Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Acinorev    01/07/2014    17 recensioni
"A quel punto Harry rise. Rise con le fossette accentuate ai lati della bocca e facendo un passo indietro, con una mano tra i capelli e gli occhi praticamente chiusi. «Ragazzina», esclamò affievolendo la risata. «Ragazzina, rallenta», ripeté.
Ed Emma assunse un’espressione un po’ più seria, mentre sentiva l’eco di quelle parole nella sua testa.
Ragazzina.
«Ascolta», ricominciò Harry, frugando nella tasca dei suoi pantaloni stretti e tirandone fuori un contenitore di metallo sottile dal quale estrasse una sigaretta, probabilmente confezionata da lui. Continuò a guardarla, però, senza lasciarla libera nemmeno per un istante. «Apprezzo l’intraprendenza, ma andiamo… Mi sentirei una specie di  pedofilo», aggiunse, scuotendo di nuovo la testa mentre una ciocca di capelli gli ricadeva sulla fronte."
Spin-off di "It feels like I've been waiting for you", da leggere anche separatamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Little girl'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 

Capitolo venticinque - Near
 

 

Emma si svegliò con un sobbalzo confuso, come se si fosse appena riscossa da un sogno che non riusciva a ricordare: sbatté più volte le palpebre per far abituare le sue iridi alla luce insistente che entrava nella stanza, filtrando dalla finestra della parete che le stava di fronte. Si portò una mano sul viso e tra i capelli, poi cercò di abbandonarsi di nuovo al sonno che sentiva, al benessere che le chiedeva solo di riposare perché privo di qualsiasi altro bisogno: con il volto accoccolato sul petto di Harry, iniziò a contare i suoi respiri e a concentrarsi su ogni centimetro di pelle con il quale stavano entrando in contatto.
Mentre si lasciava scappare un sorriso per il modo in cui il braccio sinistro di Harry le stava circondando il corpo senza lasciarle una via di fuga, un rumore improvviso le fece spalancare gli occhi e trattenere il fiato. Non voleva muoversi, come se avesse potuto cambiare la realtà delle cose semplicemente nascondendosi da essa, eppure i rumori continuavano ed era ovvio che provenissero dall'appartamento, nonostante lei avesse sperato di essere ancora troppo assonnata per attribuirli alla loro reale origine, la strada. Quando la sua mente si risvegliò dal torpore, accadde tutto velocemente.
«Cazzo!» Imprecò a bassa voce, mordendosi il labbro inferiore ed iniziando a scuotere il corpo di Harry, che sembrava ancora immerso in un sonno profondo. «Harry, svegliati!» Tentò ancora, imprimendo più forza nei suoi movimenti.
Le sembrava assurdo ritrovarsi nella classica scena da commedia romantica, banale ed assolutamente prevedibile: dopo un fugace sguardo all'orologio da parete della stanza, che segnava le sette passate del mattino, non ebbe più dubbi sulla possibilità che il padre di Harry fosse tornato da lavoro. Eppure ci avevano pensato: avevano impostato la sveglia, in modo da uscire di casa prima del suo ritorno ed in modo che Emma potesse recarsi a casa dei gemelli, dove i suoi genitori sarebbero andati a prenderla più tardi. Perché non si erano svegliati?
Forse doveva solo calmarsi, comunque: forse il padre di Harry sarebbe semplicemente andato a dormire, dopo una notte insonne, e loro avrebbero potuto sgattaiolare via senza essere notati. Lei non teneva particolarmente a fare la sua conoscenza: non ancora e, più che altro, non in quelle circostanze. La stessa cosa valeva sicuramente per Harry.
Harry, che stava ancora dormendo, immune a qualsiasi cosa potesse cercare di ostacolarlo. «Maledizione, apri gli occhi» borbottò Emma, alla ricerca di un piano da seguire ed iniziando a tirargli dispettosamente una ciocca di capelli. Lui rispose inconsapevolmente con una smorfia infastidita e, senza aprire gli occhi, si girò su un fianco per darle le spalle e quindi proteggersi da un eventuale fattore di disturbo: a quel punto lei gli pizzicò energicamente un fianco.
«Ma sei impazzita?» Protestò Harry, questa volta tornando supino per poterla guardare e minacciare al tempo stesso. I suoi occhi ridotti a due fessure covavano una briciola di rancore per quel risveglio brusco, ma erano comunque ancora troppo confusi per esprimere una piena consapevolezza.
«È tornato tuo padre» disse soltanto Emma, appoggiandosi su un gomito per osservarlo dall'alto.
«Cosa?» Mormorò lui, sbadigliando tranquillamente e grattandosi l'addome, mentre il lenzuolo si arrotolava ancora di più intorno al suo corpo ad ogni movimento sonnolento delle sue gambe.
«Non abbiamo sentito la sveglia o non è proprio suonata, ed ora tuo padre è qui» gli spiegò un po' meglio, sperando che riuscisse a riacquistare un sufficiente grado di lucidità.
Harry spalancò gli occhi e sospirò, prima di strofinarsi il viso con le mani, probabilmente cercando di svegliarsi del tutto: non sembrava preoccupato come lei e forse era un bene. «Tra poco andrà a dormire, tranquilla» mormorò appena voltandosi nella sua direzione, con la carnagione che contrastava con il candore del cuscino sotto la sua testa.
Emma lo osservò per qualche istante, incerta e pensierosa. «Sei sicuro?»
«Sì» rispose lui con un respiro più profondo, spostandosi per baciarle il petto. «Appena si addormenta, ce ne andiamo» continuò sulla sua pelle, mentre lei si stupiva di non aver nemmeno notato che entrambi fossero ancora nudi. Ma ormai aveva importanza?
«Fermo» lo ammonì con un sorriso, sentendo la sua mano percorrerle l'addome e scendere sempre più in basso.
Harry le solleticò il collo con i capelli disordinati. «E dai…» sussurrò appena, dimostrandole il desiderio che sembrava non lasciarlo mai in pace e non lasciare in pace nemmeno lei.
«È che mi mette un po' a disagio il fatto che tuo padre stia passeggiando per casa» si giustificò Emma, udendo l'aprirsi di una porta. Con le mani piccole e combattute stava cercando di contenere quelle ben più grandi e decise che la stavano mettendo alla prova, nonostante sentisse la determinazione venir meno o, comunque, cambiare il suo obiettivo.
Lui rise silenziosamente ed alzò il viso per guardarla negli occhi. «Non credi che mio padre dovrebbe essere più a disagio di te, nel sapere quello che sta succedendo in questa stanza mentre lui passeggia per casa?»
«Ma non lo sa, e non deve saperlo» precisò lei, imbarazzata da quell'eventualità. «E poi non sta succedendo proprio un bel niente» si affrettò ad aggiungere, bloccando un altro tentativo di Harry di farla cedere alle sue tentazioni.
«Non ancora» la corresse lui, premendo la propria bocca contro la sua in una palese provocazione: entrambi non potevano alzare la voce, perché avrebbero messo a repentaglio il loro tentativo di restare nascosti, quindi dovevano lottare con i morsi e le carezze, tacitamente e senza tregue.
Emma cercò di respingere il suo corpo spingendo con le mani sul suo petto caldo, poi alzò un ginocchio per colpirlo dove sarebbe stato più sensibile e, quando lui si scansò di riflesso rimproverandola bonariamente con lo sguardo, lei ne approfittò per sgattaiolare fuori dal letto. Harry restò fermo a guardarla, ancora sdraiato su un fianco e con le labbra arrossate inclinate in un sorriso beffardo: Emma, in piedi di fronte a lui e completamente nuda, sostenne il suo sguardo per fargli capire di non essere affatto intimorita da quella situazione, nonostante fosse pervasa da una sensazione nuova e che doveva ancora studiare a fondo. Subito dopo, con uno sbuffo vittorioso, si piegò a raccogliere la camicia nera che quella notte l'aveva accompagnata più di una volta e la indossò velocemente, negandogli il piacere e la soddisfazione di posare gli occhi sul proprio corpo.
Lui sospirò sconfitto, strofinandosi gli occhi con i palmi delle mani, e lei ridacchiò appena.
L'istante successivo entrambi si immobilizzarono, dopo aver sentito bussare delicatamente alla porta della stanza. Emma sbarrò lo sguardo: raccolse in un lampo i propri vestiti da terra e corse a nascondersi dietro l'uscio, in modo che se la porta fosse stata aperta, ne sarebbe stata nascosta senza troppi problemi. Harry, invece, le intimò a gesti di cambiare nascondiglio e poi di fare silenzio.
«Non doveva andare a dormire?» Mimò lei con le labbra, con il cuore che le batteva un po' più forte. L'unica cosa alla quale riusciva a pensare era la parola “sconveniente”: una situazione del genere, dove era probabile che il padre del suo ragazzo la vedesse con solo una camicia addosso, era troppo anche per il suo innato estremismo. Harry scosse la testa e si sdraiò nel letto, forse pensando che fosse meglio fingere di dormire.
Qualche secondo dopo, nell'immobilità quasi irreale della stanza e dei corpi che l'avevano vissuta, Adam Styles entrò silenziosamente senza spingersi troppo oltre: Emma serrò le palpebre e si appiattì contro il muro, mentre poteva indovinare che l'uomo non avesse fatto più di due passi in avanti e che avesse ancora la mano sulla maniglia della porta, dato che era ancora nascosto dalla superficie lignea.
«Cosa c'è?» Domandò Harry, con un tono brusco che contrastava nettamente con quello scherzoso che l'aveva caratterizzato poco prima: evidentemente non era un bravo attore e non era riuscito a fingere di dormire, preferendo affrontare direttamente la questione.
Emma udì un sospiro nervoso da parte del padre. «Volevo vedere se eri in casa» rispose semplicemente.
«Lo sono» ribatté il figlio. Emma poteva intravederne solo le gambe lunghe, nascoste dal lenzuolo. «Ma la prossima volta aspetta una risposta, prima di entrare» aggiunse duramente. Il modo in cui si stavano relazionando non le piaceva: sembrava covare un problema di fondo, in grado di turbarlo.
«Dannazione, Harry: sono io ad essere deluso da te, quindi smettila di trattarmi come un povero stronzo» lo rimproverò Adam.
La testimone invisibile ed attenta di quello scambio di rancori, stava tentando di collegare tutte le informazioni che aveva a disposizione: per quale motivo padre e figlio si stavano di nuovo scontrando, dopo essere riusciti a ritrovare un equilibrio in seguito al quasi fallimento finanziario che li aveva interessati?
Al contrario delle sue aspettative, Harry non rispose ed Adam uscì sbattendo la porta alle proprie spalle, senza pronunciare un'altra parola. Emma non sapeva come immaginarlo, se con gli occhi verdi come quelli che ben conosceva o con i capelli altrettanto arruffati, se con le rughe stanche intorno agli occhi o le guance un po' scavate ed i lineamenti armoniosi: eppure riusciva ad indovinare la sua espressione nervosa, pur senza un volto.
Rimasti soli, Harry borbottò un “vaffanculo” e nascose il viso nell'incavo del proprio braccio sinistro, mentre lei si sentiva libera di tornare a respirare a pieni polmoni, priva della paura di essere scoperta. Ancora frastornata dal disagio derivante da quell'episodio e dal rischio corso, rimase immobile a rimuginare sulle proprie ipotesi: si mosse soltanto quando udì lo scrosciare dell'acqua, che le fece intuire che Adam si stesse facendo una doccia.
«Vestiti, andiamo via» le ordinò Harry, pronto a cogliere l'occasione per uscire di casa. Il tono con il quale aveva parlato, il modo in cui stava serrando la mascella ed il fatto che evitasse il suo sguardo, le suggerivano che fosse turbato e che stesse cercando di gestire il nervosismo. Emma lo osservò mentre si alzava dal letto, soffermandosi sulla sua schiena definita, e solo qualche istante dopo si decise a seguire il suo consiglio.
 
Erano rimasti in silenzio per tutto il tempo, né avevano condiviso un contatto visivo che avesse potuto rimpiazzare le parole. Emma, con indosso il vestito della sera precedente che stonava vagamente con l'ora mattutina e le strade deserte, continuava a tenere lo sguardo fisso sul viso di Harry e le mani strette al sedile del passeggero: come sempre, la sua paura delle automobili si amplificava quando l'atmosfera si faceva più tesa, ed il modo in cui il suo accompagnatore aveva ripreso a fumare non la rassicurava affatto.
Quando Harry accostò di fronte casa di Dallas e Pete, Emma si stupì di come il tempo fosse passato velocemente senza che lei se ne rendesse conto, probabilmente perché troppo impegnata a contare i secondi di silenzio che aumentavano imperterriti.
«Avanti, dillo» sospirò lui all'improvviso, lasciando che dalla sua bocca uscisse anche una leggera ombra di fumo, mentre teneva la sigaretta quasi del tutto consumata tra le dita della mano destra, fuori dal finestrino. I suoi occhi erano ancora fissi davanti a sé.
«Io non ho niente da dire» rispose Emma quasi indispettita. Non era del tutto vero, ma non era di certo lei ad essere entrata in silenzio stampa come era già successo più volte.
«Certo, come no» borbottò Harry, inspirando avidamente del fumo: quella scena era una copia fedele e meticolosa di tutte le altre situazioni simili nelle quali entrambi continuavano ad incastrarsi, ancora e ancora.
«Sei tu quello che dovrebbe dire qualcosa» ribatté lei.
«Io?»
«Sì, tu».
«E cosa vorresti sentire, hm?»
«Cosa ti passa per quella testa, per esempio».
Harry sospirò e gettò la sigaretta dal finestrino, voltandosi verso di lei. «Ragazzina, allora perché non me lo chiedi e basta?»
Emma si accigliò e per un attimo si limitò ad osservarlo: certo, avrebbe potuto semplicemente domandare cosa avesse e cosa fosse successo con il padre, ma perché doveva sempre insistere per ottenere delle informazioni? Perché lui non era in grado di parlarne di sua iniziativa?
«Non mi va di chiederti sempre tutto» rispose allora. «Non capisco perché tu non possa parlare con me dei tuoi problemi senza dover inevitabilmente arrivare a questo» continuò stringendosi nelle spalle. Era così strano essere tornati alle discussioni, dopo la notte che avevano appena trascorso e vissuto: nonostante fosse una scena vista e rivista, sembrava in qualche modo estranea e stridente, ma forse solo perché Emma non avrebbe più voluto riviverla.
«C'è davvero bisogno che ti spieghi cosa è successo con mio padre?» Ribatté Harry, stupito dalle sue parole e forse anche dalla mancata perspicacia della ragazza.
«Sì» rispose decisa. «Perché da quanto ne so, potresti averlo fatto incazzare per non aver portato fuori la spazzatura o per aver rigato la macchina, ma non posso esserne sicura, dato che tu ti chiudi in te stesso e me lo rendi impossibile». In fondo il motivo di quell'accenno di scontro avrebbe potuto essere uno qualsiasi, anche il più insulso, ma dal momento che aveva scatenato in lui una reazione tale, per Emma era estremamente difficile lasciar correre ed ignorare il suo istinto curioso.
«Di' un po'…» cominciò Harry, inumidendosi le labbra e sistemandosi meglio sul sedile. Si schiarì la voce, prima di riprendere. «Sul serio credi che la verità su quello che ho fatto sia circolata solo a scuola?»
Lei corrugò la fronte e schiuse le labbra, mentre comprendeva finalmente di cosa si stesse parlando. Come aveva fatto a non pensarci?
«Credevo fosse ovvio» aggiunse lui, abbassando la voce: sembrava trasudare un velo di delusione, un'aspettativa mancata, ed Emma, per un attimo, si sentì in colpa per non aver riflettuto sulla conseguenza più importante di tutte.
Aprì la bocca per replicare qualcosa, forse anche per chiedere scusa per non essersi interessata a quella parte della sua vita, dandola per scontata, o per indagare in modo da risanare la mancanza della quale si sentiva responsabile, nonostante non potesse essere sicura che Harry la percepisse allo stesso modo: non sarebbe stato tanto strano se lui avesse preferito tralasciare la questione, dato che entrambi sapevano quanto disdegnasse il parlare di sé. «Vuoi...?»
«Non particolarmente, no» la anticipò Harry, lasciandosi accarezzare dall'ombra di un sorriso, malinconico e divertito al tempo stesso, sebbene fosse una combinazione improbabile e che chiunque si sarebbe fermato a studiare. «Almeno non ora» aggiunse, come in una promessa.
Emma si trattenne dal protestare, perché in fondo lo conosceva e sapeva che sarebbe stato inutile forzarlo ad aprirsi, se non anche estremamente infantile: le loro differenze caratteriali dovevano ancora smussarsi, per potersi adattare senza troppi problemi, ed entrambi si stavano impegnando affinché accadesse il più velocemente possibile, con piccoli fallimenti ed altrettanti passi in avanti. «Va bene» mormorò quindi, annuendo piano e schiarendosi la voce.
Quando Harry sospirò, tornando ad assumere quell'espressione che durante la notte lei si era divertita a scorgere nel buio, Emma si rilassò del tutto: si lasciò accarezzare i capelli e godette del calore della sua mano sulla propria guancia. «Vieni qui, ragazzina» sussurrò lui subito dopo, spingendola a sporgersi verso il suo corpo, in modo che potesse circondarla con le braccia. Dopo il risveglio movimentato e brusco, riuscirono a ricreare l'atmosfera di calore ed intimità che li faceva sentire a proprio agio più di qualunque altra cosa, che li faceva muovere in silenzio solo per andarsi incontro e nutrirsi della stessa aria.
Emma si strinse a lui serrando le palpebre, così come serrava le mani tra i suoi capelli e le labbra sulla sua pelle: avrebbe voluto non dover scendere dall'auto e passare altre ore in sua compagnia, senza dover imporre una distanza ai loro corpi, che evidentemente non erano più in grado di sopportarla o di concepirla. E avrebbe voluto poter esprimere a parole ciò che sentiva e che non riusciva a sopportare, a contenere.
«Di solito è mio padre a portare fuori la spazzatura, comunque» precisò Harry senza preavviso, confondendola per un istante prima di darle l'opportunità di capire a cosa si stesse riferendo. Stava parlando tra i suoi capelli, accanto al suo orecchio. «Ed io non sono Walton, so guidare una macchina» continuò, mischiando le sillabe ad un accenno di risata, che la avvolse proprio come le sue braccia le avvolgevano il busto.
«Sbruffone» lo prese in giro, sorridendo e mordendogli dispettosamente il collo.
«Uno sbruffone che ha di nuovo voglia di toglierti questo vestito» mormorò Harry, respirando su di lei proprio come aveva fatto nel buio smorzato della sua stanza. «Quindi è meglio che tu vada».
Emma venne pervasa da una vanità appagata e soddisfatta, che la spinse a cercare le labbra di Harry per sfiorarle e provocarle un po', come a voler testare la loro resistenza ed il proprio potere.
«Vattene» le ordinò lui, stringendole un fianco per ammonirla, nonostante la sua bocca fosse più che consenziente a quel gioco simile ad una prova di forza.
«Se proprio insisti» sussurrò lei in risposta ad una distanza minima dal suo volto, sorridendo maliziosa: sapeva quanto il desiderio di Harry fosse in contrasto con la sua razionalità e si divertiva a rendere quel conflitto ancora più evidente. Le piaceva vederlo riflesso nelle sue iridi, mentre la osservava sistemarsi e poi aprire lo sportello per scendere dall'auto. Respirava solo per sentirselo addosso.
 
Dovette suonare il campanello diverse volte prima che qualcuno si decidesse ad accoglierla in casa: come sempre, nel fine settimana i genitori dei gemelli riponevano una grande fiducia nei loro figli, lasciando la casa nelle loro mani per occuparsi di questioni lavorative. Dallas era arrivato addirittura a sospettare che le loro fossero solo bugie e che, invece di passare ore chiusi in un ufficio amministrativo, si rilassassero in località turistiche che non volevano rivelare, per evitare di dover condividere la loro privacy.
Fu Pete ad aprire la porta: il viso era distorto da un'espressione stanca ed imbronciata, a dimostrazione del fatto che fosse stato svegliato contro la sua volontà. Indossava i pantaloni del pigiama, mentre il petto nudo rabbrividiva per l'aria mattutina: appena la vide, assottigliò gli occhi e sospirò sommessamente, prima di darle le spalle ed allontanarsi in salotto senza dire una parola.
Emma osservò il suo amico scomparire in corridoio continuando ad ignorarla, ma non si mosse di un passo, perché troppo occupata a capire se fosse semplicemente un comportamento dettato dal sonno o se invece ci fosse qualcosa alla base: Pete non era di certo la persona più solare del mondo, ma in quel momento dava segni di un serio peggioramento.
Quando decise di cercare Tianna, nonostante potesse già immaginare dove avrebbe potuto trovarla, quella sbucò dal corridoio correndo verso di lei ed allacciandole le braccia al collo. «Tu!» Esclamò vivacemente con i capelli in disordine, mentre Emma era costretta ad indietreggiare di un passo per affrontare la sua insolita energia. «Tu devi dirmi tutto, hai capito?»
«Prima devi lasciarmi respirare» rispose l'altra, cercando di allontanarla da sé per poterla guardare negli occhi.
«Ok, va bene» annuì Tianna, sbattendo le ciglia folte che portavano ancora tracce di mascara, mentre la spingeva con decisione verso il divano alle loro spalle. «Ma tu ora siediti qui e parla» insistette, prendendo posto al suo fianco con le gambe incrociate e le mani a torturarsi a vicenda.
Emma soffocò una risata per quel comportamento estremo che, in fondo, rifletteva implicitamente il proprio stato d'animo: per quanto si sforzasse di dimostrarsi più grande e matura di ciò che realmente era, sentiva il profondo bisogno di raccontare tutto alla propria migliore amica, con l'istinto più genuino e sincero che potesse sentire.
«Non ti azzardare a cominciare senza di me!» Esclamò una voce da un'altra stanza, che subito riconobbe essere quella di Dallas. Emma si voltò divertita e studiò i suoni confusi che udiva e che stavano testimoniando la fretta del suo amico: lo vide arrivare in salotto inciampando nei pantaloni della tuta che stava cercando di infilarsi, mentre la maglietta grigia gli si arricciava sull'addome in modo disordinato.
«Buongiorno» lo salutò scherzosamente lei, spostandosi verso Tianna per fare un po' di posto sul divano: i suoi occhi erano circondati da leggere occhiaie violacee, nonostante si sforzassero di mostrarsi attenti ed impazienti.
«Lascia perdere i convenevoli» la ammonì lui, sedendosi al suo fianco con le ginocchia contro il petto. «Com'è stato? Ti ha trattato bene?»
«Ti ha portato a casa sua?» Intervenne anche Tianna, sovrastando la sua voce ancora assonnata.
«Spero proprio di sì!» Rispose Dallas al suo posto, mentre lei si limitava a spostare lo sguardo dall'uno all'altra per seguire le loro domande e le loro riflessioni, già pronta ad un'estenuante interrogatorio al quale non sapeva come avrebbe reagito: era sicura che avrebbe tenuto per sé diversi particolari, diversi momenti che non voleva condividere con nessun altro, ma allo stesso tempo si sentiva in dovere di esternare quell'emozione insistente e pressante che non la abbandonava.
«Ti ha fatto male? È stato dolce?»
«Avete usato il preservativo? So di essere un rompipalle, ma è importante: non voglio dover crescere un bambino a quindici anni».
«Al massimo lo crescerebbe lui, non credi?»
Emma lasciò che i suoi due amici continuassero a discorrere su eventualità, probabilità, certezze e domande alle quali si rispondevano a vicenda, come se lei non fosse nemmeno lì, tra di loro: era divertente ed in qualche modo rassicurante vedere come si preoccupavano per lei e per una serie di particolari apparentemente futili, correndo con la fantasia solo per poter testare tutte le possibilità e non trascurare nulla.
«Abbassate quella cazzo di voce!» Urlò Pete dalla sua stanza, zittendo entrambi e facendo spalancare gli occhi di Emma: c'era davvero qualcosa che non andava, quella mattina.
«Non rompere e rimettiti a dormire, idiota!» Rispose Dallas, mentre Tianna sbuffava sonoramente scuotendo la testa.
«Ma cosa gli prende?» Domandò allora Emma, corrugando la fronte e lasciando spazio ad una leggera confusione, che per un attimo riuscì ad eclissare qualsiasi altra emozione.
«Non sopporta l'idea che tu sia andata a letto con Harry, anche se non lo ammetterà mai» spiegò Tianna, stringendosi nelle spalle.
«Come, scusa?» Chiese Emma, stupita da quella verità inaspettata.
«È geloso» continuò l'amica, sorridendo per la faccia esasperata di Dallas. «Un po' come lo sarebbe un fratello».
«Non dire stronzate! Io non sono geloso!» Si difese Pete, ancora nell'altra stanza: aveva pronunciato quelle stesse parole anche quando si era difeso dalle supposizioni di Emma sulla sua gelosia nei confronti di Tianna, al ballo, e la cosa la fece sorridere sinceramente. Non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere, ma non poteva dire di disdegnarla.
Si alzò dal divano, ignorando le domande concitate dei suoi amici e promettendo di tornare subito, si tolse le scarpe e camminò silenziosamente verso la sua meta: Pete era sdraiato sul letto, a pancia in giù e con il viso affondato nel cuscino candido. Quando lei bussò alla porta spalancata, solo per avvertirlo della sua presenza, la reazione fu un semplice grugnito che la pervase di un affettuoso divertimento. Avanzò nella sua direzione e si sedette sul materasso al suo fianco, passando una mano tra i suoi capelli per renderli ancora più arruffati o forse solo per cercare un approccio adeguato.
Quando Pete si mosse come per allontanarla, continuando a nascondere il viso nella federa, Emma si piegò verso di lui e gli baciò più volte la guancia liscia. «Ti voglio bene» gli sussurrò all'orecchio, sicura di non doversi aspettare una risposta che andasse oltre uno scrollo di spalle o un verso non ben definito.
E infatti le sue aspettative furono soddisfatte.
Alzatasi in piedi, lo guardò un'ultima volta prima di dargli le spalle e dirigersi di nuovo verso il salotto, ma fu presto interrotta nelle sue intenzioni. «Kent» la chiamò lui, con la voce soffocata dalla stoffa del cuscino. «Parla ad alta voce, quando torni di là».
Emma sorrise e scosse la testa, arresa alla sua caparbietà che gli impediva di mostrare apertamente i propri pensieri. «Va bene» rispose semplicemente.
 
Messaggio inviato: ore 15.12
A: Harry
"Indovina? Mel ci ha invitato ad andare alla notte bianca con lei e Zayn, stasera"
 
Un nuovo messaggio: ore 15.14
Da: Harry
"Ahahahahah no."
 
Messaggio inviato: ore 15.17
A: Harry
"..."
 
Un nuovo messaggio: ore 15.21
Da: Harry
"Senti, apprezzo che tra te e la piccola Melanie le cose vadano meglio, così come tra me e quello stupido, ma un appuntamento a quattro è l'ultimo dei miei desideri"
 
Messaggio inviato: ore 15.22
A: Harry
"Ma perché? Non sarà così male! (non mi piace quando la chiami piccola Melanie)"
 
Un nuovo messaggio: ore 15.25
Da: Harry
"Preferisco stare solo con te (perché? sei gelosa?)"
 
Messaggio inviato: ore 15.27
A: Harry
"... ruffiano. Lo dici solo per convincermi (stai zitto)"
 
Un nuovo messaggio: ore 15.31
Da: Harry
"E la cosa divertente è che ci riesco! Ti passo a prendere alle nove (piccola Emma)"
 
Bradford non era mai stata così luminosa di notte. Le strade erano rischiarate dalle fila di lampioni, come al solito, ma a rendere tutto più vivo e acceso erano le vetrine dei negozi e le insegne dei locali, le risate delle persone ed i passi piccoli e veloci dei bambini, estasiati dalla novità della notte bianca.
Anche Emma si sarebbe unita alle loro dimostrazioni di entusiasmo, se non avesse avuto un solido autocontrollo: passeggiare con Harry, mentre le loro braccia si sfioravano per la vicinanza e mentre qualsiasi preoccupazione e problema sembrava scomparire, la faceva sentire fastidiosamente bene. Si credeva persino una stupida a percepire in modo così intenso qualcosa di tanto semplice, ma non poteva opporsi alla sua sensibilità, né alla presenza di Harry e a tutto ciò che significava.
Ridendo per una battuta che le aveva appena rivolto, dove ovviamente si permetteva di prenderla in giro per qualcosa, Emma alzò il viso per spiare il suo, per accertarsi che il suo sorriso fosse ancora lì e fosse ancora lo stesso, che non se lo fosse semplicemente immaginato: eppure, l'istante successivo, si stupì nel notare un repentino cambiamento nella sua espressione, che si irrigidì come a manifestare un certo disagio.
Harry si fermò e sospirò, mentre lei faceva lo stesso corrugando la fronte: spostando lo sguardo davanti a sé, comprese il motivo di quello strano comportamento. Di fronte a loro, infatti, Zayn e Melanie stavano camminando nella direzione opposta insieme ad Aaron, uno dei migliori amici della sorella: la sua pelle diafana era simile a quella della sua amica, mentre gli occhi terribilmente neri e vivaci riprendevano il colore dei suoi capelli non molto lunghi.
Emma sentì l'istinto di scappare, cosa che la fece riflettere su quanto avesse fatto bene, in fondo, a rifiutare l'invito di Melanie: ciò che più la metteva a disagio era la presenza di Zayn, con il quale si era comportata in modo immaturo e superficiale. Non era ancora riuscita a perdonarsi definitivamente per come l'aveva trattato, soprattutto dopo aver saputo tutto quello che aveva fatto per Harry.
«Emma! Da quanto tempo!» La salutò Aaron, avvicinandosi a lei per darle un abbraccio veloce: era una persona molto affettuosa, forse anche troppo, ma le ricordava moltissimo Dallas e questo era un grosso punto a suo favore.
«Solo qualche giorno, in realtà» precisò lei, sorridendo mentre lui si allontanava dandole l'opportunità di salutare anche gli altri.
«Bella come al solito» si complimentò.
«Per tornare etero devi proprio esercitarti con la mia ragazza?» Intervenne Harry, senza scomporsi più di tanto. Il tono di voce era duro e vagamente annoiato, mentre gli rinfacciava il suo orientamento sessuale: Emma sapeva che tra loro non scorreva buon sangue, quindi non si prese la briga di intromettersi.
Fu Zayn a schiarirsi la voce più rumorosamente del dovuto, solo per imporre un tacito freno alla situazione, mentre Aaron bofonchiava qualche imprecazione: andando tutti nella stessa scuola e conoscendosi bene, sapevano alla perfezione quali fossero le dinamiche tra di loro e quali i rischi. «Pensavo non sareste venuti» commentò rivolgendosi ad Harry, dopo aver dedicato un cenno del capo ad Emma. Zayn superava i suoi ricordi: forse a causa delle luci intense, qualsiasi minuscolo difetto del suo viso era completamente eclissato, rendendo la sua figura ancora più eterea di quanto potesse essere possibile. Nella sua giacca di pelle, nera come i pantaloni che indossava, era quasi ridicolo con la sua mancanza di imperfezioni: davvero ridicolo.
«Sì, be'-» provò a rispondere Emma, prima che venisse interrotta.
«È solo che non volevamo venire con voi» esclamò Harry, privo di qualsiasi freno inibitorio nel dare libero sfogo alla sua sincerità: per chi non lo conosceva abbastanza, quella sua risposta sarebbe potuta sembrare più ironica che reale, ma tutti lì in mezzo sapevano quanta verità rivelasse.
«Non cambierai mai?» Domandò retoricamente Melanie, rivolgendo il suo sguardo cristallino ed indiscutibile ad Harry, nonostante le gote arrossate dimostrassero la sua timidezza di base: era impressionante come una persona pudica e timorosa come lei riuscisse ad imporsi in modo così assoluto. Zayn, al suo fianco, sorrideva nell'assistere alla scena: come la prima volta che Emma li aveva visti insieme, lui guardava sua sorella senza limitarsi all'esteriorità. Sembrava scavarle dentro e capirla ad ogni occhiata.
«Di' la verità: ti piaccio così come sono, piccola Melanie» rispose Harry, marcando la sua voce di una malizia particolare, quasi designata solo a lei, mentre anche le sue iridi assumevano un'espressione provocatoria. Emma si voltò a guardarlo in un tacito rimprovero per quel soprannome che aveva usato di nuovo, ma lasciò perdere. Almeno per il momento.
«Possiamo andare?» Si intromise Aaron, sospirando infastidito. «Devo già sopportare questa specie di individuo a scuola, non ho intenzione di condividere con lui un solo secondo in più» continuò, con l'aria altezzosa che assumeva quando voleva disdegnare apertamente qualcuno.
«E va bene» acconsentì Melanie, sperando di evitare un'altra piccola discussione. «Tanto dobbiamo andare a recuperare Becka».
Harry stranamente non rispose alla provocazione di Aaron, limitandosi a guardarsi intorno come se fosse solo e anche molto annoiato. Emma alzò gli occhi al cielo e scambiò uno sguardo d'intesa con la sorella: Melanie sapeva del perché avesse declinato l'invito, ma evidentemente aveva detto a Zayn che non sarebbero andati alla notte bianca solo per non dargli un dispiacere. Il suo tentativo di proteggerlo da quel piccolo screzio, però, non era andato a buon fine.
«Ci vediamo» salutò Emma abbozzando un sorriso, mentre gli altri le rivolgevano saluti simili: ovviamente Harry fu immune a qualsiasi tentativo relazionale, ma nessuno ci fece caso, perché tutti avevano confidenza con il suo lato da sbruffone.
«Questa volta non mi hai insultato: facciamo progressi» mormorò Zayn, passandole accanto e dedicandole un sorriso consapevole, che lei ricambiò per divertimento. Non rispose e li guardò allontanarsi: inizialmente aveva creduto che sarebbe stata una buona idea passare la serata insieme, ma dopo quel breve e strano incontro, si era decisa del contrario. Probabilmente era solo ancora troppo presto.
«Frocio del cazzo» borbottò Harry subito dopo, sfogando leggermente in ritardo la sua antipatia per Aaron.
Emma sospirò e riprese a camminare, invitandolo implicitamente a fare lo stesso. «Omofobo del cazzo» ribatté, imitandolo.
«Non sono omofobo: è che non lo sopporto» la corresse lui, affiancandola tranquillamente. Era strano che non avesse ancora iniziato a fumare.
«Ma non per questo devi torturarlo perché non ha i tuoi stessi gusti» lo rimproverò saccentemente, spostando di nuovo lo sguardo sul suo viso: ormai aveva imparato che, durante un discorso di qualsiasi tipo, era sempre consigliabile osservare le sue espressioni, perché solo con il loro aiuto avrebbe potuto comprendere a pieno i suoi pensieri, talvolta traditi dalle parole troppo affilate o criptiche.
«Ragazzina, non mi dire che tu non hai mai preso in giro una persona grassa» sbuffò lui. «Potrei farti lo stesso discorso: non dovresti torturarla solo perché le piace mangiare dieci Happy Meal al McDonald's, mentre tu ne preferisci uno».
«Harry, ma che razza di paragone è?» Domandò Emma, cercando di trattenere una risata.
«È vero. Tutta questa storia dell'omofobia è ingigantita da fare schifo: se siamo tutti uguali, perché qualcuno può essere preso per il culo perché ha la circonferenza di una mongolfiera e non perché gli piace il cazzo? E poi per me se qualcuno è gay non fa né caldo né freddo: è che Aaron è un gay che non sopporto» concluse lui, con una convinzione che la stupì non poco.
«Infatti non si dovrebbe scherzare nemmeno sulle persone in sovrappeso. Anche perc-»
«Ora basta, hm?» La interruppe, ponendo fine alla discussione prima ancora che potesse continuare ad oltranza, condotta dalla tenacia di entrambi. Per rinforzare il concetto, le prese la mano ed intrecciò le loro dita saldamente, ma senza perdere la delicatezza che più volte le aveva riservato.
Emma si stupì di quel contatto, come ormai stava accadendo sempre più spesso, e per un attimo si distrasse da ciò che la stava tenendo impegnata a rimuginare. Accortasi dal tranello nel quale era cascata, nascose un sorriso e gli diede una leggera spallata.
«Ti ho già detto che sei un ruffiano?»
 
Erano tornati alla macchina da più di dieci minuti, Emma era in ritardo e le strade erano percorse da radi gruppi di persone che facevano ritorno a casa: eppure, l'auto era ancora chiusa e loro erano ancora in piedi contro di essa, stretti l'uno all'altro fino a togliersi il respiro a vicenda.
Emma sentiva la maniglia dello sportello contro la schiena, ma cercava di ignorarla, concentrandosi sulle mani di Harry che le percorrevano il corpo senza tregua, come se non potessero trovare sollievo o pace: si lasciava baciare nella speranza di non sentire più l'aria fredda che si era infiltrata negli angoli di Bradford con l'avanzare della notte, si lasciava seviziare solo per farlo sentire schiavo a sua volta, succube della piacevole tortura che voleva infliggerle, ma della quale non poteva fare a meno.
«Riguardo quello che è successo stamattina…» mormorò lui sulla sua bocca, portandole una mano tra i capelli per stringerli delicatamente in una morsa ferrea. «Tu vuoi sempre parlare» continuò, facendole chiedere perché allora lui lo stesse facendo, perché volesse impedirle di averlo in modo totale e senza interruzioni o varianti.
Dopo qualche istante di respiri accelerati e sofferti, riprese in un sussurro. «Ma ci sono tanti modi per stare vicino a qualcuno. Ed io ti sento, Emma». La sua voce la stava accarezzando senza esitazioni, facendole da guida e da distrazione, mentre lei soccombeva consapevolmente e senza alcun rimorso.
«Io ti sento».

 





 


SCUSATE!!!!!!!!!!!
So di aver ritardato e mi dispiace molto: come già sapete (credo) ultimamente non ho molto tempo per scrivere e, quando ne ho, sono troppo stanca e faccio fatica a concentrarmi! In ogni caso, ieri mi sono rimboccata le maniche, ho combattuto contro il sonno e mi sono ripromessa di finire il capitolo (Y). Ovviamente è venuto una cagata allucinante, dato che per me è un capitolo piuttosto insulso, se non fosse per qualche particolare, ma come sempre mi affido alla vostra sincerità!
Che dire? Indirettamente sto cercando di descrivervi i cambiamenti nella vita di Harry: ovviamente, le voci sul suo conto non potevano non raggiungere anche suo padre e questo ha delle ripercussioni! E tutti conosciamo Harry, quindi non ci stupiamo se lui non ne abbia parlato: alla fine del capitolo, vi ho mostrato un po' di più la sua visione delle cose, dato che lui si accontenta della presenza di Emma! Insomma, anche su questo loro due hanno delle idee differenti :)
Poi, poi, poi... Pete è il mio amore, giuro hahaha voi tutte avete un debole per Dallas, quindi io mi schiero dalla parte di Pete perché davvero, lo adoro! Ovviamente non bisogna fraintendere la sua gelosia: è puramente "fraterna", nonostante non ci siano rapporti di sangue! Persino Tianna non se ne preoccupa :)
Piccola parentesi su Zayn/Melanie/Aaron: non so nemmeno perché li abbia inseriti ahahah alla fine sono stati una semplice comparsa in questo capitolo, ma almeno avete un piccolo squarcio sui vari rapporti tra di loro! Chi ha letto "it feels..." conosce molto bene Aaron e conosce il suo rapporto con Harry: finalmente, chi si preoccupava dell'eventualità che Harry fosse omofobo, può avere un reale chiarimento a riguardo. Ad Harry non importa niente dei gusti sessuali degli altri: in questa uguaglianza assoluta, di conseguenza, non si preoccupa affatto di tralasciare aspetti di una persona che per lui sono normali, come l'essere omosessuale o  in sovrappeso (se ci fosse qualcuno in sovrappeso tra i lettori, vi prego di non prenderla sul personale: ovviamente non è una morale, né un messaggio nascosto tra le righe, ma solo l'idea di un personaggio di fantasia!), perché non vede il motivo per il quale meriterebbero una maggiore sensibilità! Spero di essere stata chiara hahah Altrimenti, sapete dove trovarmi :)
Detto questo, non ho nient'altro da aggiungere! Mancano solo tre capitoli alla fine (oh santa pace....) e posso solo anticiparvi che nel prossimo ci sarà una svolta nel rapporto tra Emma ed Harry! A voi le ipotesi :)

So di non aver rimediato al ritardo con un capitolo degno, ma spero lo stesso che non vi abbia fatto troppo schifo, ecco! Vi chiedo di darmi le vostre opinioni, siano esse positive o negative, perché ci tengo molto :) E grazie di tutto, come sempre!! Allo scorso capitolo ho ricevuto delle recensioni che mi hanno anche fatto commuovere, quindi non so davvero cosa dire! Per non parlare di coloro che hanno segnalato la storia per le scelte :) grazie, grazie, grazie!
E a presto :)

Vi lascio tutti i miei contatti:
ask - facebook - twitter 

Un bacione,
Vero.
  
Leggi le 17 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Acinorev