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Autore: borntobeparawhore    01/07/2014    1 recensioni
Un giorno normale, in un'ora come tante e in un secondo come gli altri, andai a sbattere contro il meglio che tutti mi avevano sempre augurato, dai miei genitori al mio ex fidanzato che due anni prima se n'era uscito con "c'ho provato a farla funzionare questa storia ma non ci riesco.. ti auguro il meglio, Crystal Stark" ed ecco il mio fottuto meglio, la roccia da scavare era in quel ragazzo dagli occhi scuri di cui avevo osservato le mosse meno di tre ore prima.
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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La settimana seguente passò esattamente come le altre, nulla di rilevante come al solito : casa-tennis, tennis-casa. Nulla di rilevante fino a quando un martedì ebbi l'occasione di parlare con il mio misterioso ragazzo "Christopher" aveva detto tendendomi la mano "oggi tocca a noi" la sua voce era rauca e misteriosa, che insieme ai suoi occhi scuri e le sue labbra perfettamente rosse e carnose, creavano un perfetto enigma. Mentre si preparava notai un paio di ragazze che lo avevano praticamente accerchiato e probabilmente fu in quel giorno che capii che non mi ero semplicemente invaghita di un ragazzo, ma dello stereotipo di ragazzo "perfetto" di cui si innamoravano tutte. Durante l'allenamento notai che 1) era molto più forte di quel che avevo pensato 2) corrugava la fronte ad ogni tiro e 3) non era particolarmente felice di giocare, il che mi lasciava spiazzata, io adoravo il tennis, non potevo neanche immaginare che qualcuno potesse annoiarsi durante una partita, e poi se proprio non gli piaceva perché giocarci? O magari era solo una mia impressione. Quel giorno ero abbastanza determinata a parlarci, parlava con tutte quindi pensavo non avrei avuto problemi ad ottenere una risposta, per cui mi avvicinai mentre aggiustava il suo borsone sulla gradinata. "Non eri molto entusiasta di giocare oggi, vero?" Non sapevo esattamente cosa aspettarmi ma quando si voltò alzando la testa per guardarmi, facendo lo stesso gesto che avevo visto durante l'allenamento, stroncò quei secondi interminabili semplicemente con un "mh" , tutto qui, abbassò la testa e tornò alle sue cose. Credo di essere rimasta li a fissarlo per tipo due minuti prima di capire che per lui quel suo"mh" era stata la sua risposta definitiva. Raccolsi quel briciolo di orgoglio che mi rimaneva e abbandonai quell'avvincente conversazione. Quando a casa mi ritrovai nuovamente a fissare il soffitto decisi che l'avrei ignorato probabilmente per il resto della mia vita, non che ci fosse un granché da ignorare visto che non mi guardava neanche di striscio, ma decisi lo stesso che era la soluzione migliore. Settimane dopo mentre guardavo dalla gradinata due bionde svampite allenarsi, notai un'ombra che si avvicinava ma ero talmente presa a fare commenti critici e risatine nella mia testa, che nemmeno mi voltai, probabilmente le due bionde erano al club solo per Christopher pensai, ma scacciai subito il suo pensiero dalla mente per mantenere il mio record di tempo dedicato a pensare a lui il più basso possibile. "Divertente, vero?" Per quel poco che l'avevo sentita, la sua voce era rimasta impressa nella mia mente abbastanza da renderla inconfondibile. Cercai di mantenere la calma e decisi in pochi secondi che la cosa giusta da fare era agire esattamente come aveva fatto lui con me, alzai la testa per guardarlo e risposi: "mh", lui mi fissava con uno strano sorriso e dopo un po' non riuscii più a reggere il suo sguardo e tornai a guardare la partita. Peccato che lui non aveva deciso di agire come avevo fatto io ed alzare i tacchi: si sedette al mio fianco e mi chiese "tutto qui?" "Si, tutto qui" la mia tattica era cambiata, ora giocavo un po' a fare l'indifferente. "Se te la sei presa per l'altro giorno, è solo che non mi piace parlare di tennis, cioè detto così sembra strano ma intendo del mio entusiasmo nel giocarci" la mia ultima tattica andò in fumo esattamente come quella precedente mandandomi in tilt il cervello. "Ehm..no,è tutto ok.. non ci conosciamo, è normale che tu non abbia voglia di parlare di cose personali" ed ecco che l'imbarazzo aveva preso il sopravvento, non riuscivo neanche a guardarlo in faccia così tornai alla partita, di nuovo, nella speranza che lui troncasse li il discorso è grazie al cielo fu così. Tornai a casa come tutte le sere dopo l'allenamento e dopo aver fatto una doccia per togliermi il sudore appiccicoso di dosso, scesi al piano di sotto per la cena. Mio padre annunciò che aveva un'importante cena di lavoro giovedì sera a cui avrei dovuto partecipare anche io. "Ci saranno molti colleghi e famiglia, sarà divertente non preoccuparti" mi rassicurava mio padre "so che ci saranno molti ragazzi della tua età, sono sicuro che non ti annoierai". Giovedì, la sera della cena, uscii prima dal club per potermi preparare per lo strazio delle 20:30. Cercai con tutta me stessa di evitare di pensare a lui ma non ci riuscivo, lui non era al club e il pensiero che avrebbe potuto lasciare il corso mi tormentava. Alle 20:30 stavo varcando la soglia di un ristorante per ricconi snob insieme alla mia famiglia, scrutavo i volti della gente che mio padre salutava, e sembravano terribili: tutte le donne erano strette in tubini orribili che quasi si potevano vedere gli occhi schizzare fuori dalle orbite, mentre tutti gli uomini erano calvi e baffuti, ma il peggio stava negli atteggiamenti, erano il tipo di gente con la puzza sotto il naso e mi sento davvero di ringraziare il cielo per avermi dato una famiglia umile! Erano le nove ed ancora non vedevo nessun ragazzo della mia età, non che ci avrei parlato comunque, quindi mi limitavo a seguire i miei genitori, stringere la mano a gente mai vista e tirarmi il vestito nero che indossavo, cercando un modo per sentirmi a mio agio. Vagai ancora per una buona mezz'ora nel locale camminando come un pinguino passando il temo a commentare nella mia testa tutto ciò che trovavo strano in quel posto, praticamente tutto, quando tra le mille presentazioni che avevo fatto quella sera, capitò una stretta di mano familiare. "Crystal, questo è il signor Marin, e lui è suo figlio Christopher" e mentre mio padre salutava il signor Marin come un vecchio amico, io ero completamente in un altro posto dove nessun rumore era percepito dalle mie orecchie, e tutto intorno a me si muoveva lento e i miei occhi incrociavano quelli di Christopher Marin, "Crystal Stark? Mh".
  
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