- S-Stai scherzando vero?! Come pensi che possa riuscire a trovarli tutti e portarli al covo?! È una follia!!- protestò. 

- Posso capire farlo fare a quell’idiota, ma perché anche io scusa?! Siete voi gli autori di questo folle progetto quindi è compito vostro!!- 

Un forte pugno, forse fin troppo per una che fino a pochi secondi prima era semi-svenuta sul pavimento, si abbatté sulla testa incappucciata della ragazza, che prese a rotolarsi dolorante per terra con due lacrimoni agli angoli degli occhi. Cazzo, ogni volta faceva sempre più male! 

La donna si alzò a guardarla con aria di superiorità, meno stanca e in grado di reggersi in piedi da sola. Aveva perso la sua magia per un po' certo, ma la sua forza era ancora quella di prima, e non avrebbe permesso a quella mocciosa di contraddirla. 

- Hai qualcosa da ridire? È compito tuo in quanto Knight, punto e basta. Ora sparisci prima che ti prenda a calci. Ti do due ore per trovarli e portarli alla base. Buon lavoro.- detto ciò la donna se ne andò, lasciando la ragazza basita a terra. 

Sbuffò la ragazza, abbassando la testa apparentemente arresa, ma bastò poco perché iniziasse a fremere sempre più velocemente, ormai preda di una cieca rabbia che chiedeva una sadica vendetta per essere placata. 

- BRUTTA VECCHIACCIA QUESTA MA LA PAGHERAIIIII!!!- 

Fu soltanto l'inizio però, perché dopo lo sfogo di rabbia, abbassò di nuovo il capo, con un'aura nera e depressa che iniziò a fluttuarle attorno e che diventava man mano sempre più scura. 

Quella dannatissima e complicatissima storia in cui era stata coinvolta suo malgrado e senza saperne bene il motivo, stava diventando una maledettissima seccatura man mano che quel progetto prendeva forma.  

  

  

  

  

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Note Autrice* 

Eccomi a voi Minna-san!! Con l'ultimo capitolo di presentazione degli OC (organizza un mega party per festeggiar l'evento) 

FINALMENTEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! T.T 

Nikki: Non si capisce sai che detesti le presentazioni u.u 

Me: Neh? Ma ditemi chi a questo mondo le ama!!!! Eh?! No ora voglio sapere a chi piace pres... ehi spetta un po'!! E tu che cavolo ci fai qui?! Non mi pare di averti ingaggiata come assistente in questa storia!!! 

Nikki: Problemi se resto qui?? (guarda me con sguardo omicida e con il pugno avvolto nel magma) E poi non sono un assistente, io sono l'ediror!! Il capo!!! u.u 

Me terrorizzata: C-Certo che no Nikki-sama!!!! ^^" Ma non sei l'editor u.u io ce l'ho già un editor e si chiama Vale!!! Che come sempre dovete ringraziare per il tempestivo (?) aggiornamento u.u Se non ci fosse lei che ogni volta mi ricorda di scrivere probabilmente aggiornerei ogni morte di papa!! XD 

Comunque, dicevamo... ah si! Finalmente questa saga del "teletrasporto viola vifacciosoffriretuttidiemicrania" è finito, e a parte la banalità delle scene ho solo una cosa da dire.... 

RIKI SUBISCI LA MIA VENDETTA MUAHAHAHAHAH!!!!! Ricorda che tutto ciòò che Isaac subirà in questa storia è colpa tua e del tuo fargli odiare le donne, perchè si mi hai offenduto tanto come esponente femminile :P 

Nikki: Bella lì! Così si fa! *si scambiano il cinque* 

Me: No dai scherzavo :) sul fatto che mi sono offesa eh? Isaac verrà comunque torturato ^^ perchè? Perchè non me lo volevi mettere accoppiabile *lo fulmina con lo sguardo e gli lancia il malocchio* e io invece lo accoppio comunque u.u 
 

Nikki: Muahahahah così si fa! Brava la mia allieva, impari bene come agire di vendetta u.u 

Me: Arigatou per le lezioni Nikki-sensei! u.u 

Ok, passando ad altro, nella parte di Rosie le frasi in corsivo le ho prese da un sito per fare un po' di scena XP mentre quella tra virgolette in grassetto è una frase tratta da "La solitudine dei numeri primi" visto che la suddetta OC è una solitaria amante dei libri. 

Nikki:..... You're a GENIUS!!!  

Me:  Grazie lo so u.u Dunque, non dovrei avere altro da aggiung... *nota Nikki che si sbraccia* prego Miss Inuzuki ci dica? 

Nikki: E la storia della bambina sparita non la spieghi? 

Me: Ah già hai ragione!.... Hai ragione? O.O *shoccata* Be in ogni caso si, me ne stavo dimenticando, questa cosa di Akiko, con il permesso della sua creatrice se possibile ^^", la spiegherò più avanti, come più avanti dovrò chiedere anche ad altri alcune cose XD 

Ora dovrei aver finito veramente, ah no c'è ancora una cosa! 

Mi spiace chiederlo così, ma ai gentili _maya_chan_; midori no yume; Cailan Blake; Riki_94_Ppsh se possono per favore cambiare la pietra che hanno scelto, perchè sono dopie rispetto a quelle che mi servono ç.ç 

midori no yume, a te lo chiedo non perchè è occupato, ma perchè se non sbaglio l'oro è un metallo e non una pietra ^^", per il resto tutto bene, qui vi metto le pietre che NON SI POSSONO più scegliere: 

Zaffiro; diamante; lapislazzuli; onice; citrino; ametista; onice nera; ossidiana; zaffiro; pietra di luna; perla; quarzo bianco; rubino; opale; giada; topazio; smeraldo. 

E con questo direi che ho finito, spero che il capitolo vi piaccia e che mi seguite ancora in tanti!! 

Nikki: Ma chi vuoi che ti segua?! Ormai saranno già tutti belli che stufi di te e della storia, scommetto che non recensirà nessuno. 

Me sussurra: ma chi me l’ha fatto fare di assumerla? -.- 

Nikki: Prego?! 

Me che maledice l’udito da dragon slayer: N-Nulla ahahahah. Spero non vi faccia troppo schifo e che non sia pieno di errori, ditemi se i personaggi sono IC oppure se come autrice di una storia a OC dovrei darmi alla pensione ^^ 

Nikki: Solo con le storie ad OC? Tu dovresti smettere di scrivere e basta cara u. 

Me: Mi sbarazzerò di te prima o poi....  

Nikki che carica un pugno al manga e Me che si prepara alla fuga 

Me: Ora mi dissolvo, lasciatemi un commentino e fatemi sapere che ne pensate. *fugge* 

Nikki: Giusto, fatemi sapere se la devo spedire a timbuctù (ma come cavolo si scrive?!) ^^ (faccia da angioletto) *le insegue* 

Ok ragazzi, finito l’angolo della sclero, un bacio e alla prossima! 

Jeo 95 =3 

   
 
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